venerdì 27 aprile 2007

La casa

Ad onor del vero bisogna ammettere che, da sempre, ha quell’intrigante e inquietante fascino di mistero, tanto da trasmettere un’agitazione - una piccola scossa - solo ad appoggiare lo sguardo, a sfiorarla, sia pure nel veloce passar oltre.
Intorno, la vita scorre frenetica - il palpito di questi tempi - che, al suo confronto, è il rivivere la favola della corsa tra la lepre e la tartaruga;
I fotogrammi scorrono veloci, come nelle vecchie pellicole dei film comici del cinema muto: i bambini fanno danzare le dita sui tasti dell’ultimo giochino, che disegna i personaggi sullo schermo digitale, mentre c’è chi scarica merci davanti al negozio e il fattorino parte sgommando, a far le consegne con il furgoncino del pane, e tante serrande s’alzano stridendo, ad incominciare un’altra laboriosa giornata, nel mentre le massaie escono come formiche operaie, alla ricerca di che preparare tra il pranzo e la cena.
Lei no.
Sembra sospesa nel tempo, in una bolla, che un folletto birichino ha soffiato fuori da un'altra dimensione: visibile, isolata da un’impalpabile membrana, sottile ma invalicabile.
Un poco, diciamocelo pure, è fuori moda, così stridente con le vicine;
loro: più colorate, più curate, meno scialbe, con una personalità prepotente, una pelle giovane, frutto di un’esistenza di poche primavere.
Lei no: graffiata dal sole, con quel vento che, con l’accarezzarla, l’ha sfiorita, così come l’acqua, il freddo, la neve e il ghiaccio, per arrivare a quel secco che, con l’arsura, ne ha inaridito il bel viso, facendolo screpolare anzitempo.
Ma…cosa avete capito ? Non è una vecchia zitella, bella sì in gioventù, ma ormai avvizzita: è una casa !
Ci viveva una vecchietta, che il passar degli anni la incontrava sempre più curva, con una ruga in più, una piega che si contava, come gli anelli di una pianta, un poco più lenta e sempre più assente, quasi che il corpo, correndo, fosse andato più veloce del pensiero, rimasto indietro.
Nella bella stagione sferruzzava e, man mano, si vedeva prender forma una manica, il collo, un’altra manica…invero, non era veloce, ma forse era la vecchia Penelope, che tesseva e disfaceva, nell’attesa di qualcuno che se n’andò troppo presto.
Sedeva sul più alto dei tre gradini, che in alcune parti erano sbrecciati - come se un animaletto avesse tentato di sgranocchiarli - con la schiena appoggiata alla stinta e scrostata porticina d’ingresso.
Questa, con le due finestre ai lati, disegnava la linea di un mesto sorriso, mentre le altre due sopra, con le antine sempre chiuse, erano occhi di uno che pisolava, con quel naso sbarazzino, tratteggiato dalla lunga finestra che dava sul balconcino stretto, a formare le tonde narici, tanto che pareva sentire russare.
Il faccione tondo tradiva ancora il vigore di quei muri fatti ammassando pietre l’una sull’altra, grandi nello spessore, ampie quando distese.
Qualcuno pensò di cercare d’abbellire e ricoprire con il belletto quelle forme ma, come se l’attempata casa n’avesse avuto a male e si fosse dato uno scrollo, ecco che, in più punti, la vernice s'alza, si stacca e si gonfia, sfarina e scompare, riportando alla coriacea pellaccia.
Nella fantasia dei bambini d’allora, quando la signora sola era nella mezza età, sembrava loro fosse la strega, che entrava in un mondo abitato da orchi e uomini neri;
ora, adulti, con non poca malinconia e un principio di lacrima subito richiamata, passano mormorando una preghiera per quella che fu invece una fata buona, ormai volata via, nel regno della magia.
Tanti sbirciano dalla finestrella sul lato in ombra, l’unica che permette di vedere oltre il vetro che, scoperto da quell’anta marcia come il rugginoso cardine, ha ceduto, lasciando ampio spiraglio.
Filtrato da quella lente, incrostata dal velo di polvere, ecco s’intravede la vecchia stufa, con il piano di cerchi concentrici che si spostavano a far posto alle forme più o meno generose delle pentole, che sopra si facevano sedere;
e la caldaietta a lato, per sfruttare il calore ed avere sempre acqua bollente per cucinare o farsi una tisana.
Accanto, il lavello, di quel granito grigio e grossolano, ma ampio e funzionale: sul piano, una scodellina rovesciata, con una sbeccatura che sembra un neo messo per vezzo, alcune posate senza stile, fronzoli e orpelli, giusto per fare il loro dovere e basta.
Un vecchio grembiule appeso: scuro, con tanti fiori dipinti con tante sfumature del grigio.
Un asciugamano, una saponetta che sembra un mattone, con la base incollata, appiccicata come una vongola allo scoglio;
nel mezzo della cucina, un piccolo tavolo - che a star in quattro bisogna essere magri - con un piano di marmo d’infima categoria o qualcosa che gli assomiglia.
Il piccolo cassettino centrale a far da nido alle posate e, a far da compagnia, la scanalatura, ad ospitare il mattarello per tirare la pasta.
Appoggiata ad una delle pareti, una màdia, un cassone rettangolare, dove conservare farina, lievito e altri generi alimentari.
Ancora: un piccolo armadio e una credenza, a contenere piatti e bicchieri, bianchi i primi, trasparenti e neutri i secondi.
Il mondo vecchio di una vecchia signora, dove lei aveva imprigionato i giorni e i ricordi dell’intera sua vita.
In un piccolo angolo discreto, alcune fotografie ingiallite e quasi cancellate, ma non per gli occhi di chi ha memoria.
Appesi con delle puntine scolorite, un poco accartocciati o lì lì per cadere, alcuni disegni di mano infantile, così come per la scrittura che inizia con una tremula, gigantesca, incerta e sofferta grafia: “Cara nonna…”.
Basta, non si può andare oltre a rubare nell’intimo, a scavare nell’anima, e subito lo sguardo se n’esce, come improvvisamente risucchiato via, a ritornar per strada.
Fuori, appeso, defilato, quasi se chi l’ha messo provasse vergogna, un cartello: “In vendita”.
E già: il teatro della vita cambia attori, a raccontar un'altra storia, a rappresentare un mondo diverso.
Quegli antichi muri, sotto la nuova pelle, hanno ancora tanto da raccontare, ma solo per chi avrà orecchie da elfo, gli occhiali dell’immaginazione, la bacchetta delle fate e l’animo del bambino che sa, lui solo, che il mondo delle fiabe esiste.
è la che s’incontrerà ancora la nonnina, a sferruzzare per fare un’altra maglia.

giovedì 26 aprile 2007

Un sogno nel cassetto

Non deridetemi: se abbiamo raggiunto delle vette, dibattiamo e discettiamo, impariamo e ammaestriamo, è grazie a loro.
Abbiamo un debito di gratitudine, a dire: "Grazie per ciò che date !".
Originiamo da loro: tutti !
Parlo d’amici che ho avuto la fortuna di conoscere molto presto, nello (s)perduto tempo della mia infanzia: i libri.
Sono come le persone: li trovi, li frequenti, li studi, simpatizzi o no, li perdi e li ritrovi.
Nascono, come noi. Vivono e s’ammalano, come noi e, come noi, muoiono.
Come noi: s’offrono e...soffrono.
Taluni sono adorati, altri dimenticati o sono superati nel sapere; tanti anche bruciati. Proprio come noi.
Ma, la similitudine è massima su un carattere: invecchiano. Come noi.
Sono "vissuti": cambiano odore, si formano "orecchie", piegoline, corrugamenti;
eppoi, il colore: ingialliscono o percorrono tutta la scala dal nero al bianco...s’ingrigiscono, come i nostri capelli !
Se ti è particolarmente caro, è come un amico, fatto e sputato: si "consuma" con te, accompagnandoti per tutto l’arco dell’esistenza.
E ti danno tutto, finanche l’anima: sono il vestito dell’umanità !
Sono come Virgilio per Dante: ti raccontano storie affascinanti, ti trasportano nello spazio e nel tempo.
Meglio: in tutti gli universi paralleli e, i mondi di fiaba diventano realtà.
Sono macchine del tempo; ho visto la nascita dell’universo, la danza delle particelle, il sorgere delle prime forme di vita, sono fuggito davanti al passo del T-Rex, sono stato con i primi ominidi, ho visto il mio antenato alzarsi sulle gambe e camminare eretto, ho visto l’abbozzo della prima selce, la scoperta del fuoco, i primi agricoltori e allevatori, cellule di città e civiltà organizzate;
Quando voglio posso camminare con gli eserciti Assiri o Babilonesi, marciare con i Persiani, guardare la nascita dell’affascinante e raffinato regno d’Egitto, ammirare i costruttori delle piramidi e vedere la marcia d’Israele, navigare con i Fenici, visitare Sparta e Atene, seguire i primi vagiti eppoi la crescita di Roma, bivaccare con Annibale e attraversare con lui le Alpi, vedere crollare Cartagine ma, anche le mura dei Cesari, le orde dei barbari, l’oscurantismo, la paziente raccolta dei miseri brandelli della civiltà, salvata dai monaci, la rinascita.
In parallelo, la venuta, l’opera e la morte di un uomo chiamato Gesù e la trasformazione di pescatori in pietre portanti della Chiesa. Vedo Maometto e l’Islam, l’espansione e la contrazione di mondi. Ora gli Arabi, ora i Crociati, poi, il Saladino e ancora avanti fino a Lepanto e su, su, a seguire la Storia.
Con la nostra macchina del tempo, siamo, stiamo, ci disponiamo dove ci pare.
Virgilio - il libro - ci accompagna: dall’Inferno al Purgatorio sino in Paradiso !
Il film della vita è nelle mie mani: svolgo la pellicola, avanzo, arretro, rallento ed accelero.
Sono Maestro e Scolaro, Duce, Imperatore, Re e Faraone, Tiranno e Santo, martire e finanche boia.
Dialogo con Platone, Socrate, con Salomone, Dario o Ramesse, Einstein e quanti voglio.
Perché, col libro, io sono – quasi - un dio: onnisciente, onnipresente, onnipotente.
Tutti lo sono: seppur ciechi o sordi, storpi o rovinati nel corpo, tutti possono entrare in mondi dove sono dei.
Eppure, come per i vecchi, anche gli amici possono essere lasciati soli, emarginati, ignorati o dimenticati...
a rimaner un sogno nel cassetto !

