lunedì 23 maggio 2011

HAZET 36


I figli di Hazet



Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

Pisapia: cambiare Milano si può...Giuliano for mayor!

Sarà una mia...Pia illusione, ma l’esordio non è dei migliori, quando cerchi di “spacciare” per valore aggiunto il parassitismo dei centri sociali, le caserme dell’estrema sinistra, vivai generati dal seme di Hazet;
Hazet 36, inglese 40-45 centimetri...bella cera...di un lucido cromato, ma con un cuore freddo, d’acciaio: se l’incontri, ti si appiccica addosso.
Ti entra in testa così bene che, se gli resisti, lascia il segno...da frattura multipla della scatola cranica, con penetrazione di frammenti d'osso e fuoriuscita di materia cerebrale.
Indimenticabili quegli anni...quando c’erano loro, caro lei: i Katanga, la tribù di Mario Capanna.
Il nome era di una provincia del Congo ma, quelli nostri, erano fauna della città meneghina, la Milano del risotto con l’ossobuco...che scavavano, appunto, con la Hazet, come ci ricorda un bravo giornalista: Giampaolo Pansa.
“Servizio d’ordine”...suonava così innocente, ai tempi, il loro muovere, davanti ai cortei rossi, “per guidarli e difenderli, dai fascisti e dalla polizia”.
Teneri: il papà che protegge la prole...con mamma Hazet.
Tutina virile, elmetto “paratestadicazzo”, mascherina, per non farsi veder piangere, sotto i lacrimogeni;
anfibi pesanti, che parevano messi per far sì che, anche se colpiti, davano quella stabilità per riportare alla stazione eretta, come per il pupazzo gonfiabile di Ercolino Sempreimpiedi, degli anni ’60: aveva la base da riempire d'acqua per dargli stabilità e, una volta colpito, andava a terra per poi rimbalzare all’insù, grazie a quel contrappeso;
e spranghe: belle, tonde, tozze e pesanti...ma mai amate quanto la fedele ed “ergonomica” Hazet 36 che, se poi te la infilavi nella saccoccia davanti, ti gonfiavi d’orgoglio.
Come per tutte le cose, l’evoluzione della specie selezionò sempre “il Migliore”, i più adatti, i più svegli e pronti a rispondere al nuovo che avanza...con la P38: dall’acciaio al piombo.
Ma la mitica, fedele, rassicurante mamma Hazet...ah, che malinconia!
«Tiremm innanz!», andiamo avanti: rimane sempre il “valore aggiunto”.
«In Europa è tutta un’altra cosa: se tu occupi abusivamente un palazzo, per farci qualche festa e ci dormi pure dentro, mica ti sgomberano; ti danno una mano. Il Comune ti valorizza, perché sei una risorsa per la città, che altrimenti rischierebbe di diventare un posto orrendo e ostile per i giovani.»
E poi, la gente, quando va in ferie, ha paura dei “topi d’appartamento”: peggio hanno da temete invece da quelli dei centri sociali, che ti fanno “esproprio proletario”, fregano dell’altrui e ti lasciano la rogna!
Ma i nostalgici dei tempi di Hazet, vanno oltre: si “preokkupano” del prossimo...il prossimo che arriva in casa nostra, attratto dalle maglie larghe aperte da quelli come loro, che vorrebbero il paese bucherellato come un colino, a far indistintamente di tutto, manco fosse il paese del bengodi, la patria della cuccagna, paese di “grattaroli nullafacenti”, come i figli di Hazet, chiavica sociale del “vogliamo” senza saper coniugare un “diamo”.
«I campi rom non dovrebbero esserci in una città» e sin qui, saremmo anche d’accordo;
perché sono i rom che non ci devono essere: quelli all’origine arrivano fessi, già al trasloco, con cartoni e lamiere per la casetta, e non certo perché così li abbiamo conciati noi, ma prodotto di scarto di una dottrina decomposta, che prometteva paradiso in terra, sol dell’avvenire e potere al popolo.
Guarda caso, le radici, il seme, la storia di famiglia di Hazet.
Cosa facciamo: noi le formiche per essere poi “okkupati” dalle cicale, quelle che, mentre gli altri sgobbavano, cantavano e andavano a polenta e salamelle, con la presunzione degli unti, la razza eletta di Lenin e Stalin?
E dobbiamo costruire case per quelli che hanno sbagliato stalla e pastore e ora gli va bene pure il pastone, la sbobba degli “sporchi capitalisti”?

