giovedì 26 gennaio 2012

Beppegenesi

Picinin brut e catif

C'era una volta...
beh, non fu sempre così;
e Dio creò il cielo e la terra, e gli alberi, gli animali, i mari e il firmamento.
Ah, già...e l'uomo.
E lo chiamò Beppe.

Non venne proprio bene: tozzo, rotondo, stempiato e con un bel naso pinnato...una frana!
No, non fu cosa buona e giusta.
Al secondo tentativo non gli andò meglio: migliorò la forma, ma perse in sostanza;
deluso, buttò nella pattumiera tutto il cucinato.

Anche il peggio passò alla storia: dall’ammutinato Lucifero alla coppia di fessacchiotti, l’Adamo ed Eva, che persero il Paradiso per una mela ma, ancora oggi, li si ricorda;
come per il Caino, che accoppò il fratello perché era un gran ruffiano e cercava sempre di far bella figura con il principale.

Nel bene e nel male, tutti si trovarono una comoda sistemazione ed ebbero sprazzi di luce a illuminarli.

Solo il Beppe non capì: perché, per cosa, i due Cherubini, prima gli sfiammarono il culo con delle spade ardenti, poi lo calciarono fuori dal locale.
E di lui nessuno mai portò ricordo, che anche per quel Caino Dio ebbe a raccomandare di non toccarlo, ma il Beppe no: “E Dio disse «Sia zerbino!”; e sotto i piedi rimase.

Da allora, in qualche modo gli riuscì di generare, di rimbalzare prole da riproduzione all’altra, di mantenere traccia del primo orrore - se non errore - del Divino Creatore.
Scampò al diluvio: catalogato come animale, fu imbarcato e accoppiato a una femmina di gorilla.
Emerse dalle acque, gli riuscì di stare a galla, mai in prima fila, neppure tra le quinte: la maglia nera della staffetta evolutiva, addirittura dietro a Fantozzi!

Passarono i giorni, si alternarono le notti e il rincorrersi del sole con la luna.

La soluzione omeopatica chiamata Beppe, sempre mantenne il suo profilo: basso mai, visto il naso, ma certamente assai piatto, di nulla spessore.
Seppure primate, con il primato del primigenio avo, a essere stato modellato dal Padreterno, nulla rimane di tanto, oscurato addirittura dalla fama demoniaca di personaggi sanguinari: da Gengis Khan sino ad arrivare a Hitler, Stalin e Mao.
Quasi che l’importante sia sempre al servizio del detto: che se ne parli male, che se ne parli bene, l’importante è che se ne parli.

E del Beppe, nisba!

La stirpe del Beppe strinse i denti, e andò avanti, sul saggio “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia!”.

Passarono i giorni, si alternarono le notti e il rincorrersi del sole con la luna…sino ai giorni nostri.

Un altro Beppe occupa quest’angolo di tempo, sempre fedele al destino degli avi.

“[…] Edgar era stato dimenticato dall’ospite precedente, nella camera d’albergo di Werne, nel Land tedesco del Nordreno-Vestfalia; si era mimetizzato talmente bene sulla carta da parati verde della stanza, che il suo accompagnatore era ripartito senza rendersi conto dell’assenza”.

Edgar è un camaleonte…tenera e simpatica bestiolina, abile nel confondersi nell’ambiente che abita.

Beppe ne provò subito simpatia e complicità: qualcosa li accomunava.

SI ricordò un’esperienza simile, al lavoro;
attardatosi in ascensore, fermandola per aspettare l’arrivo di due suoi importanti superiori, schiacciato sul fondo per lasciar loro spazio, fu ignorato: quelli continuarono nella conversazione, senza minimamente avvertire la sua presenza, e sbarcarono lesti dalla cabina appena al piano.

Il Beppe guardò attentamente le pareti: erano grigie.
Come Edgar, su altro colore: confuso nella tappezzeria.

Nel momento invece, che la disgrazia può essere d’aiuto, non funziona: se la fortuna non lo vede, la sfiga, chissà perché, chissà come, lo punta sempre bene.

Sfig(ur)ato nella carne, Beppe cerca riparo nello spirito, nelle parole del Padre Superiore:

“[…] Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò”.

Rincuorato da questo, commosso, con la lacrimuccia che spuntava dall’occhio, rivolse lo sguardo al cielo.

«…a sua immagine…allora….allora…tu sei bello come me!»

“Una forte scossa di terremoto è stata avvertita poco dopo le nove a Milano; paura nel Nord Italia”.

No, forse non è il caso di prendere sempre tutto alla lettera.

Beep…beep…beep.

Ussignur, è arrivata una Mail.

“Causa scossa di terremoto, s’invita il personale a non usare l’ascensore”.

«No, no…non la prendo, l’ascensore» mormora il Beppe.

Tanto poi non lo troverebbero.
Come per il povero Edgar.

Picinin, brut e cativ…piccolo, brutto e cattivo.

Io, secondo me...26.01.2012

Pane e brioches

martedì 17 gennaio 2012

Parenti dei Boeri

«C’è del marcio in Danimarca!» dice il principe Amleto, nell’opera di Shakespeare, a presentare una situazione dove impera disonestà, delitto, corruzione e mercimonio.


“Ubi maior minor cessat”... dove il maggiore, il minore decade;
detto terra-terra: alla presenza di peggio, ogni altra disgrazia è nulla.

C’è della merda in Italia!» dico io.
Ubi maior...

Mica scherzo e non mi riferisco alla disastrata e dissestata situazione economica dove, dopo averci galleggiato sopra, ora siamo in ammollo, prossimi allo sprofondo.
Visto abbondanza stercoraria, c’è chi, facendo di necessità virtù, ne contende alle mosche uso: Romeo Castellucci, regista.

Piatto ricco, mi ci ficco!

Romeo, ronzinante e in volo pindarico sull’escremento, meglio del Cagnotto tuffatore, parte in picchiata e vi si getta.

Come don Abbondio, come quello amante del “vincere facile”, tira schioppettate alla Crocerossa;
o, almeno, non proprio quella, ma l’equivalente, che sempre croce è: quella del povero Salvatore.

Gesù, Giuseppe e Maria, salvate l’anima mia!

