lunedì 31 agosto 2009

giovedì 27 agosto 2009

Scartabilia

Capisco che quel che andrò a scrivere è puro cazzeggio, delirio di una notte di mezza estate, bazzecole, quisquilie e pinzillacchere, tanto che vorrei mettere la classica scritta "Scemo chi legge" ma, comincia per me l'età in cui sempre più spesso mi sorprendo a parlare da solo, ad alta voce.
Onore a chi riuscirà a seguire i miei voli pindarici, sostenuti da oppiacee correnti ascensionali.
Scartabilia...Scartabilia non esiste, è un luogo di fantasia, tanto per dare un nome al posto che voglio descrivere: somiglia al cimitero degli elefanti, dove i grandi pachidermi, carichi di lune, finiscono i propri giorni;
oppure a Ragnarok, l'Apocalisse del mito nordico dove pure gli dei sono destinati a morire.
Ecco il macero, la mirabilia della carta stampata: Sic transit gloria mundi, così passa la gloria di questo mondo.
Il giornale esce dalla sua rotativa, depone le notizie e muore finendo, prima dell'imbrunire, nella pattumiera o ad incartare scarpe o pesce, dal calzolaio o in pescheria;
è un amico che mi spiace veder finire, ma è razione quotidiana, ovetto di giornata, da consumarsi fresco.
Diversa è l'agonica o prematura fine di un libro, al macello delle carte.
Scartabilia è il ventre che fagocita le tante uova di salmone, sfornate a milioni per permettere, almeno a poche, di sopravvivere e adempiere alla funzione della continuazione della specie.
Quanto ci soffro, maledizione!
Io, che sento stiletti infilati nel costato, quando vedo angoli di pagina piegati ad orecchio, tante per ogni intervallo in cui hanno fatto da segnalibro;
oppure coste strappate, da chi manipola il sacro e prezioso volume estraendolo dal gruppo usando l'indice, come al macello si sposta la carne con l'uncino: tirando, strattonando e strappando quella fragile costola;
senza contare chi lo spalanca nel mezzo, disarticolando fino alla massima apertura, a mostrare la cucitura ormai smagliata;
e le sottolineature a penna, gli scarabocchi indelebili, sfregi e cicatrici malevole, che schifano per la propria grossolanità.
Quel ricettacolo di pagine per me è amico, che m'accompagna nel mio cammino di vita e come tale merita rispetto, cura, amore, attenzioni.
Ognuno ha un profumo proprio, una personalità, un che da dare, un'anima.
Al ricevere o dare quel prezioso compagno, nell'offrirlo come nel ritirarlo, è bello leggerne i segni di chi lo ha avuto prima, vederlo invecchiare come e con noi, segnare e annotare con una matita dal tratto leggero; così le note, impalpabili ma visibili, come il fumo e la nebbia.
Ancor di più: al contenuto segue la voce del compagno, e le storie diventano due...o tre, quattro: ecco che, attraverso quella carta, io posso decifrare anche il mio prossimo, chi c'è passato, tra quei fogli.
Il libro, come una spugna, che s'impregna degli umori di chi l'ha usato.
Ecco chi ha notule secche e sintetiche, nervose, asciutte e magre, ma toniche, essenziali;
altrove, lettere rotonde e ben definite, segno di un ordinato modo di riporre e disporre della propria vita: un darsi disciplina e ritmo;
ecco il tocco della sartina, che cuce assieme concetti, sottolineando con un leggero filo di matita, e un numero a fare imbastitura, a legare richiamo in punti più avanti, quasi ad indicare scorciatoie per percorsi più veloci;
ecco il fiorellino secco ma ancor colorito, in genere cuore di donna, tenerezza di segnalibro;
o anche un piccolo e rigido biglietto del tram, talvolta un santino, uno scontrino, o un intermezzo dedicato a quella funzione.
Penso allo scrittore, quando riceve l'avviso del lutto, la lettera intestata della casa editrice:
"Oggetto: macero parziale di...", seguito dal numero di copie, titolo e autore "nell'ambito della revisione periodica del magazzino, abbiamo rilevato una giacenza eccessiva del titolo in oggetto";
a tanto, segue bolla di condanna a morte: "Vi informiamo pertanto della decisione di eliminare una parte delle rimanenze. Cordiali saluti...".
In gergo, le chiamano "Copie guastate dalla movimentazione", un modo elegante per anticipare l'epurazione che seguirà, quando, al "guastate" si sostituirà "avanzate".
Per lo più, sono sbagli di valutazione: atti di fede mai seguiti da processioni d'acquirenti e quindi, al "Visto si stampi" si sostituisce il "Visto si maceri";
la legge dell'evoluzione in questo caso è la sopravvivenza e la continuità del "Magazzino", l'organismo che non deve soffrire e soccombere a quel mostro onnivoro, che si chiama "Costi".
La formichina deve sparire, se ciò serve a mantenere l'equilibrio dell'intera comunità cui fa parte.
Ed allora, quando resa non significa rendita, ma restituzione d'invenduto, ecco il rogo: Scartabilia.
Come salme di un olocausto, ben impilati ed allineati, i nostri amici di carta aspettano d'essere cancellati;
l'abbiamo fatto anche per intere genti, anch'essi fogli da macero: cosa sarà mai a confronto, un misero pugno di pagine?
Eppure fa male, veder scomparire così la nostra valigia dei sogni, il tappeto volante dei nostri viaggi fantastici, l'aver camminato a fianco di Annibale, Alessandro Magno, Cesare, Napoleone, Aristotele, Socrate, essere entrati nelle loro case, negli accampamenti, nelle battaglie, nelle scuole.
- «Vi prego, risparmiateli. Donateli, vendeteli ad un tot al chilo, alle bancarelle, alle piccole catene dell'usato.»
L'occhio truce dell'editore mi guarda sprezzante, infastidito, come si fa per un moscerino noioso e facile da schiacciare sotto il pollice.
- «Beppe, sei un ignorante in materia: movimentare un tale commercio ha costi, che non portano benefici o rendite tali da giustificare queste scelte; morto un libro, se ne fa un altro. Il prestigio, signor Fontana, vale pure la lacca con cui si tira a lucido un catalogo con tanti titoli, a dar smalto e prestigio alla bottega! Alla fine, ancora fanno effetto speciale braccialetti, specchietti e collanine e lei, se lo lasci dire, è ormai un dinosauro del mercato.»

