martedì 29 marzo 2011

Sarcofazy

Si dica quel che si vuole, ma a me questo silenzio fa paura.

MI sento come quello che, sulla spiaggia, vede il mare che si tira indietro per prendere la rincorsa e spazzare la terra, come lo tsunami del Giappone.
Ecco, questa ritirata mi mette ansia: non è da loro, non è mai accaduto in passato, hanno sempre fatto cagnara, alzato polveroni, esploso bombe e bombarde, e fatto guaire lame, accarezzate dalla mole.
Ora, silenzio, una pace dei sensi tombale dove anche il frusciare dei cipressi, che fanno anticamera all’ingresso dei cimiteri, somiglia agli acuti di una sirena in un Convento di clausura.
Si sono estinti, come i dinosauri?
Hanno preso un batterio che li ha sterminati?
Il loro intestino è stato colonizzato dal virus della cagarella?
Silenzio.
Muti.
Afoni, che anche uno in agonia ha più palpiti di loro.

Al Qaeda, Osama, il suo profeta e i sottopancia suoi, ‘ndo ca...volo sono?

Nel gran casino, che sta scuotendo le fondamenta di consolidate dittature e maneschi padri-padroni, dal Medioriente al Nordafrica, mancano gli attori principali: i “prezzemolini”di “Osamallah”, onnipresenti, dove c’è da menare le mani.
Ammorbiditi dalla piazza in armi, tanti megalomani si sono squagliati, ammosciati e, dove ancora in equilibrio, con la consistenza di tremolanti ammassi di budino o gelatina.

Basterebbe una spintarella...

Niente: il nulla, volatilizzati, con vuoti mediatici che pare il mondo dopo la peste.
Ma non abbiamo ancora raccolto le ceneri di tanto incendiare e quando c’infileremo dentro le mani o ci poggeremo sopra le terga, pensando a quanto paiono soffici, mi sa che ci lasceremo pezzi di cotica a sfrigolare, come le costine sulla griglia.
Noi, con la nostra mentalità, la presunzione muscolare, la sicumera di avere le chiavi dell’armeria, siamo come quei vecchi decrepiti, convinti che la nostra salma debba ottenere rispetto solo a ricordare i tempi passati, quando il pisello tirava e noi giravamo per il pianeta in cerca di un prossimo da fottere;
e, il non pagare marchetta, fosse nella convinzione che così gira il mondo, dove c’è sempre uno che sta sopra e l’altro sotto.
Ebbene: il quadrato s’è scoperto tondo, d’essere una ruota e che, prima o poi, ci tocca d’essere in basso pure a noi.
Come tacchini, all’approssimarsi del giorno del ringraziamento, dove si trasloca dall’aia al forno, eccoci a bisticciare per chi deve fare il gallo del pollaio, mentre fuori cercano i più grassi a cui tirare il collo per riempirci la pancia di ripieno e farci dormire in un letto...di patate fritte!

Noi, con i tanti satelliti spia che girano in tondo, satelliti della palla terrestre, con i tanti padiglioni che ascoltano pure quando fai la scoreggia al gabinetto, con telecamerine più fini di un pelo di...cavallo, oculi e vetri che sbirciano quasi sottopelle, noi, dicevo, eccoci a non prevedere e prevenire ‘na beata fava di nulla: dell’11 Settembre e neppure la fiammata che sta lambendo le sponde del Mediterraneo e oltre.
A Qaeda, muta, come un pesce.
Noi siamo dei bamba, perché guardiamo la foresta senza vedere l’albero, ma quelli, perché tacciono, perché fanno il riccio, perché sono in letargo?
No, loro parlavano, e parlano, si muovono tra le piante, ci vivono con quelle, si toccano, si conoscono: come possiamo essere tanto beoti da pensare che pur’essi siano rimasti di sasso, allibiti e meravigliati quanto noi, nel vedere, dalla mattina alla sera, il mondo girare alla rovescia?
I loro gangli nervosi sono come le ife, le ramificazioni dei funghi dove, alla cappella in vista, corrisponde sottoterra un mondo vasto, esteso, intricato e aggrovigliato che più non si può: come vedere la punta striminzita di un ghiacciaio senza sapere che sotto si stanno pavane e piedi come quelli di un elefante, che regge una zanzara.
Sapevano.
Sanno.

