mercoledì 29 febbraio 2012

TAVroristi

Gharqad il giusto

«Ciao, sono Moroni.»

Ce l’avevo quasi fatta, anche se solo nel sogno: me la stava dando!

Lei, una vera dea: i migliori pezzi della catena di montaggio del Creatore;
un lato “B” superbo, una formazione a mandolino tra la chiappa di Jennifer Lopez e la mitica “Pippa”, la Philippa Charlotte Middleton, sorella di Catherine, duchessa di Cambridge, moglie del principe William;
le labbra, due polpe rosso fuoco, tra Angelina Jolie e Ilary Blasi e così andare, dal tettume capezzoluto ai trampoli, che a starci sopra vengono le vertigini: divino!
La aspettavo, la rimiravo mentre si avvicinava a me, lasciando cadere velo dopo velo e mostrando tutto quel ben di Dio.
Io ero al culmine della fregola: occhi a palla, che schizzavano dalle orbite, lingua che frustava l’aria e bava alla bocca, con il corpo a polpetta e i mutandoni ascellari a pallini rossi, che faticavano a contenere la contentezza.

Poi, il cono d’ombra e una faccia da scemo che più non si può.

«Ciao, sono Moroni.»

Gli occhi si sgonfiano, la lingua rientra nella guaina e la saliva nel serbatoio, così come si affloscia l’orgoglio della bandiera.

«E tu, che cazzo ci fai nel mio sogno!» lo apostrofo con rabbia.

Per niente turbato d’avermi privato dell’onirico amplesso, risponde beato.

«La parola di Dio è stata travisata e il cristianesimo dei due millenni è stato corrotto, riveduto e corretto secondo edizione di convenienza! Nella fioriera del tuo balcone troverai sepolte delle tavole, dove scritta la storia dell’esodo di una tribù d’Israele a Cologno Monzese, 600 anni circa prima della venuta di Cristo. Loro hanno portato e custodito le tavole, dove scritta la vera legge. Tu sei stato nominato Profeta, per portare l’Evangelio in mondovisione!»

Ancora in pieno travaglio orgasmo-ormonale, rispondo sgarbatamente: «Frega niente!!»
«Le tavole sono d’oro» risponde.
«Ciumbia! Caro Moroni, hai trovato la persona giusta: fidati… ghe pensi mì!»

Sogno tranquillo, ora tra soffici cuscini e lenzuola di seta, mentre discinte odalische mi fanno aria con ventagli di morbide piume di struzzo.
Brillo e sfavillo come un cristallo Svarosky; merito della doratura: catenona con crocefisso, anello che pare un fanale, braccialetto a maglia gigante, orecchino catarifrangente, montatura di occhiali e dentiera giallo paglierino, orologione a cipollona extra large, diadema a forma di serto imperiale, con foglie d’oro grandi come quelle di fico… come mi sento io.
Riecco che ritorna, la bonona.
Durante l’assenza ha messo su carne, che solo a scalare il monte di Venere e arrivare in… tetta, mi sento agitato e strizzato, come nella centrifuga della lavatrice.

«Ciao, sono Gabriele… la mano sinistra di Dio.»

Questo è più tosto, mette soggezione.
«Piacere, io sono Beppe» rispondo un poco intimorito, nascondendo la vergogna e le vergogne sotto il lenzuolo, che improvvisamente monta a neve come la meringa e tremola come budino.
Accidenti: mi ero dimenticato della bonazza.
Prima Moroni, poi Gabriele… uno proprio non è libero di sognare gnocche in santa pace!
Sotto le coperte c’è un terremoto e fatico a dissimulare imbarazzo verso il Gabriele: non so come fargli capire che non sarebbe il momento… tornasse più tardi, grazie.
Niente da fare: continua ostinato.

«Tu sei stato nominato… »

E ti pareva: deve essere parente di quello di prima.

«…Profeta, per portare l’Evangelio in mondovisione» concludo per lui.
«Beh…sì... lo sapevi già? Vabbè… leggi e impara a memoria quel che scritto sui rotoli di pergamena, che ti mostrerò; poi ingoiali, per cancellarne traccia!»

Pian piano Gabriele scorre i vari foglietti scritti in bella calligrafia: la “vox Dei”;
un lungo elenco di divieti, che si faceva prima a vergare quanto e poco restava da poter fare.
A seguire, le maledizioni e gli anatemi, le pestilenze, le esecrazioni e le condanne verso un libero arbitrio per nulla tollerato.

“Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: spezzategli l’osso del coppino e le falangette delle dita!”

Roba da far accapponare la pelle, e non era certo per i brividi di quella che - sempre in sogno - mi stava sotto la coperta.
Da sogno a incubo, neppure a lei riusciva il resuscitare natura morta.

«Dio li distrugga! Essi sono fuorviati. I miscredenti avranno il castigo del fuoco!» tuona un alterato Gabriele, agitando lo spadone, che continua a fare scintille, come l’acciarino usato per accendere i fornelli.

Ci deve aver preso gusto nel menare le mani, durante la “rivolta ai cornuti”, quelli che si ribellarono a Dio.

«O credenti, non sceglietevi per alleati quegli sfigati: Dio non li ama!»

La pergamena comincia a prendere una brutta piega.

“L’Ultimo Giorno non verrà finché gli eletti non li combatteranno e non li uccideranno; si nasconderanno dietro una pietra o un albero e la pietra o l’albero faranno la spia: occhio, c’è n’è uno nascosto dietro di me… accoppalo! Solo uno gli darà asilo e riparo: l’albero di Gharqad“.

Non so perché, ma Gharqad mi è simpatico.

Gabriele c’ha preso gusto e, tutto congestionato che pare un pomidoro al mercato, trafelato e sbuffante per la tiritera, conclude, ammonisce e raccomanda.

«Letto e divulgato: impara a memoria, ripeti e vai a predicare la lieta novella!»

«Caro Gabriele, quei cornetti che ti spuntano dal parrucchino mi sembrano sospetti; il codino rosso a punta di lancia, che sbuca da sotto il vestitino e gli zoccoletti caprini mi danno a credere che tu mi stia a coglionare!»

Con il pugnetto chiuso e l’indice teso verso… il basso, saluto e invito il travestito a tornarsene nella fossa.

«Uno, cento, mille Gharqad siano a mettere radici e difendere le pecorelle dai lupi. E il vero Dio è quello che non dimentica e ricerca anche l’ultima, quella smarrita. E che aspetta il ritorno del figlio prodigo, non che ne vuole la morte. Tutto il resto è macinato e farina del diavolo!»

Viva Gharqad, il giusto!!

Io, secondo me... 27.02.2012

TwitTvb

sabato 25 febbraio 2012

Vita di condominio

«Che cavolo ci faccio qui?»

Prima del “chi sono, da dove vengo e dove vado”, a botta calda, questo mi vien di sbocco.

«Ehi, lassù… c’è nessuno?»

Con ficcanasare da portinaia, il mio sonoro sale la tromba delle scale celesti, rimbomba e amplifica sino alla cima, a voler attirare l’attenzione di chi sopra ci abita.

«Pazienza» mi risponde l’inquilino del pensatoio, il filosofo;
«Con l’ascensore o arrancando su per le scale, prima o poi ci arriverai, a soddisfare la tua curiosità!»

Incrocio le dita e faccio gli scongiuri, sentendo un brivido freddo salire fin su il coppino;
lo stesso effetto che ho, quando incontro la vecchietta dei piani alti: deve essere una coltivatrice diretta, perché gira sempre con appresso una falce;
e pure vedova, che veste in gramaglie.
Educata e perbene.

«Buongiorno figliolo. Alla fine la verrò a trovare!» e mi spara addosso quel sorriso tirato, su un ovale tutto pelle e ossa.

«Faccia con comodo» mi vien da rispondere «non ho fretta: c’è più tempo che vita.»

«Parole sante… parole sante» risponde, mentre cambia l’etichetta e il nome di un altro inquilino, sul citofono.
Improvvisamente pare assalita da un dubbio.

«Scusi… lei come si chiama?»

Per rispetto all’età, rispondo con garbo a tanta confidenza, che ci si conosce solo di vista.

«Beppe… Giuseppe Fontana.»

Ecco che tira fuori da sotto il liso e un poco sbrindellato tabarro un librone alto tanto, pieno di polvere e ragnatele… comincia a insalivare la falangetta dell’indice e scorre le pagine, correndo con l’ossicino sui tanti nomi.

«Beppe… Beppe… ah, ecco! No, è presto, c’è ancora tempo… ripasserò, figlio!»

Accidenti, ora capisco: deve essere l’amministratore.
Forse mi può aiutare.

«Scusi, signora: lei che è così disponibile verso il prossimo… conosce il padrone di tutto questo, che ne ho sentito tanto parlare ma non l’ho mai visto?»
«Ragazzo mio, non le posso dire nulla: lui ci tiene alla propria riservatezza. Però non si scoraggi: lei è nell'agenda degli appuntamenti e al momento giusto glielo farò incontrare… a meno che…»
Mi assale un poco d’inquietudine: quel “a meno che” mi pare minaccioso.

«Guardi signora che io sono in regola con i pagamenti dell’affitto» rispondo un poco risentito.

«Certo, certo… dicono tutti così e poi… beh, al momento giusto saprà; faccia il bravo, altrimenti si troverà ad avere a che fare con il figlio, quello con cui ha litigato a suo tempo… un peperoncino di uno. S’infiamma subito!»

«Ah, forse so chi è: me l’hanno indicato come il fuochista delle caldaie. Un caratteraccio… mandava tutti al diavolo… cornutaccio di uno!»
Volevo consultarlo, per il controllo annuale dei fumi… poi, visto il tipo, ho rinunciato.

