mercoledì 30 maggio 2012

Trombette, tromboni e trombati



«Famolo strano, Presidente, sto 2 giugno!»



Ah, quando prende la nostalgia delle belle parate dell’armata falcemartelluta, nella Piazza Rossa!

Missili in batteria, come i polli; otto milioni di baionette…. no, quelli erano quattro gatti di casa nostra.

La Santa Madre Russa sì che ne aveva un fottio: quanto le zampe di un formicaio.

Carri armati mica di cartone e aerei, non con le ali di tela e il “Francesco Baracca” scritto sul fianco.

Portaerei immense, che quasi ci stavano i Comuni di una nostra regione; e sottomarini, dove pochi in fila bastavano a sostituire il tunnel sotto la Manica.

Bei tempi, quando i Breznev e gli Andropov erano sul palco… Imbalsamati.

Se li ricorda, Presidente?

Statuari, ritti come uno stoccafisso, praticamente mummificati: morti da giorni ma indispensabili a far presenza, intanto che si mischiavano le carte, per chi doveva prenderne il cadreghino.

Dica la verità: non aveva pensato a questo, vero?

La prego, non si tocchi laggiù, dove non batte il sole, in zona zebedei.

Non sta bene per un Presidente fare gesti scaramantici.

Faccia gli scongiuri di rito, ma con il pensiero: la Macumba la potrà fare poi, da un esorcista Voodoo.

Ho sentito uno che, dicono, sia un vero portento: Baron Samedi, anche se le sue feste sono un vero mortorio!

Lasci stare: lei ha ancora una bella cera, che le dà lustro.

Dimentichi i suoi “nonni politici”, quelli di novant’anni fa.

Malinconia canaglia, eh?



«L'intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione ma alla pace nel mondo».



Era il ’56 quando, all'indomani dell'invasione dei carri armati sovietici a Budapest, lei si sperticava in elogi ai sovietici: «In Ungheria l'Urss porta la pace!», andava a ripetere, a destra e a manca;

anzi, no: svicolando tutto a sinistra.

Antonio Giolitti e altri dirigenti comunisti di primo piano - schifati - lasciarono il Partito Comunista Italiano.

Lei no.

Con le belle fette di salame sugli occhi, sicuramente appoggiava il verbo della gloriosa ”Unità”, il cartaceo che bollava come “teppisti” gli operai e gli studenti insorti.

L'Unione Sovietica, che sparava con i carri armati sulle folle inermi e faceva fucilare i rivoltosi di Budapest, “porta la pace”.

Certo: eterna!

Ora, Presidente, è bello averla qui, a darci lezioni di libertà e democrazia.



«Commettono un tragico errore i governanti là dove, come nella vicina Siria, respingono con la forza e la violenza le legittime rivendicazioni dei loro popoli!»



Presidente… ma… è sicuro che non siano ”teppisti”, quelli contro Assad?

Assad, se lo ricorda?

Quello che incontrò nel marzo 2010, nei quattro giorni in cui foste pappa e ciccia.



«Lo stato delle relazioni è eccellente e ci sono ulteriori margini per rafforzarle.»



Tanto sbrodolare che financo le venne un rigurgito di passione, la leccata al despota, certo a preferire la compianta stella rossa, invece che del firmamento dei figli di David.



Quei carognoni, la canaglieria di Israele: che restituiscano il Golan alla Siria!

Mancava poco che si facesse una bella briscola, con il Bashar al-Assad, tanto ci sbrodolava dietro.

Sai però che pacchia, se la stessa regola si applicasse a tutti: chi restituirebbe cosa a chi?

E già, perché sai quanti si sono fatti la dote, dopo le guerre?

Il Golan, lungi dall’essere il belvedere di amena località, sarebbe una perfetta panoramica rialzata, da cui far rotolare bombarda selvaggia su chi sta sotto.

Israele si troverebbe come oggi con la bombarderia terroristica, che li innaffia dalla striscia di Gaza.

E poi… pura pelosa ipocrisia.



Presidente, che coraggio c’ha avuto, quando già al tempo della sua eccitata visita, una certa Amnesty International (do you know?) denunciava Assad e il suo regime, che no, non era a bastonare per “impedire che la Siria cadesse nel caos e nella controrivoluzione ma alla pace nel mondo”!



Inforcò gli occhiali con il paraocchi e le particole delle salamelle, al posto delle lenti dei tempi ungheresi, anche li: non vedo, non sento, non parlo.



Presidente, stia alla larga da quei posti, ora: non si faccia convincere per un intervento armato, che non è il materasso libico!



Là ci sono più missili che aculei sulla gobba di un istrice.