Quando le radici saranno marce al punto giusto gli basterà una spallata, a far crollare anche dei giganti.
E noi...abbiamo Sarkozy: un’emerita mezza sega, in cerca di una zeppa da mettere nelle scarpe.
Con l’altro, il perticone d’America, pare la coppia Gianni e Pinotto, famosi ridolini d’epoca.
Il piccoletto trama nell’ombra;
la Libia c’ha i pozzi di petrolio ma - accidenti! - se li ciuccia l’Italia.
Idea!
Tira, molla e messeda, Nanozy trova quattro gatti trombati della corte di Gheddafi e li convince a fare la rivoluzione.
Contropartita: a voi il cadreghino e a me il petrolio.
Gli italiani intanto, dormono sonni tranquilli, si girano beati sul fianco e mostrano il bersaglio.
Obama, come il solito, da lontano ci vede come la talpa, stringe l’orsacchiotto e si ciuccia il pollicione.
La Merkel pensa alle urne sue e Camerun si fa coinvolgere come un giuggiolone ma, non avendo una meta come lo gnomo gallico, gioca al tiramolla.
Qualcosa non va: Gheddafi tiene duro e comincia il Risiko da vincitore, sparpaglia l’armata Brancaleone, quei soldatini da operetta che si fanno riprendere a sparare alle quaglie o a salutare la mamma, immortalati nei filmati amatoriali girati con il telefonino.
Una rivoluzione bambinesca, infantile, dove le armate raccolgono il meglio degli scemi del villaggio.
Che sia anomala, diversa dalle altre, questa rivolta di pirla, si vede subito
Nanozy è costretto ad intervenire, che i suoi piani di scippo stanno andando a puttane.
Rovescia sul paese una valanga di bombe: altro che No-fly zone o operazione di contenimento!
Bombarda. mitraglia, sbombeggia, accoppa;
insomma: la guerra la fa lui, che se aspetta l’armata di pezza di quegli straccioni raccogliticci, campa cavallo!

Al Qaeda tace, ma ora ha buon gioco.

Ecco come funziona la “democrazia”, nelle intenzioni dell’Occidente: olio di ricino e, se non basta, il bastone!
Vorrete mica mettere le nostre leggi: magari severe, ma “educative”;
e la fede: noi abbiamo un Dio, e quelli no.
Le nostre regole permettono di buggerare e dire bugie all’infedele, ma non tra noi.
Sarkozy, per tutti, insegna: per una lattina d’olio venderebbe anche la madre (la moglie sarebbe meglio: chissà quanti cammelli vuole?).
Al Qaerda ha cambiato strategia, al “Mai ti pentirai d’aver taciuto. Sempre d’aver troppo parlato”.
Spalma la vaselina, prima di tentare l’affondo.
Tante menti da plasmare stanno navigando verso l’Italia oggi, l’Europa domani.
Quelli saranno il cuneo, il paletto che affonderà nel cuore d’Eurabia.
Bin Laden - o il suo fantasma - gongola: il suo sogno, di conquistare “Terrallah”, sta prendendo forma.
Ora che anche un Presidente ciula ha permesso di costruire una Moschea, a ridosso di dove furono le Torri Gemelle, da lui fatte abbattere.

«Vedete, che avevo ragione: il frutto è maturo ed è venuto il momento di raccogliere...piastrelleremo la terra con le ossa degli infedeli: riempiremo di loro, cimiteri e...Sarkofazy!»»

A me questo silenzio di tomba fa paura.


Io, secondo me...29.03.2011

Gheddafrance

La fattoria degli animali

giovedì 24 marzo 2011

L’uomo di Magda

«No, il signor Magda non può entrare!»

All’uomo di “Magda” sembrò di avere di fronte il famoso anello mancante, l’essere a metà tra la scimmia di sempre e il parto evolutivo, che avrebbe sgravato faticosamente l’Homo, quello “Sapiens Sapiens”.
L’”uomo di Magda”, davanti all’ibrido, tentò l’impossibile: comunicare.

«Magdi, il signor Magdi Cristiano Allam...perché non è bene accetto?»

La cotica arborea, una zampa pendula dal ramo e l’altra a stringere la banana, mostrò i colori di guerra del babbuino, la marcatura del territorio, avvertimento, minaccia e successivo scontro:

«Perché il signor Magda c’ha la scorta...e i cani, quelli che fiutano le bombe e da noi, come dice il cartello, non possono entrare; spaventano i clienti, come gli uomini neri che li accompagnano.»
L’”uomo di Magda”, pazientemente ma sempre più scoraggiato, cercò la conciliazione, proponendo all’altro di scendere qualche ramo e lui di approssimarsi alla base della radice.

«L’uomo nero con il cane è un Carabiniere; deve saper che, il signor Magdi, ha bisogno di protezione: tutti quelli che combattono il male e le ingiustizie, sono obbligati ad avere chi vigila sulla loro. Così è per il Papa come per il Presidente della Repubblica, per tanti uomini politici e di legge».

L’occhio da pesce lesso del primate cercò disperatamente la centralina di controllo.
Sulla pianta lui ci stava di un bene che più non si poteva, fino al momento dell’apparizione del “signor Magda”: dietro c’e il rischio che lo segua qualche pericoloso predatore.
L’elementare centrale di controllo in suo possesso, cedette i comandi a quella di comando, più semplice e reattiva dell’altra, dovendo solo far scattare degli interruttori, senza complicate elaborazioni.