«Lei non immagina la fortuna che ha avuto» di rimando risponde «altrimenti, più che salire lassù, sarebbe sceso nella caverna!»

Che ignorante: neppure sa che la parte sotto si chiama taverna e non caverna!
Che strani tipi circolano nello stabile.

Incrocio ancora l’inquilino del pensatoio, il filosofo.
Mi guarda che mi sento come uno che ha il cappero al naso e non lo sa:

«Da dove viene… chi è… dove va?»

Trovarne uno, che si faccia i cazzi suoi…

Zzzzziiinnnn… Zzzzziiinnnn… ZZZzzzazzzazzzz…zinnn

Batto con rabbia sul muro che mi separa dalle camere della vecchia.

«Allora, la smetta di affilare la sua falce, che qui c’è gente che vorrebbe dormire!»

Sento un ridacchiare sommesso e una vocina che ribatte:

«Ha ragione, scusi. Domattina presto esco per la mietitura; ma lei vedrà, che presto si addormenterà e non sentirà più nulla!»

Che gabbia di matti.

«Ma io, che cavolo ci faccio qui?»


Io, secondo me... 23.02.2012

Benedictus Twitter I

Up and down

“Amami. Non sono quello che ti aspettavi, ma amami, per favore”.

Solo una mamma può comprendere un simile linguaggio degli occhi, dalla sua creatura, quella che si è portata in grembo per mesi e mesi.
Con questo piccolo chicco è vissuta in simbiosi, ci ha parlato, ha cantato per lei la ninna-nanna e magari ha raccontato fiabe, certa che, comunque divisi da un sottile diaframma, quel seme in germoglio ne provasse piacere.
Poi sboccia.
Con gli occhi a mandorla, tipici dei bambini con la sindrome di Down… “mongoloide”, all’occhio volgo.
Leggo il dire di una mamma, che ha ricevuto tra le braccia questo fagottino:

«Avevo capito […] anche se nessuno me lo aveva detto. Ma la guardai. Non dimenticherò mai […] mentre apriva gli occhi per la prima volta, e incrociava i miei, e mi entrava dritta nell'anima.»

Se mai avessi avuto dubbi sul significato della parola “amore”, ora non più.
E allora rammento… mi passano davanti agli occhi i fotogrammi del mio camminare e quello che, catturato con la coda dell’occhio, distrattamente ho archiviato nello schedario della memoria;
quanti ne ho sfiorati, di quanti ho incrociato sguardo mite, innocente e sereno, per poi sfuggire altrove, nella fretta e nella frenesia di andare… dove?… boh!

Come dice un vecchio proverbio degli uomini del deserto, verso il nostro vivere “Voi avete l’orologio… noi, il tempo”.

Ecco che, leggendo di quella mamma, capisco quanto vero sia questo.

Mi fermo a riflettere: tiro fuori dalla memoria quelle immagini, che frettolosamente ho messo da parte, nel basso della lista delle priorità;
e ho scoperto che le occasioni sono state tante, riconoscendo finalmente quanto ho perso, nel non avere cuore di mamma…

“[…] apriva gli occhi e incrociava i miei […] «Amami. Non sono quello che ti aspettavi, ma amami, per favore» sembrava dirmi”.

“Addomesticati” come i cani di Pavlov, a reagire solo a certi stimoli, siamo catturati dal bello, dal luccicare, dalle simmetrie e dal perfetto armonico, dimenticando di come questo sia fuggevole batter di ciglia, per essere subito pasto per il tempo e il suo passare carta abrasiva.
Come le Effimere, bruciamo subito i giorni, cantando come cicale per poi soccombere all’inverno.
Un giorno da leoni contro cent’anni da pecora.
Il diavolo ce n’è grato, del baratto per quell’unico giorno, quando l’anima ci pare “solo” inutile zavorra da abbandonare.
E quegli “Imperfetti”, ci guardano, mansueti.

“Amami. Non sono quello che ti aspettavi, ma amami, per favore”.

Non c’è tempo… la vita scorre lesta… zavorra… chi cade resta indietro, la pietà l’è morta!

Al grido di “Meglio prevenire che curare”, ecco l’”annunciazione”:
“La Danimarca ha proclamato che entro il 2030 raggiungerà l'obiettivo di diventare uno Stato “Down Syndrome free”;
Niels Uldbjerg, professore di ginecologia ha progettato l'eliminazione di feti “difettosi”: se lo vedi, lo eviti!
Una bella diagnosi prenatale e via alla disinfestazione del parassita.

“Amami. Non sono quello che ti aspettavi, ma amami, per favore”.
Non c’è spazio per gli aborti, dove selezionare una razza nuova, senza scorie, “che si presenti bene”.

E il meglio è in catalogo, offerto dalle varie Manhattan Cryobank, Cryos International, The Fertility Institutes: sirene che incantano e offrono la perfezione, su raffinata carta patinata.

Come lo vuoi il putto?
Maschio o femmina, bianco, nero, grigio fumé o fumo di Londra… di serie, due orecchie, una bocca, un naso e gli occhi… azzurri, verdi, neri, castani; i capelli: rossi, gialli, viola… sfumati?

Il donatore del seme, come: dottore, sportivo, intellettuale, scienziato?

Chissà se sarà come per le automobili: garanzia di legge due anni; estensibile con un piccolo contributo a tre, quattro, cinque o illimitata.
Diritto di recesso entro sette giorni?
E l’imballo?
Lo devo tenere, che se la merce e difettosa, la ritorno e me la cambiano, nuova di zecca?
Ah, lo sperma… lavato o no?
Lavato dalle prostaglandine, che sono acidi, evita crampi dolorosi a chi affitta l’utero… perché la “merce” meglio averla già “chiavi in mano”.
Meglio ancora, se il “brodino” è sterilizzato: conserva al meglio le sue proprietà!

Notizie dell’ultima ora: i saldi!!

A causa della scarsa domanda, si svende il seme di “campioni nordici”, di donatori fulvi, dai capelli biondi o rossi;
e già: il cambio di stagione vuole si vuotino i magazzini del fuori moda.

“Amami. Non sono quello che ti aspettavi, ma amami, per favore”…

Qualcuno vuole il catalogo primavera/estate 2012?

Io, secondo me... 23.02.2012

Camussiade Forneraria

martedì 21 febbraio 2012

Porporedde rationem

Redde rationem…

La resa dei conti sembra imminente: non sarà la battaglia finale, ma una bella rissa certamente.
Non l’Apocalisse, ma da esorcismo sì.

“Adiuro te, Satan, hostis humanae salutis…”.

Il demonio sarà pure un gran cornuto, ma certo si avvantaggia dall’averlo troppo descritto come “mostrignaccolo” zoccoluto, con codino a punta di lancia, alette da pipistrello, naso a rampino, barbetta caprina, tempie bitorzolute e cotenna rosso fiammante.
Il voler credere trasformato il vecchio satanasso, da arcangelo “il più bello degli angeli, Spirito perfetto inferiore a Dio soltanto”, a bruttura simile ai bernoccoluti Klingon, della serie televisiva di Star Trek è stato errore madornale.
Pensarlo così riconoscibile, solo a veder sbucare il classico codino, è azzardo.
Men che meno le corna che, con i tempi che corrono, il portarle non vuol dire essere arbitri di calcio o in trasferta dall’Inferno.
Le alucce sotto la giacca poi potrebbero dare impressione di avere di fronte il classico gobbetto, cui toccarne gibbosità porterebbe addirittura fortuna.

No, è stato proprio la più grande minchionata pensarlo con la logica che muoveva il Marco Ezechia Lombroso, poi divenuto Cesare, che credeva possibile leggere animaccia nera solo nei tratti - guarda caso, sempre grossolani - del bipede di turno che gli stava sotto la lente.

Troppo semplice.
Piacerebbe vincere facile, ma il prossimo che viene a fotterci è spesso, all’opposto: accattivante, rassicurante, radioso, luminoso e bello.
Insomma: si presenta bene.

Quel che ai tempi bui figurava spaventoso, come l’inferno che lo accompagnava, oggi sembra una macchietta da avanspettacolo, ridicola caricatura e infantile spauracchio di antenati un poco trogloditi.
Un Belzebù così buffo e muffo, la sicumera di essere evoluti rispetto a cavernicoli avi, porta a sottovalutare la minaccia, a credere sempre che l’Uomo Nero non esista e quanto si era ingenui, da piccoli.

E il mefistofelico, luciferino, malefico e maligno ci va a nozze: se il nemico non esiste, perché portare lo scudo?

Alfine, anche tanti porporati pare siano a ingrossare le fila di quelli che no, siamo adulti, non scriviamo più la letterina a Gesù Bambino, né a Babbo Natale, la calza per metterci regali o carbone per la Befana e simili amenità.
I primi a non dover abbassare la guardia sono proprio a irridere di tanto timore reverenziale per “Sua Malignità”, quasi questi fosse stato solo un ragazzaccio discolo, invidioso dei fratellini e di tanta attenzione verso quelli, così imperfetti e brutti.
Insomma, un … povero diavolo, abbrutito dalla gelosia verso quella fragile creaturina venuta male, dall’impasto di fango e argilla.
Un Satana da compatire, magari neppure vero che, se la Bibbia fosse a fumetti, parrebbe come la prorompente e prosperosa Jessica Rabbit, personaggio dei cartoni animati, che giustificava la sua forte carica erotica con un "Io non sono cattiva, è che mi disegnano così".

Un mucchio di gente sorride pensando che no, la vita è sì un susseguirsi di disgrazie e alfine pure si muore, ma sono eventi casuali o “naturali”, nell’ordine delle cose e della legge del caos.