La presunzione del punto

Tediare non vi vorrei (cambiate canale se tanto vi gravo) ma su un...punto ruota la questione: la "presunzione del punto", ovvero, la saga del pallone e dei palloni gonfiati. Andiamo a spiegarci.
La nostra Terra, il globo terracqueo: una bella e paciosa sfera, apparentemente felice, vagante nello spazio profondo, dalle belle guanciotte azzurre e verdi se vista dal di fuori. Granellino ipodimensionato, invece, sull’infinita scala del creato, ma con un ego molto sviluppato. Come se l’ultimo puntino alla fine della Divina Commedia pretendesse di riassumerne l’intera opera!
Per i nostri antichi avi doveva essere il centro dell’universo, punto appunto appuntato (consentitemi il ludico – una botta infantile - giochino di parole) sul suo sfondo dallo spillone del Divino: attorno, tutte le sfere celesti rotanti, a capo chino, ad indicare sudditanza. Quanti patimenti hanno dovuto subire quelli che dicevano il contrario: più che acqua sotto i ponti, da allora, dobbiamo registrare quanto fuoco fu acceso sotto i loro piedi! Vogliamo mettere: contraddire dotti e sapienti che alla lettura avevan aggiunto interpretazione (la loro, ma tanto bastò) ed evirazione intellettuale, all’incontestabile tomo vergato per volontà di Dio!? Sacrilegio!! Ed ancora, - visto i tempi d’informazione trasmessa e, per ancora altri a seguire, più "scodellata" che scritta - quanti "aggiustamenti" ne seguirono in "corso d’opera", quante gocce di sapienza perse nei "travasi"!?...solo Dio lo sa. "Eppur si muove!", disse tra i denti il povero Galileo, dopo l’abiura. Ma molto sottovoce, in fievole ed impercettibile bisbiglio, visto che l’inquisizione viaggiava sempre con la scatola di cerini in tasca! Dopo quattrocento anni si venne a pubblicare una "Errata Corrige", ovvero l'angolo dell'ammenda. Sebbene ci si sforzi all'infinito, nessun libro (che io sappia) riesce a sfuggire all'agonia della conta degli errori commessi. Ma come allora col fuoco, per altri oggi - a ripercorrer gli antichi errori - con lo sgozzamento e la spada, sempre a voler pretender di esser fermi e gli altri pronti a girar attorno, a capo chino, ad indicare sudditanza o, semplicemente, perché...spiccato dal collo! Come legger un libretto d’istruzioni dicendo che il prodotto non può funzionare in altro modo perché fu persa, o smunta dal tempo ed illeggibile, l’intuibile scritta: "Premere l’interruttore per accendere"! I nostri antichi predecessori, avevano eletto - loro, ciechi nell’ignoranza dell’ignoto - degli orbi a guidarli. La "mappa" disegnata da costoro, mai aggiornata - per timor reverenziale o per fini concetti a...fil di lama - si pretende ora guidi noi. Vogliamo "premere l’interruttore per accendere" oppure brancolare ancora nel buio in una casa piena di lampadine e fornita d’elettricità? Prendiamo uno spillo e sgonfiamo i "palloni gonfiati" che pretendono di esser padroni della giostra, il centro su cui ruotano i giochi, i dispensatori di premi. Avete presente: chi afferra la coda vince un giro. Oggi al posto della coda mettono le teste! Povera vecchia Europa, emergente da fumosi e vetusti tempi, sonnacchiosa, con le ciabattine ai piedi e una vestaglietta sgualcita dai secoli, svegliata bruscamente da tremiti di un furioso vento dall’Est che, prima in brezza, ora in tempesta si appresta alle sue coste, ai confini, dentro le proprie viscere, a strangolarla ormai, troppo pigra nell’inedia e nella perdita di un’orgogliosa identità, una radice, un motivo di vita, per gustare ancora la voglia e il diritto ad esistere!! Rimirar solo resta, con mesta nostalgia, gli antichi splendori: si và al patibolo indossando i pantaloni rabberciati da pezze di una quotidiana miseria. "Sic transit gloria mundi!"...e passa oltre!

Fantozzi in Paradiso

Fantozzi è la sfortuna fatta persona;
sfigato per eccellenza, concentrato di disgrazie, bambolotto puntaspilli di un crudele rito Voodoo, intinto alla nascita nel fiume della rogna eterna - antieroe e perfetto "negativo" di Sigfrido o Achille - inzuppato nel liquame della iella, rivestito con l’abito della scalogna.
Neppure il vaso di Pandora era così saturo di sventure !
Le sue peripezie saranno pure surreali, ma le esasperazioni e le esagerazioni sono selezione e riassunto di una miriade d’accadimenti - e accanimenti - comunque presenti nel quotidiano vissuto dell’umana vita.
Fantozzi è - per selezione naturale - quello che è il parafulmine per la saetta: la sua...morte, come si usa dire per indicare un connubio perfetto !
Per questo - essendo un poco un denso compendio delle bastonate che ognuno di noi riceve lungo tutta l’esistenza - c’è simpatico, seppur patetico.
Con "Fantozzi in paradiso", invece, indico una categoria, un’accozzaglia, un'armata Brancaleone, che simpatia non attira e il ridicolo se l’è cucito addosso non perché sono sfortunati ma ottusi, stupidi, imbecillotti, affetti da cretinismo strutturale: bipedi simil-uomini, cascami e scarti di lavorazione, abbozzi di un sole mancato, impossibili ad essere assimilati al Dio che fece l’uomo "A sua immagine e somiglianza".
Che li si chiami - impropriamente - Kamikaze o, dal filone di provenienza, Shahid, poco importa: questi tragicomici "ridolini", comici involontari, sono il prodotto di una "scuola di recitazione" dove - da burattini - hanno solo il ruolo di comparse, di "caratteristi", pezzi d’arredamento, come portaombrelli, sedie, tavoli e similari.
A questi "scoppiati" vediamo cosa danno a bere gli Imam, la tettarella a cui s’aggrappano, il premio che li aspetta: sesso e carnazza !
"72 vergini, altezza variabile da 1,65 a 1,70, peso dai 70 agli 85 chili, seni opulenti e sodi, naso e bocca piccoli, grandi occhi neri, capelli lunghi e nerissimi, culi sodi e formosi".
Niente di diverso da quello che possono avere trovato e provato in una qualsiasi malfamata casa di...tolleranza ( scusate se il pronunciare questa parola, nel contesto, mi fa ridere ).
Questi collaudati materassi e navigate signore "[...] dinanzi alla fulgida bellezza del martire svengono per il desiderio" !
L’orgasmo femminile è in playback mentre per il maschile basta "frizionarne"la...testa !
Durata della prestazione fallica ?
"[...] senza alcuna fretta: la giornata in Paradiso dura settantamila anni" !
E vai ! Viagra e Cialis a volontà !
"Passi dieci anni con una, cento con l’altra e così via".
Eppoi, dove vanno a finire: nel mercato dell’usato o scatta la rottamazione ?
"[...] le vergini godono e dicono parole oscene durante il coito per accrescere il godimento del maschio".
M’immagino: "Dai, dai, continua così, bel...maialone !".
"[...] appena ti sarai fatto esplodere, ti verranno incontro riempiendoti di baci [...] e i corpi non puzzano. Perfino la cacca è profumata".
Mamma mia: proprio completo l’esame delle piccole Uri, le...Urine, appunto !
Hassan Jandoubi, esploso con l'intero stabilimento chimico AZT di Tolosa, aveva indossato la bellezza di cinque paia di mutande, una sopra l'altra.
Secondo il "Manuale del Martire Islamico", servirebbe a portare i genitali sani, salvi e puri tra le mani e le gambe delle 72 "gnocche".
Basterebbe il pannolone.
Mi chiedo come gli Imam hanno potuto comporre questo poema epico: a due, a quattro mani o con...cinque dita ?
Una cosa mi urta: perché oggi usano anche dei cani - imbottiti d’esplosivo - per le loro azioni ?
Perché mischiare nobili animali a bestie, mostruosità da circo Barnum ?
S’è venuto a sapere che sono finite le vergini ?
Ago e filo e rammendate quelle che sono rimaste, tanto quelli non le distinguono da una bambola gonfiabile !
Bella gente, affetta da oNANISMO: più che Fantozzi, direi...fantocci in paradiso !!

Errata corrige

A gentile richiesta...per Dio, d’amor fu il bacio !
Dopo appena duemila anni giunge smentita e s’applica il bollino "errata corrige" su un’evangelica...cantonata !
Per tutto questo tempo il Giuda, detto Iscariota, s’è preso - ad esser misericordiosi - del porco e tanti sputi.
D’accordo sul detto "meglio tardi che mai", ma forse un pochino - ammettiamolo - abbiamo esagerato.
Tommaso, Mattia, Matteo, Giacomo minore, Giuda Taddeo, Simone, Pietro, Andrea, Giovanni, Filippo, Giacomo maggiore e Bartolomeo.
Proprio una bella tavolata, per terminare in bellezza, a tarallucci e vino;
peccato per il conto, assai salato: ben trenta denari e - vivaiddio - non c’era ancora l’Euro !
Signore, paghi tu ? Grazie, grazie...e giù un bel bacio che fu, sì, di riconoscenza ma, l’esser riconosciuto, assai costò al capotavola !
Che volete: allora non s’aggiudicava stelle a qualità e gusto della tavola ma, sol...crocette !
Vabbè, forse non è andata proprio così, ma si sa che la Storia è come il vino: col tempo perde e per ripristinar livello, altro s’aggiunge !
Accontentatevi mò, del vangelo...secondo Beppe.
"Gli è tutto sbagliato, tutto da rifare...", usava dire quel gran toscanaccio di Bartali, gran campione di pedivella.
Appunto...Errata Corrige !
Non solo Giuda non tradì Gesù, ma lo fece arrestare su sua richiesta, per liberarlo dalla prigione umana, a compiere missione salvifica !
Questo, almeno, se diamo retta al Vangelo di Giuda, un antico manoscritto scritto in copto dalla versione originale in greco, trovato in Egitto negli anni 70 e restaurato, tradotto e ora reso pubblico.
Atto di fede abbiamo fatto nell’accettarne SOLO quattro - i canonici, omologati, col bollino blù a sigillo di garanzia, come per la banana Chiquita - perché non fare altrettanto con questo ?
Capisco che sarebbe dura da digerire: Matteo, Marco, Luca e Giovanni, i magnifici quattro, farebbero una gran magra figura;
ignoranti, ad andar bene, pettegoli, denigratori e "spanditori", di voi sapete cosa, al peggio.
Infatti, si scoprirebbe che Giuda "[...] era l'unico a conoscenza dela vera identità di Gesù che, gli avrebbe rivelato tutti i misteri del Cielo, della Terra e della Creazione".
Il prediletto, non sarebbe quindi Giovannino, abile venditore di sè: a Giuda, il ruolo chiave nella salvezza del mondo !
Non traditor quindi, ma strumento, a permettere che il Salvatore - abbandonando il bozzolo, il corpo mortale, che sino ad allora lo fissava alla terra - si trasformasse in farfalla, spiccando di spirito volo !
Una trama, un copione, ognuno da attore a recitar la sua parte, per un Kolossal che Il gran Dio ha voluto proiettare sul telo della Storia del Mondo.
Il "regista" disse a Giuda: "Allontanati dagli altri e ti rivelerò il mistero del Regno. È possibile per te arrivarci, ma SOFFRIRAI".
Eppoi, ancora, preannunciando la fine del Film: "Tu superi tutti gli altri, perché sacrificherai l'uomo che mi contiene".
Quale migliore investitura, ufficial "passaggio di consegne" ?!
E allora, porco G...., scusate - la forza dell’abitudine - vogliamo cospargerci il capo di cenere ?!
Magari, come per Galileo e Giordano Bruno, un piccolo "Mea culpa, mea maxima culpa", battendo il petto in segno di penitenza, lo vogliamo dedicare, al bistrattato Giuda Iscariota ?!
Anche questo è degno d’esser fonte per avvicinare..."Noi e gli altri" !
Buona Pasqua, anche se, già da oggi abbiamo aperto l’uovo...di Colombo !!
Gli è tutto sbagliato, tutto da rifare !