«No, non se ne fa nulla; il signor Magda qui non entra!»

L’”uomo di Magda”, disperato, cercò il miracolo:

«Il signor MAGDI sarebbe disposto anche a lasciare solo un messaggio registrato; o far parlare una persona, che lo rappresenti. E per i cani, si può anche trovare una soluzione: saremmo disposti ad ammaestrare quelli della scorta, a fiutare esplosivi: la gente che li vedesse sniffare un ananas lo stracchino o il gorgonzola penserebbe ad uno di loro, che annusa se la merce è fresca.»

«No, no e no!!»
Anche i colori dell’”uomo di Magda” ora cambiano, passando dal rosso al nero, dal violaceo al nero.
«Ma, alla fine, deve solo recensire un libro: “Mea Culpa”, di Isichiara ed Elisa Vavassori. Guardi, giusto per tranquillizzarla, chiamo il Beppe, che c’ha scritto sopra due righe.»
Detto fatto, al fischio, compare un tipo rotondetto, con la pelata - che quello chiama “fronte alta” -
il naso che lo precede, il bel faccione paffutello, sbuffante come un mantice che soffia sulla fiamma.
Composto e ordinato, poggia il foglietto, la penna d’oca, il calamaio, inforca gli occhialini e comincia:

“Isichiara ed Elisa Vavassori...due donne eccezionali.

Isichiara per la generosità che tanto ha donato e ancora spende, per le persone e le cause, dove il convincimento della e nella loro bontà la porta a salire sulle barricate e gettarvi oltre il cuore;
Elisa per la tenacia con cui combatte la vita, che l’ha costretta sì su una carrozzina da disabile, ma che dimostra quanto quei confini siano superabili, quando compensati da altri talenti e la volontà di andare sempre oltre, nel mai rassegnarsi e gettare la spugna.
Il cuore e la testa, l’umanità unita al raziocinio, alla coltivazione dell’intelletto, alle costanti flessioni per potenziare un muscolo spesso sacrificato al pisolo quotidiano: il cervello.
In “Mea Culpa”, si specchiano tanti mondi, universi paralleli, sovrapposti e mescolati:
spezie e sapori sapientemente dosati;
tante emozioni e tante passioni, infiniti intrecci dell’umano respiro, dell’animale uomo, del suo essere grande come piccolo, unico quanto meschino.
Storie, luoghi, trame che si avviluppano, si abbracciano, si stringono e si rilasciano, come le spire di un serpente.
Non solo fantasia, finzione, lavoro della creatività e gente di carta: di là dai nomi, quasi tutte le persone descritte - come tanto del loro agire - sono vere, esistono e magari, senza saperlo, le abbiamo sfiorate per strada, sulla metropolitana, al bar o all’edicola o nei tanti luoghi dove brulica l’attività del nostro quotidiano.
Isichiara ed Elisa stesse sono parte e viaggiano tra le pagine della propria creatura, del loro libro.
Le presento, tento di presentare loro e lo scritto, perché le une e l’altro mi sono piaciuti e vorrei trasmettere queste emozioni.
Un modo per ringraziare la fortuna, il caso, il fato, il destino o la provvidenza, che ha fatto sì che il mio cammino incontrasse il loro.
Donne da conoscere;
il loro scrigno di tesori, regalato a noi: pagine ed inchiostro ricevuto in dono.
Non sono solo riflessi e luccichii: oltre la forma - spesso l’unico vestito della nostra società di belle croste - c’è sostanza.
Un libro da comprare e da assaporare, con la voluttà e la golosità con cui si succhia il midollo dall’osso;

e se ancora, dopo tanto, non sarò riuscito a convincere nessuno, ebbene...Mea Culpa”.

Dall’albero, lo raggiunse in piena fronte una noce di cocco.
Il Beppe, in rianimazione sull’ambulanza, continuava a delirare, urlando:

«La targa, la targa: qualcuno ha preso la targa del Tir che mi ha investito!?»

Il capo dei vigili, che stava scrivendo il verbale, sfogliò le pagine.

«Si, l’hanno presa: CAR4...l’automezzo era francese, anche se la scritta sulla targa si legge in inglese.»

Tutta colpa del signor Magda!!