«Beghine rincitrullite, baciapile!» tuona il Romy «tutta robaccia, quella: è ora di togliersi i guanti e mostrare pugno di ferro!»
Beh...togliersi i guanti forse no, dovendo ficcarci dita nello “spantegoso”, “cioccolatoso” surrogato della Nutella, ma saccheggiarlo senza misericordia e risparmio, questo si.

Dalla raffinata Francia - dopo i formaggiosi Roquefort e Camembert, Beaufort e Brocciu, Brie e Picodon, gli “Sciampagnosi” Dom Perignon e Moet & Chandon, i Cognac, le favolose “Escargots”, la ghiotta “Soupe d'oignons”, il tradizionale “Boeuf bourguignon” e il maestoso “Chateaubriand” - finalmente una ventata d’aria nuova.

La “merde”, del Maître & Chef Romeo!!

Signori: dopo aver spopolato - sarà per la puzza? - dai galletti d’Oltralpe, finalmente - e sotto il naso della Madunina indorata del Domm de Milan - arriva, al Teatro Parenti, lo spettacolo “Sul concetto di Volto nel Figlio di Dio”, dove il faccione di “Salvatore” è come per i gioppini dei Luna Park: da tirarci addosso.

Unica differenza: per quei pupazzetti si usano le palline, per centrarli;

Salvatore invece ci mette la sua, di faccia.

“Alla fine della rappresentazione il volto di Cristo è imbrattato di liquami, che richiamano gli escrementi di un anziano accudito dal figlio”, si legge.

Bestia, che spurgo...accidenti, che sbroffi: più che olio di ricino oggi servirebbe l’Imodium, per simili scagarazzoni.
Più che successo, il Romeo si siede sugli allori e... sul cesso, a cercare fama e imperitura memoria.

Come per tutti i grandi “artisti”, Romeo si sente incompreso dallo “zoticame” di bassa estrazione, dipendente e assuefatto all’incenso degli altari;
non si capacita di come siano così trogloditi, tanto cavernicoli, scimmieschi, da non vedere quanta luce lui - moderno Prometeo - porta loro in dono.

Vabbè...proprio luce no...cacca, ma sempre parte dell’umanità.

Ovviamente lui non si sporca le mani...non scende tra quel bestiame incolto e rozzo: ad ammaestrarli ci manda e si raccomanda ai sottopancia, alla “Manovalanza di bottega”, ai “Magutt”, agli incazzosi partigianelli della rivendita sua.

Ruth Andrée Shammah, direttore artistico della baracca, minaccia e tuona di portare esposto in tribunale, per “minacce al Parenti e alle persone che lo rappresentano”.

Che miserabile e miseria di reazione;
di che cazzo ha paura: mica ha messo al tirassegno la faccia di Maometto, le pagine del Corano o l’evocazione di Allah.
Allora sì, che gli avrebbero fatto una “Fatwa”, equivalente alla licenza di uccidere di James Bond, dove rischiava la cotica, sgorgata la giugulare e la testa scardinata dal corpo!

Invece, per tanto e da noi, neppure più una scomunica, una messa all’indice.
Tant’è, che il tutto ha avuto pochi, sommersi e soffocati pigolii, come per il massacro dei Cristiani:
bastonate che ormai non lasciano più segni, tanto la pelle del nostro stato di coscienza ha fatto callo!

Peggio;
“Shammahnnata” ribatte, contrattacca e minaccia, anche alle poche lagne.

«Se io scateno i social network, capite cosa succede?»

Come per il Centurione Massimo Decimo Meridio, l”Ispanico” de “Il gladiatore”, eccoci al:

«Al mio segnale, scatenate l’Inferno!»

Dopo “el sciur” direttore artistico, scende in campo anche un altro, della scalcinata armata Brancaleone:
Boeri.

Non i cioccolatini, con il cuore di ciliegia galleggiante nel liquore.

L’altro, con il cervello fluttuante nel vuoto pneumatico.

«Gli attori lanciano finti escrementi contro il volto di Cristo» dice, come se la “Finta merda” scagioni l’atto dal dover offendere la “Sensibilità”dei Cristiani.
E già: perché si è scoperto che anche loro hanno una “Sensibilità”.

Non solo quella dei figli dell’Islam, a cui abbiamo sacrificato - a casa nostra - usi e costumi - Crocefissi, Presepi, campane - per non crear loro turbe patologiche.

Altrimenti menano.
O applicano il sistema “Theo van Gogh”, prendendo per la gola...e non per ingolosire.

«[...] mai ostacolare la libera espressione dell’arte e la libertà» continua lo Stefy Boeri.

Stefanuccio nostro è evoluto, con ampia visione d’idee e del dove si trova il “Bel sol dell’avvenire”.

Si sintonizza e...”Ruthta”, Shammah:

«Questa non è un’offesa alla religione, ma uno spettacolo cattolico, che è stato difeso anche da molti vescovi francesi.»

Non lo metto in dubbio: i mosconi amano il pasto che la natura gli ha assegnato in dote.

Si vede che quei vescovi hanno molto da donare e in dotazione.

Non posso auspicare a tanto ciarpame quanto era d’augurio per Luke, in “Guerre Stellari”: La forza sia con voi.

Ma, da semplice Beppe, con tutto il cu..ore:

«La popò sia con voi!»


Io, secondo me...17.01.2012

Capitan Fracassa

lunedì 16 gennaio 2012

giovedì 12 gennaio 2012

Caccia al Leopard

Frettolosamente scorro le pagine del giornale, con il biscotto in bocca, una zampa dentro la manica del cappotto e l’altra che cerca la valigetta, effetto di riflessi condizionati, che precedono l’uscita di casa per ufficio;

“Servono a difenderci da minacce attuali o potenziali”...

...accidenti, vuoi vedere che si sono decisi ad aumentare le forze dell’ordine sul territorio, a tutela della nostra pellaccia?
E vai!

Continuando la frettolosa lettura, ingoiando quasi per intera la galletta, l’occhio cattura una sigla: F-35.

“...‘azzarola! Sarà la squadra F-35”, mi viene d’istinto pensare: avranno formato un gruppo alla Rambo;
nerboruti e muscolosi molossoidi in divisa, da scatenare contro i malintenzionati.

