giovedì 26 marzo 2009

Obamenei

- «Volemose bene, semo boni», invita il Barak, porgendo il ramoscello d'ulivo.

La risposta arriva in punta di dita: il terzo, a partire dal pollice;
tradotto, dall'ottimismo degli allocchi: attenzione e interesse "medio" sull'apertura di Obama.
Abbronzato al naturale, mandolino e labbra a ciuccio, sotto il balcone della nuova fiamma il grillo salta e canta, sperando: incanto, convinco, cavalco l'onda e nascerà un bel Obamenei, dal seme Obama col Khamenei.

- «Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scurdammoce o passato», insiste "Black iuessei".

Ma l'altra sponda non si concede e non gliela da;
dal trespolo, occhialoni scuri, barbetta bianca e turbantone nero a pentolino, gli risponde la cornacchia:
- «L'Iran non può dimenticare l'atteggiamento ostile e aggressivo che gli Stati Uniti hanno avuto in passato. L'amministrazione americana deve riconoscere i suoi errori e porvi riparo: è questo il modo di mettere da parte le divergenze».

Capo cosparso di cenere e camminata sui ceci anzi, meglio, sui chiodi.
Ma non basta, che l'ingenuo moretto a stelle e strisce c'ha speranza di trarne godimento solo ad essere masochista alla presenza di un sadico.
- «Parli di cambiamento, ma nessun cambio è visibile nella pratica. Hai sbloccato le mie palanche, all'estero? E le sanzioni, le hai cancellate? Hai smesso di sputtanare me e i compagni di merende? Soprattutto: quando la smetti di sollazzarti con la sionista, dietro l'angolo?»

Il nocciolo della questione sta tutto qui: Israele, quel sassolino che, se tolto dalla scarpa, permetterebbe di correre verso il sol dell'avvenire, a papparsi indisturbati l'intero scacchiere mediorientale.
Un Iran bellicoso e armato fino ai denti quanto basta, non avrebbe davanti nessun altro antagonista da impensierirlo e rullerebbe l'intera penisola arabica con lo schiacciasassi.
Quel maledetto staterello ebraico, grande come una caccola di mosca, è l'unico ad impensierire: forte, motivato, maledettamente democratico (forma e sostanza in odore d'eresia, per ogni tirannide, politica o religiosa che si voglia), minuscolo ma con una santabarbara di tutto rispetto...ma quando pareggiato con la bombetta atomica, allora sì, conteranno i numeri delle cozze, e le teste faranno differenza, che parlare di milioni di morti per Teheran sono spiccioli, che può permettersi di perdere, in vista comunque della vittoria. Avanzerebbe loro tanti ventri di donna da riempire, mentre dell'ebreo resterebbe la cenere;
è la regola del salmone: abbondanza di uova, abbondanza di semina e la legge dei grandi numeri garantisce che qualcuno se ne salva sempre, e tanto basta.
E poi, la legge di Allah è quella del formicaio, dove i singoli non valgono un soldo.
Khamenei non poteva credere alle proprie orecchie, quando avvertito che una colomba con il ramoscello nel becco stava bussando alla porta di casa: neppure ha lasciato che, ad aprire, andasse il maggiordomo, l'ottavo nano, Ahmadinejad, il Mahmud;

- «Ghe pensi mi», ci penso io, avrà detto, scostando il fido lecchino.

Forse un poco scornacchiato, spennacchiato e spernacchiato ma non vinto, il caro "Obamba", per il momento resta in attesa, meditando se è il caso di scrivere una letterina, al nonnino, Khamenei;
magari sotto Natale, che così prende due piccioni, assieme a quella per "Babbeo Natale".
Intanto che lo sprovveduto nostro offre guancia e prende schiaffi, si temporeggia e si gira il mestolo per stemperare la broda che riempirà la prima testata nucleare.
Dopo, non resterà che aspettarsi la mossa dell'ombrello, al grido di:
- «Teh, babbioni; ve l'abbiamo fatta!»

E le cornacchie di Teheran reciteranno la famosa filastrocca milanese, che fotografa bene la situazione:

"Grand, gross e ciula: mej piscinin ma gandula" ovvero, grande grosso e stupido: meglio piccolo ma sveglio.