Io, secondo me...24.03.2011

Fidatevi: sarà un bel leggere

“Com’è nel grande, così è nel piccolo”.
Nella magia delle pagine del libro, mondi fatti di carne si rivelano, attraverso chi ci vive e muore;
quella crosta che, alla vista, pare una minacciosa corazza, spesso serve a contenere e proteggere la fragilità e le debolezze di vi si cela.
Nascosti in quei coriacei carapaci - di cemento, d’acciaio o in gabbie d’ossa - ci siamo tutti noi, con le nostre virtù e le debolezze, grandezza e miseria, fragilità e tenacia.
In noi vive Viola, la Preside assassinata del prestigioso liceo “Livio Andronico”: lo “squalo”, una gran carogna, una manipolatrice, la Penelope che crea e scompone trame e vite a piacimento, ma che alla fine scopriamo avere anche un qualcosa d’umano, morendo per aver troppo amato;
il Comolli, che vi insegna, ma si sente sprecato e vittima sacrificale, convinto di dover servire delle nullità;
l’una e l’altro, disposti ad essere forti con i deboli e deboli con i forti, a schiacciare sotto il peso delle proprie frustrazioni chi è inerme e disarmato, mostrando però servilismo e deferenza a chi potere ne ha, più di loro.
Noi siamo Conticini, capitano dei Carabinieri, insoddisfatto pure lui, soffocato in panni stretti, per il gigante che si sente d’essere, riversando tanto astio e rabbia sul debole di turno, nell’esercizio della sua mansione.
Come maschere pirandelliane, cambiamo volto e recitiamo anche i ruoli di Benetti, con le sue paranoie e la voglia di fuggire da un mondo che non lo appaga più e non riconosce;
oppure, all’opposto, Loneri, che si chiude in un universo protetto e protettivo, circondato da bastioni, mura possenti e un profondo fossato, per morire nel momento che abbandona la fortezza, nel tentativo di salvare una persona a lui cara.
Siamo Samir, allontanato dal suo amore e terrorista per rivalsa.
Sentiamo la carne lacerata, strappata e dilaniata di Valentina, quando subisce la doppia violenza di una famiglia che, con l’inganno, gli fa perdere l’amato ed estirpa dal ventre il frutto del loro amore.
Come dimenticare il passo dove un piccolo crogiolo di cellule, ancora ribollenti, sono risucchiate e sputate in una asettica bacinella, frutto ancora acerbo, scartato come poltiglia marcescente?
Siamo Driss, con la sua diversità, infamante per una parte di mondo da cui deriva;
sentiamo nell’animo il conflitto di Jamal, il padre, servo più che figlio, di una divinità che vuole estirpate simili peccaminose deviazioni.
Come non udire il palpito del gran cuore della professoressa Dalla Chiara, la creatrice del Corso di Scrittura Creativa, dove molti dei personaggi si sono trovati ad interagire, sorgente da cui sono sgorgate molte delle simpatie e delle antipatie, le cui ripercussioni sono poi a riverberare nell’annodarsi di storie e ruoli.
Come non percepire la rabbia verso la Viola che, nella maniera e con modi più subdoli cercò di privarla della sua creazione e creatura letteraria, versando veleno dall’interno e creando malumori e insidie, nel tentativo di rimuoverla?
Come non intuirne la tenacia e la combattività, il rigonfio muscolare di un lottatore ma, per altri versi, provarne tenerezza, nello scoprire forme d’ingenuità e di commovente bontà dove, anche quando ne avesse l’opportunità, mai riuscirebbe a finire un avversario sconfitto?
Sui tanti palchi, nel teatro delle vite, s’intrecciano stanchi amori e cocenti passioni, odio ed invidia, profonde amicizie ed intense rivalità, gelosie, cattiveria, opportunismo, ma anche generosità, slancio, bontà, soccorso...si mostrano i tanti aspetti dell’umano vivere, nella cui carcassa deforme dimora ancora il soffio divino della creazione.
No, non è solo un romanzo;
non lo si può liquidare come un semplice prodotto di carta, da classificare, come “Giallo”, in riduttiva forma investigativa;
meno ancora, “Noir”, cruda cronaca del conflitto tra bene e male e nemmeno “Hard Boiled”, raffigurazione per nulla sentimentale del crimine, della violenza e del sesso.
Il romanzo non è “solo” questo e quello, ma “anche”.
A destra come a sinistra, le pagine sono come i aste di una bilancia, alle cui estremità i vari pesi sono stati messi per cercare l’equilibrio perfetto.
C’è violenza, morte e sofferenza e si indaga per cercarne origine e causa;
il bene e il male non sono solo bianco e nero: ci sono tutte le tonalità dei grigi, perché la morte non è data solo per il gusto di uccidere, ma per convinzione che sia necessaria, certi d’essere al servizio di una causa giusta e superiore.
Violenza e sesso, non sono neppure crude emozioni, ove non riconoscerne sentimento: l’una e l’altro vivono di profondi convincimenti e roventi passioni, che nulla però hanno d’istinto animalesco.
Contenitori e contenuti, pentole dove sono a cuocere le anime.
“Com’è nel grande, così è nel piccolo”...in tutti questi mondi siamo attori o comparse.
Per questo, su questo muro di carta, scriverò, contro l’ignoranza: “Asino chi non legge”;
e chi non lo facesse, sarà ad averne rimorso e rimpianto, condannato alla penitenza di cantilenare, in eterno, il...Mea Culpa.