Tanti san Tommaso, a credere solo il tatto fonte di verità: toccare per credere!

Poi, gli “sboroni” del nuovo millennio sono a sbirciare la pagina dell’oroscopo, alla “non ci credo ma…”.
Non sapremo mai quanti scaramantici sono a governare intere comunità e a deciderne destini;
non con piedi per terra, ma con la testa tra nuvole e le costellazioni, a interpretare e indovinare destino da tanti allineamenti di luminarie celesti.
Guardando stelle che magari non sono più o un universo indietro di milioni d’anni, tanto è il tempo che la luce impiega ad arrivare a noi.
Stelle morte in spazi lontani, forse vuoti, come le orbite di un teschio: con queste pagine bianche e vuote siamo a voler santificare gli indovini, ma a negare il diavolo tra e contro di noi.

Padre Gabriele Amorth, uno tra i più vecchi e battaglieri “cacciatore di demoni”, esorcista da sempre e ancora in prima linea, è ad ammonire e predicare, ma ormai voce che grida nel deserto.

Non ci sono zone franche: il demonio abita anche in uomini di chiesa. L’odore di zolfo e di sterco si sente anche in Vaticano.
Non bisogna andare lontano, per crederlo: il gioco dei soldi, lo “sterco del diavolo”, lo si riconobbe ai tempi di Paul Casimir Marcinkus,

«You can't run the Church on Hail Marys» non si può governare la Chiesa con le Ave Maria, diceva.

Presidente dell'Istituto per le Opere di Religione (IOR), la banca del Vaticano, dal 1971 al 1989, fu coerente con il suo motto.
L’”abito che non fa il monaco” dimostrò quanto nella chiesa di Pietro ci fosse di sulfureo, impastando per bene quel “letame diavolino” per poi restarne - e con lui l’immagine di Pietro - insozzato, quando scoperti gli altarini.
Senza contare la quantità di casi di pedofilia, del come sotto le toghe ancora il serpente opera nel corrompere mondo materiale.
E non entriamo nel caso della povera Emanuela Orlandi, pecorella innocente entrata negli ingranaggi di una lotta al calor bianco, tra l’incenso e lo zolfo: rapita per ricatto, per deviare attenzione sulla responsabilità del regime comunista nel fallito ammazzamento del Papa.
Figlia di un funzionario del Vaticano, fu carne da cannone, in una guerra sotterranea dove anche “toghe sporche” erano a servire l’altra sponda.

Di questi giorni è subbuglio e intenso movimento ventresco tra le porpore, a voler sgambettare il Papa:
momento in cui la Curia è attraversata da conflitti tra cordate, combattuti a suon di documenti segreti passati ai mezzi d’informazione, a farne cuneo per scardinare e scassinare nella casa di Dio.

Cose da uomini: il diavolo non centra, saranno tanti a rispondere.
E quello ringrazia per tanta dabbenaggine: se non lo conosci non lo eviti.

Porporedde rationem…

«Adiuro te, Satan, hostis humanae salutis…“ io ti esorcizzo, Satana, nemico dell’umana salvezza.

«Io non sono cattivo: mi disegnano così!» risponde il cornutaccio.

Ah, già: non esiste…
parliamo di cose serie: vediamo cosa dice l’oroscopo di oggi.

Io, secondo me... 20.02.2012

Veltronicidio

Tagliaescuci

sabato 18 febbraio 2012

giovedì 16 febbraio 2012

Penisolati

Tempo di Stasi

Mala tempora currunt… tempi grami, momenti di ca…voli amari.

Come per il condannato a morte, attendiamo: siamo alla Stasi.

Nemmeno più si salva il vecchio adagio, del “Panem et circenses”, pane e giochi del circo;
talmente si sentono forti questi nuovi poteri e potenti attributi del Marietto, da togliere senza timori michetta e goduria al popolo ammonendo che ora… Ora et labora, prega e “fa andà i manitt”, ossia, tira su le maniche e olio di gomito!

Mariolo ha la freddezza di un surgelato della Findus: la testa non pensa di perderla.

“Supermario” s’identifica certamente con Clark Kent, l’imbranato e goffo personaggio che nasconde la vera identità di Superman, eroe dei fumetti;
Mario al mattino si alza con le mutande ascellari, per poi entrare nell’armadio e uscirne con la tutina da “Super”.
Oddio: al momento il Marietto invulnerabile è.
Non tanto per la durezza della cotica, ma per l’impunità di cui gode, giacché nessuno vorrebbe il suo posto nel mentre c’è da cavare patate bollenti e castagne dal fuoco.
Se proprio, si scotti lui le mani, per poi arrivare i pompieri a raccogliere a fiamma morta.

Si vorrà mica poi che chi l’ha imposto con l’esorcismo, per scacciare Satana, possa ora dire che si è scherzato e che questo ne è esatta copia nell’applicare programmi, soluzioni e cure;
che erano dannate e dannose se proposte dal Silvio, ma unguento lenitivo per le parti intime se imposto dalle mani del santo.
Una gioiosa macchina da guerra ha sacrificato servizio a chi gli ha fornito poltrona per propri culetti, al rancore verso chi è riuscito - granello di sabbia - a bloccarne ingranaggi.

Da tanto d’odio ecco distillato balsamo: il nostro supereroe incassa;
e gli italiani pure: l’uno il grano, dalla battitura dei portafogli; agli altri, la paglia.

Quanto si è perso e quanta caduta libera, solo perché nel pollaio in fiamme si litigava, per chi doveva fare il gallo e chi la gallina.
Per poi affidare custodia a un vecchio volpone.
Una cosa è sicura: i polli l’hanno fatto gli italiani.
Speriamo di mangiare il cappone… castrato di gallo, appunto.

“Al fin della fera”, finita la festa, san Mario ha fatto solo giochi a metà tra il “taglia e incolla” e di prestigio;
Abracadabra… e il sangue degli onesti si è liquefatto, meglio che quello di san Gennaro.
Il sudore si è trasformato in lacrime… Mariello è proprio un mago!

Aumenta di qua, aumenta di la, tassa questo, tassa quello e l’Italia, più che flebo s’è vista applicare salasso di sanguisughe, panacea per tutti i mali, secondo studi e medicina montignaccola.
Con alacre lavoro da becchino, ha riempito le casse, riducendo i problemi all’osso.
Vuole cambiare gli italiani, dice.
Neppure a sfiorargli l’idea, che a cambiare dovrebbero essere proprio quelli come lui e chi l’ha collocato: vecchiume giurassico, che sono proprio loro ad averci portato la canna del gas e non per riscaldarci, ma per cucinarci a fuoco e cottura lenta.
Più che bolliti, dovremmo essere noi a sentirci… stufati.

Ma non è questo il problema; o almeno, non il più drammatico.

Il pericolo deriva da tanta sicumera di questi “Super” di poter fare e disfare a piacimento, non dovendo dar conto a chi mai li ha votati e avendo ricevuto cambiale in bianco da chi invece ha ceduto la primogenitura per un piatto di lenticchie: la politica e i suoi grassi, pingui e inetti delegati.
Il senso d’onnipotenza è pernicioso: chi lo assume non accetta repliche, non ammette correzioni di rotta né errori propri;
il “Superbauscia” ragiona a senso unico: «Io Robinson, tu Venerdì!»

Se affrontato, si sente perseguitato, minacciato, incompreso, unto dal Signore, ” il Migliore ma, soprattutto, “über alles”, sopra dei comuni mortali, rozzi e villani da “rieducare”.

Italiani da cambiare.
Olio di ricino per il loro bene, s’intende: purgarne intestino per salvarne corpo.

La regola s’inverte: tuti colpevoli, sino a dimostrazione contraria;
tutti ladri, imbroglioni, evasori, faccendieri, intrallazzatori, corrotti… fino a prova contraria.

Prima si emette la condanna dai tubi catodici e poi, se avanza tempo, nelle aule di tribunale.
Nel frattempo, ci si lustra l’immagine.
La solita sceneggiata delle retate nei posti esclusivi, dove si vedono il macchinone e la barchetta del riccone di turno sotto la lente dei finanzieri; quattro gatti in divisa in alcuni negozi di lusso, a far vedere che basta lo spaventapasseri a scacciare chi frega le sementi.
Si spaccia la particella per il tutto, a voler insinuare che, sparando a pallini, si fa centro.
Il tutto a creare, nel bestiame da lana, latte e uova, il senso di colpa: guardate, quanti disonesti.

Nulla di nuovo, se mai d’antico, nell’aria.
Ma la pasturazione incomincia, per arrivare alla Stasi… la casereccia copia della famosa organizzazione di sicurezza e spionaggio della Germania Est, rimasta famosa per avere arruolato numerosi tedeschi per il controllo delle attività dei propri concittadini.

Tu spii lui, che spia l’altro, che spia me, che spio…
Delazione… l’invito a denunciare, con promessa d’impunità e anonimato.
La più perversa forma di controllo che mai sia esistita, dove il vivere la quotidianità era un’agonia, spietata selezione naturale, dove solo il “Mors tua vita mea”, la tua morte è la mia vita, garantiva il poter vedere alba del giorno dopo.

Segnalami il tuo vicino di casa disonesto, che ti do una medaglia, sibilano.
Come mescolare la tazzina di cicuta insaporita con estratto d’invidia.

Ma questo è solo un aspetto del surrogato di purga staliniana.
Da tante premesse, dove si vorrebbe far credere di vivere in un mondo di peccatori da “rieducare”, il siluro arriva dal basso, e si chiama “Redditometro”.
Vero capolavoro di controllo totale di corpi e menti.

