venerdì 25 febbraio 2011

giovedì 24 febbraio 2011

ECOzzate dal mondo

Vignette sataniche



Caro Beppe

"Frecce tripolori". Sinceramente non mi sembra di ottimo gusto fare una vignetta scherzando su un massacro di mille morti. Non si può scherzare su tutto. Vedere Gheddafi che in un'atmosfera allucinata e allucinante promette urlando tra le macerie del suo palazzo di schiacciare la rivolta (sembrava Hitler nel bunker di Berlino), e sentire il numero delle vittime arrivato a mille, sentire gli stessi diplomatici libici che parlano di genocidio, mi ha lasciato ben poca voglia di scherzare.
Credo che questo argomento vada trattato con la massima serietà. Si poteva ridere del colonnello quando veniva a fare i suoi show in Italia, prendendo allegramente Berlusconi e tutta l'Italia per il naso. Oggi Gheddafi non mi fa per niente ridere, mi fa solo paura e ribrezzo. Mi fanno persino schifo quelli che pensano al gas e al petrolio, anche se non sono certo contento delle ripercussioni economiche, che però passano in secondo piano davanti ad una tragedia umana di queste proporzioni. Ma si sa, e lo dovevamo sapere anche noi: la farina del diavolo va sempre in crusca.

Autore: Andrea Sartori

martedì 22 febbraio 2011

Di sputandum

Il mondo sta andando a ramengo;
dal nord Africa a tutto il medio Oriente sta bruciando una miccia che, sempre più, si avvicina pericolosamente alla polveriera.
Si capisce chi va, ma non chi viene e, se va male nel cambio, saranno cavoli amari, per tutti.
Sino ad ora si era convissuto con tipetti affatto raccomandabili, spesso veri e propri delinquenti e bulletti di quartiere, padri-padrone che amministravano e correggevano direzione e derive delle masse con nodosi bastoni.
Ma hanno tenuto: per decenni quei tappi naturali hanno frenato fuoriuscite, che non sempre promettevano bene e rendevano briosi, come lo schiumare dello spumante.
Mubarak arrivò dopo l’assassinio di Sadat, in quel 6 ottobre 1981.
Il poveretto, accoppato senza cerimonie, commise un errore fatale: firmò un trattato di pace con Israele, che garantì sì decenni di pace, per l’Egitto ma, in un mondo di idioti, che considerano la vita donata da un Dio buono come e vuoto a perdere, quello fu tradimento.
Per l’Egitto e il resto del mondo, invece, un periodo d’oro, di stabilità.
Mubarak, il “Faraone”, di cappellate ne fece molte, certamente e il suo braccio, come la mano, non ebbe mai ricopertura neppure di guanto di velluto, sul guscio d’acciaio.
Avendo a che fare con “fratelli” e pure “musulmani” che, anche se li lisci per il verso giusto, comunque ti scannano e facendo tesoro della fine del predecessore, certo non aveva visione ottimista, di come potesse attecchire la “democrazia” nel paese.
Giusto...sbagliato: chi lo sa?
Dalla cattedra, la teoria di chi insegna funziona sempre.
Gheddafi.
Brutta bestia.
Arriva da lontano: da un colpo di stato dove, il 26 agosto del 1969, ribalta un re e poggia proprie terga sul di lui scranno.
Pur poi rinunciando ad ogni carica politica, riamane l'unico leader del paese, con l'appellativo di "guida della rivoluzione".
C’ha pure il suo “Mein kampf” personale: un bel “Libro verde”, pubblicato nel 1976, dove espose, in maniera più organica, i suoi principi politici e filosofici, il “Gheddapensiero”;
con quel bel colorito, affatto pallido, riverberato nella bandiera libica, voleva richiamare il bel mantello che avvolgeva Maometto.
Dapprincipio fece le cose in grande: nazionalizzò la maggior parte delle proprietà petrolifere straniere, chiuse le basi militari statunitensi e britanniche, innalzò il salario minimo, la possibilità per gli operai di partecipare alla gestione della loro azienda;
alcolici nisba, in ottemperanza al precetto islamico, la chiusura dei locali notturni, la restaurazione della Sharia, la legge religiosa che deriva direttamente dal Corano e dalla Sunna.
Per lui, rifiutò inizialmente il lusso, dormendo sempre in una base militare di Tripoli.
L’apoteosi: gli sberloni alla popolazione italiana, che ancora viveva nella ex colonia, culminate col decreto di confisca del 21 luglio 1970, emanato per "restituire al popolo libico le ricchezze dei suoi figli e dei suoi avi usurpate dagli oppressori".
Un prova muscolare che ha sempre attecchito positivamente, nel rancoroso brodo di fondo del pensiero arabo, tanto pronto a fare bauscia quando batte, a pigolio quando bastonato.
Gli italiani furono privati d’ogni cosa, ridotti in braghe di tela e costretti a lasciare il Paese entro il 15 ottobre del 1970.
Da allora, ogni 7 ottobre in Libia si celebra il “giorno della vendetta”, l’aver preso a pedate nel culo e sbattuto a mare 20.000 coloni italiani.
Seguirono giorni grami, dove il tipo, esaltato e con manie di grandezza, appoggiava ogni terrorismo, arrivando a metterci del suo: una bomba.
Il 21 dicembre del 1988 esplodeva un aereo passeggeri sopra la cittadina scozzese di Lockerbie: perirono tutte le 259 persone a bordo oltre a 11 cittadini del posto.
Quel che non poterono le bombe di Ronald Regan - due anni prima, con il massiccio bombardamento, da cui rimase fortunosamente indenne - lo fecero le sanzioni, un embargo che lo ridimensionò, oltre a lasciarlo in mutande, facendolo tornare a più miti consigli, sino a riportarlo nell’orbita nostra;
certo, uno stronzo era e tale è rimasto, ma ha tenuto assieme un paese altrimenti fatto da miriade di realtà tribali che, se lui sparisse di colpo, sarebbero a girare ognuno per proprio conto;
se non peggio: diventare satelliti del nuovo mondo, destinato a coagulare con l’integralismo più spinto.
Un secondo Afghanistan talebano.
Certo, girandoci attorno non abbiamo di che star tranquilli: i mercanti che ci possono vendere quanto di cui abbiamo bisogno, per lo più, sono briganti, ma hanno possesso del pozzo dell’acqua.
Possiamo fare come la cavalleria polacca, contro i carri armati tedeschi e scrivere una bella pagina di storia;
magari ci daranno pure la targhetta commemorativa ma, da morti, col cavolo che ci riuscirebbe di far passare i nostri principi.
In fin dei conti, pur di non scomparire e far la fine dei primi e genuini cristiani, in pasto ai leoni, pure un
Pio “Ics, I, I”, il dodicesimo, girò la testa dall’altra parte, facendosi comodo nel non vedere gli ebrei dei campi di concentramento entrare nei forni crematori ed uscire in fumo, dai camini.
Occhio non vede, cuore non duole.
Sei milioni, più valore aggiunto, come zingari e testimoni di Geova, morirono rinnegati da Pietro, dove neppure il gallo riuscì a cantare tre volte, perché anch’egli finì arrosto.
Taluni sono a giustificarne azione: il denunciare a Urbi et Orbi io sterminio, avrebbe potuto voler dire il vedere pure il porporato, quando non il Papa stesso, dietro il filo spinato.
Ingenui veramente, quei primi cristiani, che invece si fecero vanto di entrare nella lista del pasto di famelici gattoni.
Ma forse, come nel gioco degli scacchi, da pedine, fecero gioco loro assegnato, quando il re, invece, va difeso.
E poi, diciamocelo...papale papale: sotto sotto, gli ebrei - figli degeneri e deicidi - facevano ancora schifo e una bella disinfestazione ci voleva.
Come oggi, ancora, dove pure c’è chi lo dice e lo scrive apertamente, ma tanti ancora sono a voltare testa, quasi a voler dire che sono solo ragazzate, goliardia “Hamasbollhana” pura, smargiassate da Bar Sport.
Bene, ad esser pio, pure io do il mio pronostico, e scommetto sul finale di partita che si sta giocando e sta infiammando il mondo.