Autore: Isichiara – Elisa Vavassori
Prezzo: 18 miseri Eurini, per una polpa di 296 pagine
Collana: Contemporanea
ISBN-13: 978-88-7799-319-9
casa editrice: La Vita Felice

scippozy

martedì 22 marzo 2011

domenica 20 marzo 2011

Hulkozy

Piccolo nanerottolo incosciente.

Pare che, come il suo dirimpettaio, in Iran, sia caratteristica dei tappi saltare;
L’innesto "Sarkozynejad" sembra l’incontro e la somma di due mezzi, per cercare l’unità.
Quasi a voler usare la forza come zeppa da aggiungere sotto le scarpette, urlano come delle bestie per farsi sentire e impedire che, inavvertitamente, li calpestino.
Ahmadinejad usa l’energia atomica quasi a sperare che gli permetta di diventare come Hulk, il gigantesco eroe dei fumetti che, magrolino magrolino, al momento che gli salta il fumino al cervello, si trasforma in una montagna di muscoli, diventa verde e pure la statura lievita.
Tutto perché, un tempo, il poveretto fu esposto ai raggi gamma, predisponendo il suo metabolismo a tale trasformazione.
"Hulkozy", uguale, con l’unica differenza del colore: diventa…Bruni.
Una cosa c’è da dire, in loro favore: sono svegli e furbi e, come i noccioli delle centrali nucleari, reattivi.
Quasi a esaltare questa caratteristica, siamo ad assistere alla prova provata, dove invece appare affetto da letargia l’opposto perticone, che veramente è a dimostrare quanto ci sia di vero nella saggezza popolare.

"Grand, gross e ciula...mej piscinin ma gandula!", ovvero, grande grosso e stupido, meglio piccolo ma sveglio.

Nella questione libica, il "ciula" è l’Obama, presidente degli "iùessei", che esce dal sonno con la candelina accesa, gli occhi impastati e il pigiamino a stelle e strisce.

«Mammina, mammina: ho sentito i botti…ho paura.»

Hilary, la Clinton, arriva a rassicurare lo spilungone nella cui mansarda alberga un cervellino da puffo e rassicura:

«Tranquillo, tesoro: ci penso io e zio Hulkozy, a mandare via i cattivi.»

Mammina rimbocca le coperte allo spilungone, lasciandogli aeroplani ei soldatini al posto dell'orsacchiotto e guardandolo con tenerezza, mentre si assopisce, succhiando il pollicione.

Hulkozy ha fregato tutti, giocando sul tempo e parandosi il culetto dal pericolo di cadervi sopra.
Dopo aver scommesso sulla prematura fine del Gheddafi, giacché quello ha fatto come Lazzaro uscito dal sepolcro, giocoforza è costretto a entrare nel barattolo della marmellata, non solo con il dito ma con tutta la statura.
Nel tentativo, oscuro solo ai fessi, di fregare l’egemonia di mercato italiana, nello sfruttamento dei pozzi petroliferi libici, al pari degli amici inglesi, non si accontenta di demarcare una zona di non sorvolo - la "No fly zone" - per gli aerei del capo beduino, ma gli rovescia contro, in uno scontro diretto, i suoi cacciabombardieri.

"Per porre fine alla violenza contro i civili", dice il bruni Hulkozy.
La verità: per spianare il terreno e innalzare idrovore "ciuccia petrolio" sue e di compagni di merenda, quelle di Total e Bp!