Entropia

Siamo tanto a parlare di riciclaggio, d’ottimizzare le risorse senza depauperare l’economia della natura, ma questa, da sempre, utilizza questo modo, e noi siamo inventori...dell’acqua calda !
"[...] nulla si crea, nulla si può distruggere, ma tutto si trasforma".
È del Beppe il fare pipì ai piedi, tra le radici della pianta;
sarà della pianta avere un domani ai piedi il Beppe, nel senso della livella di Totò, a rendere comunque in pareggio la somma e la conta, la dispersione, il ritorno e il riutilizzo dell’energia dissipata e rimessa in circolo.
Io mangerò la sua mela e lei se la riprenderà, aspettando che la terra, domani mia coperta, avrà reso alla vegliarda il miscuglio dei miei ingredienti, e, da qui, un’altra mela per un altro Beppe...che farà pipì ai suoi piedi, che schiattando ritornerà a rimettere, in un eterno macinare d’impasti e rigurgiti.
Nella nuvola attorno a voi che mi leggete, davanti a questo schermo, ci sarà sicuramente una particella di quella gran gnocca della Messalina, un mattoncino atomico d’Annibale, un balletto di protoncini e atomucci - con girandola e giostra d’elettroni, che si rincorrono come bambini eccitati nel campetto dei giochi - di Pericle o di un semplice verme.
Se vogliamo vedere, il sistema della reincarnazione - oltre che per l’unghia - esiste, ed è questo !
Guardo un pelo, e non posso non pensare che anche lì si potrebbe nascondere una frazione di Giulio Cesare, un molecolina del perfido Stalin o di Lenin.
Mi fermo qui: non vorrei cadere in un...buco nero.
Tutte le cose sono animate da spiriti - i tanti "laterizi" del cantiere della vita - chiamati, invocati, adorati e rispettati, che taluni chiamavano e interpretavano in modo antropomorfo, altri con nomi più sussiegosi, a mettere soggezione, come quark, leptoni, muoni, tauone o neutrino.
I primi furono definiti - con disprezzo e supponenza - primitivi o selvaggi;
i secondi, fisici, scienziati, luminari del sapere.
Dove la differenza ?
Ognuno ha usato il suo tempo, i mezzi e le parole, a questi associato, per descrivere le stesse cose.
Forse che i grandi filosofi avessero di più di un progenitore più antico e meno di un nostro "cervellone" ?
Animismo, Reincarnazione…Entropia: tanti modi per descrivere una minestra !
Rispetto, gente, sempre rispetto ci vuole !
Chi verrà dopo di noi, lontano nel futuro, sarà a descriverci come appesi per zampe ai rami della cultura;
per noi lo erano i nostri antichi padri, a saltar da una pianta all’altra.
Eppure io, tu che mi ascolti e te che scuoti la testa, siamo cucina d’avanzi !
La nostra età è incommensurabile, si spinge nella notte dei tempi;
a quella che i nostri pomposi sapientoni descrivono come "singolarità" ( teoria del "checazzè" ), un momento dove prima non c’era nulla e, subito appresso, di tutto e di più: un modo elegante per non dire che, di cosa c'era dietro, non si sa una beata fava !
E si ride delle credenze dei nostri avi, o si pretende di ficcare nel gozzo dei nostri vicini verità assolute, con la coercizione della spada !
Impariamo ad essere umili, a capire che si è alunni e maestri in egual misura e tempo: in rapporto a questo, con riferimento a quello.
Imperi, civiltà, dei e divinità sono caduti, prontamente sostituiti e destinati a ripetere il ciclo, perché “Di tutte le cose sicure la più certa è il dubbio, come disse il buon vecchio Bertolt Brecht ( l’ho letta proprio ora sulla fodera di un contenitore di documenti, tappezzato d’amenità simili, come i pensierini nell’incarto dei baci Perugina ! ).
E dei pirla sono qui, a menar di coltello e scimitarra, sniffatori dei papaveri del fanatismo, a imporre del loro !
Dio-Entropia ha due semplici leggi, binarie e ineluttabili: tutto si trasforma...dopo ogni passaggio qualcosa si perde e, infine, tutto si estingue.
Un’ultima mescola e...l’ultimo spenga la luce !

Energie...alternative

In polverosi tempi avvolti nel sudario d’antichi ricordi, seppur si sfiorò, si pensava alla guerra atomica come ad una eventualità remota: anche il vincitore ne sarebbe uscito con le ossa rotte !
No, proprio non conveniva a nessuno: la conta, in milioni di morti, atterriva anche i più duri.
Poi arrivarono quelli che, no, a noi ci frega niente, anzi, vogliamo morire e fare spessore con i cadaveri !
Il primo fornaio di massa di torsoli abbrustoliti fu l'ayatollah Ruhollah Mosavi Khomeini che, ai tempi della guerra con l’Irak di Saddam, mandò i bambini a sminare il terreno e a fermare le mitraglie del nemico, offrendo le vite di quei poveri ragazzi: un vero "Delicatessen shop" !
Ma erano cose così lontane da noi e, come per oggi, era buon’abitudine mettere testa sotto la sabbia anche per le cose più raccapriccianti, basta che accadessero fuori dei muri di casa nostra.
In fitte schiere camminavano, stringendo al collo una chiavetta: avrebbe garantito loro l’apertura della porta del paradiso; e forse, in tasca, avevano tanti preservativi quante erano le vergini sulla cui groppa pensavano di saltare.
Intanto, nel quotidiano - Opla ! - lo facevano solo sulle mine, erano traforati dai proiettili e sfarinati dalle bombe !
Non servì a nulla: non guadagnarono un granello di terreno, non persero...se non la vita.
Uno a uno: palla al centro: "Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scuordammece 'o passato simme in Iran, paisà" !
Fu falciata un’intera generazione, diluita nel gabinetto della Storia.
Di là da tutto, quel che spaventa è che si affermò la sensazione che, si, ogni profeta dei miei stivali poteva imporre i propri deliri senza più avere un limite, e questo è grave, quando non si perde soldi o tempo, ma vite !
Era venuto meno la paura per i grandi numeri, al cospetto di milioni d’esseri portatori del respiro divino, a sublimare il cinico concetto che un morto è un dramma e milioni solo una statistica !
Ahmadinejad Mahmoud vuole la bomba atomica: perché ce l’hanno Israele, l’India, il Pakistan, la Corea, mio nonno e la portinaia !
Certo, ma in nessuno di quei paesi - fortunatamente - esiste Ahmadinejad Mahmoud, brutta copia, e pure scadente, del becchino Khomeini.
Per "equivicinanza" allora dovremmo fornire il giocattolo anche alla Somalia, a San Pietro e a San Marino !
Nessun paese atomizzato ha mai pervicacemente minacciato la disponibilità a perdere milioni di figli pur di sbianchettare l’avversario dalla carta geografica: Israele scompare, quando s’insegna geografia, ma magicamente ricompare, quando la si vuol...togliere !
Per tutti la "Bombolona" è un oggetto da ultima spiaggia: serve più da deterrente che da fornello per la fonduta.
Se non proprio "un" è sicuramente "in" fondo al magazzino: come il fucile da caccia appeso alla parete.
"Ka mate, Ka mate! Ka ora, Ka ora !
È la morte, è la morte! È la vita, è la vita!
Questo è l'uomo peloso
è chi ha fatto splendere il sole su di me!
ancora uno scalino, ancora uno scalino, un altro
fino in alto il SOLE SPLENDE" !
Erano le parole della "Haka", la danza di guerra dei guerrieri Maori, che anticipava la battaglia: erano urlate in modo minaccioso, accompagnate da movimenti delle braccia e sbattimento dei piedi.
Spesso ci si fermava alla dimostrazione: quattro urletti eppoi, tutti a casa, come i bambini dopo il Carosello !
Era come la carica ruggente e il tamburellare di petto dei gorilla, che sembrava dire: "Tenetemi sennò lo faccio...nero !".
Peccato che Mahmoud - "l’uomo peloso" - salirà uno scalino, poi l’altro, fino far spendere non un sole ma mille...e non più mille !
In fin dei conti cosa volete che siano milioni di morti per chi ha scambiato il paradiso di Allah per una casa di tolleranza, piena di vergini i cui pertugi si apriranno solo con la chiave al collo, dopo che sarai vaporizzato in un lampo di luce !
"Deus lo vult !".