“Ics, I, I”

Ma sul “Beppepensiero” fatelo: non vige la regola che non lo si debba, su quelli di ognuno, secondo il “latinorum” del “De gustibus non disputandum est”, non si può discutere sui gusti personali, in senso lato, sulle opinioni.

Del mio, bastonate pure, ma non si perda il”di” per lasciare solo arma da getto: lo “sputandum”.


Io, secondo me...21.02.2011

frecce triPolori

domenica 20 febbraio 2011

L'amico degli animali


Putin, Gheddafi...con il petrolio e il metano ci tengono per le palle.
Manca pooco che, per aver sottolineato quanto ipocriti siamo, stia per passare come loro estimatore;
allora, tagliamo i ponti: con loro, con l'Iran di Ahmadinejad, con la Cina e con tante dittature e dittatorelli che ci sono compagni di banchetto.
Si abbia il coraggio di tagliare oileodotti e gasdotti che ci affrancano a quelli.
Poi aspettiamo, a vedere come la cavalleria di Don Chisciotte attacca i carri armati.

giovedì 17 febbraio 2011

Con Cita

«Coo-coco-cooooocoooo-cooocorita!»

La Con Cita, la sciura De Gregorio, dal trespolo dell’Unità, ha profetizzato che, nel un futuro appena dietro l’angolo, una generazione di giovani diverrà cieca, per il troppo darsi al peccato del piacere solitario!»

Ci siamo: il Silvio, oltre a dover temere le sue, di manette, pure si deve preoccupare di quelle che fanno i ragazzini, a causa sua.
Tanto per capirci, nel gergo dialetto-popolare, “manetta” indica l’atto privato e manesco con cui, stringendo asta nel pugno, si procede all’avviamento del sistema “biella-manovella”;
e qualcuno non sia a dirmi che, di quanto ho detto sinora, non c’ha capito una sega!

«I ragazzini più piccoli leggono i quotidiani di questi giorni come fossero giornaletti porno. Si assiste a scene in cui, nelle scuole medie, i bambini portano il giornale in bagno e si leggono i verbali come fossero una prima lezione di educazione sessuale!»

Caspita, Con...Cita: neppure Tarzan sulla liana aveva tanta presa.

Ora che la vista mi fa difetto, penso ai tempi della paginona pieghevole, all’interno di Playboy, dove ancora, non avendo afrodisiaco magistratorio, il Viagra della toga, ero ad utilizzare surrogato, in quel misero e patinato interno, dove la bella del mese faceva bella mostra di vellutata patatina a me, la bestia, voglioso e bavoso sporcaccione.
Com’ero - com’eravamo - ancora barbari.
Il paginone dei tempi moderni, inframmezzato tra le carte processuali, ha tirato fuori pure un ...Manifesto a fisarmonica: quello della Ilde Boccassini, “scoperta” in un anfratto, uno sgabuzzino del Palazzo dei parrucconi, a giocare al dottore o, come ufficialmente trascritto “ [...] in atteggiamenti amorosi con un giornalista di Lotta Continua”.
Beh, la lotta c’è stata: e pure continua, visto l’intenso brillamento a luci rosse.
Chissà di quante diottrie sono oggi, le lenti dei suoi occhiali.

Bando alle malinconie e agli anacronismi dei miei tempi.
Oggi i “ragazzini nelle scuole medie” ne sanno - ne fanno - una più di Selen e Rocco Siffredi.
Cara Cita: non sono più quelli dei tempi tuoi: nei bagni della scuola non ci portano la "Ildepornotoga" o la "Silviotrombata".
Ci vanno con la - o le - compagne che, diversamente dalle “stagionate” Ruby o la Iris che la danno a mille al grammo o per carato, si accontentano di una ricarica telefonica o, le più viziate, una borsetta o un giubbetto.
Il prezzo dei tartufi, le prime, quello delle mele le seconde.
Cara Cocorita, i ragazzini le pagine dei giornali che dici, in bagno le portano perché manca la carta igienica;
il resto, diversamente da te che ancora leggi i romanzi rosa di Liala, potrebbe essere materia d’aggiornamento per quelli come noi, che vanno dall’oculista.

Ancora: guarda che quelli come me, che sono “vicini al Premier”, non sono “italiani incapaci di comprendere la realtà e reagire”, o “servi del padrone”, “valvassori” o “utensili”;
semplicemente, ne abbiamo i c...alzoni pieni di gente come te, palloni gonfiati, autoreferenziati, narcisi e petulanti nel voler continuamente cantare la vecchia canzone del “Migliore”.
E neppure degli idioti, come berciato dal quella che fu soprannominata pantera ed ora pantegana di Goro: la Milva.
Senza continuare ad elencare il resto del “bestiario di razza”, con il “pedigree” del fighetto a Denominazione d’Origine Controllata e Garantita che, anche quando bastonato dalle urne, dal voto democratico e maggioritario, continua nel tronfio gonfiare petto tacchinesco:
«[...] siamo minoranza nel Paese, ma maggioranza nella «parte più acculturata, tra gli italiani che leggono libri e giornali.»

Noi, che invece scendiamo dagli alberi per andare all’edicola, ci accontentiamo dello sbircio di quel piacere animale. Che porta poi alla cecità.

Dai, alla fine, io Con Cita stiamo come a nozze: compagni di merende, in questa Repubblica delle banane!