Il nome è accomodante, quasi a dare sensazione di misura aurea, di democratica livella.
Peccato la premessa: tutti siamo evasori da sbiottare, per vedere se tra le pieghe delle nudità non ci fosse occultato qualche zecchino.
Capaci di farcela fare nel vasino, per vedere se salta fuori qualche moneta, stornata dalla ramazza del fisco.

«Signori, su le mani e giù i pantaloni!»

Ai vecchietti con il deambulatore o le stampelle viene chiesto prova di muoversi da sé, senza l’appoggio dell’accompagnatrice, a vedere se quella sia solo amica o badante in nero;
la carrozzina, come il Suv: indicatore di agiatezza, peggio ancora se con le ruote in lega;
nelle palestre, sarà raccolto il sudore, da cui il DNA per trovarne fonte e paternità;
se vai in Hotel, facile che buttino giù la porta e ti fotografano in mutande, per vedere dove nascondevi i soldi della camera;
se sei contadino e hai un cavallo, occhio: che sia vecchio, bolso e in carne o all’opposto, secco e con un piede nella fossa, altrimenti il carretto con il letame diventa lussuoso calessino da passeggio;
e i figli, meglio disconoscerli, altrimenti vanno a vedere quanto ci spendi dietro e capaci di pensare che avanzi baiocchi, su cui lucrare;
mandarli all’asilo e a farli studiare, meglio pensarci bene: lo stornare forza bruta al lavoro muscolare per farne popolo istruito invece che bue, non va assecondato; una sana gabella spegne pericolose derive.
e al gioco… neppure a pensarci: se hai tempo e mezzi per il sollazzo, vuol dire che non ti hanno spremuto abbastanza, e c’è ancora succo, dove inzuppare biscotto.
Dell'abitazione, al con che cosa ci si muove, dall’assicurazione alle contribuzioni più disparate si farà setaccio;
senza parlare degli arredi, degli elettrodomestici e delle varie apparecchiature e diavolerie elettroniche: meglio rispolverare la clava e accendere il fuoco con le scintille prodotte dallo sfregamento tra sassi o legnetti.
Abbonamenti a riviste, a televisioni a pagamento saranno indicatori di abbondanza e crapula;
senza parlare di possedere azioni e obbligazioni, piuttosto che fondi d’investimento o buoni postali: il consiglio di diversificare, per non tenere tutte le uova in un paniere, sembrerà sospetta manovra, tentativo di occultare frutti proibiti.
Alla sede della Stasi andranno pure bollette di luce telefono e gas, per vederne consumi e intercettare uso e abuso di tanta manna.

Nelle pieghe del risparmio bancario si sono introdotti pesantemente: con la scusa dell’esistenza delle faine, si sono accampati tra le ovaiole.

Il braccio armato sarà Equitalia che, si sa per prova provata, prima spara, poi chiede chi c’è dietro al cespuglio.
Chi entra in questo trituratore, difficilmente esce con le ossa intere, anche se innocente: una volta macinato, si ha voglia di avere consolazione e patente di onestà.
Dopo asfaltati, difficilmente si ritornerà ad avere spessore.

Sarà terrorismo fiscale, dove il risalire corrente, dopo il puccio in questo “Mare mostrum”: come per il salmone quando, allo sforzo di risalire, dovrà prestare attenzione anche alle fauci spalancate degli orsi, in placida attesa che si sbagli salto e direzione.

Si ha voglia di dire che “Male non fare, paura non avere”, ma gli ingranaggi della nostra burocrazia macinano alla svelta, che l’innocente ha le ossa più friabili ed è sempre più comodo essere forti con i deboli e prudenti con i forti.

Più facile e redditizio e massacrare i tanti indifesi, che un grosso pesantemente armato.

Ammazzare una pecora appaga la fame senza rischi di rompersi le corna contro qualcuno di più agguerrito.
Alla fine, i furbi si attrezzeranno e ritroveranno livrea mimetica, mentre i poveri cristi avranno ben tracciato sul culo i cerchi del bersaglio.

Arriverà al poveretto accertamento e contestazione, con ingiunzioni a pagare e pesanti intimidazioni sul destino che si appresta se non scuci subito;
per contestare anche la cazzata più lapalissiana, si verrà dirottati su sentieri irti di difficoltà, dove comunque non si saprà mai quale generazione godrà dei rimborsi.
Nei testamenti si lascerà pure questo biglietto della lotteria, che forse qualcuno alfine potrà mettere all’incasso.
Forse, perché quando c’è da prendere, l’olio agli ingranaggi il fisco lo mette, altrimenti lascia arrugginire le giunture della manina.

Prima e comunque paga, Pantalone: poi, se rimarrà tempo e denari, si vedrà.

Il Redditometro come la lama di coltello: l’uso ne farà la differenza.
Ma i precedenti di chi ora ha il coltello per il manico, non fanno ben sperare.

Questa gente mi fa paura: non perché abbia da nascondere. Anzi.
Mi fa paura perché, con la scusa che girano ladri, vorrebbero avere copia delle chiavi di casa nostra.

Passi il periodo di congiuntura, ma la… Stasi, proprio no.
Meglio la paralisi!

Io, secondo me...15.02.2012

Fuorigioco

martedì 14 febbraio 2012

Polvere di stalle

Dicono di noi, il nostro essere polvere di stelle.

Hamza Kashgari, scrittore e giornalista un tempo sarà stato d’accordo su questa verità scientifica, anche se oggi qualche dubbio gli sarà venuto.

L’universo si creò come pare dal compattarsi di particelle, come quelle matassine negli angoli delle nostre case, quando il riscaldamento agita corpuscoli nell’aria, aggregandoli in morbide palline ovattate.
Quel che siamo oggi è prodotto di riciclo, come da raccolta differenziata: componendo, scomponendo e rimontando i mattoncini, sempre a riformare architetture diverse.

No, rispondono gli indignati: non si può banalizzare così il prodotto della creazione divina, il partire dalla luce per arrivare al pari di una lampadina fulminata.
Polvere di stelle è, non quella da nascondere sotto il tappeto.
Forse che no, ma non sempre il botto e il rimbombare di quella bombarda di miliardi d’anni fa è riuscita a compiere miracolo;
l’energia è riuscita a condensare e sublimare bellezza nell’opera sua; pure a creare la scala dei grigi, dove al bianco si oppone il nero, al brillare, le tenebre.
Al pari abbiamo oggi polvere d’oro come di merda di gallina.

Polvere di stelle sarà pure partenza, ma all’arrivo qualcosa ha mutato.
In polvere di stalla.

Da quel lontano “Big-Bang”, dallo sfogo liberatorio di tanta massa concentrata e poi rilasciata in un rutto c(a)osmico, non solo fiato è stato espulso, ma anche il prodotto di fagioli cotti in pentola, peto più che petardo dell’inizio di quel che portò poi al fenomeno “vita” e poi al bipede che si fregia oggi della medaglia di “Homo”.
Giusto poi che non vi è contraddittorio, a cospargersi d’incenso e dire di sé d’esser pure “Sapiens Sapiens”.
Visto nell’insieme, in parte vero, parte no: come ogni ammasso cellulare, non sempre c’è bisogno di cervello, quanto sempre di un estrusore, perché di materia grigia si può anche fare a meno, ma di un intestino no, e quando questo è pigro, è tragico come quando la diga cede.

L’ameba umana esiste, nonostante il bel castello che la racchiude spesso abbia apparenza e classificazione di “Umano” e il termine “Primate” fa a pugni con la derivazione latina primus, "il migliore", di cui andiamo fieri, spartendo e spandendo bauscia - anche se con aristocratico distacco e disprezzo - con i “parenti poveri”: gorilla scimmie e altri con pelo, dalla schiena allo stomaco.

Diciamocelo, che non è vero esser tutti uguali: sotto la carrozzeria spesso il motore è diverso.
E se nella meccanica, per quel che si muove su ruote, la potenza si misura in cavalli, per altri, ancora in … cammelli, passando dallo spunto allo sputo, in termini di risposta evolutiva.

Sprangare l’entrata della caverna può essere difesa o prigione.
Come le creature che vivono nelle cavità, alla fine perdono quel che in quei luoghi non serve e si diventa ciechi.
Se si esce, subito si ricrea il muro e si scherma la luce, credendo che solo nell’oscurità unica scelta e opportunità di vita;
non credendo a chi invece ci porta testimonianza che al di là, fuori, c’è un mondo alternativo.
Né meglio né peggio: solo diverso, come “diversità” è parola magica, che difende e dispone la vita alle aggressioni di un continuo in perenne divenire, in movimento e mutazione, cui presentarsi con adeguate rettifiche ed aggiustamenti.

Giusto che il coccodrillo o lo squalo siano a magnificare proprie credenziali e crediti: l’esserci ancora a prova e misura che il proprio è eccellente garanzia di carta vincente, visto la durata e il lungo affitto di nicchia, ma non pretendere e presentare presunzione che sia unica soluzione al mondo.

Dio forse non giocherà a dadi, ma neppure ebbe a costruire con catena di montaggio;
non a omologare ma, sin da subito, a sparpagliare e sparigliare le cose, in un mosaico che poi ricomponga il disegno, ma non che presuntuosa particella possa essere - da sola - misura di tutte le cose.
Saremo concerto, ma solo in orchestra e non in assolo.
La musica del creato è corale e, come la luce, può risplendere solo dal giusto taglio, nelle sfaccettature del diamante.
Un trombone o la grancassa, che fa voce grossa, copre ma non è armonia: solo prepotente suono che soffoca e nasconde la giusta sinfonia.
Il libero arbitrio sarà pure fonte di stonatura e stecca, ma unico modo per imparare dagli errori e migliorare.
Insistere nel dire che la terra è piatta non la cambierà da palla in frittata.
E il calpestare chi lo dovesse dire non permetterà quadratura di nessun cerchio.