C’hanno l’amico con l’atomica, il nanerottolo di Teheran e pure il vivaio di Hezbollah, che tanto ha contribuito ad armare.

‘nu bordello, Presidente!



Se le venisse la malaugurata idea di spedire nei paraggi le nostre bacinelle, le barcarole con il tavolato sopra, spacciate pomposamente per portaerei - costosissime bagnarole - quelli le affondano con il trapanino del traforo, che usavamo al tempo di applicazioni tecniche, a scuola, per bucare il compensato!

E gli aerei… ce li tirano giù con la fionda!

Specialmente i nonnetti, quelli a decollo verticale, gli Harrier, che non ce li ritirerebbe più neppure il rottamaio dietro l’angolo!

Assad non la guarderà inebetito, come Gheddafi, che non si aspettava la pugnalata da noi.

Non dirà mai «Tu quoque, Giorginus, fili mi!»



Stiamocene tranquilli: giochiamo alla guerra.

Magari qualcuno dei suoi generali trova in cantina un vecchio cingolato, un carrarmatino di quelli che portò la pace in Ungheria un tremito di passione le scorra nelle vene, nel rivedere la bella bocca di fuoco di quel cannone, del primo amore?



«Celebreremo il 2 giugno sobriamente e dedicheremo le celebrazioni alle popolazioni colpite dal terremoto.»



Oui, oui, monsieur le President… c'est magnifique!

‘na goduria.

Quelli non vedono l’ora di vedere il circo!



Zum, zum, patabum, bum bum!



«Ssssssssssttt….» meno cagnara. Misura e sobrietà, che le virazioni non fanno bene.



Magari, in sottofondo, alla sfilata del tollame, mettiamoci qualcosa di allegro, per risollevare, se non le case,  il morale.

Un motivetto allegro, pure questo dedicato alle popolazioni colpite dal terremoto, con qualche milionata di euri in meno per la ricostruzione.



“Zum zum zum zum zum zum zum zum zum / Stamattina la cantavo io soltanto / ma stasera già mi sembra di sentire chiaramente tanta gente che la canta insieme a me zum zum zum zum zum zum zum zum zum”.



Dieci o dodici milioni di Euro, alla fine, cosa sono? Bruscolini.



«Sì, famolo strano, Presidente, sto 2 giugno, Presidente… meglio: sobrio!»



Tante trombette, a sostenere il barrito dei tromboni e far la serenata ai trombati!





Io, secondo me... 30.05.2012

Fucilapis

venerdì 11 maggio 2012

Un Cristiano per Rita


Via: si parte!

Compito in classe: “La crisi demografica e la promozione della cultura della vita in Europa”.



Cammino, dunque sono.



«No, non basta: troppo comodo, troppo facile!»: ribatte severamente Rita, bacchettando sulle mani;



Caro Beppe, inutile che cerchi scappatoie, scimmiottando il famoso “Cogito, ergo sum”, penso, dunque sono, del caro René Descartes: Cartesio, per gli amici.

Anche a quello fecero le pulci, quando Giambattista Vico ci mise lo zampino… anzi, un cuneo: "ci";



“Penso, dunque CI sono”.



Cammino, dunque CI sono.



Continua l’invito, la provocazione e il pungolo alla riflessione, dalla vibrante Rita…. Rita Coruzzi, costretta in carrozzina, dopo un’operazione sbagliata.

Troppo comodo - illusorio - dare per scontato ciò che non è: la salute come rendita e grazia dovuta e non puro prestito, “a rendere”.



Eppure…



Serata calda, questa di giovedì 10 maggio, dell’anno del Signore 2012;

accalorata direi anche, per la magia dei momenti, la capacità di un Magdi Cristiano Allam di catalizzare e coagulare attorno a sé tante persone, doti e dotazioni di testa e di cuore.

E di Rita, il carico da quaranta, la briscola.

Poco distante dalla madonnina, che ci fa compagnia in lontananza, sopra le guglie del Duomo, in una Milano afosa, la saletta di via Benedetto Marcello, dilata i suoi spazi: non è più un “ottanta posti” ma, man mano che Rita e Cristiano danno atto al loro raccontare, le pareti spariscono e il mondo entra; non è più “fuori”, spesso percepito come minaccioso, nemico.

Ecco, bussa, si presenta: né bello né brutto; semplicemente come l’uomo l’ha plasmato, per la cerimonia.

Non solo “fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”!

Rita ricorda quanto più attiri attenzione il rumore dell’albero schiantato che il fruscio del fiore che cresce.