“[...] 131 esemplari per una spesa complessiva di 15 miliardi di dollari...”.

Un poco carucci in questi tempi di vacche magre, e pure usando valuta estera.
Ma sicurezza e tranquillità non hanno prezzo: preservano la cotica dall’aggressione di tanta crudele e dilagante delinquenza, che ammazza e sparacchia senza misericordia;
magari solo per rubare l’arido portafoglio dell’ottuagenaria pensionata di turno.

Guarda guarda...c’è pure una scheda tecnica...

“[...] multiruolo di nuova generazione, adatto all’attacco aria-suolo [...] monoposto, a singolo propulsore, con ala trapezoidale”.

Qualcosa non mi torna.

Uhm...un Carabiniere o un Poliziotto “Multiruolo”...forse che, quando libero da altro, prepara il rancio, ramazza e lava le macchine d’ordinanza?
“Di nuova generazione”...beh!
Se è “Multiutilizzo”, certamente è qualcosa di nuovo, un salto evoluzionistico, per ampliamento e alternanza di ruoli;
“Adatto all’attacco aria-suolo...monoposto... a singolo propulsore”...ci accontentiamo: nessun “Optional”, ma già quel che è di serie, basta e avanza.

MI lascia un poco stordito quel “con ala trapezoidale”, ma sarà certamente una modifica della divisa, che ne garantisce stabilità, agilità ed efficienza, come gli alettoni sulle macchine da corsa.

“[...] una delle varianti permette il decollo breve e l’atterraggio verticale”;

Ciumbia!
Eccoli disporre di diavolerie tecnologiche bestiali, che permettono di essere una via di mezzo tra Robocop e Iron Men!

“[...] lunghi 15 metri e mezzo, con apertura alare di quasi 11 metri possono raggiungere la velocità supersonica di oltre duemila chilometri l’ora”!

Capisco di aver preso un abbaglio mostruoso: nemmeno Terminator, Il cyborg, killer cibernetico inviato dal futuro, aveva tanto, per dote e dotazione!

Aerei...aerei da battaglia, null’altro che costosissimi giocattoli da guerra, questo è.
Con le toppe al culo e un piede nella fossa, siamo a dilapidare le ultime sacche di sangue per giocare ai soldatini.
All’iperbolica cifra, per dotarsi di tanta prolunga fallica, si aggiungano poi i salati costi della manutenzione, da farsi obbligatoriamente all’estero, perché gli Stati Uniti non vogliono condividere i segreti tecnologici con dei buzzurri di periferia come noi.

Milioni di lavoratori e pensionati - su cui è calata la scure e delle tagliole di un governo esoso, ottuso, miope e dal comportamento talmente prevedibile da essere banale, nel suo applicare salassi di vecchia farmacopea - sono a doversi baloccare con costosissimi aereoplanini.

Una volta ci fu chi, davanti alla fame del popolo, che chiedeva pane, s’arrischiò a prenderlo per i fondelli, con un bel «Dategli le brioches!»
Salvo poi beccarsi i tagli ghigliottineschi, differentemente dal “Popol bue” d’oggi.

Come minchia si fa ad avere faccia di me...tolla, tanto da difendere una simile scelta - quando metà paese piange e l’altro gli passa il fazzoletto, zuppo di lacrime - e cercare di dar d’intendere che è un affarone, non so.
L’unica spiegazione sta nel solito voler pensare male, che saggezza ed esperienza di lungo corso insegna comunque non essere mai abbastanza, che la realtà supera sempre ogni fantasia: la cresta!
Qualcuno c’ha avuto una scodellata di pastone nel trogolo, e non vuol rinunciare a tanta sbobba per accoppiarsi ai buoi, sempre più magri, a far pariglia tirocinante di carretta.

A Milano si dice "dùra guèra, che mì resìsti”, ovvero, continua la guerra che io tengo duro, augurio d’ogni armaiolo...fin che c’è guerra c’è speranza, per i fabbricanti di bombarde.

“[...] Servono a difenderci da minacce attuali o potenziali [...] l'acquisto serve a mostrare credibilità, anche nell'ottica delle missioni internazionali [...] esistono ancora minacce che devono essere affrontate con un’adeguata capacità militare”.

Che cavolo sono ste “minacce attuali o potenziali”?
Forse la Francia, per l’invasione dei formaggi, dal Roquefort al Camembert, dal Beaufort al Brocciu, dal Brie al Picodon?
O dalla Svizzera, per cioccolato ed orologi?
Forse la Germania, per patate e crauti?

Balle!

Noi siamo colonia di collocamento, fonte di pastura e grasso che cola, per venditori di chiavica bellica.
Da soli, con tutta sta ferraglia, faremmo paura quanto la zanzara all’elefante.
Su tutti i fronti bellici, dove siamo, facciamo le belle statuine, le comparse, che le castagne dal fuoco le cavano quelli che c’hanno l’armeria, non il ripostiglio dei petardi!

La prova di tanto speculare sulla pelle d’altri: la Grecia.

Ormai economicamente agonizzante, prossima a ricevere l’Olio Santo per l’Estrema Unzione, si trova costretta, a comprare dalla Germania, pedine da Risiko: 170 panzer Leopard e 223 cannoni semoventi corazzati tipo “M”...M di “Mazziati”, che cornuti sono già, avendo dovuto scucire palanche per rendere ancora più gonfio portafoglio e culone della Merkel!

Bella coerenza, bello proprio lo spirito di corpo, quella che pomposamente si vorrebbe fosse “Unione” Europea, visto come si cazzia un paese lasciato a sè, quando attaccato dagli speculatori, salvo poi usarlo per collocare Caccia e Leopardini, ingolfando così propria pancia per poi voler fare morale e pontificare a sfortunati, reietti e paria; tranne quando ancora hanno qualche spicciolo da spillare.
Pro domo propria.
‘fanculo questa Europa;
‘fanculo le Iene Ridens: i Sarkozy e le Merkel.
‘fanculo pure gli F-35, per “Difenderci da minacce attuali o potenziali”;

l’unica minaccia arriva dai pannicelli lardosi, di chi è a succhiar sangue e linfa, a quanti già abbondantemente avevano dato;
dove i passeggeri del vagone Italia non possono essere chiamati a pagare ancora il biglietto e ammaccature, che maldestri conduttori hanno provocato, nel far deragliare la locomotiva.