Detto quanto, la perfezione non sarà mai di questo mondo, come neppure di chi ci abita.
Certo non i tanti Abdullah o Abdel Aziz alSheikh, re o mufti che siano, nel volere la testa di Hamza Kashgari.

La verità non è mai sul filo di una lama ma estenuante ricerca, su quello della parola.

Giusto chiedere rispetto del proprio, ma anche a darne.
E il tagliar corto non si applica come in ricetta da cucina, nel voler prendere per la gola il prossimo.
Ammazzare chi non è d’accordo non permetterà mai all’asino di volare o alle mosche di fare il latte.

La testimonianza si porta e supporta con l’esempio;
la conversione, con il convincere, non con la costrizione o applicando la legge del più forte.

Hamza Kashgari ha semplicemente espresso giusto libero arbitrio e pensiero: accusato di apostasia da Riad, ora rischia di essere decapitato.

Di Maometto disse per l'anniversario della sua nascita, il 4 febbraio:
"Per il tuo compleanno, non m’inchino davanti a te (...) Mi piacciono alcune cose di te, ma altre le odio, e non ne capisco molte altre ancora. Per il tuo compleanno non bacerò la tua mano, la stringerò come a un essere umano; ti sorriderò come tu sorridi a me e ti parlerò come a un amico, nulla di più".

Di che si ha paura: che basti il dubbio o il verbo a cambiare l’ordine delle cose?

Preso nel senso più ampio, se Dio è, resta;
se i suoi profeti sono, tali rimangono.
Le opinioni non bastano a cambiare nulla, sempre che sia il nulla a essere per primo!

Giusto che una comunità che si riconosca in un credo chieda rispetto, ma non che debba manifestare solo prepotenza e presunzione solo per il numero o le armi.
Impari a usare la ragione, per confutare, se pensa d’essere nel vero e altri a torto.
Altrimenti si seppellisca sotto la sabbia del deserto, come si fa con un cadavere.

Non ci si fa amare da una donna solo nel violentarla e neppure ritorna adorazione con la frusta.
Se si hanno doti e meriti, si usino, altrimenti non si cerchi di arrivare alla luna volando su ali di carta.

E, per quanto si cerchi di alzare i piedistalli, la misura di un uomo non potrà mai essere da gigante;
solo il suo agire e l’amore lo potranno far grande, altrimenti sarà solo alto da zeppa sotto il calcagno, illuminato dai roghi, osannato dai lamenti dei torturati e profeta di cimiteri.

E si smetta di offendere Dio e la sua intelligenza.
Avesse voluto delle marionette, da subito le avrebbe create tali e ne avrebbe di suo potere, nel cancellare di venuto male;
senza per questo dover delegare “sbianchetti” a fare quel che gli verrebbe facile da solo.

Se dal cielo nessuna saetta è arrivata a incenerire Hamza Kashgari, una ragione ci sarà.
O forse Allah e Maometto non ce la fanno senza Abdullah o Abdel Aziz alSheikh?

Della serie: Dio è Padre, non padrone e per questo non accoppa i propri figli.

Gli Abdullah bin Abdul Aziz, re dell'Arabia Saudita e Abdel Aziz alSheikh, sì.

Ma questa è solo polvere di stalle.

Da par mio, anch’io, nella mia fragilità, sono al cospetto del mio Signore:

«Mi piacciono alcune cose di te, ma altre - del come hanno scritto di te - le odio, e non ne capisco molte altre ancora […] non bacerò la tua mano, la stringerò come a un essere umano; ti sorriderò come tu sorridi a me e ti parlerò come a un amico.»

Però, Padre: io ti amo.

Io, secondo me...14.02.2012

domenica 12 febbraio 2012

giovedì 9 febbraio 2012

Vuoti a rendere

“Pinco Pallino svuota tutto!”

Vuoi per cessata attività, vuoi per rinnovo locali, cambi di stagione o altro e di più, spesso capita di imbattersi nel cartello, ammaliante canto di sirena, che promette orgasmici acquisti a prezzi stracciati;

«Venghino, siore e siori: non siamo qui per vendere, ma per regalare!»

Non ce la fò a tenere sta roba: ve la cedo per un tozzo di pane.

Ecco il sistema “Svuotaciofeche”, dove anche ci si libera e si mollano fondi di magazzino, imbellettati alla bella meglio.

Un bel gioco di prestigio, come il gioco delle tre campanelle, dove conta la velocità con cui si “rimbambisce” il pollo, cui non si deve dare tempo di riflettere;
messa la pallina sotto una delle tre campanelle, questa è trascinata da un punto all'altra del piano di gioco e scambiata di posto con le altre due.
Abracadabra… nel momento in cui la campanella è spostata in avanti, finisce tra le dita del prestigiatore e il fessacchiotto di turno col cavolo che mai indovinerà come l’hanno gabbato.

Nonostante resiste il “Burian”, il vento siberiano e irrompe il “Blizzard”, la tormenta di neve fine e gelata, in arrivo dai paesi baltici, dopo la tempesta, il sereno: alla fine arriverà primavera e bisogna assolutamente far posto negli spazi dedicati allo stoccaggio.
Occorre far uscire le sardine dalla scatola, per metterci del fresco.
Nel nostro caso… al fresco, giacché il gioco delle tre campanelle si vorrebbe applicato alle patrie galere;

si chiama decreto “svuota carceri”, quello che dovrebbe “svecchiare” il parco galeotto.
Serve far posto alla collezione “Primavera-estate”.
Consumato il pieno, ora urge disfarsi del vuoto, assolutamente “a rendere”.

Come per matti e mignotte, cancellati manicomi e “Case chiuse”: tutti fuori, quasi fosse l’ambiente a farti diventare e non tu a essere!

Il ministro della Giustizia, Paola Severino “chiagn'e fotte” il popol bue:
“La situazione richiede un intervento tempestivo […] necessario e urgente”.

«Un due tre, liberi tutti!»

E il gioco del nascondino potrà riprendere da capo, dopo che i graziati ritorneranno a far di specialità virtù.
Fino al prossimo “Liberi tutti!”.
Perché periodi così si presentano a cicli regolari… si raccoglie, si ammucchia, si pigia, poi arrivano gli sconti, i saldi e lo svuota tutto.
Le prigioni come il pensionato: presi d’inverno, si passa nel tepore e con pasti caldi, per poi “sbocciare” in primavera;
l’unica fregatura sarebbe che sia fatta grazia nel periodo sbagliato: del “Burian” e del “Blizzard”.

Tolto questo, è una pacchia, che il peggio lo vive - e muore - il barbone all’addiaccio, sotto coperte di cartone, o il vecchio dimenticato nel congelatore della sua stanzetta solitaria, senza luce e gas.

Tanto poi per non aggiungere di nuovo, ecco a togliere altri sassolini dalla scarpa, per camminare spediti.

Fuori Oleg Fedchenko, il pugile che, nell’agosto del 2010, massacrò a pugni e calci una passante, in viale Abruzzi a Milano;
Così, tanto per scaricare i nervi: a chi tuca taca, a chi tocca tocca.
Una lotteria: chiunque di noi avesse avuto sfortuna di incontrarlo, sarebbe finito pestato come carne trita.
Che culo: come vincere la lotteria di Capodanno!

«Quel lì l'è matt!» quello è matto, decide il giudice.

E ancora: se non lui, Giovanni Antonio Rasero, chi ha ucciso il piccolo Alessandro Mathas, otto mesi, in una notte del marzo 2010, spiaccicandogli il cervello contro un muro?
Assolto, “per non aver commesso il fatto”, il tipo fa marameo, facendosi beffe della sentenza di primo grado, dove invece altri lo avevano condannato a ventisei anni di gattabuia, ai ceppi.

Ccà nisciuno è fesso?
Visto che tutti e due non possono avere ragione, chi è giudice cannarolo, leguleio di sgabuzzino?
Non importa… ci sarà comunque spurgo delle condotte.

Tanti casi simili sono a dimostrare che abbiamo a che fare con “Dilettanti allo sbaraglio”, titolati “Espertoni” e “Tuttologhi” da Bar Sport, risolutori da settimana enigmistica, ma quella che riporta le soluzioni, altrimenti s’incasinano.
Premiata “Fighetteria” da palcoscenico, che si presenta in branchi a spiegarci l’accaduto, senza per questo capirci ‘na mazza di chi ha provocato il casino, ma prodighi nel pontificare che “Se si sa come leggere i segnali, gli accadimenti sono prevedibili”.

Avessero pensato a consultarli prima…

Dal delitto di via Poma di Simonetta Cesaroni a Yara, comprendendo Sara Scazzi - dove neppure dal gruppo di associati a delinquere si cava ragno dal buco, a pescare esecutore materiale - siamo ad assistere a topiche clamorose, a manifestate inettitudini e incapacità, dove poi si condanna o no con il “sistema spannometrico”: a lume di naso.

Una scala mobile da grandi magazzini, dove si entra e si esce quando orario di chiusura; come a scuola e al cimitero, al suono della campanella.

Davanti a tanta ”guitteria”, a scempio della ragione, a sciatteria investigativa e giudiziaria, il “Si svuota tutto!”, è una… liberazione.

Come la dolce Euchessina per lo stitico: efficace purgante d’intestino pigro.

Perché a questo siamo e, come osò Fantozzi, all’ennesima tortura nel dover rivedere " La Corazzata Potemkin", di Sergej Ejzenstejn, anch’io sono al “sfogatoio”:

«Questo vuoto a rendere è una cagata pazzesca!!»