Io, secondo me...16.02.2011

martedì 15 febbraio 2011

WOPR

Ben Ali, Mubarak, Gheddafi, Bouteflika, Ahmadinejad, Putin, il dragone cinese: a guardarsi in giro, pare che la democrazia sia una bestia in estinzione, confinata nella riserva, nel ristretto giardino di casa nostra, da tenere alla catena, come un cane;
certo, messi tutti assieme, fatto l’appello, non c’è da stare allegri e quelli che ho nominato sono come la crosta di una lievitata pagnotta;
non erano e non sono paladini della giustizia o illuminati reggitori di popoli e genti, quelli che rispondono alla conta.
L’un per l’altro sono padri-padroni, che considerano la gente come popolo bue: da bastonare senza pietà quando, menato al pascolo, non segue la retta via.
Ben Ali, Mubarak, Gheddafi erano e sono incrostazioni decennali, per i rispettivi paesi;
ma ci abbiamo pasteggiato assieme;
Putin tiene il rubinetto, la tettarella da cui succhiamo quel gas che scalda i nostri inverni e Gheddafi, oltre a questo, pure il petrolio, oltre a commesse lucrose: il tutto a permetterci di girovagare con le nostre macchinine, a far funzionari centrali, a tenere il culetto al caldo, quando la stagione ghiaccia, e tanto altro.
Possiamo fare a meno dei sigari di Cuba e, avendo altro fornitore, pure del venezuelano Hugo Chavez che, di fatto, fa emanare leggi che paiono il vestito del sarto, quello su misura, che arrotonda spigoli, asseconda curve e rotondità, cancella i difetti.
Forse che a Myanmar, l’ex Birmania, si sta meglio?
Come ai tempi del genocidio in Ruanda, tra Hutu e Tutsi, quando si scontrarono due opposte realtà, a colpi di machete;
si assistette alla macellazione come al cinema: godendosi lo spettacolo mangiando, con Popcorn e Coca-Cola.
E non fu una cosetta da bruscolini: più di 3 milioni di morti!
Ma dal Ruanda non ci arrivava nulla e quindi, non incidendo sulle nostre abitudini, sul nostro stile, sulle usanze, sul “comodoso” tran-tran quotidiano, ci fregava ‘na beata mazza.
Interessano a qualcuno gli Uiguri, etnia turcofona e minoranza islamica che vive nel nord-ovest della Cina, torchiati e presi a calci nel popò dal nuovo padrone dei mercati?
E del Tibet, occupato e colonizzato dai cinesi che ora, con la poderosa ferrovia che arriva sin nel cuore di quel vecchio paese, ci porta carriolate dei suoi, a cancellare con il tempo e il numero, gli sfrattati e veri padroni di casa?
Mica sono i palestinesi, che se non gli mandi palanche e soldoni, ti vengono a mettere le bombe in casa.
Lontani dagli occhi, lontani dal cuore;
Siamo nella realtà del “Do ut des”, io do affinché tu dia.
Senza contropartita, nisba!
Come per le targhette appese dietro la cassa, in bar e ristoranti: “Qui non si fa credito”.
Ben Ali, Mubarak, Gheddafi, oltre a dare stabilità politica all’area loro, rendevano, anche in termini di soldi, che saranno pure lo sterco del diavolo, non il tutto della vita ma, per sicurezza, “Melius abundare quam deficere”, meglio abbondare che scarseggiare.
In ogni dove del mondo islamico si assiste alla caccia e alla cacciata dei Cristiani;
non è un fenomeno circoscritto, ma un’orchestrazione perfettamente diretta.
Tolta la scheggia nell’occhio, cioè Israele, l’islamismo potrà guardare lontano e non più lacrimare.
Riuscendo a coagulare - anche a costo di resa di conti tra fratelli - una massa, su un collante comune e antichi splendori, di fede, ricchezza e potenza, ancora saremo a gridare “Mamma, li turchi!”.
L’Afghanistan è un pantano, il Pakistan traballa, ma ha ricca dote di atomiche;
il Libano ha le metastasi, e Hezbollah ne è il tumore aggressivo e in crescita esponenziale.
Hamas, armata fino ai denti, muscolarmente tiene il suo gregge sotto tiro.
La Turchia è persa, quando ad Erdogan gli è riuscito di decapitare l’antico guardiano: quell’esercito che, da Ataturk in poi, è sempre riuscito a tenere fuori dai giochi quella religione che ora sta riacciuffando il tempo perduto, ed entra a gamba tesa, pesantemente e condiziona la vita di ognuno, nello scorrere quotidiano.
Ben Ali, Mubarak...se il vuoto non sarà presto coperto dal vecchio adagio gattopardesco, del “Tutto cambia affinché nulla cambi", sarà occupato dai Fratelli Musulmani o simili e nessuno fermerà più il crollo del castello di carta.
Yemen ad Al Qaeda, Giordania certo non ad anime belle;
e non si crederà mica che l’Arabia Saudita, con i suoi principi gaudenti e inetti, resti in piedi, sotto i colpi di un giro di purga “Corallahnica”?
Davanti a questo sconvolgimento apocalittico, ad un mondo di gelatina che traballa, sta circolando una bufala, una balla colossale: dietro a tutto ci starebbe il genio di Obama!
Magari è un refuso: qualcuno voleva dire: Osama.
Già, perché se così non fosse, Obama non sarebbe un ciula, ma pure cretino, che ha iniziato a schiacciare i bottoni di “WOPR”, pensando che fosse il Risiko.
Nel film “War Games”, il ragazzino protagonista, David Lightman, riesce fortunosamente a collegarsi al Pentagono, con “WOPR” (War Operation Plan Response: Responso del piano operativo di guerra), una forma di intelligenza artificiale in dotazione all’esercito, programmato per giocare numerosi giochi di guerra, compreso uno denominato “Guerra termonucleare globale”, per rispondere ottimamente a qualsiasi attacco nucleare nemico possibile.
WOPR comincia a fare funzionare la simulazione sullo schermo principale a NORAD, con l’antagonista David, che figura essere l'Unione Sovietica all’attacco, con i suoi missili.
Peccato che WOPR non distingue tra realtà e fantasia, ed inizia veramente a caricare i codi ci di lancio per rispondere all’aggressione, ma i missili sono veri!
L’espediente finale, per far capire alla macchina che il gioco non vale la candela (quella da cui dovrebbe ripartire l’umanità, se la cosa fosse andata a mal fine), fu quella di far intraprendere in contemporanea, a WOPR, il gioco di tic-tac, quello della griglia di nove caselle, che se riesci subito ad occuparne quella centrale, mai sarà possibile fare filotto, ovvero, combinare tre simboli tuoi contro l’avversario, e vincere la combinazione di metterne tre identici in fila o in diagonale.
Nessun vincitore.
WOPR tenta inutilmente tutte le combinazioni, assorbendo sempre più energie da questo, a scapito del lancio di missili.
Arrivato a capire che è inutile, termina con saggezza e, con voce metallica esclama:
«Strano gioco: l'unica mossa vincente è non giocare...David, facciamo una partita a scacchi?»
Grande WOPR!

No, Obama non è dietro il sacrificio di pedine: caduta una, poi due, abbozza, fa la faccia intelligente ma non ha capito ‘na beata fava di quello che sta accadendo sulla scacchiera mondiale, abituato in casa al gioco dell’oca.
Ancora peggio: sta improvvisando, vivendo alla giornata nel tentativo di parare i colpi di tanti attori veri, che lo stanno riempiendo di botte come un sacco da boxe.
Sta ancora tentando di vincere al tic-tac, quando chi è partito ha già messo il pallino al centro.