De...riso

Era facile umorismo, una volta, parlare dei piccoli cinesini come dei classici "mangiatoli di liso"!
Avevi paura di "romperli", così piccoli ed esili, così discreti, tanto sembravano camminare in punte di piedi per non fare rumore.
Pensavamo che al massimo ci avrebbero sommerso con il riso...ed è vero: il riso è sulle loro bocche, ma non è quello che attingevano dalle ciotole, con i caratteristici bastoncini; no, purtroppo è quello del "oraiotiprendoperilculo"!
Tra poco arriveranno carichi di monete e compreranno a destra e a manca.
Non fuggiranno più, raccogliendo la loro misera mercanzia, davanti a chi, spesso, se la rideva nel vederli scappare, come a calpestare col piede un formicaio, a creare scompiglio.
Talvolta anche a requisire quelle poche cianfrusaglie che, per quei disperati, era un piccolo capitale - la loro "azienda" - mentre per i "gendarmi", solo ninnoli da spartire; magari continuando a sghignazzare del parapiglia creatosi.
Una piccola forma di potere; il "paria" che, ultimo tra gli uomini si consolava nel poter almeno calpestare un insetto; vile ma pago d’esser "Forte con i deboli anche se debole con i forti!".
Nanerottoli, ingigantiti dalla lente deformante di una divisa.
Non solo loro, certo: Tanti "Vù cumprà" pagano sulla propria pelle l’estremismo di pochi - ma numerosi, per la legge dei grandi numeri - "gallonati" in uniforme che tolgono ad altri la "misera" ricchezza!
Prepotenti ma tronfi, foss’anche con alamari e bottoni lucenti del giaccone e del berretto di portiere d’albergo!
Speriamo che le laboriose "formichine", a differenza degli elefanti, non abbiano buona memoria, ora che, nel mercato, stanno per entrare in giacca e cravatta!
Quanto sbatter di tacchi, allora, dai tanti che, sino a ieri, li scacciavano e li sbeffeggiavano!
Mi ricordo i tempi in cui taluni auspicavano che la Cina venisse a tener lezioni di politica e di diritto dalle nostre parti.
Allora, "(...) alcune "toghe rosse", magistrati comunisti, andavano a studiare le meraviglie dei processi popolari ove, la pena di morte, era comminata a poveri disgraziati condannati in stadi affollati e plaudenti".
Ora, queste toghe svolazzano in altri lidi ma, gli stadi e i condannati a morte restano.
Ancora, cronaca d’altri tempi: "(...) fra gli studenti nostrani si distribuiva "Servire il popolo", organo dell’esercito cinese, tradotto in italiano, in modo che le castronerie fossero più facilmente leggibili".
Adesso arriva una Cina diversa, neo-capitalista, sotto forma di pullover (+ 895%), pantaloni (+ 738%), calze e collant (+ 404%) e così via elencando nel settore tessile.
Alcuni governi, come quello italiano o francese, chiedono di essere protetti da dazi.
Inutile e dannoso: se un’impresa non è competitiva, comunque soccomberà, se non ai cinesi, agli sloveni o agli spagnoli.
Possiamo castigarli per l’assenza di libertà, che è il vero discrimine fra mercato ed oppressione.
Possiamo pretendere di verificare che le merci rispondano alle caratteristiche dichiarate: che, nel tessile, il lino sia lino e la seta sia seta, o, nel caso dell’alimentare, che i pomodori non siano stati coltivati utilizzando sostanze da noi proibite.
In ogni caso...ci faranno le scarpe!
Nulla a che vedere con la qualità dei nostri artigiani e delle industrie ma, provate a guardare questi prezzi: un paio di scarpe importate dalla Cina costa in media 2 euro e 36 centesimi, che salgono a 10 euro e 38 centesimi per i modelli in pelle o in cuoio.
E qui, come per la pizza o il vino, l’olio e tanto altro, sarà una specie di "giustizia divina": la morte commerciale per tanti che specularono equiparando un euro alle mille lire, non "arrotondando" - come si temeva - ma "raddoppiando" i prezzi!
È proprio vero: "Ride bene chi ride ultimo".
Anzi, da oggi si dirà: "Lide bene chi lide ultimo".
Buongiolno e glazie!

Ciarlatani: i nuovi dei

Santino, Santo e Santone.
Il primo, accattivate, protettivo: lo tenevi nel portafoglio o - in anni lontani - sul cruscotto, fissato con una piccola calamita.
Rassicurante, l’immagine del soggetto religioso - riprodotta su un rettangolo di carta o cartoncino - ingialliva e t’ accompagnava per la vita: invecchiava con te, corrugandosi, a formare pieghe, come la nostra pelle che avvizziva allo scorrere degli anni.
Quel piccolo affresco, donato dal buon parroco della parrocchia, era il compagno che, come il rosario sullo specchietto retrovisore della vecchia auto e la fotografia dei tuoi cari ( a raccomandare: non correre...pensa a noi...vai piano...sii prudente ), trasmetteva pace, serenità e buoni sentimenti.
Il Santo. Quello era già più impegnativo: lo portavi a spalla, nelle fiere e nelle sagre paesane;
oppure l’osservavi - l’osservi - burbero, serioso, severo, maestoso, anche supponente, sempre granitico.
Negli angoli e negli anfratti di chiese e chiesette, in piccole cappelle blindate, sui sentieri di montagna; svettante, gigantesco sulle guglie di Cattedrali o sul pinnacolo del Duomo.
Massiccio, possente, muscolare o nerboruto, tonico, quando in un museo o in una piazzola, all’interno dei conventi.
Insomma: un pochino più distante, metteva soggezione, incuteva timore;
pure se lo tenevi in camera - di gesso, come le madonnine - e - in dimensioni - meno "minaccioso".
Il santone. Purtroppo, in rapporto ai precedenti, non è un superlativo, anzi, di solito è una forma involutiva del genere umano !
Rientra nella casistica, a debito, per creduloni e ingenui: teneri, innocenti e virginei personaggi, preda eletta di queste forma di "cannibalismo" socioculturale, che un uomo mette in atto verso i simili, più deboli.
Debole non significa povero o privo di cultura scolastica, piuttosto che per ceto o classe: è un carenza mentale;
come la mancanza d’anticorpi verso le aggressioni di virus o batteri, dall’esterno.
Felix Babu Stephen: si definisce "maestro di vita".
Come Do Nascimento, "maestro", nella premiata bottega di ciarlatanerie della Vanna Marchi: dalle alghe agli amuleti.
Felix ( non il gatto dei cartoni animati; casomai: la volpe ), cura molto la coreografia: vive in una specie di tenda mongola in un canyon californiano.
Cura anche il portafoglio: ha una clientela internazionale e selezionata (in senso economico), a cui promette la guarigione da qualsiasi tipo di dolore fisico, psichico o spirituale.
I soggetti più fragili asseriscono che Stephen può predire il futuro; e lo stesso "guru" afferma che durante l'infanzia, trascorsa in India, aveva la facoltà di vedere attraverso le pareti, potere perso con gli anni.
Forse lavorava in ospedale, a fare...radiografie !
A supporto, s’aiutava: somministrava droghe e allucinogeni e si "ricaricava" con "esercizi" di violenza sessuale.
Dall’altra parte del globo – a Roma – il consunto copione viene replicato:
"Era segregata in appartamento, plagiata da un uomo che si spacciava per santone e la costringeva ad avere rapporti sessuali, oltre a pretendere soldi".
Santoni: i nuovi dei; entrano nel portafoglio, anche loro, ma n’escono subito, lasciando il vuoto.
E, tanto che ci sono, magari ci "ripassano" pure la moglie !

Cammina...vieni da me !

Siamo protagonisti, il film è cominciato, ma non da spettatori: ne siamo gli attori! Alcuni, quando scuotono i piedi, entrando in qualsivoglia contesto, lasciano tracce di sabbia: chi del deserto, chi del lontano pianeta Marte o di Titano. Da polvere di stalla a...polvere di stelle! Questa è la distanza, incommensurabile, misurabile in anni-luce, tra chi si muove a certi ritmi e chi con altri. Dalla selce e ai grugniti si è giunti - per ora - ad aprire due porte: l’una sul retro, a portarci "dietro" casa, l’altra, sulla strada, dove sfrecciano nuove idee, dove la mente può dilatare i propri confini ed espandere la conoscenza. In entrambi i casi, compiamo una "scelta", esercitando il "libero arbitrio", applicando una "libertà" di pensiero che il Creatore ha dispensato all’uno e all’altro. L’uno si accomoda all’ombra rassicurante dell’albero, nel giardino della propria infanzia, e legge nel "Libro" una "verità". L’altro, legge il "Libro" all’ombra della faccia nascosta della luna, domani a quella di un pianeta lontano. Come per il "paradosso dei gemelli", la vita, il tempo, scorrerà diversamente per entrambi. Per loro esiste una sola verità, mentre il dilatarsi delle quattro dimensioni, con la partecipazione della Velocità a braccetto con lo Spazio e sotto la direzione accorta del Tempo, introduce un nuovo attore: la relatività. Tutto dipende dal punto d’osservazione! Perchè il...canuto vegliardo, fermo, immobile sulla terra, al ritorno del vicino che...non vedeva "da anni", fatica a credere di aver davanti proprio lui e non il figlio!! Non è mai uscito di casa; Non concepisce l’universo, lui, la "talpa", abituata a vedere solo...il buio! Scorre, frenetico e spaventato, le pagine del "suo" Libro. Le parole che scorrono davanti agli occhi sono le stesse di quelle scritte nel Libro del "giovane" vicino ma, come per i loro due orologi, hanno cambiato valenza. Il Libro è come quel minuscolo puntino precedente il "Big Bang", prima dell’esplosiva espansione! L’uno ha esaminato la "crosta", il titolo di copertina e la pagina col nome dell’editore oltre che dell’autore. Per l’altro, quel fiore si è dischiuso, ne ha iniziato la lettura, ha sfogliato i suoi petali..."intravede" ed elabora, astrae e simula come potrebbe "crescere" la Parola di Dio. Il Signore Iddio gli ha parlato, in un altro deserto, ben lungi dall’aver posto un "sigillo", all’aver passato una "velina" ad un fantomatico "ultimo" profeta! Il Regista non ha ancora scritto la parola "Fine". La pellicola scorre ancora, il film continua, ma i fotogrammi si srotolano attraverso stelle e pianeti, galassie ed ammassi stellari! Il Divino ci aspetta, lontano, ai confini...dell’infinito. Il Padre ci ha fatto alzare in piedi ed ora chiama: "Cammina! Vieni da me, abbracciami!". Il "vecchio" non sente. Non può ne comprendere ne capire. Queste parole sono bisbigliate, avanti nel Libro. Per costui immutato e immutabile è il mondo. Tutto scorre ma, è come foglia secca, caduta nella corrente della Storia: sballottato, rotea e frulla nei gorghi del tempo, ma, non si muove. Anzi, peggio: ciò che non comprende dice sia opera del demonio. Prende il "giovane", lo mette in ginocchio, estrae il coltellaccio da sotto la veste e lo sgozza! Non ha fermato il ciclo delle sfere celesti, non ha fermato la mutabilità delle cose, non può perché così non è scritto. Il tempo passa a lui dinnanzi: cerca di strattonarlo, si abbranca, vuole trattenerne lo scorrere, strapparne il tessuto. Poi desiste: rientra in casa, apre la porta sul retro, esce in giardino e si siede, immobile...nell’occhio del ciclone!