Io, secondo me...26.03.2009

giovedì 19 marzo 2009

La vispa Teresa

La tipa di cui andrò a parlare mi riporta ad una vecchia, spensierata e simpatica filastrocca: quella della Teresa;

"La vispa Teresa avea tra l'erbetta a volo sorpresa gentil farfalletta.
E tutta giuliva stringendola viva gridava a distesa:
«L'ho presa! L'ho presa!»
A lei supplicando l'afflitta gridò:
«Vivendo volando che male ti fo? Tu sì mi fai male stringendomi l'ale. Deh, lasciami! Anch'io son figlia di Dio!»
Confusa, pentita, Teresa arrossì: dischiuse le dita e quella fuggì".

Altri tempi, ricchi di gaiezza, tranquillità, allegria e serenità;
oggi,alla farfalletta, di certo staccherebbero come minimo - ad essere generosi - le ali, e certo fregherebbe a pochi se è figlia di Dio, che neppure a Lui e al suo rappresentante in terra sono più risparmiati frizzi e lazzi.
E pure le Terese nostrane c'hanno altro da fare che correre tra l'erbetta, che siamo in tempi di vacche magre e aggiunta di fori nella cinghia, per meglio tirarla sul poco grasso che ormai più non cola.
E già, ma qui non parliamo di pezzenti, ma della svanita che, beata lei, può ancora permettersi un sano cazzeggio, mentale e materiale.

Siamo a cavallo dell'otto di Marzo, festa della donna.

- «Uuuuh, che noia a Milano, la sera: ma dove sono tutti? Neppure una gentil farfalletta...e mò, come fò io, giuliva, a tirare mattina? Qui pensano solo a lavorare e poco a divertirsi».

Povera e sfortunata Whitney, per gli amici Paris, pargola di Kathy Richards - all'anagrafe Kathleen Elizabeth Avanzino - prodotto dei lombi di papà Richard, pietra portante, nipote ereditiera di Conrad, fondatore della catena di hotel di lusso Hilton.
Papi e zione sono stati come il riporto sotto il tacco del nanetto, il partire a pochi metri dal traguardo quando, per i più, l'avvio è all'estremo orizzonte degli eventi.
Ahi! Peste colga gli sfigati: zavorrati e affrancati dal duro campare e scampare, dal nascere tra gente onesta e dignitosa, ma dall'avvio lento, dovendo barcamenarsi tra i noiosi problemi dell'aggiustare pranzo con cena, tenuta dello stipendio fino al prossimo, per non avere buchi di bilancio nel mezzo, a lesinare, rimandare o cancellare spese in tempi migliori - magari mai - che per questi la noia è un lusso.
Per molti la vita è da stella a stella: sveglia alla mattina, quando ancora buio, e ritorno lo stesso, che il sole lo vedono dalle finestre del lavoro. Se ce l'hanno.
I milanesi dormono, la notte: la mattina successiva è identica alla precedente e il tempo è prezioso, sia per fare che per riposare, che per il primo abbisogna il secondo, e non c'è molto tempo per le follie e le sfarfallate perché, spesso, quando c'è il pane non ci sono i denti, e quando questi, manca l'altro.
Mala tempora currunt...corrono brutti tempi, almeno per i comuni mortali.

- «A me piace stare sveglia fino alle sette del mattino», squittisce candidamente la Teresina Paris.

Noi, formichine operaie, ci si accontenterebbe di un allungamento dell'orario dei negozi, per poter trovare pane e companatico dopo l'uscita dal lavoro: della discoteca ci frega una mazza, che già saltelliamo assai, al suono dell'organetto del principale.
Brava, Whitney Paris, vedi Hilton, goditela: ma la commessa o l'operaia, la segretaria o quella delle pulizie c'hanno altro per la testa che, come fare per ammazzare il tempo, non è un'incognita.

- «Ma anche io lavoro: faccio la stilista!» certamente mi risponderebbe l'oca giuliva.

Ho capito: gli abiti per gli altri li disegna, mica ci si mette dentro.
Hai ragione, Teresina mia, continua a svolazzare così, senza pensieri, tra uno sniffo e l'altro di polverina...dei fiori;
e perdona noi, che non sappiamo soddisfarti come meriti, piccola Paris.

La vispa Teresa avea tra l'erbetta a volo sorpresa gentil farfalletta...