Rispolvera e presenta i tesori, sepolti come vergogne, in soffitta: quelli che una società di struzzi ha nascosto, con la testa, sotto la sabbia.



L’occhio vuole la sua parte: via la sofferenza, il dolore, la morte, il brutto, la ruggine insidia lo smalto, la crosta che denuncia ferite, cicatrici che deturpano l’immagine.

Anche le carrozzine, con chi ci abita, rispetto al bipede “cammino, dunque sono”!



Gli occhi, come gli specchi ustori di Archimede, fissano, fiammeggiano e oltrepassano i nostri.

«Quanti di voi sono coscienti della propria fortuna?» castiga Rita.

E già: quanti ringraziano, per la tregua, Dio, la Provvidenza, la fortuna, l’attimo fuggente, l’ingegno della medicina, lo stregone del villaggio o il mago Otelma, la cabala, l’oroscopo, la distrazione del diavolo, che ancora non ci ha messo la coda o la Morte, lenta nell’appello, nell’avvicinare il nostro momento?



Eppure, questa forma di vigliaccheria si scontra con un pessimismo mostruoso, una corsa di Lemming verso il baratro, come si dice facciano quei roditori artici: piccoli e carini ma scemi, che si vorrebbe seguano il primo della fila, anche dentro il burrone!

A questo rito di frustrazione, a questo flagellamento, a pestarsi quotidianamente gli zebedei tra martello e incudine, facciamo comunella, quando ci abbeveriamo ai mezzi d’informazione;

quelli che Cristiano conosce bene - lui c’era, c’è stato, nei retrobottega della cultura giornalistica - dove anche l’essere è tanto subordinato all’apparire, dove il sopravvivere, al mercato e al mercanteggiare.



«Per campare, devono fare “audience”, ascolti, calamitare attenzione, perché sono i soldi della pubblicità a far differenza, tra chi deve vivere e chi morire.»



La via di mezzo tra la selezione della specie di Darwin e la piramide delle aspirazioni, di Maslow, per indicare i bisogni, le ragioni e i desideri legati, che sottintendono al comportamento umano;

per il primo, la sopravvivenza del più reattivo ad adattarsi al cambiamento, al nuovo;

il secondo, dove Il dottor Jekyll - la parte razionale, raziocinante e pensante - arriva alla tavola dopo che mr. Hyde - la bestia, il “mostro” - ha avuto precedenza di pasto.

Chi muore giace, chi vive, vince.

“La spinta motivazionale è innescata ogni qual volta l'individuo sente che il suo equilibrio interno è stato modificato, avverte cioè un bisogno”.

Dapprima, soddisfare sete e fame: solo da vivo passo oltre, nella scala evolutiva e migliorativa, a coniugare sociale, etica e morale.

Ma solo a pancia piena, altrimenti, col cavolo che “cogito”… perché non “sum”, ma “fui”!



«La regola e l’effetto speciale: non fa notizia il cane che morde l’uomo, ma il contrario» ricorda Cristiano.

Come non chi aiuta la vecchietta ad attraversare la strada, ma la getta sotto la macchina.



No, caro Cartesio: non basta pensare, per essere.

Lo stesso per il fare o il camminare.

Senza dare valenza e valore a tanto, saranno per noi come le perle per i porci.

Il mondo dell’informazione è come il Colosseo degli antichi romani: sangue, sudore e lacrime, altrimenti non ci si diverte.

Di ogni cosa, che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli.

Se non lo vedi, la senti, la tocchi con mano, non esiste.



«No!» picchia duro la Rita «tutto non è negativo: s’impari a parlare anche di quel che va bene, che non è poco!»



L’uomo è più della somma delle sue parti: esiste anche il bicchiere mezzo pieno, la scala di grigi tra il bianco e il nero;

A chiedersi non solo cosa il prossimo può fare per te, ma tu per lui!



Nelle vere priorità della vita, non si eviti di affrontare e confrontarci con “testimoni scomodi”, come Rita, distogliendone occhi ed attenzione: alla fine saremo anche noi a farne parte, perché destinati comunque a usura, decadimento e consumazione;

“Io ero come tu sei, tu sarai come io sono”, ricordava il cranio dalle orbite vuote, deposto su un altare, a monito;

ringraziamo di quel che c’è, a non dover dire,, come il poeta: “Potea, non volle; or che vorria, non puote”.

E, se non messo in pratica prima, a dolerci ed essere causa del proprio male, quando avremo di ritorno la stessa indifferenza, se non imbarazzo e vergogna, di chi a percorrere la tratta dei nostri tempi felici, quando condizionati a evitare gli “untori” del mondo di bella facciata.

Dietro, niente.