Qualcuno mi sa indicare la direzione per il cimitero degli elefanti?


Io, secondo me...27.08.2009

domenica 23 agosto 2009

Dall'amica Barbara, di cui sottoscrivo ogni parola

http://www.youtube.com/watch?v=00M3jBZw20s

sGASati

Dai, su, non meniamo il can per l'aia e piantiamola di fare come il nobile decaduto, che tiene etichetta e facciata, ma c'ha le pezze sul culo e mangia pane e cipolla;
Ci tiene per le palle, e se stringe ci fa ululare alla luna, il Gheddafi.
Siamo ridotti alla canna del gas e pure a quella della benza, senza contare che una miriade di nostre aziende si troverebbero con il popò per terra, se il colonnello dovesse ritirare commesse, appalti, concessioni e contratti.
Con la grande madre Russia, che d'inverno ci manda miscela e metano a intermittenza perché litiga con il suo vicino, che gli fa frega parte del prezioso nettare che vi transita, noi abbiamo bisogno di avere un altro rubinetto a cui attingere, in tempi di vacche magre;
e non dimentichiamo che, nel 1976, il tipo e la sua Grande Jamahiriya Araba di Libia Popolare e Socialista, con la provvidenziale iniezione di petrodollari salvò la nostra Fiat dal diventare una fabbrica di biciclette, altro che automobili e carrozzeria varia!
Una per tutte, la frase del sciur Agnelli, il Gianni, l'avvocato, come ci riporta il bravo Claudio Borghi, de “Il Giornale”:
- «Un'azienda non fa politica: si preoccupa del suo sviluppo; il nostro dovere è di prendere il denaro dove c'è!»
E, giusto per non andare tanto lontanoe rimanere ai giorni nostri, non si disprezzi le tante palanche del nostro beduino, che hanno fornito sangue fresco a ad una svenata Unicredit, una delle nostre banche più grandi, che con i suoi avventati cazzeggi finanziari ha rischiato di mandare a carte quarantotto gli accantonamenti di tanti nostrani risparmiatori.
Certo che non l'ha fatto per la nostra bella faccia: come si usa dire per il cane, anche lui non mena la coda per nulla, ma noi abbiamo un disperato bisogno che ci riporti almeno qualche osso che, anche così, di rogne da grattare ce ne restano comunque.
Certo che non ci smena, ma non sono i nostri soldi a cui mira, che è come se il barbone volesse dare spicci al ricco, ma molto di più e di più prezioso: la dignità.
Siamo la sua passatoia, lo zerbino su cui fare la marcia trionfale.
Oggi gli stiamo costruendo una autostrada, e pure gli abbiamo scucito qualche sacchettino di ori, per ripagare il suo paese dei danni di guerra, quella coloniale, alla ricerca di quello spazio vitale tanto cercato e caro al Mussolini, il duce Benito.
Inezie, quisquilie, pinzillacchere: con i lucrosi ordini, gli sconti sugli idrocarburi e i lavori dati alle nostre imprese, quel che ci costerà sarà abbondantemente coperto, azzerato e superato da ciò che riscuoteremo.
Quello era solo la gogna, l'esposizione al pubblico delle nostre vergogne, il segno di sottomissione, il riconoscere l'autorità del maschio dominante, l'aver marcato il territorio di modo che tutti potessero vedere l'abbassar d'orecchi e la cosa in mezzo alle gambe.
Così come la questione delle carrette del mare, della tratta dei disperati che fuggono da tutte le miserie dell'Africa e che il nostro cammelliere usa come arma di ricatto, usando il bastone e la carota:
- «Anche per questi c'ho il rubinetto dalla parte del manico: ballate alla musica del mio organetto o vi trovate le spiagge peggio di quelle durante lo sbarco in Normandia!»
Come l'asino alla macina, giù la testa e "tiremm innanz", andiamo avanti, o meglio, come amava ripetere lo scafato Andreotti, "L'importante è tirare a campare".