Ma lui non ha l’intelligenza di WOPR.


Obama non è WOPR, purtroppo.

Ma forse sbaglio: io leggo - lo ammetto - solo la stampa provinciale, non quella in inglese e il surrogato, si sa, non ha il sapore dell’originale.


Io, secondo me...15.02.2011

Cinghei

“El var men de cinghei”;

nel dialetto meneghino: vale meno dei cinque centesimi dei nonni, delle equivalenti misere lirette di una volta;
è misura di qualcosa che non ha valore, anche se, come la piccola monetina da smessa divisa, apriva la lista del soldo dell’Italia nostra, prima dell’Euro.
Come l’infimo centesimino d’oggi, non ci fai nulla: più facciata che sostanza.
Inutile zavorra, da mettere nel salvadanaio, in un cassetto o da dimenticare nei pantaloni che, quando te li togli, ti accorgi di lei perché scappa dalla tasca e rotola negli angoli più malagevoli, spesso per rimanerci, visto la perdita irrisoria.
Per una nullità, nessuno si disturba: non vale la pena di sprecare energie, di metterci più di quanto ritorna.

“Cinghei” Obama è tutto questo: una nullità, ma ci si è accorti tropo tardi per impedire che provochi più danni di quanto siano i vantaggi, bella facciata, ma senza “vuoto a rendere”.
Disgraziatamente, all’opposto dello spicciolo, il bamboccione lo si deve tenere: come andare a nuoto con un’incudine al collo.
Prodigioso maestro nel gonfiare immagine e vendere fumo in patria, gran piazzista nel collocare panacea per tutti i mali, dai calli all’agonia eccolo a tracollare, appena scende dall’albero delle banane dove l’arrampicarsi non è come sui vetri.
Fuori dalla gabbia, dove trova facili noccioline, nessuno ormai gli elemosina, non dico cinque, ma neppure la lira dei nonni.
Gli Ahmadinejad, i Nasrallah, i Bashar al-Assad, gli Osamabinladen, le bande “Hamasbollah” ridono di lui come di un comico, un “ridolini”, un pagliaccio da circo, cui basta la faccia per destare ilarità;
alla “signorina” Obama al massimo concedono una sveltina, una consumazione veloce prima di tornare al lavoro, su cose più importanti. Cose da uomini.
Sullo scacchiere mondiale, all’appoggio di palle di toro, il nostro ci contrappone nocciolini di ciliegia.
Con imprudente atto di fede, con ingenuo ottimismo e inopportuna fretta, dando credito su speranza, si è pagato in anticipo per prestazioni che, alla verifica sul campo, si sono rivelate come l’ossobuco: abbiamo sia l’osso che il buco; ciccia, niente. Punto e basta.
Come ad avere pagato per intero importo qualcosa che esisteva scarabocchiato sulla carta, per un sogno nato e morto sulla pagina.
Premio Nobel per la pace; e non aveva ancora imparato a camminare, figuriamoci il correre.
A vederlo oggi, pare un ubriaco che sbanda e ondeggia, dopo una ciucca clamorosa.

«La democrazia regnerà sicuramente da oggi in poi, in Egitto!»

Dopo quarant’anni l’America, il Barack, si accorge di avere appoggiato un paese che aveva solo un piccolo difetto: una manchevolezza piiiiicccina piiiiicccina, un puntino nero, un vezzoso neo che, invece di deturpare, rendeva ancor meglio la bellezza con le zinne a piramide.
L’insetto stecco si è svegliato in ritardo, come al solito, quando qualcuno dei suoi gli ha fatto capire che, lungi dal galleggiare di sempre, ora doveva cavalcare l’onda, togliere la sedia da sotto il culo e rinnegare quello con cui consumava tarallucci e vino. L’amico di ieri, quell’Hosni Mubarak, rais e padre-padrone del paese delle piramidi, ora che è azzoppato, va lasciato al branco, perché lo divori quando, poco prima e per quarant’anni, era il “fidato” amico dell’America, uno dei privilegiati interlocutori, a cui si stendevano tappeti d’oro e si davano leccate politiche con lingua lubrificata a bava.
O’babbeo inumidisce l’indice, lo alza in alto, sente da dove tira il vento e lascia la vecchia carcassa, ormai pasteggio per avvoltoi e incomincia un altro lecchinaggio, arrivando a paragonare la battaglia dei manifestanti di piazza a quella di Gandhi e Martin Luther King.
Un ipocrita doppiogiochismo, talmente evidente da fare schifo, ributtante, tanto da far ribrezzo anche ai nemici, quelli che possono anche odiarti ma, ancora peggio, quando non ti rispettano, perché chi tradisce una volta lo farà ancora.
Per Giuda: è solo questione di (dis)prezzo!!
Gli “alleati” di quello spicchio di mondo sono avvisati: al bell’abbronzato piace vincere facile, altrimenti abbandona il giocattolo e ne cerca altri.
L’immagine trasmessa è quella di un uomo senza spina dorsale, non per l’aver dovuto giocoforza ingoiare il rospo, ma per come lo ha fatto.
Senza dignità, passando in corsa da una cavalcatura all’altra, lasciando il vecchio ronzino agonizzante.
I vecchi bizantinismi della politica occidentale, i compromessi al soldo d’ogni opportunismo disgustano quel modo di pensare del mondo mediorientale, dove vige una forma più diretta del rapporto, senza sfumature di grigio, tra il bianco e il nero.
Quel che si è visto denuncia solo un grave difetto, dell’occidente decadente in genere: l’inaffidabilità.
Ahmadinejad si sente e si crede investito del compito di guida, per quell’area geografica, più e meglio di Bin Laden e la sua Al Qaeda, costretto a fare il fantasmino il primo e creatura dell'ombra la seconda.
La palla di pelo, il nano iraniano gioca alla luce del sole ed è pieno di missili, più che un istrice di aculei;
e la bomba atomica, se non ce l’ha ancora, manca poco.
Hamas e Hezbollah - lo statuto loro e il dire insegna - senza mezzi termini sono a predicare e minacciare, non la scacciata, ma lo sterminio di ogni ebreo.
E i loro pungiglioni non sono meno di quelli del Mahmoud di Teheran.
Bin Laden, o il suo evocato medianico, sono a dire un giorno sì e l’altro pure, che il nostro è un mondo decadente, un frutto più marcio che maturo, pronto a spiaccicarsi a terra dalla pianta e a lasciare che siano i fiori di Allah suo quelli che un giorno sbocceranno, al posto del putridume di prima.
L’effetto domino, il crollo dei castelli di carta che ha cominciato a manifestarsi, partendo dalla Tunisia spazzando via Ben Alì, ha proseguito con la ritirata di Mubarak;
Come per lo sbadiglio e il raffreddore, è contagioso.
Alla prossima che sgrana, si squagliano le perle del rosario!
L’appetito vien mangiando: ancora di più se non si ha pane e si va all’assalto dei forni.
Una mandria impazzita spazza ogni cosa che incontra.
La prossima?
Algeria, Libia…Yemen, poi Marocco, Giordania.
Se salta la polveriera, l’Arabia Saudita e i suoi ambigui signori andranno a carte quarantotto.
Da una parte, manovalanza disperata, massa che spesso vive miseramente, all’ombra di signorotti ricchi, viziati, capricciosi e corrotti;
ottimo materiale per chi ha motivazione, fede, determinazione, certezze, un dio in cui credere e servire.
Dall’altra, il nulla.
Un’Europa, l’intero sistema occidentale, uniti solo per il portafoglio, con un dio emarginato, spesso irriso, da tenere fuori dalle cose di Cesare;
di lui non si ha più timore, devozione, stima: è allontanato, respinto, tenuto a distanza.
I mercanti vogliono solo stare tranquilli: vendere e comprare per diventare sempre più ricchi.
Le guerre le facciano gli altri e quando, è solo nel tenere quei fastidiosi pezzenti lontani dalle bancarelle, rognosi anche nel raccogliere le briciole.
Chi ha la pancia piena cerca un posto tranquillo per la digestione e la pennichella, dove anche parcheggiare il sonno della ragione.
Cartagine crollò quando i suoi cittadini smisero di essere soldati, alla bisogna;
lo stesso per la grande Roma, morta nel rutto, quando sommersa dagli affamati “barbari”.
I nostri sogni sono finiti: non c’è più nulla in cui credere, per cui combattere o morire.
Polli in batteria: quando finite le uova, si va direttamente in padella.