Io, secondo me...19.03.2009

lunedì 16 marzo 2009

Er mejo

Stavolta vo a cantare e vantare le gesta di ben tre finalisti del premio "Er mejo Fico der Bigonzo", come da antica tradizione romanesca dove, a fine stagione, alla raccolta del frutto, i contadini ponevano i dolci fichi settembrini in capienti contenitori, i "bigonzi" appunto.
Ora, pure io voglio nominare un campione tra i campioni - Er mejo - tra concorrenti che si battono per essere il più "fico".
Ma il mio canestro non sarà per metterceli a far fare loro porca figura, in bella mostra, ma per esaltarne le qualità di bigonzo...due in uno: essere assieme bigolo e pure stronzo !
Comincio dal più piccolo, il nano Brontolo per eccellenza: sua pelosa bassezza, l'Ahmadinejad, il Mahmoud.
Incazzoso e irascibile, saltella come un grillo per farsi vedere dal resto del mondo e, come quei fastidiosi cagnolini formato tascabile, abbaia in lungo e in largo per non farsi calpestare da un mondo che sovrasta e potrebbe schiacciarli, come una scarpa con la merda.
Frigna continuamente, inveisce, urla, minaccia, fa lo sborone, il bauscia, e il bulletto vorrebbe pure una bombarda atomica, per far più fracasso e avere un rialzo da mettere sotto il tacco delle scarpe.
Sin qui, non si discosta molto da tanti che, finito di giocare con i soldatini di plastica o piombo, all'occasione lo fanno con quelli veri.
Non è il solo ad aver avuto bloccato lo sviluppo del cervelletto, abbondando con il resto, come ad avere costruito un grattacielo per ospitare la pulce.
Ma, oltre al Risiko, il nostro metro e una spanna continua a credere alle favole, che certo la notte s'addormenta ancora con il bambolotto e il pollice in bocca.
Di sicuro gli apparirà in sogno il vecchiardo e cadaverico nonnetto, quel Komeini, il Ruhollah Mustafa Mosavi, suo Ayatollah-orsetto, che gli raccontò tante fiabe - non dico quando era piccolo, perché parrebbe ieri - come quella dell'imam nascosto, il Mahdi, il dodicesimo imam sciita scomparso in tenera età.
Capita.
Sarà stato rapito dagli zingari;
o si sarà perso, che ai tempi non esisteva il navigatore satellitare e neppure si applicava il microchip.
Ma il Mahmoud non la beve, e si autoproclama suo braccio esecutivo ( un poco rachitico, visto le dimensioni del tappetto ):
- «Dobbiamo risolvere in fretta i problemi del paese...farci carico della responsabilità di risolvere i problemi del mondo».
Ciumbia.
Non gli basta pensare ai cazzi suoi.
No: come tanti sbiellati, lo vuole per il bene del mondo, disposto a risolvere i mali estremi con estremi rimedi e ribadire che il fine giustifica i mezzi.
Pure se costretto a passare sulle ossa dell'umanità intera, utilizzando l'eterno alibi che "La morte di un uomo è una tragedia, un milione di morti è statistica".
In linea con l'insegnamento dell'avvoltoio Mustafa Mosavi, che cancellò una generazione buttando i bambini a sminare il terreno, durante la guerra con l'Iraq di Saddam Husseiun.
Li trasformò in carne da cannone.
Importò cinquecentomila chiavette da Taiwan. Prima di ogni missione suicida, a ogni bambino era consegnata una di quelle: sarebbe servita a spalancargli le porte del paradiso...'na figata pazzesca !
Avvolti in coperte, per non disperdere le membra dopo la deflagrazione, correvano a farsi squartare, e tanti si ridussero a carne trita per diventare hamburger di Allah.
- «L'Imam Nascosto è la mia guida; è lui che guida l'operato del mio governo», strepita il rospetto, figlio di tanto becchino.
Abul Qassem Muhammad - da oltre mille anni invisibile, come lo Stealth - ora starebbe per tornare.
Quel gran figlio di m...ullah di Ahmadinejad c'ha costruito nella capitale un grande viale e a Jamkaran una moschea blu, a lui dedicata.
Sempre che il poveretto trovi l'uno e l'altra, e non si perda ancora una volta, per altri mille anni.
Subito dietro l'angolo, si fa vivo - si fa per dire - un altro svitato: Osama Bin Laden;
è di queste ultime ore la minestra riscaldata, l'ennesima farneticazione di una altro che vuole vincere il premio di "Er mejo Fico der Bigonzo":
- «Completeremo la vittoria nelle terra dei due fiumi, l'Iraq, poi via, in Giordania, infine a raggiungere Al Aqsa, il cuore della città santa.
E via a definire olocausto la mazzolata ai pirlotti di Hamas, a Gaza e a definire alleanza crociato-sionista la comunella dei moderati corrotti: Egitto e Arabia Saudita.
L'ennesimo spostato mentale, onorato "bigologonzo", che richiama la guerra, d'accordo che sia la "suprema igiene del mondo", come dicevano i futuristi di Marinetti.
Lui, ovviamente, sarà la lavandaia.
Ma attorno a questo gruppo di ridolini, uno in particolare spicca, che assieme agli altri due pare il parente povero, il campagnolo tra alta nobiltà e tanto lignaggio: Ughetto nostro, il Chavez.
Mentre gli altri due giocano con i soldatini e inseguono farfalle e chimere, questi si da ai fumetti.
Ancora dilettante, garzone di bottega, è alla ricerca della costruzione della personalità, personaggio in cerca d'autore.
Non avendo lo spessore degli altri, s'accontenta di quello del cartone, seppure animato.
"Basta con i supereroi: Batman e l'uomo Ragno sono simboli dell'imperialismo; i bambini venezuelani devono giocare con icone positive, ispirate alla storia nazionale".
Siamo alla cicoria invece che al caffè, alla margarina al posto del burro, all'autarchia e alla guerra del grano.
Come dire: facciamo tutto da soli;
insomma: una sega, mentale e non solo.
Hugo, poveretto, fatica ad inserirsi tra gli eroi di carta, che non c'ha il "le phisique du role", ovvero il fisico adatto al ruolo: non è, credibile per la parte che vorrebbe rappresentare.
La linea "Heroes de Venezuela" invero rischia di dover annoverare, prima o poi, Sua Rotondità: vari Chavez in miniatura sono già da anni venduti tranquillamente nelle bancarelle del commercio popolare di Caracas.
Alcuni fantocci addirittura parlano e cantano.
Se fossero venduti a peso, farebbero la ricchezza dei venditori, ma chi vorrebbe mai tenere sul comodino la caricatura di Ollio, se non i pochi leccaculo che gli stanno aggrappati, come piattole ?
In parte sembra di rivedere la storia di Mussolini, che in tanto l'Hugo assomiglia, per iniziative ridicole, ma a quest'ultimo gli riesce pure di diventare la caricatura della caricatura, che le sue grottesche comiche fanno ancora più ridere.
Mahmoud, Osam e Hugo: a chi il premio "Er mejo Fico der Bigonzo" ?