Alla prima occasione presenteremo le nostre "Vibrate proteste" o "Dure rimostranze" ma, dall'altra parte, basterà lasciare filtrare qualche barcone in più che, prontamente, ci zittiremo.
Ma dai, non siamo ridicoli: l'Eurabia è da un pezzo che se la fa addosso, rinnega le proprie origini e non difende la propria identità, il ricordo, il sangue, l'insegnamento , le esperienze e il rispetto dei propri padri.
Meglio un uovo oggi che la gallina domani, ed eccoci a mangiare il vitello in pancia alla vacca, come dicevano i nostri avi, ad indicare che il preferire il "poco, maledetto e subito", non darà neppure il tempo alle cose di dare i giusti frutti, secondo le stagioni.
Non allestiamo più i Presepi, così come cerchiamo di scalzare o accantonare i Crocefissi, si zittiscono le campane e si cambiano le leggi per non urtare la "suscettibilità" degli altri che, non dimentichiamolo, sono ospiti in casa nostra.
La classica arte dei compromessi e dei bizantinismi, che potevano funzionare quando giocavamo tra noi, ma ormai superati da gente che se ne sbatte di provocare, intasando strade per la preghiera o, peggio, spudoratamente e prepotentemente "okkupare" la piazza dove sorge il Duomo meneghino, espressione della nostra cristianità, scalzando dal selciato i cittadini e le poche forze dell'ordine presenti.
Ed eccoci a redarguire un povero cristo alla biglietteria del museo di Cà Rezzonico, a Venezia: ligio alle regole, non ha voluto far passare una deficiente intabarrata nel burqa che, impipandosene delle norme di chi la ospita, voleva ad ogni costo imporre del suo e passare lo stesso;
fino alla sceneggiata del burkini, la variante del burqa, quel tendone con la grata sulla faccia, che ora vorrebbero vedere indossato alle loro donne quando e qualora volessero andare sulle spiagge o in piscina.
Che cazzo credete: di paragonare quello straccio al solare a protezione totale?
Provocazioni ad arte, malizie da portinaia per dare impressione che noi siamo cattivoni, razzisti, xenofobi, a ribaltare la frittata e addivenire al classico piagnisteo: lacrima e maschera subito abbandonati quando sono a poter applicare la forza del numero e del branco.
Ormai coscienti di avere a che fare con giganti dai piedi d'argilla, al "chiediamo" hanno sostituito il "vogliamo";
ed eccoci a rimuovere i segni del nostro, a gestire mense secondo il loro e rivoluzionare le regole della sicurezza e salute, nella società e sul lavoro, per uniformarci al ramadan, alla sharia e a dover cambiare arredamento di casa perché a quelli non piace questo o quello.
E non menate il torrone nel classico "Non sono tutti così: quelli cattivi sono una minoranza".
Motivo di più per togliere la gramigna da subito, prima che diventi più numerosa dell'erba del campo.
Il mondo dell'estremismo arabo vive di sceneggiate, di "percepito" più che dell'evidente: i "segni" sono importanti, l'apparenza più della sostanza.
Anche il topolino, se si sente forte, può spaventare l'elefante, se questi si bagna nelle proprie paure.
Piantare una tenda a Parigi o a Roma come il farsi attendere da altri, non deve far credere che si ha a che fare con un tipo vanitoso o bizzarro, una macchietta o un simil-ridolini: quel che per noi pare comico o irrilevante per il popol bue è debolezza e ci vedono come la gallina spennacchiata, quella che, nel pollaio, è reietta e beccata da tutti.
E di quella, e della figura del pollo, tutta l'Eurabia oggi ne porta i sintomi e conseguenze.
Ebbene, basta...gheddafinirla, una volta per tutte!


