lunedì 27 settembre 2010

domenica 26 settembre 2010

Il pelo e la pulce

Ci sono due modi per farsi strada nella vita: con i propri piedi o a rimorchio.
Se sei cane trotti; se pulce, ti cerchi un bel “patatone”, t’attacchi e, a camminare, ci pensa lui, facendo pure la dispensa ambulante.
Ovvio aspettarsi che, una volta trovato l’ambiente ideale, la furbetta, chiami a raccolta il resto della famiglia ad approfittare di tanta abbondanza, ogni qualvolta trovi miglior pascolo;
e te li ritrovi sul groppone, che neppure a grattarsi freneticamente, come tarantolati, te ne liberi più.
Tutta questione di pelo, di chi ce l’ha e dove.
Detto questo, per il povero cane e le sue, di pulci, la cosa si ferma qui, ognuno costretto nei limiti e alla sottomissione a leggi di natura, contro nulla possono. Loro, almeno.
Per l’Homo, no; l’Homo, si sa, è Sapiens…anzi, di più: Sapiens Sapiens!
Con lui ci pensa un altro tipo di pulce, a farlo diventare “patatone”: la donna fatale, ambiziosa e motivata.
Questa applica la legge di Archimede, quando basta una leva a sollevare il mondo;
lei lo fa con il pelo, forte da trainare un carro di buoi, come recita la saggezza popolare.
Il genere, oltre che attorno alle grazie, ne è dotata in abbondanza pure sullo stomaco: quel tanto che basta a far fesso, dopo averlo imbambolato, pure il più scafato dei naviganti, che perde la bussola e il senno, alla minaccia della bella bambolona di farsi venire il mal di testa se “patatone” non dovesse cedere ai capricci.
«Dai, amore: tu che conosci quelli che contano, fai avere qualcosina in televisione - che so - un programmino, una produzione milionaria, da affidare a mammà e papa; un piccolo localino a Montecarlo per il mio fratellino, che c’ha solo un misero Ferrarino!»
Il peletto vibra: il tubero comincia a sudare e il controllo trasloca, dalla testa alla coda.
Lei allora la - e lui - dà: tutto quel che vuole.
A quel punto l’Homo è tutto, tranne che Sapiens Sapiens;
cambio di marcia e muscolo, dove il cervello passa in folle.
Man mano che aumenta il richiamo della foresta, sempre più la ragione lascia spazio alla regione, quella pubica;
è qui, le novelle Salomè si trastullano con la testa di chi l’ha persa per loro.
Scene pietose: uomini che ti hanno rigirato partiti e casacche, facce e spallucce, Storia e storie, rivoltato come calzini le sorti di un paese, guerrieri del poltronaggio politico, diventano bambini da caramella, ridicoli, grotteschi Fantozzi in mutandoni ascellari!
L’Esaù biblico svendette la progenitura per un piatto di lenticchie, ma almeno c’ha fatto un pasto;
così come gli Argonauti di Giasone si fecero un culo grande così, per recuperare un vello, ma era abbondante e pure d’oro.
Il nostro sfigato ha svenduto pure lui, ma per pochi pilucchi e, per di più…fini fini.
C’è una cosa peggio della sconfitta, in guerra, dove pure, se con onore, si concede quello delle armi:
la derisione.
Ammazzi Golia, abbatti giganti, conquisti imperi, regni e…principati, scendi ai ferri con tenaci e coriacei avversari, getti nella polvere la carcassa di tanti nemici e poi basta un piccolo crine a farti coglionare!
Ecco allora il gonzo, menato a pastura con l’anello al naso, accorgersi d’aver fatto figura di bamba e che la pezza non è migliore del buco, quando per scusarsi ripete il trito repertorio d’ogni trombone che rimane trombato:
«Non c’ero e, se c’ero, dormivo!»
No, spezzo una lancia, a che non faccia figura da pirla ma gioco del gatto e la volpe:
«L’ho fatto per la famiglia!»
Beh, così va meglio: tutto rimane lì.
Per un pelo sono caduti santi, eroi e navigatori; figuriamoci un pollo!


Io, secondo me...26.09.2010

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