Senza neppure cercare di capire cosa sia successo e - soprattutto - cosa ci sia veramente sotto e dietro le "magnifiche rivoluzioni", che hanno e ancora lambiscono parte del Medioriente e della fascia "Afromediterranea".
In Egitto, tanto casino ha portato solo a un sistema gattopardesco, dove "tutto cambia perché nulla cambi"; anzi, peggio: i nuovi padroni fanno l’occhiolino, lo sguardo da pesce lesso all'Iran, lasciando aperto il buchino del canale di Suez per farci transitare le barchette da guerra di Ahmadinejad.
All’opposto, nel paese di Ben Alì, dopo che si sono purgati di lui, i suoi cloni hanno dato qualche contentino, giusto per arrivare ridipingere facciata senza ristrutturare il palazzo, aspettando che memoria sbiadisca, allo "Scurdammoci ‘o passato, paisà!".
In Libia hanno mandato tante armi e soldataglie, che sembrano lo sbarco di Normandia, dell’ultima guerra mondiale.
I servizi segreti "Franco-anglo-stellineestrisce", già reduci dalla "babbata" - leggi "figura di merda" - delle rivolte che sono sbocciate all’improvviso, senza averle "annusate", nonostante le risorse corpose per dotarli dei più moderni strumenti di spionaggio, questi guardoni, dicevo, ancora oggi sono al vecchio sistema di ascoltare tra i muri con la coppa del bicchiere rovesciato e l'occhiata dalla toppa della serratura.
Dalla Libia, i coraggiosi rivoltosi, non c’hanno fatto avere ‘na mazza, d'immagini, delle tanto sbandierate stragi di civili;
solo eroici dei loro, che sparano ai piccioni con la contraerea e alle quaglie con i lanciamissili, che sono più marziali i nostri cacciatori, nella stagione dell’impallinamento dei pennuti, all’apertura delle riserve, dove questi bersagli piumati, ancora mezzo rincoglioniti dallo stare nelle gabbie, sono rilasciati per l’impiombatura.
Delle prime denunce di fosse comuni, si sono solo viste buchette sulle spiagge, che assomigliavano più a quelle che facciamo noi durante le vacanze, per le sabbiature.
Possibile che passino solo quattro filmatini con le solite pose plastiche di sparatori all’aria e di missileria che spara ai cammelli nel deserto e l’onnipresente combattente che ride, quasi a farsi vedere in televisione dalla mamma?
Ora, per segare un Gheddafi in piena riscossa, alle navi che sparano dal mare e sommergibili sotto, si dovrà aggiungere carne, che sbarchi e faccia come Dio con il popolo di Israele: ci cammini davanti per fare da apripista.
Niente di più facile che siamo noi, a dover "garrottare" il capoccia beduino.
Dopo quarant’anni di scopate con lui, ora noi - le sue "mogli" - dopo ave gliela data, gli tagliamo le palle.
Bello.
Non sarà perché Hulkozy, oltre alla Bruni vuole pure la nera, non uscita non dalla spuma del mare ma dalle trivelle, e se la vuole fare?

Nanozy, alla riscossa!


Io, secondo me...20.03.2011

giovedì 17 marzo 2011

Fatahssassini

Si, lo so: in Giappone c'è stato il terremoto;
ma quello passa con il vassoietto pieno di biscotti e caramelle, e li offre ai passanti.

Si, lo so: in Giappone, al terremoto, è seguito lo tsunami;
ma la vecchiaccia sdentata si sta servendo pure lei, di dolcetti.

Si, lo so, che in Giappone le centrali nucleari stanno facendo come il tappo dello spumante: saltano.
Ma anche il guidatore di taxi si è fermato, a prendere un frollino.

Lo so che in Libia si stanno scannando casa per casa, strada per strada.

Da noi hanno assassinato Yara;
e Livia e Alessia, le gemelline svizzere, "riposano in pace, non hanno sofferto": parola del loro papà suicida, Matthias Schepp.

Dovunque ti giri, un mondo "splatter", con "effetti speciali" di realtà quotidiana, lacera corpi umani, ne scalza interiora e schizza sangue, come la fontanella dei giardini pubblici.
Lo so.

Ma quei biscottini, distribuiti a cani e porci, ad ogni angolo di strada, mi fa imbestialire;
è quel far festa che mi rende idrofobo.
Quell'aria di normalità, quasi fossero amici degli sposi, che sono a fare il giro degli invitati, ad offrir loro zuccherini per addolcire un gioioso e santificato avvenimento.

Perché quelli stanno godendo per aver accoppato - tra gli altri - scientemente e volutamente, un bimbo di due mesi.
E due ragazzi, di undici e tre anni.

Padre e madre macellati, ma erano pericolosissimi "coloni", armati pesantemente, con badili, rastrelli, forconi, gerle, cestini e quanto di meglio possa offrire il mercato degli armamenti.

Fortuna ha voluto che di li passassero "eroici" combattenti palestinesi che, con sommo disprezzo delle loro vite, hanno avuto il fegato di affrontare il meglio delle forze armate sioniste e, dopo una lotta accanita, di riportare una inaspettata vittoria.
Ora, tornati nelle loro tane, hanno festeggiato con le pantegane di stessa fogna, distribuendo golosità per commemorare tanta sofferta lotta;
e saranno a mostrare superbe cicatrici di tanta maschia battaglia.
la fronte con il bitorzolo, per la pallonata tirata dal piccoletto di tredici anni;
la guancia segnata dal soldatino di piombo che aveva in mano il bimbo di tre;
il petto sporco di sangue, del neonato di due mesi, che l’ha imbrattato mentre la gola gli si apriva, aperta dal coltellaccio del prode palestinese.
Quei maledetti: più sono piccoli e più danni fanno.
Fortuna che la Palestina addestra bene i suoi militi.
La grandiosa battaglia, la località di Itamar di Samaria, il piccolo villaggio, resteranno a imperitura memoria: sulla fusoliera dei razzi, scolpito in quella stele, impressa in quelle colonne acciaiose, maestosi monumenti dell’arte e dell’ingegneria "palestinica", passerà ai posteri, nella lista d’epiche mischie, di lotte di titani, dei ed eroi.
Bisogna "liberare tutta la terra rubata ai palestinesi", dove "Israele è il nemico più abominevole che il mondo abbia conosciuto".
Due mesi...tre anni...tredici anni: che sollazzo, schiacciare degli insetti sotto le scarpe!