«Ma andè a da via i ciapp cun vert l'umbrela!», aprite l’ombrello dopo averlo infilato nel posto giusto.

Pisapia è pro, da questa parte; ma poi pende, anche da un’altra:
E la presa per i fondelli continua, che vorrebbero ancora far baldoria, tirando fuori dalle cantine le vecchie graticole, per la festa delle costine.

Un bel “gay pride” non stop, a Milano, che, da patria dei “danee” e del “cumenda”, un poco “bauscia”, “el bavetta”, insomma, un poco sruffone, diverrebbe la tana del turismo omosessuale.
Il Giulio, in perfetto accordo - culo e camicia, come si dice - con il Nichi Vendola: fallita quella proletaria, di rivoluzione, si accontenta di volare più basso;
magari rispolverando quella concordanza d’obiettivi, del giugno 2001, quando “Nichigiulio” auspicavano l’uso libero della “cannabis indica”.
“Yes we...cannabis: oppio dei popoli”.

Che Dio ce la mandi buona.

Ma anche qui, dobbiamo indovinare quale, dopo che il nostro eroe vorrebbe aprire le finestre sulla piazza, ormai non più rossa, ma sul verde dove sentire, invece che il canto degli uccellini, ma il richiamo del muezzin, dall’alto del minareto.
«Riteniamo che la realizzazione di un grande centro di cultura islamica che comprenda, oltre alla moschea, spazi d’incontro e aggregazione, possa essere non solo l’esercizio di un diritto, ma anche una grande opportunità culturale per Milano.»

Allahu akbar.

E per chi c’ha la zucca dura, giù botte;

come per Francesca Pagani, 65 anni, che appoggia Letizia Moratti: a Milano, mercato di via Osoppo, s’è presa bella lezione.
Pestarne uno per educarne mille!

Pisapia, difende il pollaio: «Siamo stati provocati e aggrediti!»

Francesca, classe ’46, contro “Hazet”: un bel maschione di un metro e ottanta.

Cambiare Milano si può.
Il dado è tratto, il bullone pure: serve solo una stretta, un bel giro di vite.

Ancora la cara, vecchia e fedele Hazet 36.

Io, secondo me...23.05.2011

venerdì 20 maggio 2011

giovedì 19 maggio 2011

Moscoduomo


BinXXX Laden



«Datemi una leva e un buon punto d'appoggio e vi solleverò il mondo!»

Grande Archimede...
no, non il Pitagorico, famoso inventore della banda Disney, nei fumetti di Topolino, ma il nato siracusano del lontano 287, prima della nascita di Salvatore, il buon Gesù nostro e ritenuto uno dei più grandi matematici di tutti i tempi.
Da allora non passa momento che, nella vita di tutti i giorni, si tocchi con mano quanto vera e applicata sia nel quotidiano questa legge fisica: nell’uso delle forbici piuttosto che della tenaglia oppure la carriola, il remo, lo schiaccianoci, le pinzette e via andare;
insomma: un manico della misura giusta, un baricentro nel punto adatto e una forza applicata nel senso opportuno ed ecco, la crescita rapida dello sforzo muscolare, il massimo risultato con il minimo sforzo.
Se mai ci può essere qualcosa di certo, oltre la morte, questo è il pistolotto che Archimede ci ha lasciato, nell’enunciare giusto maneggio della leva.
Beh...non proprio;
anche Osama Bin Laden ci ha messo del suo, sia di pistolotto che di leva, per avvalorare la teoria.
Certo, l’appoggio era meno stabile, ma funzionava: il mondo si alzava, poggiando l’asta sulle cassette VHS, quelle dei film pornografici.
Ben accucciato nella sua residenza pakistana di Abbottabad, sognava la Jihad avanzare con il vento in...poppe quando, più che “combattere”, nel suo caso, la parola araba tradotta nel volgare nostro e attualizzata sarebbe "esercitare il massimo sforzo".
Forse per quello, che i Navy Seals americani, facendo irruzione nel covo, hanno sparato all’impazzata: devono avere scambiato l’erezione del satiro per un minaccioso Kalashnikov puntato su loro.
Barack Obama seguiva la missione dalla “situation room” della Casa Bianca, insieme al vice Joe Biden e Hillary Clinton; pare ci sia stato un momento di parecchi minuti in cui le immagini non sono arrivate loro, e - sfiga vuole - proprio all’acme dell’azione, quando hanno fatto secco il Priapo in trifola.
Certo che sarà bastato il sonoro, a denunciare la drammaticità dell’azione, a dare sensazione dell’agonia;