E, se di caccia c’è bisogno, basta l’archibugio caricato a sale, per impallinare e far bruciare le chiappe di tanti “Onorevoli” parassiti!

Io, secondo me...12.01.2012

lunedì 9 gennaio 2012

Biancorossoverde

Bianco, rosso e verde...a 215 anni dalla nascita, il tricolore ha cambiato faccia;

una mielosa leggenda voleva che, la triade tintoria, figurasse, alla nascita: il verde dei nostri prati, il bianco delle nevi perenni;
il rosso, il sangue di soldati e patrioti, morti in tante battaglie, per poter issare quel vessillo sull’indipendenza e l’unione di un popolo, sino allora sotto il tallone austriaco, occupante di turno.

Tolto lo zucchero a velo, più che una torta ci si trovò in mano un giro di frittata: presa come base d’impasto la coccarda della rivoluzione parigina, si scambiò solo l’azzurro con il verde, giusto per non fare un banale copia-incolla;
L’importante era mantenere il simbolo, lo scopo e il traguardo: mirare ad avere Giustizia, Uguaglianza, Fratellanza, sola garanzia di Dignità, Democrazia e Prosperità.

Il quel lontano 1794, due anime limpide e belle, copia delle tante che allora esistevano - Giovanni Battista De Rolandis e Luigi Zamboni - presero come distintivo il nastro della rivoluzione dei cugini, galletti d’oltralpe, per esaltare quanto ormai oggi si è perso per strada: Radici, Identità, Appartenenza, Fratellanza, Sacrificio, un Ideale.

I vagiti della neonata Italia riverberarono, dalla piana, dalle valli e dai monti.

Dopo 215 anni, la spianata e quella che c’è passata sopra, come uno schiacciasassi, e la valle è la depressione, creatrice di turbolenze ed ingoio dei nostri sudati risparmi.

Dai Monti...solo frane;

gli italiani vanno in bianco, sono al verde e con il conto in rosso.

Quelli a cui avevamo dato - incautamente - soffici poltrone e lucrose prebende, per amministrarci con oculatezza, hanno mostrato la corda, l’usura del tempo e la paralisi evoluzionistica, perdendo del tutto il contatto con i comuni mortali, fuori della realtà, ingessati e incollati al vecchio come l’intonaco sul muro.

Come a spurgare le fogne, ti ritrovi il rigurgito della tanta merda che hanno sparso;
come cicale, hanno saccheggiato la dispensa delle formiche operaie, avendo pure coraggio a venirci poi a dire «Bambole, non c'è più una lira», piccati, quasi fossimo noi i dissipatori.

Le piattole attaccano: al “Vox populi, vox dei”, ribattono con disprezzo: è solo “Populismo”, ipocrita e lecchina forma per dare contentino, assecondare e metetre silenziatore alle lagne d’ignorante, zotico, primitivo, brontolante e borbottante pentola di fagioli di “Popol Bue”;
e sorella sua, la “Demagogia”: frattaglia e mangime per alimentare sentimenti irrazionali, odio nei confronti del politico, da utilizzare come "capro espiatorio".

Praticamente, dopo essere stati messi a pastura ed ingrasso, pensando di farne sani e appagati gestori di portafoglio, ora sono a sentirsi vittime del fatto che sia rimasto nulla;
noi: ingrati, irriconoscenti, colpevoli di non comprendere i loro sacrifici ma, anzi, di volerli immolare sull’altare della crisi: il manovratore non si capacita del come, dopo aver deragliato, i passeggeri siano a lanciare invettive.

A loro, che hanno speso senza lesinare, “I migliori anni della vita”, per un popolo che ora li vorrebbe sulla graticola, per averlo reso in mutande.

Come per i tombini delle fosse biologiche quando, intasati e rimosso il tappo, rigurgitano i liquami, ecco apparire...il succo del discorso: i “Sistemi” Sesto, ”, i “Lascia e raddoppia”, i “Cazzo, non lo sapevo”.
Ecco il metodo con cui finanziare i partiti, per poter foraggiare la fame di posti da assegnare ai tanti “Compagni di merende”, sempre più golosi: compare qualcosa con soldi pubblici, pagando più del valore, salvo poi farsi dare sottobanco, dalla fortunata e complice controparte, una sugosa porzione del polpettone;
ecco pagare più del prezzo di mercato, strutture pubbliche - siano esse asili, scuole, ospedali, caserme, piscine, palestre e via andare - lasciando poi inutilizzato il tutto, quando ormai la famosa “Cresta” è stata fatta.
Ancora meglio: una volta che - abbandonati a intemperie, saccheggi e vandalismi - iniziano a dare segni di degrado, magari si riesce ancora a “pompare” altra linfa nel sistema, per il loro “risanamento”.
Una navigata, collaudata ma pericolosa “Catena di sant’Antonio”, le cui maglie ora stanno cedendo.

Lasciamo al ridicolo il terzo “Cazzo, non lo sapevo”: quel che si trova pagato la casa con vista sul Colosseo o le vacanze pagate, a 1500 Euri la notte, e ci rimane male, ma così di un male, quasi ad essere lui a scandalizzarsi, per questa “intrusione”, e non noi semplici mortaccioni di bassa estrazione.

Senza contare le mazzette, le bustarelle, che mai sono a passare di moda.
Ovvio che, chi le deve elargire, poi si rifarà sui costi, rovesciandoli - come la spazzatura gettata dalla finestra - sulla testa dei soliti noti: ingrato popol bue, intriso di demagogia e populismo.

Tanto sconquasso, l’uragano, la “Tempesta perfetta”, si è poi più avvitata, prendendo vigore e slancio ed abbattendosi sul fragile castello di carte su cui si teneva l’economia globale e globalizzata, dove è bastato abbatterne una per veder cadere il castello.