E nessuno spenderà per noi un centino o una lira.

Neppure…Cinghei!


Io, secondo me...14.02.2011

domenica 13 febbraio 2011

Sabato 12 febbraio 2011 P.zza Fontana Milano - "Friggitoria rossa"



Il popolo delle padelle voleva "friggere il regime";
la "massa oceanica" si è rovesciata nella piazza, con l'immancabile bandiera rossa falcemartellina dei malinconici residuati della rottamazione comunista.
Giusto perchè nessuno abbia a dire che c'è stato il pienone, allego fotografia panoramica, così da poter contare i quattro gatti, che hanno fatto solo pietosa...cagnara.

domenica 6 febbraio 2011

Burros(s)o

«Beppe, per il tuo bene: c'hai il colesterolo alto; evita il burro e preferisci l’olio. Extravergine!»

Guardo il mio dottore: lui rigido, la fronte corrugata, l'indice accusatore vibrante, l'indignazione che lo rende paonazzo; eppoi lo sguardo, l'occhio da pesce lesso, triste, alla "cane bastonato".
L'ho tradito, deluso, assassinando fiducia e aspettative che aveva per me;
io, umiliato, colmo di sensi di colpa, rassegnato, sconfitto: un condannato cui hanno appena comunicato nefasta sentenza, la speranza di una grazia ridotta al lumicino, a non dover mai dire...all'osso.
Lo specchio, crudele, impietoso, rimanda massa informe:
la pancetta che ballonzola, guanciotte ripiene come una quaglia, la pelata che luccica, il fiatone che rumoreggia come una marmitta bucata, le nuove scarpe senza stringa, a evitare faticosi piegamenti, il profilo a fiaschetto;
e il rischio più temuto: sempre da fiasco, ma in battaglia di letto.
A tanto abbattimento segue consolazione, ricordando articolo di datata rivista, ritrovo classico di sala d'attesa di medico.

«Noi eravamo sei, sette ragazze [...] tutti quanti insieme [...] toccarci. Lui [...] in una camera, dove c'è un lettino in cui fai i massaggi [...] ogni cinque minuti noi aprivamo la porta e consumavamo il rapporto sessuale.»

Chi parla è la Nadia Macrì, una delle "Magnifiche sette" che hanno superato il collaudo, la "prova su strada", promosse da "Escort" a carrozzata di classe superiore...di alto bordo, marchetta che ne innalza valore di mercato e tariffario;
il tutto, grazie ad un collaudatore d’eccezione: Silvio, il "Berlusca", un uomo di 74 anni, operato alla prostata per rimuovere un tumore ma, a compensare, con un frullatore al posto del tradizionale "Creapopoli", orbitante più di un trapano da dentista.
Semmai io possa nel confronto apparire, quanto quelle essere, volgare, al calor e colore vermiglio sento virare le guance, quando leggo il riportato di discorrere di tanta fauna.

«Qua io do la f*** e non ho un c****»

A uno che gli chiede prezzo invece, per avere quella e dare questo, trovare fodero per lo spadone, la bella risponde: «Ottocento!»
Al che, quello conta gli spicci e, sollevato, puntualizza:
«Per una notte?!»
Secca la risposta della bella per la bestia, il pezzente che vorrebbe toccare cielo con un dito:
«Noooo...al massimo, per un'oretta!»

Tanti lavoratori quella cifra la vedono in un mese;
lei, l’emancipata, prodotto della sinistra rivoluzione sessuale, imprenditrice di sé, fautrice de "L’utero è mio e lo gestisco io", all'asta la vende per un’ora.
Sfruttate...private della dignità?
Ma non si dicano minchiate!

Leggiamo il bilancio, partita doppia del dare-avere:
"Gennaio 9.580..febbraio 21.000...aprile 7.350".

Questa è una del branco, l'aristocrazia della professione, la casta delle elette, "er mejo" della piazza:
la Iris Berardi non viaggerà sui morbidi sedili della Ferrari, ma su altra comoda pelle, di non meno fortunata seduta.

Per "l’onor perduto", per la dignità di donna, per lo sfruttato d'immagine di femmina, violentata da vecchio satiro e porco, ecco l'urlo di dolore. Il manifesto della razza, figlie di quelle che predicavano la libertà sessuale, a far del proprio corpo i "cazzi propri", oggi voler far piazza e piazzata "perché la gente non ne può più, della mercificazione del corpo femminile!";
e, per una Lucrezia Lante della Rovere che s'incazza come una tigre, risponde una ormai spelacchiata pantera: quella di Goro, la Milva:

«Quelli che votano Berlusconi sono degli idioti: è un mostro e deve andarsene, con tutto il governo...a cominciare da quel porco di Letta!»
Ohibo! Madame la Marchesa: che dolce stil novo: alto e squillo, baritonale "DO" di...peto!
Complimenti alla mamma, che l'ha mandata a tanta raffinata...squola.
Che le è capitato: le è forse saltata la...Mosca al naso?
Senta, seppelliamo la falce di guerra: accetti il mio invito a cena, con musica e ballo finale;
Le preparerò un bel piatto di pasta...che so, farfalle, cannelloni...bigoli, ecco!
Bigoli con un filo d’olio.
Extravergine.
Ma no, crepi il colesterolo: un bel pezzo di burro;
e, per finire, un bel tango.