«AAAAaaaah....OOOooooh», singhiozzi, singulti, mugolii, fruscii, sospiri...ma poi...

«SIIIiiii...ancora! Dai...ancoraaaaa...si, si, siii...fuck me!»...e qui, la “situation room” sarà diventata una “confused room”.

Obama avrà guardato stranito la Hillary; e questa, con sguardo da pesce lesso, il Biden.
Ma come: lo stanno traforando come un colino e il vegliardo pare ne goda?
Fortuna che riappare il faccione dell’ammiraglio William McRaven, - comandante delle operazioni speciali, che si trovava in Afghanistan e seguiva via video il blitz - che ha rimesso le cose a posto.

«Geronimo è stato preso!»

Tradotto: BinXXX Laden è morto!

In piedi, da eroe...o almeno: una torre con gemelli, c’era, a difendere e portare la bandiera della Jihad, ma pure quelli sono crollati.

Sul giornale, un breve trafiletto, tra i necrologi: “BinXXX Laden è morto, Cialis...ciati”.

“Datemi una leva e un buon punto d'appoggio...”.


Io, secondo me...18.05.2011

sabato 7 maggio 2011

Il buco nell’acqua



Buttato a mare...
dieci anni d’appostamenti per impallinare il pollo e poi fai un buco nell’acqua e c’infili la carcassa?

Ehi, perticone, a me lo puoi dire: l’hai congelato...messo in una cassa piena di naftalina, nelle scatolette della Simmenthal, nei barattoloni della Nutella;
o forse...forse...ma dai, non sarai stato così fantasioso e creativo: sotto grappa, come le ciliegie?

Il vecchio barbone ha seminato morte e distruzioni in ogni angolo del mondo e tu...tu ci spari solo nella cozza, che quasi non si è reso conto del trapasso?
Ma dai: troppa grazia!

I morti, i molti innocenti che la serpe - lui o per causa - ha freddato, ti chiamavano;
quelli dell’11 settembre 2001 a New York e Washington, quelli dell’ottobre 2002 a Bali, del 17 maggio 2003 a Casablanca e a Riad;
del 15 novembre 2003 ad Istanbul, dell’11 marzo 2004, ad Atocha, Madrid fino al 7 luglio 2005, nella metropolitana di Londra: Barack Obama...Hussein...neanche la polvere si nasconde così velocemente, sotto il tappeto; neppure la demenza senile cancella così rapidamente il ricordo di tanto orrore.

Senza contare gli sgozzati;
quelli a cui si apriva la gola con studiata lentezza, gli si recideva pian piano i legamenti del collo e poi gli si appoggiava la testa sul petto, mandando poi i filmati di tanta maestria alla rete, dove tutti avevano - e hanno ancora modo - di seguire passo passo lo scollamento del capo dalla coda.

Start, play, pause, resume, rewind, reply...stop.

Provare per credere.
Poi, davanti a tanto, vediamo se si trova ancora qualche anima bella, a dire che “...le immagini di Osama Bin Laden morto sono truculente [...] potrebbe incendiare le passioni in diverse parti del mondo islamico [...] bisogna valutare l'opportunità e la necessità di pubblicarle, per via delle sensibilità che potrebbe andare a toccare”.
Beh, nessuno si è preoccupato di mostrare altrettanta tenerezza, quando invece ostentava le tecniche di sbalzo: non su legno, ma di capo e collo!
Una zucca riempita di buchi, a confronto, pare come vedere una casa con le finestre aperte, a cambiare l’aria viziata.
Dopo che siamo stati al banco, ad imparare, facciamo onore al maestro, dopo esserci presi spesso dell’asino!
Al fin della fiera, alzi la mano chi, se potesse tornare indietro e ne avesse opportunità, non strozzerebbe Hitler o Stalin in culla!
C’è voluta la morte per fermare la loro opera di sterminio.