Era il 2006, quando dal paese di Mr. “Yes, I can”, arrivò - attraverso la cartolarizzazione dei crediti junk, spazzatura, le società americane fecero da “Untorelli” - polverizzato e spalmando sul resto del mondo
la nuova “Peste Nera”, che ammorbò ed avvelenò le borse e le economie di tutto il mondo: i “Mutui subprime”, concessi alle persone meno abbienti e con elevato rischio di mancato rimborso delle rate;
improvvisamente si ebbe modo di capire quanto le banche hanno fatto “pipì fuori dal vasino”, rivelandosi gonfie di carta straccia, con il classico gioco del cerino dove, una volta consumatosi, sono rimasti scottati: l’aver comprato debiti, poi non più esigibile, le fece, chi fallire, altre sull’orlo del tracollo e tante a traballare e, le più fortunate, con ferite ancora aperte.

Giusto per mettere in piazza anche le mutande sporche di chi gioca e ha giocato al maestro: traditi da giudizi entusiastici, emessi dalle agenzie di rating, che garantirono ottimo un paniere che conteneva anche bond garantiti da quella “munnezza”, dove si gettò a capofitto anche chi non doveva: gestori di fondi pensione e fondi obbligazionari in cerca del “Vincere facile”, invece della sicurezza di bot, btp o pronti contro termine.

Su tanto, giocato con tecniche - come dicevo - a mezzo tra catene di sant’Antonio e passaggi di cerini, ecco innestata l’incapace, ottusa, fragile e cieca gestione di quella che doveva diventare la Comune Casa Europea, dove due galli sognano di occupare l’intero pollaio, incuranti di cercare di salvarsi assieme collaborando e diluendo costi e benefici, dove non c’è matrimonio e amore, “fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia”, ma nel “Pro domo mia”, a favore della mia casa.

Tutto quanto messo assieme, giocando di sponda ed abbattendosi, come la boccia sui birilli, ha scompaginato tanti maestose costruzioni, edificate sulla sabbia, giganti appoggiati su piedi d’argilla.

Noi, eccoci allora inadatti al gioco: mazziati e cornuti, da un nanerottolo francese, che ha scatenato una guerra di scippo, su territori dove avevamo quasi il totale controllo d’estrazione di gas e petrolio.
La crucca teutonica che, come la - nel suo caso - “Brutta addormentata nel bosco”, pisola per un paio d’anni, lasciando sfilacciare la catenella Grecia, dissanguata dall’attacco di speculazione, dai morsi dei predatori, allontanandola dalla forza del branco per cercare poi di riammetterla, quando la giugulare già spurgava sangue.

Oggi siamo a dover fare i “Compiti a casa”, sotto la verga di un nanerottolo malefico e di un Bradipo: la “Kulona” “mangiakartofen”.


Abbiamo i “Professori”, ci dicono; con loro andrà meglio, tutto si aggiusterà, quasi fossero novelli Messia, con poteri taumaturgici ed esperti miracolanti.

Nessuno sembra riconoscerli e riconoscerne attributi, quando eran sempre questi a far da “Consigliori” agli “Scaldapoltrone”, che li avevano come eminenze grigie, sulla spalla, come avvoltoi, ad insegnare aria fritta e come scoprire l’acqua calda.
Quelli aprivano bocca, ma in playback: muovevano le labbra in sincrono con una base, parlata in sottofondo dai “Professor Monti” di turno.

Ora, “Il re è nudo”: i “Sibillatores” sono ad esporsi, scoprendone banali doti e capacità e solito teatrino, a dimostrare quanto è diverso e funzioni la realtà dalla fantasia, il concreto dalla teoria - dispensata a Urbi et Orbi -da dietro una scrivania ma fessa, quando in prova strada.

Invece che procedere con saggezza e buon senso, partendo dai tagli e dando il buon esempio nel rigore sui propri, partono dal fondo: tassare qualsivoglia cosa, innescando il conseguente aumento di merci, prodotti, servizi, condotti ed indotti, distruggendo economia di famiglie e di classi, che erano ossatura, fondamenta e tessuto di un sociale, ora compromesso da tanti esperti del disfare, più che del fare.

Piuttosto di calibrare e calmierare le entrate sul prodotto e risparmio da tagli, lasciando l’organismo ad avere qualche energia di ripresa, subito ne hanno succhiato sangue.
Ora promettono una fatidica “Fase due”, che dovrebbe permettere al moribondo di battersi sul quadrato con un peso massimo, al massimo delle forze.

Sceneggiata classica: sguinzagliare i mastini nei luoghi di villeggiatura, a cercare evasori, basandosi sul fatto che ivi stavano facendo vita godereccia, sfoggiando macchinoni costosi come appartamenti.
Sempre, da quando mondo e mondo, simili giochetti ne hanno fatti: ai tempi del governo Prodi, avevano mandato i controllori nei porticcioli, a far censimento di barche da nababbo.
A parte che solo una misera parte dei cresi dell’italiota penisola era in quei posti, è come voler catturare sciami di zanzare con il retino per farfalle o svuotare il mare con il colino della pasta.

Il Monti-show si abbevera di tanto, come quando si disse pronto a rinunciare allo stipendio, sapendo che non lo poteva fare, perché così è disposto da rigide regole, per salvaguardare la casta da pericolosi precedenti;
Il Marietto deve prendere le palanche, salvo poi farne ciò che vuole.
Ma lui ben si è guardato, dal dire eventualmente a che opera benefica farne regalo.
Intanto, come da copione, anche la sua dolce metà recita, facendosi fotografare al mercatino rionale, in artificiale ed estatica posa, di chi guarda ottimista al futuro, tenendo tra pollice e indice un sano prodotto della terra; giusto il tempo per la messinscena del “Vedete, anche io sono comune mortale, come voi”.

Poveraccia.

Viva l’Italia, viva il tricolore!

E gli italiani...in bianco, al verde e con il conto in rosso.


Io, secondo me...09.01.2012

giovedì 5 gennaio 2012

E QUI TAgLIA

Ufo de Padulis

L'uccello Padulo, scientificamente Padulus Padulus, è come la materia oscura nell’universo: non si vede ma c’è, misurabile indirettamente per gli effetti che comporta.