Ai...Poster l'ardua sentenza.


Io, secondo me...16.03.2009

mercoledì 4 marzo 2009

Numero 93

Caro Cristiano, ovvero Magdi Allam: per il neonato pupo, "Protagonisti ecc. ecc.", già tra i Casini, c'avrei un'idea.
Mò te spiego.

Figurine Liebig.
Figurine Panini.
Tessere telefoniche.
Figurine dei Pokemon.
Padre Jorge.
Numero 93.

Tu dirai:
- «Eccolo lì: a furia di sparar cazzate, il Beppe l'è fuso, che sta dando i numeri, e non solo il 93 !»

Beh, ammetto che troppo registrato non lo sono mai stato, e le correnti d'aria che mi passano da un orecchio all'altro scombinano i miei pensieri, come finestre aperte lasciano che il vento che vi s'infila mette in disordine fogli abbandonati, come fossero coriandoli.
Eppure, stavolta no: c'ho una logica che, come per l'orologio fermo, almeno in alcuni momenti segna giusto.

Siamo a metà e un qualcosa, del 1800, e che ti combina il tedesco Justus von Liebig: trova un sistema per conservare la carne, creandone un estratto delle dimensioni di un dado.
Sistema rivoluzionario, ma come farlo...digerire alle massaie che, si sa, far perdere abitudini radicate per il nuovo è sempre impresa titanica;
semplice: basta ricorrere all'animaccia del commercio, ossia la pubblicità.