Dolcetto o scherzetto?


Io, secondo me...16.03.2011

martedì 15 marzo 2011

venerdì 4 marzo 2011

Il vello d’oro

Ai tempi di dei ed eroi bastò la peluria di un ariete, seppur d’oro, a convincere Giasone e compari a prendere il mare, sulla nave chiamata Argo: da qui la derivazione di argonauti, per i suoi passeggeri.
Che quel vello poi fosse magico, capace di volare, poco importa, quando il suo possesso legittimava un posto da re.
Il potere prima di tutto;
“Megghiu cumannari ca futtiri“: comandare è meglio che fottere!
Ma, se l’occasione permette l’una cosa e l’altra, meglio.

«C'è sempre gente che vuole trovare il pelo nell'uovo.»

Parole di Richard Lugner, 78 anni, re pure lui, ma del mattone austriaco.
Anche lui, ha voluto il suo vello d’oro: quello di Karima Rashida El Mahroug, meglio nota come “Ruby rubacuori”.
Regina del materasso, dove lo stendere pelo lo rende d’oro quando all’ariete oggi si sostituiscono stalloni.
E già, perché la Karima, di mestiere fa la “escort”, nobile marca, all’opposto rozzo di più volgare marchetta popolare, che varia a seconda del migrare regionale, passando da zoccola a mignotta, puttana e prostituta, troia, vacca, bagascia, battona e via andare, secondo i tanti passaggi attraverso il volgo italiota.
Poco importa, perché per talune la dignità ha consistenza d’aria, a confronto a carne da offrire a peso e per rendita d’oro.
Niente di scandaloso: come per un atleta dotato dalla natura, è sempre questione di muscolo, che si parli di polpacci, bicipiti, tricipiti, deltoidi, addominali o...patatine.

I tempi cambiano e le idee si fanno più chiare;
come sembra lontano quel ’76, quando i Matia Bazar ancora non conoscevano tariffario e cantavano:

“Per poterti sfiorare non so cosa darei / per un'ora d'amore non so cosa farei / e per un'ora d'amore venderei anche il cuore”.

Ruby l’ha sempre saputo e non è stato solo il cuore ad essere stato venduto.
Con quattro salti e poche frullate, s’è fatta una fortuna, tanto da permettersi ora di sputare su ben settecentomila euri belli belli;
dicasi sette-cento-mila...unmliardo-trecentocinquantacinquemilioni e trecentottantanovemila lirette del vecchio conio, e solo per un’intervista in esclusiva con Alfonso Signorini, direttore responsabile della rivista settimanale Chi, specializzato nella cronaca rosa, e del settimanale televisivo TV Sorrisi e Canzoni.

«Non posso perché io sono con il capo e lui mi dà 4 milioni e mezzo per restarmene zitta», dice all’amica.
“Papi”, il capo, sarebbe Berlusconi, reo d’averla usata per quello che è.

L’operaia della catena di montaggio è già tanto se ne vede 700, di euro.
Vita grama;
e talvolta capita pure che si debba concedere, al capo, se non vuole essere licenziata e finire sulla strada;
Per necessità.
Per disperazione non per scelta, come per le Ruby.

Ognuna ha da vendere cara la pelle: le Ruby se ne gioca un triangolino;
le poveracce, l’intera cotenna, nel rimediare il pane quotidiano.

Non so dove stia la dignità della donna, ma certo nessun Richard Lugner ha mai invitato le Marie Goretti, al ballo delle debuttanti, nel loggione d'onore della Staatsoper della capitale austriaca, nella romantica Vienna.
La Ruby si: ospite d’onore per l'Opernball, l'evento mondano più importante dopo il Concerto di Capodanno.
Visto la maestra, mi chiedo in cosa, saranno “debuttanti”, le giovin passerotte al balletto.


«C'è sempre gente che vuole trovare il pelo nell'uovo», chiosa il vecchietto.

Beh, un solo pelo nell’uovo no, ma il vellutato triangolo si!

E dopo tanto, diranno che sono io il volgare, nel mio parlare.