Io, secondo me... 09.02.2012

Berluscani

La sparigliata

Farina del diavolo

martedì 7 febbraio 2012

D’Halemas

Massimino, stanco di bighellonare in patria, dove la delega del sollevamento della patata bollente è stata data a un governicchio tecnico, in attesa di rientrare in gioco, quando più pericolo di scottarsi, ha cercato cazzeggio in un bel viaggetto in Cisgiordania;
come sempre, l’iperbole del bauscia parla di “missione”, per quello che invece sarebbe un incolore gita fuori porta, non fosse che, per attirare attenzione, il nostro applica il classico “Si parli bene che male, l’importante è che se ne parli”.
L’ormai collaudato sistema del riconoscere che sempre farà notizia l’uomo che morde il cane e di chi butta la vecchia sotto l’autobus invece che aiutarla ad attraversare la strada.
Mancandogli il braccio di Hezbollah, per la passeggiata, cerca quello di Hamas, giusto per restare tra “amici” e non perdere abitudini barbicate.

"Al fin della fera", finita la festa, l’anima e le radici sue ben sono a vibrare su stesse frequenze e toni, di chi del terrore ha fatto dogma e dottrina, indispensabile per la lotta: da Hezbollah ad Hamas.

Il motivetto canticchiato è sempre quello, alla Pol Pot: meglio sempre piallare tutto e ripartire da zero.

Lasciamo per un attimo Max D’Alema, “truciolo” di tanta lavorazione e andiamo a fare un breve riassunto dell’insegnato, ricevuto in eredità dai maestri: Lenin e Stalin, nella cui bottega moscovita il nostro Maxbaffino è stato apprendista, studiandone e assimilando storia e applicato raccomandazione dei vecchi, ossia, che il mestiere si ruba.

Vladimir Ilyich Lenin fu e resta la peggior figura di criminale che la terra abbia mai partorito, anche se lo sgravo suo lo seguì a ruota: il “Beppe” Vissarionoviec Dezugaesvili;
Stalin, ossia “acciaio”, per dar subito idea della freddezza e della durezza cui era capace.
A questi figuri si rifecero tanti “nipotini”, entusiasti ed efficaci promotori di loro idee e vocabolario, che rifiuta e rigetta ogni riferimento al termine “umano”, “umanità” e “umanitario”.

L’uomo come individuo cessa di essere.

«Dell’uomo si può fare quel che si vuole! Io voglio che nel pensare e nel reagire le masse russe seguano uno schema comunista!»

Parola di nonno Ilyich: c’era bisogno di mandrie di vacche da pascolo e latte, ma di pochi e selezionati torelli.

Per essere sicuro di partire con il piede giusto, si appellò a un luminare dell’epoca: al fisiologo russo Ivan Pavlov, per chiedergli se il suo lavoro di scienziato, sui riflessi condizionati del cervello, potesse aiutare il Partito a “controllare il comportamento umano”.
Voleva “addomesticare” le sue bestie, “raddrizzare il legno storto dell’umanità”.

«Costringeremo il genere umano a essere felice, costi quel che costi!

Costi quel che costi… e così fu: ecco il “Terrore rosso di massa”, per “raddrizzare” il legno storto e “costringere” il genere umano a essere felice.

Per il suo bene, beninteso: colpirne milioni per “educare” il resto… se ne avanzava.

Ma questo era parte degli “effetti collaterali” che, come spesso recitano i bugiardini delle medicine, in alcuni casi “potevano essere mortali”.
Solo che per il bastardo pelato, la cosa si ribaltava: sempre mortali, in alcuni casi qualcuno la scampava!
Contabilità per difetto: tredici milioni accoppati, fra il 1918 e il 1921… in soli tre anni!

«Tutto è lecito, lavoriamo per la Storia, per la dittatura del proletariato!»

Ciumbia!

Ubi maior minor cessat: dove vi è il maggiore, il minore decade;
nello specifico, si tradusse in: di fronte al più forte il debole si fa da parte… peggio: cessa di esistere.
Per la Storia, s’intende.

Da qui, completa licenza di saccheggio, rappresaglia e sterminio dei nemici di classe.

«Vamos a matar, compañeros!»

Ma con metodo, sistema, costanza, pignoleria, quantità piuttosto che qualità.
Se il partito era la spina dorsale, la Commissione era muscolatura;
la polizia, “meravigliosa macchina per distruggere l’essere umano”: braccio armato, con licenza e arbitrio assoluto; salutare “purga” per intestini pigri.
Un capolavoro fu poi la mostruosità giuridica;
fusione, in una sola struttura: tra organi che conducevano l’istruttoria, emettevano verdetti ed eseguivano condanne, che di morte andavano a nozze!

Dell’uomo si può fare quel che si vuole… tutto è lecito per “raddrizzare il legno storto”… Ubi maior minor cessat.

Furia rivoluzionaria, scientemente “gioiosa macchina da guerra”, dove “[…] imperativo era cancellare qualsiasi traccia della cultura preesistente, fosse essa iconografica, ideografica o semplicemente letteraria, a voler marcare col fuoco un «prima» e un «dopo»”.

“[…] sparare sugli orologi del tempo alienato per costituire il nuovo calendario della civiltà futura”.

Non per nulla, come da un documento ufficiale, si indicava che “[…] in nome del nostro domani, metteremo al rogo Raffaello, distruggeremo i musei, schiacceremo i fiori dell’Arte”.

Guarda caso, lo stesso concetto di sterminio e di distruzione dei Talebani: nel marzo 2001 distrussero due statue del Buddha, scolpite sulle pareti di roccia nella valle di Bamiyan, una di 1800 anni e l'altra di 1500, quando i padri di questi pirletti ancora erano a portare le pecore a cagare al pascolo.

L’idea di scheggiare la storia incisa nella pietra, per scrivere il tema della propria passeggiata domenicale, persiste in tante demenze.

Si legge che “ […] il Partito comunista e i suoi «ingegneri delle anime umane» non si sarebbero più fermati, fino a quando gli individui […] non si fossero finalmente trasformati in «rotelle»”;
della serie: impersonali e sostituibili ingranaggi tecnici.

Insomma: il “Take away” seguito dall’usa e getta, senza neppure l’obbligo del “Vuoto a rendere”.

Vladimir, escrescenza maledetta ordinava mattanze: «Impiccate, in modo che la gente veda e temi!»
Ma al peggio non ci fu mai fine che, alle disgrazie frutto di tanta incompetenza di gestione, per sopperire alla carestia e alle vacche magre, il macellaio volle che:

«Con la gente affamata che si nutre di carne umana, con le strade coperte di centinaia, addirittura di migliaia di cadaveri, adesso e soltanto adesso noi possiamo e dobbiamo confiscare i beni della Chiesa […] appropriarci di questo tesoro, costi quel che costi!»

Col cazzo che la religione era l’oppio dei popoli;
per la cicala era la formica cui sgraffignare il sudato raccolto, dopo aver passato bella stagione a minchionare, mentre altri sudavano.

Non basterebbe una vita, a raccontare storie di questi assassini, delle peggiori bestie che hanno impestato storia umana.
La contabilità dei morti ne ha tratteggiato crudeltà e potenza mortifera, seguendo “filiera” e “indotto”.

Da tanta spremuta, riconosco oggi succo;
capisco simpatie, empatie, accordo di vibrazione e sinfonia di concerto.

«Parlare con Hamas? Inevitabilmente […] non parlarci non è la scelta più brillante. Rimuovere questo movimento con un esorcismo, mi sembra strampalato […] Hamas non è più un movimento isolato.»

Nel 2006 a braccetto con Hezbollah, oggi con attributo gemello… in mezzo ai due: il lupo perde pelo ma non vizio.

Nero su bianco, Hamas ha scritto nel suo Statuto, la volontà di “cancellare” Israele: imballo e contenuto.
Baffino come Arthur Neville Chamberlain, il fessacchiotto inglese convinto che con Hitler si sarebbe potuto addivenire a miti consigli, nonostante che, nel Mein Kampf, questi avesse bel messo in evidenza propositi e obiettivi, che abbisognavano di fuoco, fiamma e fucina, per forgiare l’acciaio delle armi.

Ma Arturo, se vogliamo, era un ingenuo, con spesse fette di salame al posto delle lenti degli occhiali.
Baffin D’Alema no: la sua scuola ha solida… ossatura.

Furbo e attento, come una faina vicino al pollaio.
Pilatesco quanto basta, abile equilibrista nel mettere piede in più scarpe.

D’Alema, a mezzo tra il buon Samaritano e un missionario Comboniano, vorrebbe portare, ai “poveri terroristelli “[…] la posizione dell'Italia, un Paese che è amico degli uni e degli altri”;
“Equivicinanza” tra le due, che ha portato l’Italia ha dare il suo contributo decisivo per la stabilizzazione della frontiera israelo-libanese con la missione Unifil.
Peccato che, mentre i soldati davano il culo al Libano, dietro loro Hezbollah si è armato, con tanti missili da farne indigestione.
Così attento alla “Equivicinanza” da tacere quando Hamas sparava quotidianamente missili sulla testa degli israeliani ed essersi sbattuto i coglioni, quando Hamas rapì il soldato Shalit, tenendolo in ostaggio per anni per poi restituirlo, ridotto a larva umana, differentemente dai suoi grassi scagnozzi, dati in cambio del povero ragazzo.

Al Max riconosciamo pure le attenuanti generiche e genetiche… Talis pater, talis filius.

Per il resto: «Barbis D’Halemas: và da via i ciapp, ti e la tò “equivicinanza”!»

Che, tradotto dal dialetto meneghino, è invito a metterci altro, oltre che la faccia.