Ultimo tango ad Arcore!


Io, secondo me...06.02.2011

venerdì 4 febbraio 2011

Cavoli amari

Grand, gross e ciula.

Il “Bacio Perugina” Obama è proprio questo: grande, grosso e buono a nulla.
Come per il cioccolatino, ti aspetti tanto, quando lo scarti, curioso di leggere il bigliettino che lo accompagna e di gustare, con il goloso bitorzolo, la dolcezza del pensierino rosa.
Quasi sempre disinfettato, asettico, buono per tutte le stagioni, con retrogusto amaro, che non ti lascia nulla se non la delusione di un’aspettativa, dove al sapore si voleva seguisse sostanzioso pensiero.
L’antenna, sullo scacchiere mondiale ha dimostrato di essere un perticone oscillante e imbranato, una piccola pedina, che acquisirebbe valore solo se arrivasse, illesa, sull’ultima casella, della promozione;
ma troppi pezzi da novanta lo surclassano: in pratica, è una scartina, un due di picche nel mazzo di briscola.
Al tavolo del diavolo oggi non ci sono rosei e paffutelli chierichetti, a servire messa, dove si muovono e giocano tipi tosti, come il crudo capo indiscusso di Hezbollah, Hassan Nasrallah;
o i vari capetti di Hamas che, l’un per l’altro, sono come i capelli del cranio: più ne tagli e meglio ne crescono;
senza contare Mahmud Ahmadinejad, che umilia nel confronto, pure in tostatura, il bell’abbronzato “iùessei”, e affonda, nel confronto, la pietosa stanga: “Grand, gross e ciula...mej piscinin ma gandula!”, ovvero, grande grosso e stupido, meglio piccolo ma sveglio.
Pure Osama, il Bin Laden, che, seppure fantasmino, surclassa, anche nell’invisibilità, la secca sagoma stecca della “signorina” Barak...O'bamba!
Insomma, a farla breve: il “Nobel campione”, di politica estera ne capisce ( volendolo dire con le parole di Cetto Laqualunque, spassoso personaggio mafio-corrotto, corruttibile e maneggione di recente pellicola comica ) una beata minchia!
Ondeggia, galleggia per il basso peso, sia specifico che fisico, come quelle barchettine di legno che, da piccoli, lasciavamo in balie delle onde di uno stagno, con la piccola tela sullo stecchino, a fare da vela e abbandonata ai capricci del vento.
Attorniato da tanti, che di pelo sullo stomaco ne hanno da vendere, il nostro eroe pare la donnina nella bettola di porto.
Si è avvicinato a gente piena di cicatrici, reduci da risse e rese di conti al coltello, con un virile:
«Volemose bene!»
L’hanno squadrato dall’alto in basso, si sono fatti una grassa risata e sono andati avanti ad affilare i coltellacci sulla ruota della mola.
Ahmadinejad, continuando a mescolare nei pentoloni dell’uranio, come i nonni nel paiolo della polenta;
Nasrallah, a riempire il giardino di casa piantando missili e la first lady, Michelle, broccoli e insalata nell’orto della Casa Bianca;
i miei vecchi, con sottane o calzoni sporchi di terra e succo di erbe e foglie, rattoppati da una parte, lisi, smunti strappati e bucati dall’altra;
Michelle, come una modella: la palettina immacolata in mano, il secchiello verniciato di nuovo, il grembiulino di Armani, il fazzoletto di Valentino e la pettinatura fresca fresca, di parrucchiera.
A vederla mi sono vergognata dei miei nonni, che per fare pari mestiere si sporcavano e lordavano come maiali.
Poi, ho capito: ho acceso un lumino, ho detto una preghierina, e ho ringraziato gli antenati, che morivano con i calli alle mani e la pelle pieghettata e abbrustolita dal tanto sole preso, nel lavoro quotidiano, quello vero e ho “malbenedetto” Michelle, “la bella formina” in deposizione fotografica:

«Ma va da via i ciapp!»

Ecco, questo è il mondo in cui è cresciuto e si muove “O'bamba”: sotto vuoto, finto, fasullo, cinematografato, lucidato a cera, “sbarluscent”, luccicante ma immobile, come le statue nelle piazze, bullesche, fredde e marmoree.
Medesima espressività e naturalezza di quando si va a fare la foto per la carta d’identità.
Di tanta posa plastica, di tanto culturismo di gonfi bicipiti, tricipiti, deltoidi, glutei e polpacci, bronzi di Riace, muscolosi ma con il pistolino a spillo, gli Ahmadinejad, i Nasrallah, i Bashar al-Assad, gli Osamabinladen, se ne fanno una pippa!
Per una Michelle che pianta una patata e imbottisce un Hamburger, ci sono tanti Muhammed che interrano una mina o si riempiono di tritolo.
O'bamba, modello da sfilata in passerella, mal conosce e capisce cuore e mente di quell'islamismo che da brace ritorna fuoco, a voler rivivere il gran sogno dei bei tempi della conquista;
come sacre Vestali, hanno sempre curato la fiamma, ed ora hanno appiccato l’incendio che, partito dalla Tunisia, ora lambisce l’Egitto, ma le sue faville volano lontano, in Algeria, in Giordania, nello Yemen;
quando intaccheranno l’Arabia Saudita, salterà il Pakistan e l’Afghanistan diventerà una trappola mortale per gli infedeli, così come il Libano per quelle truppe rivolte ad Israele, ad ammonire la colomba mentre dietro il culo loro, la missileria prende la mira del fondello;
la Turchia di Erdogan ha già passato il guado, tagliando la testa ad un esercito, da sempre custode della laicità del grande Ataturk e spianando la strada al fanatismo più spinto;
allora scatterà la tenaglia: Iran, Hezbollah del Libano e Siria attaccheranno Israele da ogni parte e tutto il Medio Oriente diventerà il vero Anticristo;
e dovremo combattere la Bestia, che abbiamo lasciato crescere, da infante a carnefice.
Più che l’ultima rivelazione di Fatima, potrà la terza guerra mondiale, la profetizzata da Michel de Notredame, il veggente, altrimenti noto come Nostradamus.
''E in quel tempo e in quelle contrade, la potenza infernale metterà contro la Chiesa di Gesù Cristo la forza degli avversari della Sua legge e sarà il secondo Anticristo, il quale perseguiterà quella Chiesa e il suo vero Vicario”.
E questo, solo per la chiesa. Per gli “Urbi”, de Roma capoccia.
Per gli “Orbi”: qualche decennio di guerra, di morte, di carestia e di fame, ma alla fine gliela si farà, a ributtare gli infami nell’inferno da cui sono venuti.
Non sarà l’estinzione del mondo, quello no; almeno, per i sopravvissuti.