Rita e i suoi fratelli, e le sorelle sono come il maestro Manzi di mia vecchia memoria: a insegnare.

Come quel piccolo grande uomo, che aiutò, con le prime trasmissioni televisive, a sconfiggere l’analfabetismo in Italia, anche noi dobbiamo guardare e ascoltare, per il nostro, di analfabetismo di ritorno.



Si è toccato anche il tema dei suicidi, così attuale nel nostro paese, oggi a sofferenza di valori e non solo quelli bollati o monetari.

Manca fede e fiducia, ci si sente spogliati di dignità, quando la boccia in cui si nuotava (lavoro, attività, famiglia), si frantuma.

L’uomo, più che la donna, condizionato a sentirsi colonna portante per l’amata e i suoi figli, cede alla disperazione, quando privato delle “protesi”, che ne aumentavano altezza, forza e prestanza: i soldi, quelli che gli hanno sempre detto fossero la soluzione a sconfiggere le basi della piramide di Maslow; l’occorrente per vivere. E sentirsi vivi.



Anche qui, Rita ci ha scosso.



«Ma che suicidio d’Egitto (… scusa Cristiano, questo ce l’ho messo io, per vedere di strappare un sorriso)! Anch’io, prima della disgrazia, andavo a dire che, nella vita, avrei accettato tutto, ma non di rimanere in carrozzina… ed eccomi qui!»

E via a spiegare come, di necessità virtù, lo scoprire nuove strade, nuove potenzialità, un riorganizzare le armate in base al nuovo disporsi dell’avversario e delle avversità.



Rita sì, può dire “Cogito, ergo sum”.

Con la testa fuori dalla sabbia, il nemico l’ha affrontato e sconfitto.

E la carrozzina, come un carrarmato di Rommel!



Per un momento, senza che lei lo potesse mai immaginare, mi ha sferrato un terribile diretto, rafforzato anche da uno dei partecipanti, toccato come me: quando ha parlato del “Giardino degli angeli”;

uno spicchio nel cimitero di Roma, voluto dall’associazione “Difendere la vita con Maria”, per tenere ricordo e sepoltura anche quegli sfortunati esserini, espulsi dalla vita.

Prima che io nascessi, era – doveva essere – Marina.

La mia sorellina.

Morì alla nascita.

Cara sorellina… Marina… un bacio.



E te, Rita: sei stata come Pietro Micca, quando ha acceso il fiammifero nella polveriera!



Marina… i feti… assenze, numeri mancati, buchi nel registro delle presenze.

Si possono tappare con…i turchi.

Monti, il nostro “Professorino”, maestro della statistica del pollo, chiama Erdogan, il loro “babbo”.



«Mamma, lì turchi!!»



Si, sono tanti e figliano come conigli: importateli e moltiplicate!



Ah, il Marietto - arido mezzzemaniche - che cima, che acume: sessanta milioni di polli… uno per ogni italiano. La statistica… l’arte di mentire con i numeri!



Matematica elementare, tra spizzichi e… Bocconi.



Grazie, Cristiano.

E grazie a te, Rita.



Forse ancora per molto, da noi, la crisi resterà demografica, quando la soluzione è sempre lavoro e speranza;

da qui, la fiducia nel generare, perché dignità nella famiglia, fede e fiducia di avere i mezzi per non costringere quegli esserini a soffrire, quando non in condizioni di avere ragionevole sicurezza di pane e futuro.



Giusto? Sbagliato?

Non so, ma tant’è.

Tanto, dopo il Viagra e il Cialis, arriveranno i turchi!



Io, secondo me... 11.05.2012

lunedì 7 maggio 2012

Ammi… ragli




Ebbene sì: il primo fu Dio, a volerla!



Un sogno nel cassetto, quel naviglio, ma certo premio meritato: sei giorni di massacrante lavoro per plasmare dal nulla, dall’atomo all’universo, dai monti al mare.

Il settimo giorno, riposo;

cosa migliore di una gita, a solcare acque e costeggiare terre, a rimirare opere di faticato creare.



«La barca! Mi sono dimenticato di creare la barca!»



Poi, il lampo di genio: aveva o no creato l’uomo… perché non farne braccio di propria mente?

Detto fatto, ci parlò.



«Noè, tu sei il prescelto. Ascoltammè: mò devi farmi una cosetta…»



Quello, beatamente sotto il sole del deserto, sdraiato sul telo cammello, con un bel bicchierone di latte di capra e un piattone di chicchi di mais abbrustoliti, ebbe il presentimento di una fregatura.