Eppure già girano i “Lamentatores” in “penitenziaggine”, i masochisti con i testicoli sotto l’incudine;
si è detto e dato rimprovero, che non è stata azione degna di un paese civile, firmatario della convenzione di Ginevra, arrogarsi il diritto di giustiziare un uomo, senza neanche un processo...è un crimine di guerra!

Abbiamo sedimentato paure e rabbia, rancore, voglia di rivalsa e di vendetta e ora, oltre ai “Piagnones”, ecco che lo stangone d’America c’accoppa il fetente e lo imbottiglia nell’oceano, senza neppure darci tempo di assimilare, di sentire il sapore del rosolio, il gusto del miele, la dolcezza zuccherina, dopo l’abbeverata di tanto acido fiele.

Sono il primo a riconoscere che non si doveva replicare piazzale Loreto, con l’infame alzato per i piedi, come il maiale allo scanno, anche se del porco aveva setola, certamente in abbondanza, sullo stomaco.
Ma neppure spegnere la luce così, senza la poesia delle gradazioni, delle sfumature, del piacere della poetica spettacolare, che passa l’intera tavolozza di colori, dall’alba al tramonto.

Bin Laden vivo - click! - bin Laden morto.

No, non è gusto dell’orrido, ma la fregola tattile di san Tommaso, di vedere che la salma è quella classica, delle quattro ossa tenute assieme dal muscolo, qualche tendine a far da tirante e un poco di polpa a riempirne le intercapedini.
Far vedere un dio di carta in mutande, nel miserrimo spettacolo di un torsolo che di grandezza non aveva una beata fava e di grande solo la crudeltà.
Quando si sgonfia la mongolfiera, alfine si riconosce quanto la consistenza fosse solo d’aria.
Un pallone gonfiato!

L’hanno accoppato subito...no, dopo...a sangue freddo...no, dopo un conflitto a fuoco...

Machissenefrega!

A Cesare quel che è di Cesare, al Padreterno il resto: la pelle a noi, il fiato al cielo.

«Justice has been done»: giustizia è fatta, ha detto Tex Willer;

Si aggiunga il “latinorum”, che fa sempre scena: “Inter arma silent leges”, in guerra, le leggi tacciono!

Convengo che non è bello arrivare a tanta acrimonia;
non ne traggo orgoglio, neppure goduria...serenità però si.

E il cielo e il buon Dio mi perdoni, ma pur’io sono di carne ed ossa...ed è così bello vedere i serpenti nei recipienti, sotto formalina, formaldeide o alcool.


Io, secondo me...04.05.2011

Obasama


1 maggio 2011: una data consegnata alla storia, grazie a due cadaveri eccellenti.

Sarà pure una combinazione: uno diventa beato e l’altro - da martire - sarà proclamato santo - dai suoi - subito!

Due piccioni cono una fava, sembrerebbe.
Due morti, due mondi e due concezioni che si sono dati di schiena, rivolti ognuno all’orizzonte opposto, a voler proclamare l’eterna lotta tra il bene e il male, la contrapposizione tra la sacralità della vita e l’offerta della propria - voluta - e dell’altrui - subita - morte.
Il secondo, pare infilato di proposito, come una soletta nella scarpa.