Nell’immaginario del volgo, si dice abbia volo basso e radente, da essere quasi invisibile al rilevamento, come gli Stealth americani: insidioso al pari dei missili terra-terra, sembra abbia abitudine di colpire a tradimento e non vale stare chini per evitarlo;
anzi, peggio: sembra sia questa la posizione peggiore e l’effetto più dirompente.

Sull’italiota penisola ne abbiamo provato flusso migratorio più folto e da noi stormi interi si sono materializzati e sono a svernare.
Statisticamente, ogni italiano ne ha provato bruciante esperienza, come ad essersi trovati sotto sciami di piccioni in volo acrobatico mentre svuotavano i serbatoi.

Neppure il grande Alfred Hitchcock, nel film “The birds”, gli uccelli - dove immaginava centinaia, migliaia di corvi aggregarsi per attaccare la razza umana - o Don Siegel ne “L'invasione degli Ultracorpi”, mortiferi alieni replicanti, potevano mai concepire il peggio del Padulus Padulus.

Un esemplare ovaiolo della razza, da incrociare con specie autoctone, per rafforzare la razza - si è poi scoperto - è stato importato, dalla Francia e dalla Germania, da un certo Mario Monti;
ingozzato con Bocconi generosi, il Padulo ha sgravato felicemente - peggio che nell’invasione delle cavallette o delle formiche legionarie - gli ” Ufo de Padulis”.

“Ufo”, non perché Unidentified o Unknown Flying Object,oggetto volante non identificato;
l’abitudine sarebbe stata poi quella di vivere alle spalle degli altri, “a ufo”, come si diceva ai tempi delle costruzioni delle Cattedrali, dove sui materiali non si pagava tassa, perché “Ad Usum Fabricae”.

I Paduli non conoscono l’accezione “Do ut des”, io do affinché tu dia: sono dei buchi neri che, come i cannibali dell’Universo, ingoiano senza mai rigurgitare;
La capacità di creare ricchezza sociale ed essere valore aggiunto, è pari a quello delle piattole.
Prolificando come e più di conigli, “scarrafoni e ratti, hanno infestato intere...Camere.

Niente è paragonabile, nell’intera storia del paese, a tanti razziatori: Attila con i suoi Unni, la Peste Nera e Georg von Frundsberg con i Lanzichenecchi assieme, non sono riusciti a devastare quanto i Paduli.

D’improvviso, ignari di quanto fossero state rosicate e intaccate le fondamenta, milioni ‘italiani si sono visti costretti a puntellare la casa, pentiti dopo troppa obbedienza china a tanti parassiti di bassa lega, altezza e volo.
Ora, il Padulo non è intelligente per natura: ama covare scaldando la poltrona.
Per le decisioni, fa da risonanza: dietro, ci sono le vere eminenze grigie, i “Tecnici” quelli che “Sanno”, “Professoroni” e “Professorini”.

Per ammissione, uno di questi è a dire: “Quelli non sono certo tuttologi, ma ascoltano; e quando non sanno, c’è chi li aiuta e risolve le grane”.

Tanto hanno ascoltato, e quelli a suggerire, che oggi siamo con il culo per terra...dopo il passaggio dei Paduli e mortacci loro.

Ora che Ufo de Padulis si sente come la quaglia, lasciata libera in riserva, all’apertura della stagione di caccia, da impallinatore rischia d’essere impallinato;
ecco allora l’idea geniale: a bersaglio, ci mettiamo i “Consigliori”.
Operino loro, basta che non facessero mai mancare grana e granaglie, nella loro mangiatoia, come sempre abituati.
Ora, dopo il passaggio dei Paduli, siamo a dover prendere lezioni da quelli che, dopo aver provocato il crollo, parlano di ricostruzione.
Nell’immediato e in pieno inverno, eccoli a presentare logoro repertorio: tosare le pecore, sperando che, nude, riescano a superare la stagione e il pelo ricresca, per il prossimo raccolto.

Di togliersi, togliere e spennare Paduli & C., nemmeno a parlarne: abituati a far di conto nelle tasche d’altri, sono a gettare spugna, dichiarare incapacità e resa nel calcolare pastura e razione loro, a misura dei simili, di altre voliere, meno voraci e più produttivi.

Loro, come per i fili dell’alta tensione, sono pericolosi da toccare.

Speriamo in un cortocircuito e che...chi di Padulo ferisce...
...

«Mamma mia, che Incubo!»

Sobbalzando improvvisamente sul letto, madido di sudore, ansimo per l’agitazione e il terrore;

«Calma, caro: è stato solo un brutto sogno» mi tranquillizza, preoccupa, una premurosa mogliettina.

Mi alzo, lavo i denti, faccio la barba, prendo la borsa, le chiavi della macchina e vado per mettere le scarpe.

«Caro, ci sono quelle nuove, con la stringa!»

Fossi matto.


Io, secondo me...05.01.2012

mercoledì 4 gennaio 2012

martedì 3 gennaio 2012

Mario MoRti

Rivoluzione del cactus

Come per gli armadi, siamo al cambio d’abiti di stagione, anche per quella che fu la “rivoluzione araba” o “dei gelsomini”.
Scartato qualche capo un poco vecchio e tarlato, ecco, a far bella mostra di sè, quelli che erano appena dietro, nella fila.
Ovvio che lo stile non cambia, perché la pelle di chi li indossa è sempre quella, come del lupo, che perde il pelo ma non il vizio.
Solo degli emeriti babbei potevano credere nella baggianata illusoria di un mondo migliore, convertito all’idea di democrazia all’Occidentale, in realtà callificate e calcificate dove l’influenza della religione - più che della ragione - di Stato è unghia incarnita, viscosa e collosa bava di cozza sullo scoglio.
Il nostro concetto, di “Libera Chiesa in libero Stato”, non è esportabile, dove lo zoccolo duro concepisce solo un suddito stato - volutamente scritto con la “s” minuscola - immerso come una spugna in leggi, “più Allah che di qua”, nel senso della deriva che porta ad una divinità concepita più “padrona” che “Padre”, più di servitù che di servizio.
La massa serve ed è servita solo come da mandria: da aizzare, alla bisogna, contro ostacoli che, di volta in volta, si dovessero frapporre tra il delegato, l’illuminato e l’inviato del dio di turno e le sue mire.