Io, secondo me...07.02.2012

Padron Monti

disGastro

Salameria

L'inchino

venerdì 3 febbraio 2012

Bersalegge

L’Api Magna

“Si sveglia il mondo, lo accarezza il sole;
si sveglia l’ape Maia dentro un fiore… ”

Sara di sicuro una margherita.

Bzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz

“…apre i suoi occhi sorridenti
vola, vola, vola vola, vola l’ape Maia […] tanto gaia
vola sopra un monte, sfiora il cielo”.

Bzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz

Che bel quadretto: proprio il ritratto del bel bamboccione, il “Cesco” Rutelli, il belloccio che pare il Ken della bambolina Barbie;
è lui spiaccicato; un farfallone, bello come i palloncini del Luna Park: colorati, leggeri e pieni di nulla.

“[…] per rubare il nettare da un melo”.

Ahi, ahi, ahi…qui casca… l’asino.
Fin che si parla di fare il fighetto, passi: il Ceschino ci sta a fagiolo, ma rubare no;
per farlo bene ci vuole macina di materia grigia: non basta la faccia da ciuccio.

Anzi, il Cecco è proprio Pinocchio giusto per il Gatto e la Volpe.
Via di mezzo tra il micione e il volpone, è stato “Gigetto” Lusi, custode del barattolo della Nutella.
Se anche si presentava con la barbetta grigia sporca di cioccolato, “Ruty” pensava se la fosse tinta.

“Franky” Rutelli come i piccioni, ai giardini;
butti della mollica e quelli si avvicinavano ondeggiando, come la Costa Concordia dopo la “scoglionata”; ti arrivava al volo il passerotto e - Zac! - fregati: tanti imbranati a guardarsi e interrogarsi, per capire dove finite le briciole!

Ecco il Franceschino, mentre rispondeva all’intervistatore, del come non si fosse accorto dello scippo di milioni e non di bruscolini: stesso sguardo da pesce lesso, stessi occhi spenti;
se veramente fossero specchio dell’anima, viene da chiedersi se il Rutellino non facesse parte del “Vuoto a rendere”.

Tredici, dicasi tre-di-ci milioni, di eurini, svaporati dal bilancio della Margherita: briciola dopo briciola, senza che il bambolone se ne accorgesse.
E lui, svegliato dai campanacci, chiude la stalla a buoi scappati: «Sono incazzato!»

Lui, Franceschiello, si dice incazzato.
E noi: come minchia possiamo dar delega a uno così, di sedere e decidere per noi, in qualsivoglia consesso politico: un ciula del genere, si può immaginare come tanti più svegli se lo incarterebbero.
Se il Gigi Lusi l’ha fregato in casa sua, immaginiamo come più facile fuori dal nido.
Peggio della nonna paralitica: è lui ad avere bisogno di una badante!

Sto babbione è passato dalla Margherita all’Api, Alleanza per l'Italia.
In origine il simbolo del partito era un tondo con due api tricolori, che volano intorno a un fiore d'arancio, su sfondo azzurro chiaro;
poi il ritocco: la scomparsa delle api e l'ingrandimento del nome, il tutto su uno sfondo blu.

Bzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz

“Vola vola vola l’Api Magna”…
e Luigino Lusi s’invola con il barattolo del miele.

Qualcosa va storto alla fine, e la sgraffignata si rivela;

“Vola, vola, vola vola, vola l’ape Maia […] tanto gaia
Finché il ragno tesse la sua tela
mentre il vento la sua trama svela”.

Cesco ancora dorme: lo scrollano e s’incazza.

“Il grillo canterino s’è svegliato
fa la serenata a tutto il prato
In quel prato verde come il mare
l’importante è un fiore da trovare”.

Ovvio che all’assonnato gli è fatto cazziatone, di tanta cappella.
E lui si offende.

“C'è una cultura di partiti in cui il capo del partito è anche quello che ha la cassa, mentre la mia è una cultura fatta di passione e quando succedono queste cose è evidente che sei stato fregato, che siamo stati ingannati".

“SIAMO” stati ingannati?
Uè, babbeo: tu sei stato trombato!
Persino nel cervello del povero nonnino con l’Alzheimer sarebbe scaturito sospetto dell’uso delle sue sostanze, nel vedere la famiglia comprare a destra e manca, casa e palazzotti.

Ken-Rutelli - meglio tardi che mai - arriva da buona maglia nera al traguardo:

" […] Voci evidentemente false e poi inserite in bilancio […] che è un furto, è EVIDENTE".
Evidente…evidente…e già…adesso: bravo, ci sei arrivato!

“Un caso orribile, terribile che ci colpisce e ferisce in modo drammatico e colpisce chi ha avuto responsabilità in anni passati e chi ci ha votato".

Orco can!
Sta uscendo dal letargo: comincia a rendersi conto del buco, della falla della nave, che imbarca acqua; parla di responsabilità… da dividere con altri, come tenta difesa Schettino dopo l’affondo del barcone all’isola del Giglio.

«Quanto ci… Costa la Concordia» si chiederà ora il bell’addormentato, nel cercare galleggiante per salvare, se non la faccia, almeno il recuperabile.

Difficile però, visto che lo sveglione ancora dimostra quanto sia bamba;
Alla domanda se leggeva i bilanci, risponde:

“Come TUTTI coloro che approvavano i bilanci in assemblea, mi fidavo ciecamente e mi sentivo come assolutamente garantito […] ci fosse stato uno dei nostri dirigenti che […] ci avesse detto di andare a controllare, secondo voi non lo avrei fatto?".

Ecco la vigliaccata finale, la “Ponziopilatite”;
la colpa è sempre di altri… TUTTI coloro…
Lui normalmente mangia, evacua e dorme;
altri devono vegliare e dare l’allarme.

Si vorrebbe che la legge fosse uguale per tutti; dura lex, sed lex… dura legge, ma legge.
E non ammette ignoranza.

Giudici smaniosi di fottere il Berlusca, sono arrivati a formulare il famoso: poteva non sapere?
L’ignoranza non è ammessa.
Neppure per Bersani allora, con il suo sottopancia, il Penati, procacciatore di finanziamenti occulti e occultati;
nemmeno con D’Alema, dell’operare dell’amico Tarantino, con cui si trovò a pasteggiare;
men che meno il Vendola, del suo passacarte Tedesco, che lucrava e faceva cresta sulla sanità e sui malati pugliesi;
e che dire dei vari porporati, riguardo ai preti pedofili e via andare.

Non potevano non sapere.

Ken-Rutelli… neppure lui.
Se sì, Berlusconi è…e Bersani e D’Alema e Vendola e… e…

Ammazzate oh: quanti ignoranti c’abbiamo a comando!
A confronto, pure “Titanic” Schettino, naufrago dell’anno, è un dilettante;
Lui ha mandato a fondo solo una nave.
I nostri, un…Transatlantico: Italia.

“Vola, vola, vola vola, vola l’ape Francesco […] tanto gaio”.

Ignaro volteggia, mentre dall’altra parte si canta:

“Vola vola vola l’Api Magna”…e i Gigetti ringraziano Dio, di aver creato tanti pirla;

beninteso, nel significare del dialetto milanese di “pirlare”: il gironzolare, senza scopo, di voltolante trottola.

“Pirla, pirla, pirla l’ape Maia…. ”.

Bzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz


Io, secondo me...03.02.2012

Postomobile

I filosofi del menga

Iniziò” Tommasino” Padoa-Schioppa, ministro dell’economia “Ai temp del Carlo Cudega e del Toni Tegula”, ovvero, nel Giurassico preistorico, dello scomparso dinosauro:

«Mandiamo i bamboccioni fuori di casa!»

Ci riprova il “Fighetto” dell’anno, Il viceministro del Lavoro Michel Martone, collocato per forza e non per amore:

«Dobbiamo iniziare a dare nuovi messaggi culturali: dobbiamo dire ai nostri giovani che se non sei ancora laureato a 28 anni sei uno sfigato.»

La ciliegina sulla torta ce la mette Marietto, il Monti, Presidente di Consiglio per estrusione e non per acclamazione.

«I giovani si abituino all’idea di non avere più il posto fisso a vita. Che monotonia. E’ bello cambiare e accettare delle sfide.»

Uè, Supermario, guarda che per i comuni mortali il lavoro non è come salire e scendere da una giostra.
Mica moriamo di noia, come te.
In tempi di carestia, la protezione della famiglia, il prendere laurea quando il mercato ti richiede e il tenere stretto il poco che si ha, è prudenza, talvolta, sopravvivenza.

Te i e tuoi “Onorevoli” compagni di merende la fate facile, che avete utilizzato il calssico richiamo dell’“Armiamoci e partite” e le chiappe vostre atterrano sempre su cuscini, mai per terra.
E, con pancia piena e intestino regolare è comodo andar di cazzeggio.

Da qui, il “Bambosfigato” rispondere:

«È facile fare il finocchio con il didietro degli altri!»

Tommasino, Michelino e Marietto sono parte della corrente filosofica del Menga, altrimenti detta del Buco Nero, che di leggi ne comporta solo tre; succinte, volgarotte, ma di una verità disarmante:

La prima: Chi ce l’ha nel *** se lo tenga.

La seconda: Una volta preso, non ti muovere: faresti il gioco del tuo nemico.

L’ultima: quel che ne uscirà è materia malefica: non va schiacciata ma evitata, senza commentarla.

Della serie: fattene una ragione, che la vita è fatta a scale e c’è chi scende e chi sale e tu stai in cantina.

Tom (ei fu, siccome ora immobile), Micky e Mario filosofeggiano così, visto anche che il primo giace e gli altri si dan pace.
Dalle loro torri d’avorio possono ben pontificare perché, come disse il Marchese del Grillo, nel film, impersonato dal grande e compianto “Albertone" Sordi:

«Me dispiace, ma io sò io, e voi nun sete un cazzo!»