1 maggio 2011: la Chiesa riconosce e proclama Beato Karol Wojtyla, il compianto ed amato Giovanni Paolo II;

1 maggio 2011: Osama Bin Laden è stato ucciso in Pakistan

Strano.
Ammetto: ho una mente contorta, sospettosa, maligna, perfida, ombrosa e dubbiosa, fino all’inverosimile.
Ma, di là dal primo salto di gioia, per ambedue le notizie, dell’Osama qualcosa non mi quadra;
l’avessero trovato in un tombino, come Saddam, oppure in una spelonca, una stamberga, una caverna, un buco puzzolente, una tana tra i rovi, passi.
Macche.
Bello e splendente come il sole, ad un tiro di schioppo da Islamabad, in Pakistan, dove poteva passare inosservato come la mosca nel latte.
Leggo dalle prime di cronaca, nello specifico, da “Il Foglio”, di Giuliano Ferrara:
“Il villaggio, dove hanno stanato Bin Laden, possiede accademie militari e diverse scuole per l'addestramento, nonché un posto di polizia, a 600 metri dal rifugio dello sceicco saudita. Una fortezza con mura altre quattro metri, senza finestre, con gente che andava e veniva di continuo e dove invece di raccogliere la spazzatura come tutti gli altri, lì era data alle fiamme”.
Ci sono abitudini che sono uguali in ogni parte del mondo: ogni sputo posto, dove ci sono quattro gatti, tutti sanno tutto di tutti;
le comari e le portinaie sono dappertutto, così come i curiosi: nel paese piccolo, la gente mormora, che vesta di sottana o di burka.
Questi sono da sempre i mezzi d’informazione più affidabili, di là dalla supercazzola tecnologica stile
"Echelon", quella rete informatica “iuessei” capace di controllare l'intero globo e di intercettare, selezionare e registrare ogni forma di comunicazione elettronica;
super computer e stazioni a terra, in grado di ricevere informazioni dai satelliti artificiali presenti in orbita, che da sempre escono ridicolizzati dal satellite terrestre, quello che gira per le strade, rasoterra e si chiama “ficcanaso”, senza contare le trasmissioni, quelle di “radio tam-tam”, che passano da orecchio ad orecchio, nei mercatini, dal panettiere, dal macellaio e nelle guardiole.
Sapevano.
Bin Laden era come il ghiacciolo nello scomparto del congelatore: pronto per l’uso, da scongelare e consumare, alla bisogna.
L’hanno segato ora, in una giornata sotto gli occhi del mondo, quando l’attenzione dell’universo - anche, se non soprattutto - mediatico, era a rivivere la figura di un grande, di un Papa senza frontiere, che era riuscito a "bucare" lo schermo, ad ottenere rispetto ed ammirazione ad entrare nei cuori di abitanti d’altre sponde, spirituali e d umane.
Un’amplificazione ed un’eco che riverbera ed amplifica ad ogni rimbalzo, a raggiungere i punti più reconditi della terra.
La visione, la lezione dell’occidente, che finalmente ha modo di salire in cattedra, ad ammansire e d ammonire, della venuta del premio, così come della certezza della punizione, del bene che scaccia il male, della luce che cancella la tenebra.
L’asso di bastoni calato da un presidente in picchiata libera, ricevitore di credito e cambiali firmate in bianco, che una promessa nera prometteva, ma più ormai di futuro che di pelle.

«Dammi una O, dammi una S, dammi una A, dammi una M, dammi una A», erano a cantare i sostenitori di Bin Laden, sino a poco fa;

«Dammi una O, dammi una B, dammi una A, dammi una M, dammi una A»;
ecco le "cheerleader" a stelle e strisce, rispondere a tono.

Tutto in stile holiwoodiano:
"Una squadra del Seal Team Six, il gruppo più segreto e preparato delle forze speciali americane, ha passato il confine pachistano a bordo di quattro elicotteri provenienti dall'Afghanistan. Sono scesi a terra in una tenuta cinta da mura e senza finestre mentre un drone forniva il fuoco di copertura [...] c'è stato uno scontro a fuoco in cui sono rimasti uccisi due corrieri, un figlio di Bin Laden e una donna non ancora identificata. La storia dello sceicco del terrore è finita con una pallottola in testa e gli uomini si sono portati via il corpo".
Prossimamente la carcassa, il trofeo, apparirà sotto i riflettori ed entrerà nel circo Barnum di tutti i mezzi d’informazione.
E di spettacolo.