“Tutto cambia, affinché nulla cambi”, sostiene l’esperienza di un affermato bizantinismo all’occidentale.

Ecco, solo qui c’è un contatto e si può dire che “Ogni mondo è paese”.

Sarà brutto ma, anche quando il boia indossa l’abito della festa, sempre di taglio e non di taglia si parla.
Da piazza Tahrir in Egitto, a Maidan Al Shajara, la piazza dell’Albero nel cuore di Bengasi, i mazziati e cornuti ritornano a prendere bastonate dai nuovi “padroni della melunera”, quelli che li hanno coglionati per scalzare i vecchi padroni del vapore.

Il pirlotto che s’è ribellato a Gheddafi e c’ha rimesso due gambe, prima incensato come “Eroe che ha dato metà di sè per la rivoluzione”, ora è a frignare che è “Senza un soldo, senza sussidio e neppure un grazie”.
Tanta grazia alle sue ed altre gambe però: il glorioso Consiglio Nazionale di Transizione si è affrancato, anche se la sua connotazione ora traspare...come una finestra infangata, come dice un altro rivoluzionario trombato, che sognava una cicciosa divisione del bottino, come ai bei tempi dei ladroni del deserto.
Gratta gratta, quando quelli che si sono fatti una pera saranno liberi dallo sballo, realizzeranno quanto del nuovo puzza di vecchio, ma sarà tardi: passata la festa, gabbato lo santo!
Nella “fattoria degli animali”, sempre resteranno pecore, al servizio dei maiali che, dopo aver scacciato il fattore, sono a rifargli il verso.

«Questo segna la fine di un lungo e doloroso capitolo per i libici. Ora hanno l'opportunità di determinare il loro destino in una nuova e democratica Libia. Uno dei dittatori più longevi non c'è più [...] Il coraggioso popolo libico ha combattuto per il suo futuro e ha sconfitto il regime e ora ha una grande responsabilità per costruire una Libia aperta, tollerante e democratica» disse la più orba talpa politica della Storia, Obama il bamba del “Yes we can”, convinto che bastano gli slogan a plasmare la realtà.

Una “ciofeca” peggiore di questa l’America non poteva eleggere, tanto è incompetente in politica estera, da essere ignorato da ogni terrorista e guerrafondaio che si rispetti, per nulla intimorito dagli isterismi di quello che reputano unl “Femminiello”, nell’arena del mondo, dove si affrontano nerboruti lottatori.
Svegliatosi di soprassalto, ai primi clamori e clangori della “rivolta gelsomina”, ha subito sputtanato la figura dell’Occidente, presentandosi come opportunista voltagabbana, trascinato dagli avvenimenti come la foglia caduta in un torrente, rinnegando quelli con cui, sino al giorno prima, era culo e camicia.
Peggio ancora: è stato menato con l’anello al naso, come la vacca al pascolo, dal “Nanerottolo Franzoso”, interessato a far scoppiare il casino in Libia solo per fottere il cugino italiota, compagno in quella che dovrebbe essere il massimo segno di fratellanza in un’ipocrita “Unione Europea”, nata senz’anima ed identità, ma solo per affermare supremazie “Cruccogalliche”.
L’”aiuto umanitario” agli straccioni della rivoluzione libica è stato “modesto”: le missioni sono state complessivamente oltre 26.200, delle quali più di 9.600 d’attacco.
Se facevano una guerra, allora, che cazzo sganciavano: la bomba atomica?

Oggi, dovunque si spinga lo sguardo, dall’Egitto alla Tunisia, alla Libia, si profilano i veri padroni delle stalle: dai Fratelli Musulmani ai più assatanati nel volere il ritorno alle antiche leggi degli avi, fermi a secoli fa, alla faccia di un’apertura ai grulli occidentali che, troppo attenti alle torri d’estrazione petrolifere, mai altrettanto all’innalzamento dei minareti - i manār, i "fari", da dove gli incitamenti dei muezzin - e alla “scarnificazione” delle altre religioni dall’ossatura del verbo incartato nel Corano, parola di Allah e del suo Profeta.

Rivoluzione del cactus!!

Io, secondo me...03.01.2012

lunedì 2 gennaio 2012

Salomè tedesca e salame Napolitano

Fumo negli occhi

“Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto si da al popolo l'illusione di essere sovrano: l'aggettivo di sovrano applicato al popolo è una tragica burla. Il popolo delega, ma non può certo esercitare sovranità alcuna”.

Tema: Sangue, sudore e lacrime.
Periodo temporale: vigilia di Natale 2011.
Protagonista: la sciura Elsa.
La tipa, al mercatino ortofrutticolo rionale, in posa per i fotografi, sembra guardare l’apparizione della Madonna, mentre tiene, tra pollice e indice un fruttino, tra lo schifato e la paura di schiacciarlo e macchiarsi il vestitino bello;
quanto di più artefatto, falso e in posa non esiste, nel ritratto della “Sciura” Elsa mentre si fa immortalare in quell’atto insipido e insulso, da comune mortale.

Pazienza, è questione di attimi, il tempo di qualche scatto ad uso del popolino: finita la sceneggiata, i cesti di Natale arriveranno a bizzeffe alla “moglie del capo”, da tutti i “lecchini” e fornitori del circondario, a permettere dispensa e botte piena, senza bisogno di sporcarsi più le mani e mischiarsi al volgo.

Come per i Faraoni, messa la prima pietra, saranno gli altri a sgobbare, per innalzare le piramidi.
Titolone sui giornali: “Sceglie con cura la frutta, alla vigilia di Natale”.
Tanti saranno invece, quando il mercato sbaraccherà, a “ravanare”, a raccattare gli avanzi e gli scarti di frutta e verdura, che persino i mercanti disdegnano di raccogliere sia pure da dare a polli, conigli o maiali.

La “Sciura" intanto è servita per l’edulcorata “scena educativa”, al popolo brontolone e ingrato verso chi si fa un culo così per lui, per averne ritorno solo ingratitudine d’ignoranti.
Miopi insetti, che strisciando non possono vedere il fulgido mondo che li aspetta, se solo ubbidissero e seguissero le aquile che sopra volano.