Il cicalino della sveglia suona: mi sveglio d’improvviso, madido di sudore.
Accidenti, che sogno: devo smetterla di mangiare trippa e cotiche, di sera.
Il notiziatio:
“[...] l'Egitto caduto in mano ai Fratelli Musulmani, lo Yemen a frange di Al Qaeda [...] Hezbollah sempre più minacciosa e Ahmadinejad che esulta, perché ora c’ha la bomba atomica”.
Faccio colazione con la rimanenza della trippa e il resto di cotiche e ritorno a dormire;

l’incubo era meglio della realtà.


Io, secondo me...04.02.2011

giovedì 3 febbraio 2011

Red Power

«I giudici, con la complicità della stampa, hanno costruito un mostro giuridico [...] che ci ha cancellato [...] sono entrati [...] cercando conti bancari inesistenti, ricevute di tangenti mai riscosse. Giornali e fotografi sapevano tutto molte ore prima degli arresti: polizia e guardia di finanza sono venute a prenderci, di notte, come dei ladri, casa per casa, e all’ingresso in carcere ci aspettavano i cameraman e le tv. Le immagini di noi in manette sono finite dappertutto, in America come in Australia.»

Si era ai tempi di “Mani Pulite”, la mitica caccia al ladro, edizione riveduta e corretta de “Dagli all’untore!”, di pestifera e manzoniana memoria.
Lo sfogo era quello di Domenico Tenaglia, 61 anni, assessore all’urbanistica, avvocato, democristiano, più conosciuto come “Mimì”;
luogo: il carcere di San Domenico, all’Aquila, in Abruzzo, in quel 29 settembre del 1992, dove fu arrestata per tangenti l’intera giunta regionale abruzzese.
Di quanto, rimase l’assoluzione che, il 7 novembre 1999, la Corte d’Appello di Roma emise per 13 dei 14 imputati arrestati.
“Il fatto non sussiste”;
quattro parole per cancellare tre gradi di giudizio: il primo di condanna, il secondo che condanna ma riduce la pena, il terzo, la Cassazione, che annulla e rinvia.
Sei anni dove i politici di allora andarono “alla ricerca dell’onore perduto”, tra macerie e devastazioni di un’intera vita sociale messa all’indice, massacrata, sputtanata e sbriciolata da una categoria di cacciatori che sparavano nel mucchio, alla “a chi tuca taca”, a chi tocca tocca, quasi fosse un gioco di roulette russa, dove il rischio è parte del gioco.
Ma chi ricevette il colpo di grazia, in quel gioco si trovò senza saperlo, incolpevole, ma assimilato ai “danni collaterali”, soggetti sacrificabili, una perdita abbondantemente compensata dal guadagno.
Molti non ressero alla vergogna e s’impiccarono, quando l’umiliazione fu più forte dello spirito di sopravvivenza.
Di quell’arte assassina, violenta e violentatrice, vero “stupratore della democrazia”, maestro fu Antonio Di Pietro, allora posto sugli altari da un popolo in cerca d’efficace purgante.
L’uomo adatto: ambizioso, goloso di fama e soldi, terra e palazzi, alla ricerca di incanalare una violenza che gli è propria, che gli nasce dentro, che deve sfogare contro tutto e tutti, pronto a vedere l’avversario come un ostacolo, contro cui urlare «Io a quello lo sfascio!»
Il piacere più sadico, nel colpire l’uomo alle luci dell’alba, quando l’irruzione in casa lo trovava ancora in mutande, insonnolito e indifeso, alla presenza della famiglia;
moglie e figli costretti a vedere un essere a loro caro strattonato, incalzato, ammanettato e portato alla gogna, passando tra le forche Caudine di quelli che, svegliati da tanto clamore, si affacciavano sulle scale, a vedere un essere umiliato, che in strada si vedeva atteso da torme di giornalisti e fotografi, già avvisati che nell’arena c’era cibo pronto per le fiere.
I poveretti si trovavano con i polpacci attanagliati dalle bavose mascelle dello spettacolo mediatico, dove la notizia che fa vendere si trova nei bidoni della spazzatura.
I poveracci che vi passavano erano finiti, comunque fossero, sia colpevoli che innocenti:
il sangue attira il pescecane, e poco importa di chi è.
Di tanto colpire nel mucchio, vittime vi furono - e non poche - assolutamente incolpevoli.
Ma i Di Pietro ragionavano - e ragionano - come Arnaud Amaury quando, nel luglio del 1209, la soldataglia della Francia settentrionale, guidata dall’abate di Citeaux, presero le armi per distruggere gli insediamenti degli eretici Càtari.
La città di Béziers fu presa e distrutta, l'intera popolazione uccisa: molti cittadini furono bruciati nella chiesa della Madeleine.
Ai soldati che gli chiedevano come avrebbero capito la differenza tra i Càtari e i buoni cattolici, Arnaud Amaury disse queste famose parole:
«Uccideteli tutti, Dio li riconoscerà!»
Come Di Pietro:
«Incarcerateli tutti, poi si vedrà!»
Come vero che “l’abito non fa il monaco”, quando chi lo veste talvolta ne fa ornamento e paludamento, per travestire propria nativa cattiveria, profondamente radicata nell’animo.
L’animo e l’abito, ecco: quello può diventare armatura cui nascondersi, macchina da guerra poderosa se cade in mano al lupo, che si traveste con pelle di pecora.
Oggi, tutto di me è con una signora che neppure conoscevo, ma ora mi è diventata cara: Anna Maria Greco.
“Fatta spogliare, hanno eseguito una perquisizione corporale. Sotto la sua biancheria cercavano le fonti di una notizia, quella che la cronista ha pubblicato su 'Il Giornale' [...] che interessava Ilda Boccassini, la PM di Milano”.
La Ilda, con lo scheletro nell’armadio: quella della crociata contro il buoncostume, beccata in lontana gioventù “Sorpresa in atteggiamenti imbarazzanti in luogo pubblico con un giornalista”.
Giocava al dottore, dove l’altro la “visitava” passando da sotto la toga.
Peccato di gioventù, se non fosse per la virulenta messa all’indice del vecchio satiro - il Silvio Berlusca - in caccia di carne “virgianale”, visto il bestiario da bordello che lo attorniava: “Venditrici di patatine”.
«Chi è stato a darti la notizia?» vorrebbero sapere quelli che, di carte da offrire allo sputo ne hanno disseminato a bizzeffe, e nulla gli frega di cercare le “talpe”, che le hanno divulgate a Urbi et Orbi, a cani e porci, perchè ne facessero scempio, umiliazione e processo mediatico e piazzaiolo, e a loro smalto e rilievo.
Lecito, ma quando non tocca del loro, quando le opere ridicolizzano quel che da pulpito mena pomposa predica.
Eppoi eccola, la fustigatrice: scoperta ( nel vero senso della parola) a far tromba sulle scale.
Gli intoccabili, solidali tra loro, reagiscono a sacrilegio e sacrilego, che ne ha ridimensionato tanto gonfiore di palloni.
E con i “potenti mezzi a disposizione”, l’intera armeria di cui hanno chiavi, avviare la classica forma d’intimidazione, di muscolare e geometrica potenza, per nulla gioiosa macchina da guerra, tra i cui ingranaggi stritolare il prossimo.
Umiliare, impaurire, far intravedere velatamente e squarciare il velo del futuro, a far intendere ed immaginare scenari di cancelli e lucchetti cigolanti che ti ingabbiano.
No, questi “Red Power”, questo potere carminio dal cuore nero non può essere l’ avvenire: di questo sole non ne abbiamo bisogno.
L’odio non può essere il motore che fa girare le ruote della legge e questa deve macinare giustizia, non ossa.
Anna Maria Greco, quel che le hanno fatto è stupro: di democrazia e di giustizia;
e se dobbiamo votarci all’intercessione dei santi, non lo facciamo con i...Di Pietro.