L'amico di una vita

Lui mi conosce da sempre, io, cominciai a percepirne la presenza all’inizio della scuola elementare. Ne sentivo parlare spesso, certo: dai miei genitori, dai nonni, dalla comunità in cui crescevo. Lui, l’amico: quello che consolava dalle afflizioni, che sedava le liti, che aveva una parola buona per tutti e per tutto. Ed io, lo vedevo tutte le mattine all’entrata a scuola, pulcino tremebondo, per la prima volta diviso dalla mia mamma-chioccia. Lo salutavo all’uscita dalla classe, quando era l’ora di andare a casa. Talune volte gli parlavo anche. Poi divenne vieppiù una costante rassicurante, un porto verso cui dirigersi, quando la vita ti graffiava. Come a correre ancora dalla mamma o dal papà, a chiederne protezione, una carezza, a ridarti coraggio per ripartire.
Parlava - parla - anche quando è muto, con gli occhi, con lo "stare lì"; Semplicemente, perché c’è, si vede!
O, almeno, così era: oggi sempre un po’ meno. Un amico di giochi, un compagno, nel bene e nel male; Come il vecchio diario degli anni più innocenti, a far da scrigno, a custodire i pensieri più intimi e cari. L’amico buono, il compagno protettivo, "più grande", sì, ma non tanto da farti soggezione. La "giusta distanza", per portarti insegnamenti ed esperienze ma a non imporre scelte. Influenza senza obbligare. Meno invasivo del padre. Certamente una figura grandiosa, mitica ma opprimente, spesso minacciosa, troppo "severa". Almeno, così riportano le "cronache". Può molto, ma pretende tanto e i suoi scappellotti sono..."biblici"! Oggi, "suo figlio", non lo saluto più all’entrata e, ancora meno, all’uscita da scuola. Tanta acqua è passata sotto i ponti, tanti anni mi hanno raggiunto, scavalcato e superato, a contare sempre più qualche capello bianco tra quelli già pallidi e ingrigiti. I contatti si sono sempre più affievoliti: lo scandire dei secondi, dei minuti, delle ore e dei giorni, nel crogiolo degli anni, rimescolati continuamente dal canuto signore del tempo, ci ha in parte allontanato, ha disperso i giorni lasciandomi il "gusto", il rimpianto, di qualcosa di tenero e dolce...a macerare, nella memoria, le reminescenze di una lontana "età dell’oro". Gli anni della contestazione, di una sporca politica scandita da "mercenari", venditori di sogni e di fumo, barricadieri, morti di fame alla ricerca di una poltrona - oggi ben difesa a protezione dei propri lombi - prestigiatori ed illusionisti, mi fa "arROSSIre" nell’aver tardi compreso di aver venduto begli anni per un pugno di lenticchie! Peggio: aver messo in una polverosa soffitta il cordone ombelicale che mi univa a quella figura saggia ed accattivante. Ci fecero fumare "oppio per i popoli", a vedere il "sol dell’avvenire", tra i vapori delle "pipe" e delle "canne"! Ora, con le cicatrici di un vecchio guerriero, ricordo di tante battaglie, più perse che vinte, lo rivedo. "Eccolo!", urlo guardando la televisione, il giornale: " è lui"! Non ha perso "smalto". Mi aspetta, ancora, a "braccia aperte"; Parla a me, di nuovo! A me, un laico! "Ciao, figliolo!" mi dice. "Ciao", rispondo. Mi osserva con gli occhi buoni: "Quanto tempo...". "Tanto, troppo!", rispondo. Vorrei aggiungere: "...come ti butta?"...ma mi trattengo. "Butta" male, risponderebbe: attaccato ad una croce, attaccato...appunto, per una croce! Pronto a diventare un "sogno nel cassetto", uno di quelli ad essere dimenticati, nella (s)memoria di chi non sa difendere un’identità, un’appartenenza, una radice, una storia infinita: la NOSTRA storia, ora dimenticata velocemente dai pavidi figli d’antichi padri, ancora attaccati alle lunghe pipe, a fumarsi quell’ormai poco cervello scampato all’ammasso! "Bentornato, amico": tra poco ricorderò la tua nascita, senza compromessi, perché questa è, prima di tutto, la mia casa. Aperta a tutti, sì ma...uomini di buona volontà! Ben ritrovato, ben tornato, amico mio, a sederti, come una volta, alla mia tavola! Amico, fratello mio.

...e l'uomo creò Dio

Come una palla da bigliardo, la massa tondeggiante carambola, rimbalza svicola e, singhiozzando, lentamente rallenta e si arresta.
Il suo respiro si ferma e il guscio si sgonfia mostrando il contenuto che, come un bimbo sgravato dal ventre materno, allarga le sue braccia e compie i primi movimenti.
Quel manufatto umano atterrato su Marte potrebbe iniziare una storia che sembra il riavvolgimento e la ripetizione di un’altra.
L’essere ammirava dall’alto l’ecosistema ricreato nella cupola chiamata Eden, sul nuovo pianeta.
Con la mente rivedeva il lungo cammino che andava dalle prime sonde allo sbarco su Terra.
Le prime celle, a ricreare l’habitat a lui adatto, mentre all’esterno erano approntate le grandi strutture che con gli anni avrebbero cambiato il clima del pianeta rendendolo completamente abitabile.
Ora, numerose generazioni dopo le immagini di quei tempi arcaici, un altro vivente controlla l’esperimento: quella copia - a sua immagine e somiglianza - che si muove nell’area Eden.
Tra poco avrà una compagna, clonata da una sua costola e manipolata dall’ingegneria genetica ad essere a lui accoppiata a fondere e rimodellare altri esemplari a loro simili ma che saranno selezionati e plasmati dall’evoluzione.
Il vecchio sogno, l’ambizione degli avi, ad essere da creato a creatore.
Qualche cosa non ha funzionato: la torre del reattore nucleare, dove alla coppia era stato fatto divieto avvicinarsi, è violata.
Erano stati contaminati dalle radiazioni, i loro geni risequenziati, in maggior parte nella catena della durata di vita, ora largamente ridotta.
Si è dovuto allontanare la coppia.
Fortuna che sono riproduttivi e il pianeta oramai è abitabile anche se, ora, l’educazione dei due e dei loro discendenti dovrà essere pilotata in un ambiente meno controllabile.
Ci ritiriamo nelle nostre astronavi in orbita, mentre sono smantellate le strutture dei laboratori a terra.
I giorni e gli anni passano: i figli dei figli del progetto "Adamo ed Eva" ora si muovono sul pianeta.
Situazioni difficili abbiamo passato.
Molti di noi si sono accoppiati con donne e il prodotto è stato mostruoso.
I loro geni contaminati ed i nostri hanno generato abnormità, dei giganti, poi eliminati.
Ci hanno visto combattere: noi contro i ribelli capitanati da Lucifero, brillante scienziato e carismatico condottiero, ma orientato alla cancellazione fisica dell’intero progetto.
Li abbiamo battuti ma non sconfitti;
Si mischiano alle creature a creare guerre: per la prima volta i "figli" hanno cominciato a combattersi.
Abbiamo cercato di condizionare le idee dei loro condottieri, a fornire un minimo di strutture sociali e comportamentali a salvaguardare la sopravvivenza della specie.
Non è facile rispondere alle loro domande sulla tecnologia e scienza da noi dispiegata e da loro sempre passivamente osservata.
Abbiamo portato un loro esponente - chiamato da essi "profeta" - su una nostra astronave: si chiamava Elia e, molto impressionato, ha vissuto l’ascesa e la vista dell’intero pianeta sul mezzo che lui chiama carro di fuoco.
Da allora molto abbiamo assistito la loro crescita: gli abbiamo donato il fuoco, educati all’agricoltura, all’allevamento, a progettare i primi villaggi.
Abbiamo fornito loro nostri dotti da Imhotep architetto egizio a Mosè, a costruire un progetto sociale nelle nostre intenzioni atto a coagulare il più possibile l’estrema disomogeneità, la famosa "sindrome di Babilonia".
Abbiamo fallito con il povero Akenaton, ma ci siamo ripresi con Gesù.
Abbiamo perso il nostro uomo, ma il suo sacrificio ha salvato il progetto.
I tempi erano infelici a che comprendessero gli insegnamenti.
Molti, troppi, hanno applicato alla lettera parole a sintetizzare idee complesse, astrazioni e simbologie.
Il solito vecchio problema: come far capire all’uomo delle caverne la fusione nucleare?
Fantasie dite? Mah!
Provate ad immaginarvi attore dei tempi: come interpretereste i fenomeni del creato e creatore?
E dopo non averli capiti, come li spieghereste agli altri?

Il nido del filosofo

Finalmente a casa!
Abbandono la valigetta quasi volessi disfarmene e getto distrattamente le chiavi sul tavolo.
Accaldato, dopo una giornata afosa - dove ogni respiro costava lo sforzo di dover aprire i polmoni ad una zaffata d’aria bollente - mi precipito verso il frigorifero. Gusto il primo momento: all’apertura m’investe una carezzevole frescura rendendo ancora più voluttuoso il prendere la bottiglia d’acqua fresca. Bevo golosamente cercando di annegare quella sensazione di calore, quella continua e fastidiosa percezione d’arsura che ti fa sembrare come una foglia secca accartocciata. Incurante dall’aspetto ormai rilassato ma arruffato, con la camicia aperta e le scarpe abbandonate durante il breve tragitto - a cercare la frescura del nudo pavimento - mi trascino verso la salvezza. Clic! E la magia comincia: un piccolo, quasi impercettibile fischio, alette che si aprono come le ali di un angelo ed ecco, finalmente, un piccolo sibilo ad indicare che sono salvo. Se non fosse cosi in alto quasi lo bacerei. Il mio climatizzatore!
Faccio scorrere l’acqua della doccia e contemporaneamente accendo il televisore a catturare qualcosa: musica, informazioni, anche solo un leggero brusio di sottofondo che renda ancora più confortevole il riconoscere la mia "tana". Il refrigerio dell’acqua, il suo piacevole massaggio mi ritempra. Mi sento più pulito, più presentabile quasi - in quel piccolo momento paradisiaco - più "umano".
Nello stile "informale" - classica uniforme di calzoncini corti e mogliettina - accendo un attimo il mio portatile a dare un piccolo controllo alla E-Mail poi, soddisfatto, scorro il giornale a completarne la lettura dopo averne solo spiato titoli e brevi introduzioni durante le pause caffè, sul lavoro.
Pianifico i miei impegni - il magico momento di organizzare una puntata in pizzeria con gli amici – usando uno dei cellulari che circolano in famiglia. Prendo le chiavi della macchina abbinandone il mazzo al modello ( eh, si: ne abbiamo due ) Ah, già: devo ricordarmi di fare il pieno di benzina.
Durante il tragitto maledico la mia smemoratezza, battendo nervosamente il palmo della mano sulla fronte: dovevo mandare il vaglia a conferma della casa per le vacanze! Domani. Prendo nota sulla mia agenda elettronica. Bella la macchina che incrocio. Dovrei cambiarla: la mia ha ormai quattro anni. Ecco, anche oggi mi sono dimenticato di svuotare i sacchetti della differenziata. Casa sembra diventata un magazzino: scatolette e cartoni, bottigliette, scarti di frutta e verdura, imballaggi degli ultimi acquisti. Accidenti, quanta roba! Ed è passato solo un giorno dall’ultima volta che ho svuotato le pattumiere!
Speriamo che all’approssimarsi della calura e all’avvio dei condizionatori non si finisca come l’altra volta con tutte quelle interruzioni di corrente. Senza la calcolatrice non ricordavo più neppure come facevo prima le divisioni ed ho dovuto aspettare il ripristino della rete elettrica prima di terminare la mia denuncia dei redditi. Dopo, il rassicurante ronzio di tutto ciò che sembrava morto, il riaccendersi di televisione e l’illuminarsi dei locali, l’avvio della lavatrice e il borbottio della calcolatrice. Eureka! Sembrava quasi che anche io mi fossi spento con loro!
Il breve attimo di smarrimento - il protrarsi l’avrei chiamato panico - è passato. L’energia di nuovo scorre.
Così "naturale", così rassicurante: come la paglia nel nido. Mi addormento cullato in quel benessere. Cosa farei senza tutto questo?!
Abbioccato sulla poltroncina ripensavo ai bei tempi delle manifestazioni contro la guerra in Vietnam, alle proteste contro l’inquinamento, la difesa delle foreste pluviali, la contestazione per la difesa delle minoranze e contro quelli che fanno le guerre per il petrolio...a proposito: vado subito a far benzina !