- «'azzarola: non c'hanno ancora inventato radio e televisione e i giornali non si vendono come noccioline; e mò, che famo ? Ideona: le figurine !»
Boucicaut, l'allora proprietario dei grandi magazzini parigini "Au bon Marché" c'ha una folgorazione, sulla via di Damasco: i bambini.
No, non era un pedofilo, ma pensava: mi metto alla cassa e, il giovedì regalo ai piccoletti, accompagnati dalla mamma, una figurina; come il cane con l'osso, faranno salti mortali per averne ancora e torneranno.
Geniale: aveva inventato la "fideizzazione", che ai nostri tempi è arrivata al massimo della dipendenza, con la sniffata, ma questa è altra storia.
Inutile dire che la cosa prese piede, tanto da far regredire all'infanzia pure i genitori, che compulsivamente fecero della raccolta figurine un gioco da grandi, con scambi e quotazioni.
Neppure la peste riuscì ad avere pari efficacia, effetto e diffusione.
Da noi, la "malattia" arrivò all'apice nel 1935 con le figurine Perugina, la più rara delle quali fu la famosissima raffigurante “il feroce Saladino”, che tanti di noi ne avranno memoria dal racconto dei nonni.

Per farla breve: sono cambiati i tempi, le forme e gli stili, passando dalle figurine dei calciatori, della Panini, ai mostriciattoli giapponesi, i Pokemon;
collezionisti fanatici sono a confermare la regola della "compulsione", voce della psichiatria che indica il bisogno irrazionale di ripetere determinate azioni, in maniera ossessiva, frenetica, sincopata e incontrollabile.
La vittoria dell'istinto, dell'appagamento di un piacere, la goduria ad ogni costo, con la soppressione del razionale.

Ora, c'è una cosa che taglia come il bisturi, incide e lascia il segno, più d'ogni parola: la satira ovvero, per la vista, la vignetta, il fumetto, la caricatura.
Un immaginifico creativo già sarebbe in grado di racchiudere tutte le mie parola in uno schizzo, magari velenoso e corrosivo, trasmettendo un messaggio in chiaro, oltre il miscuglio delle lingue di Babele.
Ma il massimo si raccoglie con l'umorismo, il far ridere, dicendo, e senza offendere, come per le barzellette sui carabinieri ( e mi perdonino quelli della scorta di Magdi ).
Si dice che uccide più la penna che la spada.
Alla lunga, è vero: ma pure il disegno può essere caustico, demolitore e matita e gomma non sono da meno.

Ben lo aveva chiaro padre Jorge.
- «E chicazz'è», diranno i più.

Ne "Il nome della rosa", di Umberto Eco, rappresenta il vecchio assolutismo, un "talebano" d'Occidente, contro il nuovo, l'illuminato Guglielmo da Baskerville, curioso di conoscere e non disdegno di apprendere pure e meglio da testi seppur pagani, ma di sapore e sapere antico.
Il tutto si svolge all'interno di una Abbazia, la cui biblioteca è disponibile, in toto, solo per pochi e selezionati eletti, che tanto odor d'eresia deve essere maneggiato da chi ne ha - o crede di avere - antidoti e anticorpi contro messaggi deviati e devianti.
Padre Jorge si trova a dover salvare l'anima di chi sgarra, credendo giusto scampare quella, anche se la priva del corpo, uccidendo.
Ma "quel" libro, il suo contenuto tossico, non è per tutti, ancor meno per cani e porci.
II tomo, della poetica di Aristotele, giustifica e apprezza la risata;
Jorge disprezza il riso e gli esseri umani che ridono perché ci si beffa della divinità, allontanandosi dalla verità.
Non hanno più paura, non temono, quindi non rispettano: male, da estirpare !

Come dargli torto: ognuno può risollevarsi dalla più cocente delle disfatte, perdere battaglie e guerre, ma mai dal ridicolo, che chi vi cade è cancellato, svergognato, deriso e confinato nell'inutile.
Si vuol mettere allora la potenza dell'immagine, tracciata da un pennino intinto nel fiele ?

Non so se Cristiano mi leggerà; e se si, se arriverà a questo punto del mio dire senza che un coccolone di sonno lo accolga.
Ma io, numero 93, tessera di una infinitesima parte dei Protagonisti, per l'Europa Cristiana, sono ottimista, e continuo, anche a costo di fare lo scemo del villaggio, uso a parlar da solo.

Alla posa della prima pietra, il primo banchetto meneghino dei volonterosi "raccoglitori di firme" di Cristiano, in Piazza Cordusio, a Milano, complice pure l'arrivo inaugurale del prode Magdi, ci fu un bel sommovimento di spettatori o semplici curiosi, e pure la televisione;
ma nulla a confronto ad alcune vie laterali, brulicanti di fauna affetta da dipendenza.
- «Di Coca ? Di Eroina ? Di Crack ? Di Extasy ?» si dirà.
No.
Di schede telefoniche: un formicaio alla ricerca di tante briciole !
Laboriosi raccoglitori, alla ricerca della rarità, di un tassello mancante.
Nessuno a chiedersi "Chi sono, da dove vengo, dove vado", ma "Troverà la maledetta tessera che manca alla collezione" ?