Michel & Mariotto se la possono tirare, tenendo il manico e non la lama, e sfottere, da lupi, il pecorame.
Per legge di natura.

“HOMO HOMINI LUPUS: l’uomo è lupo per l’altro uomo”.
“MORS TUA VITA MEA”: la tua morte è la mia vita”.

Bamboccioni e sfigati sono sottomessi a queste semplici e crude realtà.

Dove non è che chi sta sopra è più grande: spesso sono nani su trampoli.
Classe Schettino, inetti e vigliacchetti, ma abili intrallazzatori e ammanicati con quello giusto, che nella vita ti fa prendere l’ascensore e le scale agli altri.

Gli sfigati.

Quelli che non si trovano la casa o vacanze pagate, da oscuri "fantasmini" e benefattori; al massimo, sperare che risponda Gesù Bambino, alla letterina di Natale e magari arriva solo carbone;

quelli che non riescono a cuccarsi un bene senza scucire palanca, salvo subito passarla al pollo di turno e farci cresta su abbondante differenza;

quelli che non gli riesce, non dico il sistemino del Totocalcio, ma neppure il sistema “Sesto” o “Penati”: La Provincia di Milano spese 238 milioni di euro, pagando 8,93 euro ad azione. Solo 18 mesi prima, Gavio le aveva pagate 2,9: dunque realizza una plusvalenza di ben 176 milioni di euro.
Giocando con soldi pubblici, ecco il modo per trovare differenziale su cui far mazzetta; per sé o parrocchia d’appartenenza;

sfigati che non hanno tempo per sfogliar margherite, fare “finanza creativa”, stornare fondi dalla cassa e comprarsi con tanto, lussuose proprietà e casette.
Più che ragion di Stato, ladron di Stato, che quei denari già erano da furto legalizzato: prodotto di “rimborsi” a partitelli che, spendendo uno, ne hanno quattro di ritorno, financo da estinti.


Quelli che…
La legge del lupo, le leggi del menga: il mondo è dei furbi.

Tom, Micky e Mario e pari loro: filosofi del menga.
Dalla tana dei lupi, al basso la merda.
Donne e Champagne per loro, seghe e gazzosa per noi.

E prendono pure (Legge numero uno) per il culo… e attenti a non agitarsi, che tre rimangono le regole dello sfigato.

Quelle del menga.


Io, secondo me...02.02.2012

Barbonitaly

mercoledì 1 febbraio 2012

deLUSI

piano B

Servizio scopa

Mario Monti - con i compagni di merende e furbetti del suo quartiere - c’ha dato un taglio e dal Servizio Sanitario Nazionale è passato al “Servizio scopa”;
quello che, nelle gare di pedalata, ha il compito di raccogliere spompati e scoppiati: dalle camere d’aria di biciclette al ciclista in affanno e in difetto d’ossigeno.

Nel suo “Giro d’Europa”, il percorso a tappe che ha studiato non ammette debolezze: è un correre che ricorda la selezione naturale, dove il più forte vince e il resto crepa, sino a che rimarrà una razza temprata e talmente dura da potersi fregiare del titolo di ”eletta”;
anche se questa medaglia di nomina non gli appartiene.
Come a nessuno della sua armata Brancaleone, chiamata a raccogliere patate bollenti e castagne dal fuoco, per poi ancora tornare da dove arrivata: nell’armadietto degli stracci.

Urge far cassa: per lui quella del grano; per il rimanente, da morto.

Oltre che in casa, c’è da fare anche i “compiti delle vacanze”, da riportare all’Angelina, la maestra di “Cermania”:
Angela Dorothea nata Angela Dorothea Kasner.
Oggi, Merkel, famosa per il suo lato “B” che, per abbondanza, superato quello della famosa “Pippa” d’Inghilterra, la cataloga nella classe “K”… Kulona, nel superlativo e superbo voto popolare.

Il “Panzer” detta legge, bacchetta e bastona, un’Europa nata male e in crescita come Sarkozy: da tappo.
Dal benessere dell’ordine sparso alla povertà dell’ammucchiata.

Tante uova messe nello stesso paniere che, già alla posa, si sapeva avrebbero fatto frittata.
Qualcosa cui mai affidare anima e identità, orgoglio e radici: un bel fiore, ma senza affondo né cordone ombelicale, indispensabili cannucce per succhiare l’elisir di lunga vita.
Come l’effimera, farfalla condannata a veder luce per poche ore, senza stomaco e bocca, giacché non serve, a chi vede la luce quel poco che basta per essere pasto d’altri.

Il “Servizio scopa” della Merkel e dei banchieri, veri registi della sceneggiata, ramazza solo le ossa e le briciole del pasto, da gettare al cane: quel che meglio ha servito, ma sempre cane resta; anche se si chiama Nicolas, convinto di far parte della razza padrona solo perché gli hanno dato servizio di abbaio, per raccogliere le vacche da macello.

A costoro obbediscono e rispondono i “Leccaculo”, gli “Untori della vaselina”, lubrificante spalmato in abbondanza su parti destinate a brucio di penetrazione.
Questi “Intruders” ce li siamo trovati all’improvviso, dalla sera alla mattina;
braccianti, lavoro da “Subappalto” e a cottimo: un tanto al chilo, per ogni monetina estorta al popolo bue.
Sparano a pallettoni al grido di “a chi tuca taca”, a chi tocca tocca;
basta che alla fine, nel e dal mucchio, qualcosa di buono rimanga, come si augura il barbone quando scava nel bidone della spazzatura.

Ci hanno svegliato con i campanacci, urlando nelle orecchie: «Bambole, non c’è più una lira!»
E che cazzo: a voi avevamo lasciato il portafoglio e ne avete speso, per poi ora prendere per i fondelli, insinuando che avremmo vissuto sopra le nostre possibilità.
E che: noi abbiamo usato solo la “mancina”, mica i pezzi grossi.
Di quelli, loro, i maledetti, avevano custodia e delega.

Poi abbiamo capito: come l’amministratore di condominio, tanti sono scappati con la cassa.
Abbiamo scoperto autostrade, uffici pubblici, centri sportivi e ricreativi, iniziati e mai finiti o, quando sì, mai usati, lasciati a marcire.
Milioni e milioni di Euro finiti in buchi neri…o “Onorevoli” tasche.
Amministratori pubblici, Ministri e ciarpame vario, cui qualcuno ha fatto elemosina: case e vacanze pagate…a loro insaputa, poverini!
Siatemi “Sesto” o “Penati”, collettori, idrovore, bocche voraci di sanguisughe;
flebo per "Partitoparassiti" e pari associazioni per delinquere, sempre affamati, in perpetua riserva di liquidi.
Da questi lo svenamento.

Gli stessi, che erano le seconde linee “tecniche”, a suggerire alle zecche e alle piattole dove attaccarsi, ora sono in primo piano, a mettere in pratica stesso copione, trama e ordito, che prima avevano scritto per altri.
Finalmente ora, oggi promossi: da comparse ad attori.
Alfine, solo miserabili guitti.

Parola d’ordine: tassare tutto il tassabile, “grattare” e raschiare fondo di barile.
Del maiale macellato, scartare nulla.
Poi, dicono, seguirà la rinascita, come l’Araba Fenice dalla cenere.
Come i medicastri di una volta: per ogni cosa, salasso!

L’operazione è riuscita ma il paziente è morto.

C’è sempre il ricorso al buon Gesù, per il povero Lazzaro.

Presentato il rapporto, Il buon senso avrebbe suggerito partire dai tagli, su cui misurare eventuali gabelle.
I conti della serva o della vecchia “Regiùra”, la donna che in casa teneva i conti, prima di ridurre il companatico, studiavano se c’era del superfluo o non necessario, cui rinunciare.
Chessò: l’abbonamento alla rivista, al Calcio-Tv, alla palestra o al corso di danza della figlia, alla pizza, all’aperitivo o alla gita fuori porta, al cinema e così andare.

Fatto questo, dal rimanente si capiva se rinunciare anche alla carne e andare di brodino.

Improvvisamente e brutalmente si è capito che noi tutti siamo come il cavallo, l’asino e i pennuti di “Animal Farm”, La fattoria degli animali, racconto pubblicato nel ’47, da George Orwell.
In una fattoria inglese gli animali si ribellano al padrone, che li maltrattava.
Una sera un maiale della fattoria chiamato Vecchio Maggiore riunì tutti gli animali e li incitò a ribellarsi e iniziare la rivoluzione.
Lo fecero, gli riuscì.
I maiali assunsero il comando e il posto del fattore, mantenendone però tutti i vizi, privilegi e nessuna virtù, e gli altri a trottare più e peggio di prima;
dando ragione al Principe di Salina e della Sicilia borbonica al tramonto, ne “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa quando, rassegnato, ebbe a dire:

«Occorre che tutto cambi affinché nulla cambi.»

Sempre trottare e tirare ci tocca, a far l’ovo, a offrire latte e lana, passare l’inverno nudi come vermi.

Sono di turno, allo scorticamento: portatori di pannoloni e cateteri, diabetici e celiaci, cui saranno applicati ticket da sballo, per “Contenere i costi”;
loro, poverini, devono solo contenere i bisogni: sia economici sia corporali.

Per l’Italia... ave, Caesar: morituri te salutant!

Dimenticavo: dentro la lista dei condannati ci sono anche quelli che hanno bisogno del bombolone di ossigeno.
Ma a loro andrà meglio.
Ci salva, dalla Germania, la Merkel…con forniture di Zyklon B.

Finalmente: una boccata d’aria, per chi ridotto alla canna del gas!

Io, secondo me...01.02.2012