SfigarJella

"Il tuo scintillio guida il viaggiatore nel buio...scintilla, scintilla: piccola stella".
Il naso all’insù, a scrutare quel lumicino che tanto accompagnò Santi, Eroi e Navigatori, ma anche pellegrini, viandanti, Re Magi e mistici allucinati.
In via d’estinzione i Santi e troppi i pavidi per trovare l’eroe, rimangono i navigatori, a muovere tra gli scogli e perigliose rotte, ove basta un...triangolo, anzi, una triangolazione tra satelliti vaganti in orbita, a dare risposta ad almeno una delle grandi domande della vita;
il quesito di chi sei e da dove vieni ancora resta insoluto, ma dove andare te lo dicono loro !
Come per le briciole di pane sgranate da Pollicino, seguendone segnale si torna a casa.
"Proseguire dritto per cento metri e prendere la prima a destra...".
Com’essere accompagnati dalla mamma: la voce elettronica è calda, rassicurante, protettiva, a trarti in salvo al nido.
Eppure c’è chi continua e si ostina a ritrovare la propria via, più che guardando - sommo analfabeta - facendosi leggere le stelle da chi ti rivela il Kamasutra degli astri: Giove entra in Venere…lasciamo stare a far cosa !
"Ahi ! Ahi ! Ahi !".
Guardi la faccia imbronciata, corrucciata e preoccupata dello stregone di turno e ti si chiudono le coronarie.
Ecco l’esito della triangolazione del nuovo "Navigator", il famoso Global Positional System che misura la Sfigariella: l’apice tra la sfiga e la iella, quell’infelice connubio che fa sì che la nostra vita sia marchiata da disgrazie a strati, come le fette di una...mortadella !
"Povera criatura mia: ma tu si' proprio scurnacchiato !".
Ecco: sei morto !
"...però...’na fattura e il malocchio se ne và !".
Alzi la mano chi, risollevato, non ha emesso un profondo sospiro di sollievo, felice che il destino scritto negli infidi astri si può scombinare con una semplice fatturina.
"Giove non entra più in Venere, ma imbocca la circonvallazione ed esce al primo svincolo e s’ingroppa l'ascendente Marte...".
Ufff ! Pericolo scampato: ‘mo sò cazzi ‘e Marte !
Ora, fino a che siamo alle superstizioni e ci si accontenta di fare le corna in segno di scongiuro, aggirare una scala per non passarci sopra o espatriare, salvo ripassare da altro valico, per tornare alla dimora se s’incrocia un gatto nero, passi pure: se sei un poveraccio ti daranno dello scemo, se ricco, dell’originale.
Il pericolo è esser creduloni; peggio: esserlo nello svolgimento di un lavoro che condiziona vita, morte e miracoli di una moltitudine di persone o - calamità delle calamità - di una o più nazioni !
Il Beppe Fontana che fa esorcismi, è giustificato dalla farmacopea della senilità, che lo costringe a curarsi con pillole di Rincoglionil e supposte di Rimbambil.
Per intenderci: l’ignoranza resta tra le mura di casa.
Diverso per il presidente di una multinazionale, che si fa predire il futuro, legge l’oroscopo e si fa fare la macuba !
Non parliamo di chi sta nelle "Stanze dei bottoni".
Quando si sentono certi "Veggenti" insinuare sottovoce, con la mano a coprire la bocca e gli occhi ridotti a fessure, a scrutare attorno che nessuno li spii: "Lei non immagina quanti di quelli si rivolgono a me", ti s’agghiaccia il sangue nelle vene.
Il solo pensare al mago d’Arcella o d’Otelma come potenziali suggeritori o soggetti subliminali per industriali, generali, dirigenti di banche o di complesse realtà economiche, sociali e politiche, mi terrorizza.
Continuiamo a mescolare nella patta dei pantaloni ad una previsione infausta o ritirare il braccio per non incrociare quello d’altri, alla stretta di mano.
Portiamo appresso un portafortuna, cornetto rosso o zampetta di coniglio che sia.
Smoccoliamo contro chi formula un "Tanti auguri", invece del canonico "In bocca al lupo" e, dovendo uscire di venerdì 17, via a scongiuri ed esorcismi.
Nascosti dai paginoni del giornale abbiamo sbirciato l’oroscopo.
Scacciamo ogni dipendenza da "Sfigariella"...incrociando le dita !

La visione di Jorge

Ne "Il nome della rosa” di Umberto Eco è racchiuso un mondo in miniatura che ci aiuta a capire le cause scatenanti della recente ira funesta, dell’Islam più bieco e ottuso: l’umorismo, il riso, l’ironia, l’ilarità !
"Non vediamo nulla di tutto ciò !", mi risponderete.
Qualcuno di voi, seppur catturato e incuriosito dal titolo enigmatico, disgustato e scandalizzato, interromperà qui la lettura.
"Solo tu riesci a trovare il ridicolo; qui si rischiano attentati e il veder scorrere il sangue !".
Vero.
Vediamo se mi riesce far mio quelli di voi che hanno deciso, sconcertati, di continuare a scorrere queste righe.
Venite con me, indietro nel tempo, nel lontano novembre di un freddissimo inverno del 1327;
Ecco, entriamo in una ricca abbazia benedettina dell'Italia Settentrionale;
In un mondo caduto nelle tenebre e nella superstizione, ignorante e ormai analfabeta, nell’inferno dei figli d’angeli decaduti, le uniche luci, gli scrigni che contengono gli ori del sapere sono proprio le abbazie, i monasteri.
Lasciamoci fuori i deformi mondi, rovine e mostruosità e accomodiamoci nel tepore, nella luminosità luciferina di quest’isola felice in cui abbiamo avuto la fortuna di naufragare.
Amanuensi e incunaboli, Inquisitori, eretici della setta estremista dei dolciniani, dispute sulla povertà di Cristo e della Chiesa, li lasciamo fibrillare attorno a noi, ognuno con la propria storia, ad agitarsi in tanti universi paralleli che fanno da contorno.
Non c’interessano.
Fissiamo l’attenzione su quel monaco, vecchio e cieco, intelligente ma inflessibile, severo, determinato, antico depositario dei segreti della monumentale biblioteca.
È un assassino, un ostinato omicida.
Guardatelo: è convinto che la sua sia giustizia, con delega, in nome e per conto di Dio !
Quante volte l’abbiamo già vista quella sicumera, eh ?!
Il canuto monaco, cieco, Jorge ha ucciso per impedire che fosse scoperto il perduto libro secondo della Poetica di Aristotele, un'opera PERICOLOSA per la Chiesa perché vi si ESALTA L'UMORISMO che "UCCIDE la PAURA, e senza di questa non ci può essere la fede. Senza la paura del demonio non c'è più la necessità del timore di Dio".
Certo: il ridicolo ucciderebbe anche un Dio !
Nulla può sopravvivere a questo sicario perché nessuna divinità, nessun Profeta, nessun essere potrebbe restarne intoccato;
ne uscirebbe a pezzi: ridimensionato, ridicolizzato, "nanizzato" da un riso velenoso, dissacrante, disincantato !
Il potere si regge sulla paura e questa, sull’ignoranza: si teme quel che non si capisce;
si obbedisce, si è succubi del buio, come un bambino impaurito dall’uomo nero, dall’orco !
Il riso è come la lama di luce che strappa il tessuto della notte, della cecità.
Il dio di Bin Laden è come quello degli inquisitori, uguale agli antichi dei pagani: crudele, inflessibile, altero, macellatore di genti ed eserciti.
Guai a riderne nel vederne la scucitura sulle braghe, sotto la possente armatura !
Le vignette satiriche su Maometto non sono percepite come offese, ma come breccia nelle difese, lo sbrego nelle mutande.
Uccidono la paura, intiepidiscono il timor reverenziale.
La gente ride.
E non ha più paura.
L’Islam peggiore, allora, risponde e scatena i suoi...Padre Jorge !