Attenzione a non farne scempio ed oltraggio, a non profanare quello che ora è un tabernacolo, una reliquia, per il corpo tentacolare di Al Qaeda, che ormai ha molte teste e non morirà per il taglio di una sola;
il verbo-virus di Osama ha attecchito, figliando nel peggior modo: di pensiero, più che di carne.
Ormai più immagine che forma, braccato e tagliato fuori, era già da tempo silente ma possente simbolo, di un’ubriacante e stordente rinascita di un modo che, fino alla di lui venuta, era asservito e umiliato nei giochi di guerra e potere di un occidente invadente e invasivo;
Osama, che si voglia o no, ne ha fatto un protagonista, gli ha dato anima e motivazione, contrapponendo l’idea di superiorità etica e spirituale, opposta ad un avversario altrimenti materiale e materialista, in odore e puzzo di disfacimento e decadenza, sia di costumi come di morale.

«Giustizia è stata fatta!», gongola gigione l’Obama.

Calma, spilungone, che il bello arriva adesso;
non continuare ad essere "grand, gross e ciula", grande, grosso e buono a nulla, come sino ad oggi.
Hanno proclamato Beato l’amato Wojtyla;
non cucirgli addosso la figura di santo martire della Jihad, al Bin Laden, facendo lo sborone e mostrando la salma come il cacciatore la quaglia impallinata.
Hai tra le mani una patata bollente, anzi, una bomba: maneggiala con cura.
L’hai accoppato dopo che ha deposto e le uova si sono schiuse: scappati i buoi, hai chiuso la stalla.
Sei come quello che viaggia con il mezzo carico di tritolo, su strada sconnessa,
Occhio, che al tuo asso di bastoni non rispondano con quello di spade.

Dio non voglia che si vada incontro all’epoca "Obasama".


Io, secondo me...02.05.2011

Il mercato di Allam



L’armadio bisbiglia all’orecchio della montagna:
«Tieni d’occhio quel tipo, quello rotondo, con la pelata e il naso che pare la vela di una barca!»

Brutta roba quando una guardia del corpo ti sbircia, come il macellaio una bistecca.

Ti senti come la quaglia stanata dal segugio: prima o dopo arriva una schioppettata.
Uno per l’altro, quanto te li trovi di fronte hai l’impressione che ci sia l’eclissi.

«Tranquilli ragazzi: è il Beppe!»
Fortuna che qualcuno del gruppo mi riconosce, altrimenti passavo come la sfoglia tra i rulli della pasta.
Beh, è comprensibile: La scelta del nostro Magdi Cristiano Allam di passare al mercatino di quartiere - nel nostro caso quello di via Benedetto Marcello, a Milano - nonostante l’apparenza, non era una passeggiata.
Sabato 30 Aprile 2011: l’area era piena come un uovo.
Zona strategica, posizione ideale, subito dietro Corso Buenos Aires, la fiumana che arriva dalle vie laterali presto ne satura la luce, quando poi la varietà dei frequentatori è la più dissimile, dove sono presenti e mostrate le più varie etnie.
Inutile tirare ad indovinare: la più alta densità è quella della rappresentanza dell’Islam;
e Cristiano, da una buona parte di quelli, non è per nulla amato e, se tollerato, è già tanto.
D’accordo: la più parte è brava gente, che sgobba e abbassa il filone della schiena, a portare ceste e merce, a vendere e pensa a tirare a campare, ad arrivare a sera e legare pranzo con la cena.
Ma basta una testa matta, per fare la differenza e, in un posto ristretto ma densamente popolato, è come guardarsi girare attorno gli abitanti di un formicaio.
Far ballare le palle degli occhi non è mai troppo e quei tanti massicci guardiani avevano di che dannarsi, nel cercare di interpretare la tanta fauna che rimbalzava a destra e manca.
Cristiano poi, sembrava la pallina del Flipper: saltava come un grillo, da una parte all’altra, secondo chi lo riconosceva e lo chiamava.
Neanche un’anguilla scivolava così bene.

«Stavamo parlando proprio di lei», mi dice uno dei suoi angeli protettori.
«Guardi, non mi dica come, ma l'avevo intuito: ho capito cosa vuole dire rischiare di essere colpito dal fuoco amico!», rispondo.
Bravi ragazzi che, se mirano al nostro Magdi, anche loro sono sotto tiro, come i birilli del bowling.
La pelle se la giocano ogni giorno, perché è “mestiere”, il dovere del Poliziotto e del Carabiniere, quello che ce li fa tanto amare ma che non li ripaga per tanto che valgono.
Quando certuni, con disprezzo, arrivano anche a dire che “l’hanno scelto loro, di farlo”, quasi a farne una colpa, dimenticando che sono essi, comunque, a fare da cuscinetto tra noi e la legge del più forte.