Si guardò attorno: non c’era un buco libero;

tutti, approfittando della bella giornata, si erano concessi la gitarella fuori porta: tintarella, sabbiature, bambini che creavano piste per le biglie o giocavano a palla, donne che mostravano le caviglie, venditori che offrivano cocco e bomboloni ripieni di marmellata di datteri.

“Il prescelto” si guardò attorno, dove sembrava che tutto il genere umano si fosse riunito in quel francobollo di terra.



“Il prescelto… che culo!”, pensò il povero Noè, badando bene però a non far trapelare la sua delusione.



«Signore» tentò di schivare il poveretto «io non sono degno di…»



L’avesse mai fatto.



«Poche storie, lazzarone! Tè ti ho scelto e tè lavori: martello e chiodi, prendi nota e datti da fare!»



Noè trovò grazia agli occhi del Signore…e le istruzioni di montaggio;



“…in legno di cipresso; a piani: inferiore, medio e superiore. Divisa in scompartimenti e spalmata di bitume dentro e fuori; cubiti trecento per cinquanta per trenta […] un tetto e, da un lato, la porta d’imbarco”.



Tutti lo presero per i fondelli, spernacchiandolo dall’alto della groppa delle loro “nave del deserto”, il cammello.



«Vi venisse un accidente… li mortacci vostri!» augurava a tutti il miserello bistrattato.



Tranne che per i terricoli, Noè si vide accontentato, come il Signore per la barca.



Da allora… tanta acqua è passata sotto i ponti, ma la barca rimane il sogno e il segno distintivo di e per eccellenza.



“… in acciaio; scafo suddiviso in tredici compartimenti stagni da paratie verticali e sei ponti in senso longitudinale. Lunghezza 181 metri, larghezza quaranta; quattro turbine a gas e due alberi motore, dotati di eliche a cinque pale fisse, velocità massima di trenta nodi”.



“Tuttoponte”, nel senso che è una vasca da bagno con sopra un asse da stiro.

Pomposamente la si chiama “portaerei”, nel senso che - come la gemella che le è stata affiancata -imbarca una manciata di aeroplanini: per le dimensioni “sparagnine” della pista, solo del tipo a decollo e atterraggio verticale, che altrimenti mancherebbe… la terra da sotto i piedi.



Ecco “Beppe” e “Camillo”, naviglio italiota che si vorrebbe punta di diamante e insieme fiore all’occhiello di virilità scarsa ma sostenuta da protesi di galleggiamento.



La vetusta Garibaldi, “classe 1985” e la “badante” Cavour, “classe 2009”: in giro a gongolare e dondolare sulle onde, giusto per far scena.



Sarebbero delle perfette scialuppe di salvataggio, per le vere portaerei, come la sovietica “Admiral Kuznetsov” o l’americana “Nimitz”;

a confronto, come il moscerino spiaccicato sul parabrezza di una macchina da corsa.



Le nostre servono a niente, costosi gingilli da esposizione;

basterebbero pochi barchini di Pasdaran pieni di esplosivo a farle affondare, quando e più semplice in un conflitto con nazioni più agguerrite e fornite degli ultimi ritrovati della tecnica d’affondo.

Insomma, hanno le stesse opportunità di cavarsela delle guardie svizzere, armate solo di alabarda, contro un Drone americano!



La “garibaldina” ormai è “carne” da macello: buona da rottamare;

la “Camillina”, costata un miliardo e trecento milioni di euri, ne “ciuccia” centomila al giorno solo stando all’ancora; il doppio, quando si fa il giretto da parata.



«Aspettiamo gli F-35 a decollo verticale… dopo sì, che sono cazzi per tutti!» rispondono piccati gli Ammiragli.

Anche qui, se la cosa dovesse andare… in porto, ci costerebbe un’altra valangata di soldi e le prove deludenti promettono sfaceli, sì, dove il guadagno a chi se ne assicura manutenzione!



Ste barcarole “formato tascabile” sono solo gusci di noce, libido per marinaretti decorati e guarniti di medaglie.



Nel giocare a soldatini, sembra urgente avere simboli muscolari:

F-35, nuovi carrarmati semoventi da 155 millimetri su ruote motrici invece che cingoli, da affiancare ai settanta dello stesso calibro, mai usati;

Gallonati di ogni arma battono i pugni, digrignano i denti e sporgono i menti volitivi.



«La difesa non si tocca!»



Se proprio vogliamo tagliare, mandiamo a casa la truppa, ma la ferraglia no!



Sacrifichiamo quindi tagli di carne, ma teniamo la carta: barchette e aeroplanini.



Le urla incazzose salgono al cielo.



Ammi… ragli!

  

Io, secondo me... 07.05.2012