Io, secondo me...23.08.2009

giovedì 6 agosto 2009

Cima di rapa

Ho dovuto correre al bagno, che me la stavo facendo proprio addosso;
"è l'età", dirà qualcuno "la vescica non tiene più come una volta e il pannolone per l'anziano è dietro l'angolo e l'incontinenza va a braccetto con la demenza senile".
Calma e gesso: ancora le tubature reggono, anche se si avvicinerà il tempo in cui dovrò declamare la vecchia pubblicità del cacio, che canticchiava "Se c'è la goccia è Gim!", indimenticabile e mitico richiamo alla cremosità di quel formaggio, che aveva e dava in quella lacrima la propria garanzia di freschezza.
No, la spremuta mi veniva dal troppo sbellicar di risa, così come il mal di stomaco per i ridanciani singhiozzi, e le lacrime agli occhi per l'estremo umorismo della situazione.
Colpa della Patty, che non è mia moglie, ma neppure la morosa di scorta o l'amante tradizionale;
la Patty è la Patrizia. D'Addario.
La "escort", quella di Berlusconi; non la macchina di fordiana memoria, ma la bipede femmina, quello che una volta si diceva "signorina dai facili costumi" e chissà perché, visto che il suo lavoro lo svolge esclusivamente con il vestitino con cui l'ha fatto mamma: la pelle, il pelo sullo stomaco e poco sotto, e basta.
Per chi ancora - anima candida - non capisce, Patty è della categoria delle "accompagnatrici": le paghi e ti portano in camera da letto, ma non per fare le pulizie, che la parola "scopare" intende sì l'uso di un manico, ma non di ramazza.
Beh, insomma: paghi, e invece di andare a "seghe e gazzosa", viaggi a "donne e champagne".
Il mio amico napoletano, a questo punto, sbotterebbe con un bel "Allora è 'na baldracca!"
E no, Nicolino: qui si sente che ti manca l'informazione e lo studio, che hai voluto troppo presto lasciare la scuola;
se la donna ti cornifica, è una sgualdrina, se ti "lavora" per pochi spicci è una troia, per un centone è una puttana, protagonista di un'orgia, per un filmino a luci rosse, è attrice, se la da al regista o al produttore è artista, e a salire, fino a fagocitare il tuo stipendio di mesi o dell'intero anno, caro Nicolino mio, vuol dire che rotta ad ogni trattativa, abile a venire a Patty...scusate, volevo dire: a patti;
a quelle altezze c'è la santificazione del prodotto e del mestiere, tanto che la categoria può...aspirare persino ad ottenere riconoscimenti altisonanti, tipo "cavalla" del lavoro.
In genere hanno una visione ristretta: più che a trecentosessanta, a novanta gradi, ma tanto basta per dire che la cosa non ha preso una brutta...piega.
Proprio il caso di dire "cazzi loro!", non fosse che poi arriva sempre quella che si monta.
La testa.
Patrizia docet.
- «Ho avuto in passato altre esperienze con uomini d'affari che chiedevano di lavorare con i politici, di destra come di sinistra».
Dov'è la novità: forse che le manovre e i cambi di mano le hanno fatto venire l'infiammazione al polso per sindrome del tunnel carpale?
Vabbè: si sa che in tempo di crisi bisogna andare di bocca buona ed ingoiare quel che si trova nel piatto.
La nostra eroina poi, la Patrizia, nel caso specifico lamenta anche promesse da marinaio:
- «Dopo essere stata» è il caso di dirlo«introdotta al premier da Giampaolo Tarantini, sono stata» oh, ritorno alle origini «degradata: da candidata alle elezioni europee a quelle regionali, dopo la decisione della moglie del premier, Veronica Lario, di chiedere il divorzio».
Ussignur com'è caduta in basso, poverina: degradata sul campo...rella.
- «C'è malcostume; il sistema è così: tutta l'Italia funziona così. Sono l'unica che ha detto la verità. Se altri dicono la verità forse c'è speranza che il sistema possa cambiare; se nessuno parla, chi cambierà il sistema?»
E già, che malcostume adamitico: meglio coprirsi, magari con una foglia di...fica.
Ecco che ancora un bue da del cornuto all'asino.
Anzi, no: è l'asina che la da al bue.
Mi rivolgo al caro Giuàn, amico meneghino di vecchia data:
- «Hai sentito la D'Addario, la barese con la cima di rapa, che ci da lezioni d'etichetta e galateo. Che gli rispondiamo?»
Giuàn mi guarda, incazzato nero:
- «Vada via el cù, Patrissia!»
- «Giuàn, ti ho detto di rispondere, di controbattere, di argomentare, non di farle un complimento!»


Io, secondo me...06.08.2009

talebani moderati e trattative alla "volemose bene"