Come per le merci esposte, anche la gente ha la sua, di bella o brutta faccia.

A seguire il gruppo, nelle retrovie, per così dire, ascoltavo ed osservavo le reazioni dei miei simili.
Gente distratta, indifferente, infastidita, che reagiva mormorando «Il solito politico» o «Un altro che si fa vedere quando ha bisogno, e poi se ne frega!» piuttosto del «Sempre qui, in mezzo ai piedi!», di quelli che “la politica è sporca...me ne frego; voglio solo fare la spesa senza rompiscatole tra le palle”.

In effetti, tende tendoni e tendine di tanti sostenitori d’aspiranti alla promozione, per le amministrative di Milano, ce n’erano e s’incrociavano, a distribuire “santini” ed immagini dei papabili, quasi ad offrire la Sindone con l’immagine del proprio, piuttosto che una fotografia.
Cercavi i pomodori e - Toh! - al posto della lista della spesa ti trovavi in mano il faccione stampato del Tizio; volevi le patate ed ecco, il muso rubicondo sul depliant, il volantino o il pieghevole del Caio!

Al contrario: certe volte era Cristiano, che rischiava di trovarsi in mano la gamba del sedano, cipolle, carote o la collana d’aglio, quando la “sciura Maria” lo riconosceva e attaccava bottone, più propensa a parlare che a sentirsi dire, a trovare “sfogatoio” per le rabbie represse di persone non più giovani, spesso costrette ad umiliazioni, a subire prepotenze, ad essere visti in trasparenza, della consistenza di una radiografia.
A non sentirsi più contare, in una realtà che li vuole quasi zavorra che li guarda come a rinfacciare che sarebbe ora che traslocassero in altro mondo, che tanto “la loro vita l’hanno fatta”.
Anche loro sono esseri umani e a tanti può non essere sembrato vero, d’aver sentito interesse vero per la loro condizione, dove di un Cristiano si può dire tutto, ma non che non si assuma le pene del prossimo, in special modo quando visto non da torri d’avorio, ma che puoi toccare e ti tocca, quando è materialità e non numero.
La parte migliore: un signore, non più di primo pelo, che gli si è avvicinato manifestando ammirazione, rispetto, simpatia per l’uomo Allam;
il bello è che era sostenitore e distributore d’immagine per un altro candidato, contrapposto al partito “Io amo l’Italia” e alla compagine “Io amo Milano”, per Letizia Moratti Sindaco, del nostro Cristiano.
Una bella lezione, che tanti politicanti di basso conio e di vetusta presenza, nella stanza dei bottoni, non hanno e mai capiranno: esiste modo di stare su opposti fronti, senza spararsi addosso!

Un mercato è puzza, è sudore, è respiro sotto il sole o al freddo, quanto di più vicino all’umano vivere.
Non è apparenza.
Non è scena.
Già vai al Centro Commerciale e tutto cambia, ma è altro, più forzato, più artefatto, più spettacolo.
L’elefante è grosso, ma le formiche sono tante.
Dal polso senti il cuore.
Le emozioni, le pulsioni, le passioni, vengono dal basso: la pelle si muove di un brivido, debole segnale di un terremoto, che ha epicentro più sotto.
Bene fa Cristiano a cercare le spinte dal lì.

Un giorno, un giorno qualunque...uno dei tanti, al mercato di Allam...anche se, mai abbassare la guardia...

«Tieni d’occhio quel tipo, quello rotondo, con la pelata e il naso che pare la vela di una barca!»