Caro Cristiano - o tu, errante, che m'hai accompagnato sin qui - concludo, arrivati al bivio dove ognun andrà per propria strada e destino.
Banchetti elettorali: cari distributori, i vostri volantini saranno nel cestino più vicino, visibile pur da lontano, per il mucchio appallottolato e traboccante, che ne forma montagnola.
I più, nel raggio del vostro sguardo, fingeranno di guardare, gettandolo poi prontamente, appena al sicuro dall'occhio severo;
altri, lo faranno senza riguardo, incuranti della vostra sensibilità, menefreghisti ed indifferenti, per conformazione genetica.
E se oltre, o con, il manifestino, si distribuisse una specie di bigliettino cartonato, come quelli da visita, con simbolo, presentazione e vignetta ?
Ormai si stampano in casa, in genere con marchio, logo e riferimenti personali.
Avanti o popolo, alla riscossa: i bravi nel tratteggio e nella satira, disegneranno del proprio.
I migliori, coerenti nel messaggio e agli scopi dei "Protagonisti per l'Europa Cristiana" godranno privilegio d'aver dato una goccia al mare, di vedersi riprodotti e cercati dalla gente a cui richiesta firma o voto.
Saranno pure "Carte povere", non patinate e raffinate, come da partiti opulenti e ricchi, ma generose e "risparmiose", di un movimento giovane, che si propone con idee e non portafoglio;
e se si dimostra coraggio, di ridere anche del proprio, si dimostrerà acutezza e larghezza d'idee, a non diventare padre Jorge, ma tanti Guglielmo da Baskerville.

Ma forse non interessa: alla fine non sono che un numero: il 93;
però, quel che volevo dire l'ho detto e, come avrebbe affermato anche Liebig: il dado...è tratto !


Io, secondo me...04.03.2009

lunedì 2 marzo 2009

Cavalleria l'è morta

Magdi Cristiano Allam: l'aquila, che vola alta e vede lontano.
In pochi mesi ha costruito un nido, c'ha infilato la prole ed ora la difende, nell'attesa che abbiano forza nelle ali per spiccare il volo.
E me lo si lasci dire, che nulla chiedo e ho da ricevere in cambio, libero di affermare del mio, come sempre ho fatto.