Il cimitero degli elefanti

Più che vinti ( chiusi nei "recinti" di una riserva indiana ), più che le cianfrusaglie di una soffitta ( piena di cose dimenticate ), ricordano un CIMITERO: quello mitico - e mai trovato - degli elefanti! Possenti e forti in gioventù, carichi d’anni e di ferite nella maturità, decadenti nella vecchiaia, a passo stanco avviati verso l’estremo luogo di ritrovo, l’ultimo giaciglio, L’INCENERITORE della MEMORIA! Così immagino sia per Marduk, Tiamat, Kung Kung, Nakhri, Mixcoatl,Viracocha, Quetzalcoatl,Susano, Amaterasu, Cenrab, Durga,Yhwh, Dagda, Widar, Talo, Evenor, Illapa, Khumbakarna, Rudra, Ravana; E dove mettiamo - in Australia, presso le etnie aborigene - Atnatu ( il "senza culo"...scusate, ma significa proprio questo! ). Andiamo avanti: Vesta e le sorelle Cerere ed Opi, Saturno, Giove e Giunone, Nettuno, Plutone e Glauce, Vulcano, Venere, Apollo, Atena, Mercurio...Odino, la dea Frigg, Bragi, maestro della poesia e Thor, dio del tuono. Eppoi Khnum, Neftis sorella di Seth, Iside e Osiride e le quattro divinità: Shu e Tefnut ( aria e fuoco ), Geb e Nut ( terra e cielo ); E ancora: Anubi, Maat, Athor...tutti "amici", tanti già ricordati in "Il peso della piuma". E Huitzilopochtli? Tezcatlipoca? Tonatiuh? Tota ( padre nostro ) e Totan ( madre nostra )? E Tonacatecutli e Tonacacihuatli ( rispettivamente signore e signora della nostra carne )? E Teteo Innán ( madre degli dei ), chiamata anche Tonantzin ( nostra piccola madre )? E Tlazolteotl ( dea dell’immondizia ), chiamata anche Tlaelquani ( divoratrice dello sporco )? Tranquilli, non sto biascicando il rosario ne delirando. Mi chiedo e chiedo: DOVE SONO ora tutti questi DEI?! Hanno dettato le leggi ai nostri antichi e bellicosi progenitori che, in NOME LORO, portarono - e tutt’oggi portano - ASSASSINII, MORTE e DISTRUZIONE. Come per gli dei nordici, tutti alfine DESTINATI ad ESSERE DISTRUTTI, nel giorno sacro di Ragnarock. L’UOMO li ha CREATI E l’uomo li ha CANCELLATI! Nazioni ed eserciti, l’uno contro gli altri, a cercar di sovrapporre, ad imporre, le proprie certezze al resto del mondo. Milioni di morti per nulla, vite spezzate, aggiogate, schiavizzate, per una religiosità "camaleontica": tante facce, tante fedi, altrettante arroganti verità. Spade e scudi, armature, scuri e martelli: abbandonati. Molliche di pane, la traccia di "Pollicino", la coda di un esercito sconfitto, in cammino verso il cimitero dei dimenticati, un’armata di "vecchi" signori in rotta verso Ragnarock, la grande discarica! Tra mille anni le "divinità" d’oggi avranno altri nomi, attributi e valenze ma, i soliti figli, i soliti miserabili schiavi, ad urlare sempre: "Dio lo vuole!" o "in nome di Dio!". Uno solo di questi sarà compagno per la...vita dell’uomo: si chiama MArte, ovvero MOrte! Stercuzio (il dio dei cessi) e Cloacina ( protettrice dei…servizi igienici): gli "architetti", a creare ambienti, spelonche e dimore di tanti falsi profeti - passati e a venire - a scavarne le tane. Da ciò che essi proteggono hanno avuto e avranno origine le nuove profezie! Che l’uomo viva per l’uomo, adorando Dio nel tabernacolo del proprio cuore. “Lui” saprà vivere anche senza eserciti, compiacendosi - finalmente - d’avere una figliolanza meno cretina!

Pigmei

Sono un "piccolo" uomo; il mio, un "piccolo" popolo. Come la foresta, nostra madre, ora sempre più una "piccola" foresta. Stiamo scomparendo, dalla terra, dalla vista e, ancor peggio, dalla memoria. Come me, come il mio popolo, come la madre foresta, anche questa sarà per te una "piccola" notizia. Noi, come tanti sfortunati fratelli su questa terra, aborigeni australiani, indios dell’Amazzonia, noi, dicevo, siamo "invisibili". Tutto ci attraversa, lo sguardo del mondo ci passa da parte a parte, ci ignora. Siamo ormai in un'altra dimensione, siamo morti per voi, per tutti. L’arma peggiore: l’indifferenza! Ci uccidete col disprezzo, con la vostra supponenza, quasi a scacciare una fastidiosa zanzara. Come un cavallo che, con la coda, "spazza" via un tafano. Siamo vecchi. La mia gente, dicono, arriva da un lontano passato: cinquemila e più anni fa. Abbiamo fatto il nostro tempo?? E allora perché non lasciate sia il tempo a richiamare il nostro respiro? Perché distruggete la mia foresta? Perché i miei tamburi non riescono più a chiamare il dio della pioggia, del fuoco o dell’aria? E le anime dei nostri padri? Perché sempre più lontano arriva a noi il rumore degli animali e delle piante, del fiume e dei suoi abitanti; perché tace il dio della caccia? Le nostre orecchie non odono più i richiami della madre terra. Ci dicono che proteggete elefanti, rinoceronti e ghepardi: perché noi si vale meno di loro? Cosa non vi piace di noi? Forse i nostri tamburi non riescono ad arrivare alle vostre distratte orecchie? O, al contrario, vi disturbano? I nostri dei sono i vostri: la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco non abbracciano anche voi? Lo spirito degli animali e delle piante, la fragranza del suolo, la durezza della pietra, i nostri e vostri antenati, non parlano anche a voi? Che voi fate un tutt’uno di questo, mentre noi ne adoriamo ogni aspetto, vi fa forse più “grandi” di noi "piccoli" pigmei? A noi il creatore parla tutti i giorni, attraverso il creato: non solo da un roveto ardente o attraverso un maestro, all’interno di una caverna! Tutto è "intorno a noi" e il tutto è per tutti! Ci chiamate "animisti", voi vi sentite migliori: "monoteisti"!? Ma ogni vostro Dio quante anime ha? Un popolo un Dio, ogni Dio in guerra con quello dell’altro, anche fosse lo stesso. Monoteisti...mah! Il mio mondo và in pezzi, "grande" uomo! I miei figli rifuggono verso i margini della nostra "casa-foresta", a lavorare per un altro popolo, i bantu: per loro dissodano e lavorano i campi. Così fecero gli aborigeni, così fanno gli indios. Siamo come quegli animali che, una volta liberi nel loro mondo, poi cancellato, si adattano a vivere alla periferia delle città, a rovistare tra la vostra immondizia. Così ci umiliate, non lo capite? Noi siamo uomini. Viviamo da uomini e da uomini vogliamo morire. Con orgoglio. Voi ci uccidete due volte: prima lo spregio, poi la cancellazione! Ognuno di noi vive in funzione della continuità per l’intera tribù: a questo guardiamo quando giudichiamo i nostri contrasti. Voi la chiamate "democrazia" e volete esportarla. Noi già l’abbiamo. Da sempre. L’essere piccolo aiuta a muoversi nella foresta, mentre voi goffi, malfermi e dinoccolati, lo fate a stento. Però, dimentichi di quanto poco prima eravate ridicoli, ridete subito, quando ci vedete ai margini della vostra "foresta". Vi sentite "grandi". Voi. I veri pigmei! Vivete con le vostre "protesi tecnologiche". Solo mancasse quella che chiamate "energia", morireste, anche se attorno a voi vi fosse di che sopravvivere! Come rane che percepiscono solo movimento: in un mondo fermo, morirebbero di fame in un grande magazzino alimentare! Oggi moriamo noi, "grande" uomo. Poco prima di voi. Il vostro "canto del cigno" arriverà presto: sull’onda delle guerre, nel nome del vostro Dio. Il migliore, ovviamente!

Il peso della piuma

Il mio Ka si spense in una strada del paese, al cospetto di un giovane come me, davanti ad un sorriso di scherno e al fuoco della sua cintura, che soffocò il mio.
Improvvisamente, come un insetto trafitto da uno spillo, come sabbia sfuggita velocemente tra le dita, sentii la vita arrestarsi poi scivolare via e il respiro mi fu rubato.
La gran madre Eset, Mut-Netjer, accolse tra le sue amorevoli braccia il mio Ba, lo spirito, affidandolo a colui che mi avrebbe guidato nel gran viaggio, il fedele Anubi.
Ai confini del mondo verso le quattro colonne che lo sostengono, attraverso il fiume degli inferi e nella terra brulicante d’esseri mostruosi, valicammo porte sino alla gran sala di giustizia, al cospetto dei sommi giudici Shu e Tefnut (aria e fuoco), Geb e Nut (terra e cielo).
Alla presenza d’Osiride c’era la bilancia, la pesa cui affidai il mio cuore affinché fosse in equilibrio con la piuma di Maat.
Il dio scriba Thot registrò il risultato su un rotolo di papiro, mentre Anubi controllò lo strumento.
Leggero era il mio cuore perché ero innocente, il mostro Amenuit non potette cibarsene.
Ero innocente e non feci mai del male ad alcuno.
Nei campi di Jalu, dopo la purificazione nel lago del loto, Ka - il soffio vitale - e Ba si riunirono: Akh, la terza parte del mio spirito, si compose a formare, con gli altri, le stelle circumpolari che non scomparivano mai oltre l’orizzonte, diventando parte permanente dell’universo.
E vidi l’Acheronte, il fiume del dolore che delimita l’Inferno, attraverso il quale sciamano le anime destinate alla punizione eterna.
Chi interruppe la mia vita, raggomitolato e tremante, era traghettato dal demonio Caronte, che gridava, con occhi di bragia: "Guai a te anima prava! Non isperare mai veder lo cielo; i vegno per menarti all’altra riva".
E colà arrivati, a sigillar la nera anima, Cerbero, mostruoso cane a più teste - il guardiano dell'entrata dell'Ade - ad impedire l'uscita ai morti e l'ingresso ai vivi.
Allora il dannato, a chieder pegno di ciò che in vita fu promesso: settanta vergini in nome d’Allah come, prima di lui, altri a pretender premi e mercede in nome di Jahvè!
"Stolto!" urlò il divino. "Ti diedi la vita per nulla, perché ora rendi nulla la vita: forse che per reclamar ciò che è mio debba usare uno come te invece che un semplice gesto della mia mano?".
Eppoi, nell’ira furibonda: "Ho donato la vita per nulla e tu nulla mi restituisci?!"
Con la mente rivide tutti i suoi bambini, quelli che tanto tempo addietro arrivaron a Lui prima della chiamata - innocenti e puri - con in mano una chiave: un vecchio, con quella, promise loro l’entrata in paradiso attraverso il tributo della loro carne dilaniata. Una lacrima scese dagli occhi del Signore: i suoi figli non con la morte, ma con il dono fatto loro dal soffio divino raggiungono il Suo cuore!
Il vecchio, con l’anima sporca come il nero del mantello indossato in vita, protesta a Lui innanzi: "In nome dell’unico Dio feci quel che feci!".
Come il rumore del gran boato che iniziò l’universo, alta e iraconda la voce del Creatore: "Io sono il tutto e il tutto è in me: sono Dio e gli Dei!". La furia fece tremare i mondi: "Nessuno conosce il mio nome segreto. Io sono il Padre di tutti: non importa come i figli pronuncino il mio nome né come arrivino a me!". "Io sono il principio e la FINE: l’uno e l’altra mi appartengono!". Al suo gesto l’anima infame vaporizzò. Ed io mi addormentai, in pace, sul petto del Padre mio, mormorando la preghiera della gioventù: "Padre mio che sei nei cieli...".
E voi, se volete salutarmi, guardate tra “le stelle circumpolari che non scompaiono mai oltre l’orizzonte”.