Io, secondo me...02.02.2011

martedì 1 febbraio 2011

Urne Rosse

Sentiammè

Gigetto, Bersanuccio di Peppo tuo, sentiammè: non fare ancora il bischero!

Togli l’abitino liso, smunto e rappezzato da vecchio burocrate, uniforme da "aparatchik" dell'era sovietica;
con quello, getta alle ortiche tutto l’armamentario e la ferramenta di quella rivoluzione che, per nostra fortuna, mai ebbe a venire, i cui nefasti effetti si rivelarono quando calò la famosa cortina, quella di ferro e la granitica convinzione di chi ebbe fede gelò, dietro le recinzioni dei gulag siberiani.
Pierotto mio, prendi la striglia da cavallo e togli pure la crosta, quella che, come il calcare per la lavatrice, ha foderato e intasato il cervello, quello poi dato all’ammasso, come cauzione da banco dei pegni.
Gigi, sei uno degli ultimi, sopravvissuti di una generazione di dinosauri, che hanno regnato per lungo tempo, ma ormai spazzati via dal meteorite della Storia.
Svegliati, perché un altro scontro con la locomotiva dell’evoluzione ti costerebbe cara.
Butta a mare (fatti portare al largo dall’amico Max, il D’Alema, sulla barchetta a vela) i vecchi manuali di muffa scuola moscovita e vedi di cambiarti, nel profondo: anche e soprattutto l’intimo va cambiato, almeno una volta nella vita.
Pier Gigino, svecchiati, usa anche il botulino, comprati alcune botti di minoxidil, per la crescita dei capelli e fatti spedire dall’Olanda qualche lotto di bulbi...non di fiori, ma piliferi.
Smetti quei puzzolenti mozziconi di sigari che ti cacci in bocca e, se proprio vuoi fare lo sborone, fatti mandare qualche decente cubano da quella salma...scusa, sagoma del Fidel.
E non farti più vedere in maniche di camicia, a salire sui tetti per solidarietà verso operai, che colà stavano bivaccando, per protestare contro licenziamento e perdita del lavoro;
non c’hai il “Phisique du role”, forma e portamento per tentare imitazione di virile animale politico.
Hai la fortuna di provenire da un mondo di bastonati, reduci di sonore sconfitte, frattaglie e maceria d’ideologia bocciata, se non nella teoria, in pratica, quando al virtuale si passò al reale, dal bla-bla-bla all’azione.
Di tanto, fanne tesoro.
Da Lenin e Mao, da Fidel e Kim Il-sung ad oggi, la fortuna è nel divorzio: da vecchia megera comunista a consolante capitalista, a tentare di portare la miseria in alto e non il benessere alla povertà.
Da una Russia che arranca in salita, a riprendere la vetta, ad un’isola ancora isola, ma che aspetta di gettare il vecchio e che torni la speranza, alla Sparta Coreana, caserma a cielo aperto, ad una Cina che sale verso le stelle.
Un popolo, che fu bue, sceglie stalla e fattore.
Non sono tutte rose e fiori, tanto è perfettibile, ma esci dal vicolo cieco da dove ti ostini a fare come quei robottini che, davanti al muro, continuano a sbattere, fino a che le pile si scaricano.
Pier Giggi: fai tesoro: per una volta azzarda perché, ricorda: solo chi osa ha possibilità di vincere.
Straccia e lascia le vesti del “Migliore”, che vorrebbe solo mandrie sue quelle più acculturate, alla “pochi ma buoni”;
e illudersi e tacciare la maggioranza come massa di beoti cretini, urne ed elezioni “democratiche” solo quando portano latte alla loro stalla, mentre diventa “tirannia della maggioranza”, quando è il numero, a far differenza.
Cinematografari, guitti e scribacchini sono spesso ad attaccarsi medaglie a vicenda, in gioco autoreferenziale, quasi forma d’autoerotismo, dove anche l’asino premia propria famiglia;
magari alcuni sono veramente eccellenze, in propria materia, ma pure di presunzione, nel credersi cime, per esserlo solo di rapa, quando sconfinano e disattendono il saggio “Ofelé fà el to mesté”, pasticciere, fai il tuo mestiere, nel detto meneghino.
come quei professoroni, specialisti in una branca dello scibile medico, che se hai la sfortuna di ammalarti di qualcosa tra il loro confine e quello dell’altro, in quella terra di nessuno non sanno che fare e ti salvi solo dal buon vecchio medico di famiglia, negletto e sottovalutato da tanto aristocratici luminari.
Ecco: se al posto di pompare aria nei propri gozzi e gonfiare petti capissero la fortuna di scambiare sapere ed esperienza, magari tanti pazienti scamperebbero dai danni cagionati da tanta superbia.
Piergigetto, ripensaci, te la do io la cura miracolosa: accetta la mano di Silvio, il Berlusca.
Sganciati dalla presa di uno che neppure conosce la lingua sua, da quello che vorrebbe essere stato Bruto per Cesare, solo per potergli fregare l’alloro, il giovine con l’orecchino che vorrebbe far lo stesso con te o il “professorino” che ambirebbe farti le scarpe, stanco delle sue, di pregiata vacchetta.
Il Silvio non è un santo; e neppure un eroe. Neanche navigatore.
Eroe, Santo, Navigatore: nulla.
Ma piace, perché mira al sodo (anche femminile) e non nasconde di avere vizi e virtù in cui tanti si riconoscono.
Non vive in torri d’avorio, come tanti di voi, caro Gigi.
Piero, sentiammè: dimostra di non conoscere solo il “Niet!”.
Gli italiani non sanno più come farvela capire, che vogliono solo che impariate a remare tutti a tempo e di piantarla di pensare all’orticello di casa, girando in tondo.
Mignotte - “escort”, se suona meno volgare - un tanto al chilo, devono essere valutate per quel che sono: venditrici di patatine.
Sono un sollazzo, ricreazione e riposo del guerriero.
Come per la mela, ben vengano, se la cura leva il medico di torno.
“Do ut des”, io (la) do affinché tu dia (la grana).
Un contratto, niente di più.
“Oneste” professioniste, come il calciatore, il pugile, il cantante: ognuno pagato per usare muscoli suoi, siano essi polpacci, braccia o ugole.

Giggi, disciulati!

Sentiammè.


Io, secondo me...31.01.2011