Nel '39 la cavalleria polacca caricò 16 volte, contro le armate d'invasione tedesche;
cavaliere e cavallo ci lasciarono le corna ovvero, furono macellati.
Fu scritta una pagina di gloria, si mandò al massacro carne contro acciaio, ben sapendo che non si sarebbe arrivati a nulla, se non ad essere tritati.
Dalla polvere da sparo in poi, niente e nulla era più lo stesso, tanto meno "le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese".
Ne valse forse la pena poi, con onore, certo, ma perder sempre, al grido di «Manca la fortuna, non il valore» ?
Eppure, Don Chisciotte insegnò che, l'attaccare lancia in resta, dei mulini a vento, immaginandoli giganti, era un prendersi in giro, una scenetta tragicomica il cui unico finale sarebbe stato quello di passare alla Storia, questo sì, ma da babbei, seppur con il cuore gonfio di coraggio.
Cavalleria l'è morta: da tanto era nell'aria, il sapore e l'odore di stantio, di muffo, tra umidore di cantina e polvere di solaio, per quell'arme e armatura che ormai avevano finito il loro tempo.
Così è per la palandrana e lo spadone del crociato: nel mare magnum del divenire, nel crogiolo dove si forgia e la freccia del tempo, tutto insegna l'inevitabile cambiare e di non poter, immobile, fermare il mutare eterno e inesorabile delle cose.
Saggio è chi riconosce lo sfavore di questo, per cambiare campo e situazione, onde combattere per i propri ideali e principi in una posizione più difendibile;
è l'esempio di tutti i grandi generali, cambiare le cose in corsa: inventare una nuova tattica ed avere pronta altra strategia, che la battaglia non accetta regole fisse, ma camaleontiche.
Forse che quando senti di stare per inciampare, non si allunga il passo, alla ricerca di un nuovo equilibrio ?
Cristiano ha dimostrato, in tutti questi anni, d'essere tutto questo: da Don Chisciotte al crociato sacerdote-guerriero, sino al cavaliere polacco, almeno nel candore di vesti e animo, nella purezza della lotta;
ma non un ingenuo e scriteriato agitatore, un capobanda, padre-padrone di un'armata Brancaleone.
Ha e sente la responsabilità dei suoi uomini, come questi devono, verso di lui.
Quello che fa e testimonia, come noi dal basso, riverbera verso tutto e, nell'era dell'immagine, l'una cosa è specchio dell'altra.
A noi - Italia e italiani - essere degni di chi si è offerto, con i suoi cari, di mettersi a rischio e in discussione, di combattere lotte che avremmo dovuto anticipare come da indigeni, in terra natia.
Ora: nessuno mette in gioco la pelle, sua e dei suoi, per il potere o i soldi, che nulla di questo vale un vivere innaturale, blindati e condizionati in ogni fare della giornata, obbligati e costretti in schemi ingessati e rigidi, per la cancellazione, la scomparsa propria e di chi si ama.
Il costo è così alto che si fa solo se motivati, decisi, forti nella fede e nella certezza del giusto delle proprie azioni.
L'uomo è a chieder - in chi lo segue - almeno di farsi carico di un pari credo e sacrificio, se non a costo della vita, almeno con un costo nell'impegno.
C'è chi è partito con Ronzinante, l'alabarda e lo scudo;
chi un poco sotto, come Sancho Panza, sopra il suo asino come un patriarca, colle bisacce in groppa e la boraccia all'arcione, e con un gran desiderio di averci un ritorno, dal suo servigio;
altri con la lancia, da spuntare contro i carri armati e, alfine, magari forgiati assieme alla spada del sacerdote-guerriero, scevro a compromessi, al grido di:
«No pasarán, On Ne Passe Pas, They shall not pass...non passeranno !»
Passeranno, eccome, ma sopra destinati a presentare petto e offrire guancia: a gonfiare l'uno e farsi gonfiar l'altra.
Se non si è visti non ci si deve lamentare se poi calpestati, senza lasciare traccia se non anonima impronta di un passaggio di mandria.
Magdi Cristiano Allam ha creato dal nulla dei Protagonisti, con chiari principi, che tali restano, ben scolpiti.
Ragazzi, più o meno "stagionati", hanno saputo fare, oltre che dire: onore a loro che, tra questo e quello non c'hanno messo il mare, ma del proprio tempo, impegno e sentimento.
A costoro il riconoscimento, mio in particolar modo, che non ho saputo esser utile quanto loro:
la mia ammirazione, e non ne elenco, seppur parziale nome, perché son troppi, e farne solo alcuni sarebbe ad ombra d'altri.
Magdi Cristiano Allam, all'ennesimo bivio, ha dovuto - generale in battaglia - decidere lestamente una nuova mossa, davanti ad un plastico e repentino cambiamento: all'attacco dei mulini o ad indossare cappotto di stagione ?
Morire di freddo nell'attesa della primavera, solo perché si nasce nudi ?
Don Bosco credeva nella Provvidenza.
Forse che Casini e compagnia non ne sia parte, consciamente o inconsciamente ?
L'ho visto in fotografia: Cristiano ne cerca sguardo, lui quello della macchina fotografica.
Non mi è piaciuto, ma forse è solo riflesso condizionato.
Forse - sicuramente - ha fatto i suoi calcoli, e non sono quelli di Don Chisciotte, ma del Sancho Panza: scarpe grosse e cervello fino.
- «Permette ? Balliamo assieme ma, sia chiaro: guido io !»
Ebbene, sia.
Dalla piazza di paese al Parlamento Europeo: Cenerentola è arrivata al principe.
Forse al castello non è più facile dimostrare quanto si ha di bello, che a stare fuori delle osterie ?
Una volta principessa, al prossimo ballo potrebbe essere Casini ad essere guidato !
E chi non accetta, passi la mano, che non si è costretti ad accettar la puntata.
A costoro, io non critico: non ho saputo fare meglio, ma riconoscere si deve, ai migliori.
Caro Cristiano, io forse sono talpa ma tu, aquila, segui Virgilio;
"Non ragioniam di loro, ma guarda e passa".

E che la forza sia con voi.


Io, secondo me...02.03.2009