Le ragioni, la ragione, la donna

Dio creò l’uomo e la donna, non necessariamente in un ordine gerarchico e non generando la prima classifica o la prima graduatoria. Generò l’umanità, il vivente, non monete di diversa valenza.
Fisiologicamente alla donna spettò l’onere e l’onore di portare figli nel grembo e questo condizionò nel bene e nel male l’intera sua esistenza. Il tempo a crescere le sue creature paralizzò ogni altra aspettativa: divisa da un recinto ideologico, lei all’interno, prigioniera. L’uomo fuori, nella vastità del resto dell’esistenza a spaziare su ben altri orizzonti.
Dall’alto della sua abissale non conoscenza creava dei, nell’incapacità di capire i meccanismi della natura: il fuoco, l’acqua, il vento; tanti quanti erano le profonde deficienze di quella primigenia umanità.
La donna sempre chiusa in quei recinti dagli alti paletti d’ignoranza, l’uomo ad inventarsi sacerdoti beoti a presentarsi come sommi interpreti delle volontà di divinità create dal cervello di questi asini.
V’immaginate quei scimmieschi progenitori parlottare con Dio?
Purtroppo da quelle scaglie di dialoghi a senso unico derivarono interpretazioni, rimaneggiamenti, revisioni e sciocchezze che costruirono pagine di libri che, per rendere non accessibili al dubbio e alla ragione, furono avvolti da un sudario definito sacralità, parola a sancirne l’intoccabilità. Una corazza impenetrabile e immutabile che rendeva impossibile l’osmosi con il buon senso il dubbio e il rinnovamento.
Come nelle rocce ispessite e compresse da miliardi d’anni d’accumulo, anche quelle pagine divennero lapidi, sepolcri ed armi per soverchiare, soffocare e ricoprire qualsiasi altra voce che volesse esplorare, capire, comprendere e, perché no, anche contestare - non quello che Dio disse - ma che l’uomo - sommerso da vaste aree d’incomprensione – inventò, figurando quanto meglio poteva il proprio mondo e la propria realtà.
Fu richiesta l'accettazione incondizionata delle regole dettate da Lui, l’Eterno, il Vivente.
La donna sempre ai margini, come i detriti depositati nell’ansa di un fiume impetuoso.
Spesso i mariti costringono le mogli ad avere tanti figli per obbligarle ad occuparsi esclusivamente di loro e per privarle di un’identità personale. Ed ecco: il cerchio si richiude a richiamare quello d’inizio lettera.
Ecco interpretare, a discolpa di una discriminazione tipicamente umana, la voce d’Allah che addirittura si vuole dal Corano giustifichi questa subordinazione, ad esempio, come conseguenza della sua impurità causata dal ciclo mestruale.
E dove troviamo il suo riscatto? Guarda caso nella responsabilità dell’educazione dei figli: rieccola rinchiusa nel solito vecchio recinto.
Non è cosi? Non è solo cosi? E’ anche cosi? Cosa anche è: quante interpretazioni possono essere fatte in tal senso e per altri argomenti? Come può un Dio essere così ambiguo rendendo confusa la mente dei propri figli nel capire con immediatezza il proprio insegnamento? Il tutto e il contrario di tutto: questo è quel gran caravanserraglio dove sono riposte tutte le bestialità cui il genere umano ricorre per fornire un alibi alla propria rettiliana crudeltà.
La presunta parola del divino a magnificare sgozzamenti, decapitazioni, esecuzioni e vendette: bombe a dilaniare
Il diritto di avere fedi, credo e costumi diversi.
È stato detto: è chiaro che Dio ne sa più di noi.
Egli ha una lungimiranza che noi non abbiamo e se noi esseri umani cerchiamo di capire la saggezza di Dio con il nostro piccolo cervello è chiaro che non riusciremo mai a dare un senso a ciò che è stato rivelato, quindi sarebbe doveroso da parte nostra accettare le regole e arrendersi alla sua volontà;
Altrimenti….?
Sono forse io colpevole di non capire - con il piccolo cervello che Lui mi ha dato - rivelazioni e regole plasmate in un’argilla facilmente deformabile a rappresentare tante facce?
Sarà la Sua volontà a guidare la mia vita e non certo la spada dei Talebani ad organizzare la mia esecuzione !

La lente della fede

I testi sacri - come tutto ciò che è stato tramandato oralmente prima dell’affermarsi della scrittura – sono passati al setaccio dei tempi, dei popoli, delle credenze e delle conoscenze di volta in volta disponibili.
I mezzi e i termini di paragone con cui interpretare concetti difficili e - ancora oggi - di profonda complessità, hanno accompagnato nei secoli il tentativo di comprendere: come degli esseri nati miopi cui la lente del tempo di volta in volta aumentava la sua portata, consentendo una sempre maggior chiarezza nel distinguere le ombre dell’ignoranza che avvolgevano – e ancora oggi accompagnano - i nostri passi.
Tutta l’informazione segue e subisce la legge del famoso “ telefono senza fili “: in una catena d’elementi nessuna parola riferita al primo arriva integra alla fine.
Il passaggio di un’informazione produce una deformazione, più o meno accentuata, compatibilmente con le capacità recettiva di chi in quel momento la sta custodendo, nell’attesa di passarla alla successiva maglia della catena.
L’errore più impercettibile falsa in maniera esponenziale – durante il suo fluire – il vero senso dei fatti.
Nei mari del Sud vive un popolo che pratica il "culto del cargo". Durante la guerra ha visto atterrare aerei carichi d’ogni ben di dio, e ora vuole che la cosa continui. Hanno tracciato delle specie di piste, accendono fuochi ai lati; hanno costruito una capanna di legno in cui siede un uomo con due pezzi di legno a mo' di cuffie, da cui spuntano stemmi di bambù a mo' d’antenne - rappresenta il controllore di volo - e aspettano che gli aerei atterrino. Aspettano il divino, la ricompensa, la felicità, il benessere. L’errore ha plasmato un falso dio, l’ignoranza lo ha reso padre, il fanatismo lo alleva.
Cosa hanno visto i nostri avi e - del poco capito - come hanno raccontato, tramandato e contaminato i veri avvenimenti, elaborandoli ogni volta sempre di più, per cercare di illustrare un evento talmente estraneo alla loro cultura da non avere neppure termini lessico-grammaticali per descriverlo??
Quando però la Parola è quella di Dio, allora la tragedia si rovescia sul genere umano!
Tra Lui e l’ultima delle Sue creature si frappone il sapiente, il maestro, il saggio, l’erudito, lo studioso, il mullah, l’Imam, il sacerdote, lo stregone….
Re e Faraoni addirittura si ritenevano – e imponevano - l’incarnazione della divinità.
La carne al posto dello spirito. L’imperfetto a scimmiottare il Perfetto.
La parola di Dio, imbastardita dall’ignoranza dell’uomo - piegata agli interessi di chi respira l’odio invece dell’amore del soffio divino – diventa la spada del crociato o dei guerrieri dell’Islam.
O le bombe degli assassini, che si fanno esplodere uccidendo bestialmente ogni essere che non sia appiattito al loro stesso livello di stupidità, al loro coma intellettuale.
Il loro cervello, racchiuso in un’unghia, è quanto basta, a chi li guida, per farne loro strumento a raggiungere in terra le gioie che – queste guide, primi miscredenti – pensano non esistano in cielo.
In fin dei conti, in un mondo di polli, perché le volpi non ne devono approfittare?
Se Dio avesse voluto che solo alcuni avessero l’illuminazione a parlare per Lui, perché a tutti donare un cervello ? Soprattutto: perché non creare solo illuminati ? Perché da Lui, il perfetto, deriverebbe l’errore??,
Scusate: non avevo considerato quanto sia difficile avere risposte da un’unghia che trasporta una macchia chiamata impropriamente cervello ! Far esplodere questa traccia ameboide è come far scoppiare un sacchetto d’immondizia, a cui neppure una vergine concederebbe un solo dito. Anzi, due si: quelle usate per turarsi il naso!
Alfa e Beta ad incominciare
fino a òmega arrivare,
e nel mezzo il corollario
del gran vocabolario.
Come tanti soldatini
tutti pronti all’ispezione,
tanto belli e ordinatini
per una pronta attenzione.
Ecco il punto:
è un bel dritto, il primo esclama,
mentre l’altro china il mento
non godendo di tal fama.
Una parentesi s’ha d’aprire
ed escon letterine,
tante belle paroline
tutte pronte da cucire.
Di quel gomitol seguo traccia
a riavvolgere matassa,
a seguire il lungo filo
d’uno scrivere creativo.
Come s’usa - Sant’Iddio ! -
tutto questo ben di Dio ?
Qui io chiamo in mio soccorso
a salvarmi un bel corso.
Lì io devo imparare
quel che è fare e non fare,
a trovare tra tante erbacce
…Tracce !

martedì 24 aprile 2007

Non ce l'ho con Dio ma...

Esser primitivo.

Orfano son di rima, ma poetar devo;
a voler evitar lacrima, da voi cerco il sorriso
nel raccontar storia del nostro evo,
dove l’avo a discender fu deciso

quando…

…ancor di primo pelo,
a balzare giù dall’arboreo ramo,
lesto fu nell’allungar subito mano
che, il raccoglier dal suo melo,
Dio giudicò subito insano.

A star su due soli piedi
invero costò caro:
cacciati, senza rimedi,
in un mondo - ahimè - malsano.

Eccoci a spulciare,
per loro ereditare,
dal manto degli stenti,
rogne e patimenti.

Lotte e botte la fan da padroni,
ad esser dolori per le genti:
polpa e bocconi,
da stritolar tra i denti.

A seguir del piffero il fato,
che a causa del prim peccato
alle trombe si dette fiato:
tuo è il destin d’esser suonato !

Vorrei tornar al primo pelo,
risalir sul vecchio ramo,
e guai a mangiar melo,
con un Dio pronto a tornar reclamo !

Voglio sbucciar le mie banane,
un pensiero da primate,
a viver tra le liane
e, pensate: fuggir, a zampe levate !

Subito tornerei, a rimetter l’antico velo,
il mio primo pelo;
…esser primitivo ?
Ma no, tutto è relativo !