Io, secondo me...03.03.2011

martedì 1 marzo 2011

Allahrembaggio

Considerato alla stregua di un rubagalline;

poco male, se a prendere pesci in faccia fosse un qualunque Giuseppe di strada, un Beppe omologato, uno stampino da catena di montaggio dove, perso uno, come per la biancheria, c'è subito il ricambio.
Ma qui, si sta puntando in alto, anche con il mirino telescopico e il piombino in canna.
Il Giuseppe da impallinare, doveva essere il Joseph Ratzinger: ebbene sì, proprio lui, Benedetto XVI.
Il Papa visto come il lupo, che è entrato nella gabbia dei pennuti, portandosi via il pollastro che, come tutti quelli allevati da quel fattore, erano timbrati a fuoco, con il marchio della mezzaluna:
“Proprietà di Allah: chi tocca muore!”.
Come per i fili dell’alta tensione.
Magdi, Magdi...hai inguaiato mica male il benedett’uomo.
«Da oggi cambio: chiamatemi Cristiano!»
Anche quel “Cristiano” tra Magdi e Allam, ha fatto imbestialire ancora di più.
Decisamente a qualcuno la mezzaluna è andata di traverso e a voler metterci una croce sopra, neanche a parlarne!
«Copemo el Papa e po femo festa!
Beh, la frase l’hanno pronunciata in arabo ma, simile era alla dialettale veneta del “Copemo el porseo“, accoppiamo il maiale: uno dei tanti animali “impuri” a cui noi infedeli siamo assimilati, quando non cani e scimmie.
Tutti noi, compreso il Papa.
Bene: un gruppo dei tanti che vivono tra noi, perfettamente mimetizzati di giorno, lupi mannari la notte, una mandria di quelli, hanno pensato bene di farci un bel pensierino, di far fuori il Joseph.
Maestri di trasformismo, la faccia come il culo, eccoli a mettere in pratica la ”Taqiya” o ”Kitman”: mentire nell'interesse dell'Islam.
Peggio: mentire, gabbare far fessi, ma solo “Extra moenia”, fuori le mura della città;
con i tuoi, non farlo: permesso, anzi, classe di merito, verso gli infedeli, i miscredenti, figli degeneri di un dio minore, come bambine che giocano con la bambolina di pezza.
Cani, scimmie e porci: esseri inferiori, sacrificabili, carne da trita, neppure scelta.
Il disprezzo, è quello che più mi fa incazzare: quello che neppure tanto riescono a nascondere, verso noi e il nostro mondo.
Una rappresentanza di questi, eccoli, sfarinati tra Brescia e Trucazzano, nel milanese.
Il massimo della presa per i fondelli, lo smalto virginale se lo davano con il nome dell’associazione cui davano vita: “Giustizia e carità”.
Mascherati dietro attività caritatevoli, lavoro in fabbrica, casa e famiglia, erano a tramare nell’ombra, come ratti di fogna.
Imperativo era “vendicare le offese inferte all’Islam dagli infedeli”.
Viva lo stato islamico e la sharia.
Botte e pressioni, processi privati, ritorsioni, minacce per chi deragliava o troppo si faceva corrompere dagli usi occidentali.
Le donne, serve e trastulli;
i bimbi, al lavaggio: oltre che nella tinozza, anche del cervello;
corsi di formazione con esercizi spirituali, ad assistere a filmati e leggere allucinogeni e demenziali incitamenti al martirio.
Le une e gli altri, scoperti ad essere assenti e segregati nei loro alloggi, da indottrinare e educare, anzi no, “addomesticare”, perché rispondano come per i cani di Pavlov: per riflesso condizionato.
Scuola di pensiero, addestratori di futuri bracci armati, fomentatori e aizzatori d’odio, di rabbia reattiva contro il mondo che li ospita e da loro modo di sfamarsi, ma non da amare;
una mano da mordere, all’occasione e nell’opportunità.
Una soffiata, la scoperta del taccuino dell’ex imam di Montichiari, Houammadi Lahoucine - indagato per abusi sulla figliastra, di 10 anni! - ha scoperchiato una tana di scarafaggi.
“Odiamo cristiani e crociati: non permetteremo che i nostri figli condividano le abitudini degli infedeli. Per questo, è lecito uccidere!”
Cellule dormienti: come questa, se ne sono già individuate una cinquantina, ma sono solo la crosta sul lievitato.
Bendetto XVI...glie l’hanno giurata, a lui, che ha osato portarsi in casa il Cristiano;
quel Magdi Allam che vorrebbe creare un famigerato ”Ministero dell’identità nazionale”.
Che dovrebbe alzare i pilastri dell’integrazione, sostegni dei valori nazionali e delle regole di cittadinanza.
Doveri, per generare diritti e non figli unici i secondi per lasciare orfani i primi.
Impara la lingua, perché io ti possa capire;
e tu mi capisca.
Conosci la mia cultura, dimostrando rispetto nell’essere ospite in casa mia, dove giusto che siano le mie, di leggi, a dirigere la sinfonia dell’orchestra;
altrimenti, come sei arrivato, ritorna da dove sei venuto: il tuo disprezzo non mi appartiene, ma la terra dei padri, dei miei avi, sì!
Io ho mie leggi, usi, valori e regole; questa è la musica: se non vuoi ballarla, smamma!

Solo i ladri, i corsari e i pirati vogliono diversamente, l’essere padroni delle cose altrui e per questo assaltavano e derubavano del lavoro d’altri.

Allahrembaggio!?


Io, secondo me...01.03.2011