Il “teatrino” del mercato è servito, a dar impressione che anche i grandi soffrono e piangono per i mali del mondo, mettendo in scena la trama e il copione del “vecchio Benny”.

Con la possente mascella quadrata, che aggressivamente “scarrellava” all’infuori quando voleva dar senso di forza, unito alla virile pelata da pretoriano, aveva capito subito quanto valore poteva avere l’immagine, sia pure proiezione di miraggio, a far credere d’essere invincibile, grande e grosso, solo al gonfiarsi d’aria il petto.

Il Benito era proprio un artista, un genio nell’usare l’arte di fare lo “sborone”, nella forma gergale che identificava l’esibizionista, fico e gradasso;
insomma: il “bauscia”, il bullo, spaccone e smargiasso.
Chi non ha mai visto il classico filmato del Mussolini, al balcone di Piazza Venezia, a Roma:
Impettito, inamidato, ritto come l’asta di una bandiera, che guarda dal sopra in giù le formiche sotto di lui, facendo perno sul collo taurino, ruotandolo ostentatamente, con studiata lentezza;
il classico “mentone” spostato in avanti, come il rostro delle antiche navi romane delle guerre puniche, a dare impressione di voler speronare ogni cosa gli si dovesse parare d'ostacolo.
Oggi si ride, come al vedere un aereo nostro a confronto di quelli di compensato, con le ali di tela, ma allora il Benny fu caposcuola, l’apripista del metodo per impastare e modellare la mente delle masse.
Subito a ruota lo imitò il nanerottolo tedesco, non meno di lui maestro di sceneggiata.
Benito sembrava un piccolo dio in miniatura: onnisciente, onnipresente e onnipotente
Eccolo ai comandi di tutti i mezzi a motore: autista, motociclista, aviatore;
ma anche muratore, contadino, camicia-nera, maestro, artista, burocrate, poliziotto, giornalista, dottore honoris causa, enciclopedico professore, presidente, operaio, spadaccino, cavallerizzo, sciatore e tantissimo altro.
Memorabile a torso villoso e nudo, mietere e trebbiare, per la “battaglia del grano”, campagna lanciata durante il regime, per promuovere l'autosufficienza produttiva di frumento dell'Italia.
Cosa gli riuscisse tanto e bene, di tutto questo, dubbio c’era, ma tant’è: importante era la “percezione” che il popolo bue doveva avere del proprio capo-branco, che doveva rassicurare, tranquillizzare, rasserenare gli animi nell’incombenza della lotta e degli scontri.
Se il duce è così, è esempio, si vorrà mica che gli altri siano da meno, no?
Tra il comico e ridicolo fu l’iniziativa di Starace, segretario del Partito Nazionale Fascista: se faceva sport il duce, lo dovevano fare anche i gerarchi.
Bello la scena di smilzi e panciuti, macilenti e attempati sottopancia, usi - come i nostri d’oggi - a poggiar chiappe su morbidi cuscini, alla Camera e al Senato, prenotati per prove di salto radente dal trampolino, nuoto ed equitazione, superati siepi, carri armati, cavalli isolati e in pariglia, salto nel caratteristico circolo formato dai moschetti con le baionette inastate e salto nel cerchio di fuoco.
Bella fregatura il motto ducesco del “Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se mi uccidono vendicatemi”.
Il tirarsi indietro prometteva male, se non per chi aveva tempra di martire, nell’opporre l’ultimo «Me ne frego!» confortati dal fatto che meglio era “vivere un giorno da leone, che cent'anni da pecora”.

“Egli insegna così agli Italiani a non essere mai secondi, a raggiungere quella perfezione fisica e morale che Egli possiede. Il raggiungimento di questa meta dovrà essere ora, per ogni buon fascista, somma aspirazione, per il proprio bene personale e per quello collettivo della Nazione”.

L'individuo non esiste, se non in quanto é nello Stato e subordinato alle necessità dello Stato. Man mano che la civiltà assume forme sempre più complesse, la libertà dell'individuo sempre più si restringe.

A precedere il “Teatrino Elsa Antonioli”, ci fu quello del di lei marito: il Marietto.
Monti, per la casata e il blasone.

«Io allo stipendio di presidente del Consiglio e ministro dell’Economia rinuncio!»

All’annuncio, mi sono cadute le braghe al bagno: dove si trova uno che rinunzia a decina di migliaia di Euro, di questi tempi, dove gli “Onorevoli” hanno fatto falange, chiusi a riccio nel difendere stipendio da Creso?
Per un momento, ho avuto ammirazione, ricordando un ritratto che, la propaganda di regime pennellò sul ritratto del Benny:

“Egli insegna così agli Italiani a non essere mai secondi, a raggiungere quella perfezione fisica e morale che Egli possiede. Il raggiungimento di questa meta dovrà essere ora somma aspirazione, per il proprio bene personale e per quello collettivo della Nazione”.

Davanti a tanto, e alla moglie sua, accomunati ai comuni infelici terreni, mi venne da vergognare del mio eterno borbottio da pentola di fagioli, verso questi poveri cristi, come noi condannati alla disgrazia del tirare cinghia.

Possibile che gli altri della cricca abbiano lasciato la possibilità a qualcuno di darsi una zappata così sui piedi?
Poi gratto la crosta e vengo a sapere:
non si può rinunciare allo stipendio, che spetta alle cariche degli “Onorevoli”.
Si è “costretti” ad incassare lo stesso.
Poi, ognuno ne farà quel che vuole.
Già...ma il Marietto non disse che li avrebbe dati via: solo che “rinunciava”.
Giocoforza poi “piegarsi” alle barbare leggi, che lo costringono ad ingoiare tanto grasso rospo.

Caro Benny, tu sì, che facesti scuola!

L'individuo non esiste, se non in quanto é nello Stato e subordinato alle necessità dello Stato[...] la libertà sempre più si restringe [...] il popolo delega, ma non può certo esercitare sovranità alcuna”.


Cambia solo una cosa, dal Benito ai Monti: prima olio di ricino...oggi, vaselina!

Io, secondo me...02.01.2012