Io, secondo me...02.05.2011

cogito Eco sum



Cogito: Eco sum;

se le raccomandazioni dei vecchi hanno un fondo di verità, l’Umberto Eco è condannato alla cecità:
la pratica delle seghe mentali consumerebbe la sinapsi come il glaucoma il nervo ottico;
Lo sfregamento dello sconnesso porta a consumazione.
Fosse anche solo un “cogito interuptus”, farebbe stesso effetto di prendere l’aspirina per i calli.
A quelli come lui, dagli dell’intellettuale ed è come cantare “Uber alles”, per chi si sente e ritiene parte - anzi, “a parte” - dal sangue bastardo: lui, di pura “intellighenzia ariana”.
Sempre una spanna sopra gli altri, un passo dopo...un avanguardista, l’ardito con la sindrome del “boia chi molla!”, dove non è il colore o la divisa, che fa la differenza, ma l’azione.
E lui non molla - boia d'un mond lader - e continua, nella sua misura di ‘o nanismo.

«Sette italiani su dieci sono naturalmente berlusconiani [...] bisognerebbe educarli!»

E-DU-CAR-LI.

Con le purghe...con il bastone...con la Siberia...con il Gulag?

Dalle radici la soluzione: dal pescaggio il galleggiamento, per l’avvento della nuova corazzata Potemkin!

Il “semiologointellettualtuttologo” cammina sulle acque, dove il branco boccheggia, brandendo il Manifesto-vangelo;
messia da “sol dell’avvenire”, dopo che il faccione sudato ha impresso forma sulla nuova Sindone: la bandiera rossa, che non vuoi sia la volta buona che trionfi?!

Attorno, le masse bovine, da menare al pascolo, con le schiene piegate e piagate dal legno, quel che raddrizza e educa.

Eco di tromba, che risponde a quella di c...ompagno.

Petando e petardo, i fuochi li aprì lui: Alberto Asor Rosa, italianista ed intellettuale di riferimento, “er mejo” de sinistra e professore emerito di tanti altri “nonsocheccosa”.

«[...] incongrua una prova di forza dal basso, per la quale non esistono le condizioni [...] certo, la pressione della parte sana del paese è un fattore indispensabile del processo ma, come abbondantemente dimostrato, non sufficiente. Ciò cui io penso è invece una prova di forza che [...] instaura quello che io definirei un normale “stato d’emergenza” [...] Carabinieri e Polizia di Stato congelino le Camere [...] sospendano tutte le immunità parlamentari, restituiscano alla magistratura le sue possibilità e capacità d’azione, stabiliscano d’autorità nuove regole elettorali [...] la democrazia si salva, anche forzandone le regole.»
Se questa è la crema, immaginiamoci il resto, dei compagni di merende.
E dicono tanto senza vergogne, senza senso...di golpe!

Questi, sono i brutti ceffi de “armiamoci e partite”, quelli che appiccano le fiamme e poi se ne stanno a guardare, di quanto la dialettica possa bruciare.
Sono i figli della purga, i signori dell’olio di ricino, la benzina per il fuoco, quelli che passano le pallottole a chi spara, che fanno scivolare i nastri del piombo nella mitraglia.

Rimbomba l’Eco: «[...] al 75 per cento degli italiani, in fondo, le cose vanno bene così.»

Cazzo...ma...allora questa è la democrazia, il volere del popolo, uscito dalla conta, della preferenza, uscita dalle urne elettorali!
Sette su dieci, stando ai numeri che dà l’Umby.
Tre quarti da rieducare!
S’accorge d’averla fatta fuori dal vasino, l’Umberto;
ha un momento di lucidità e rettifica un poco il tiro:
«In Italia siamo senza governo, nelle mani di un'anarchia o di MINORANZE PARACRIMINALI [...] non perché uccidano gente per la strada, ma perché sono fuori da ogni legalità».
No, botolo: la scheda, la maggioranza, te l’ha infilata nel...nella cassetta elettorale;
la legalità c’è, anche se vorresti correggerla e piegarla, a misura del bocchino tuo, come ha provato il Max D’Alema con il suo «[...] è vero che il centrosinistra è minoranza, ma è il primo partito tra gli italiani che leggono libri, che leggono i giornali...»
Usando la matematica dell’Eco e la logica del Max, tre quarti del paese è cretino e analfabeta.

«...naturalmente berlusconiani [...] bisognerebbe educarli!»

Cogito: Eco sum, e il mondo diventa Rosa...Asor;

'A sòreta tua!


Io, secondo me...28.04.2011