mercoledì 30 settembre 2009

Obamalucco

"La donzelletta vien dalla campagna...
e reca in mano un mazzolin di rose e viole,
onde, siccome suole, ornare ella si appresta
...il petto e il crine".

Oddio, "le phisique du role", il fisico adatto al ruolo ce l'ha, il bell'abbronzato, l'Obama;
lungo, lungo, secco, secco, asciutto...difetta un poco di tetta, ma non di crine e, se usa il pelo come fosse velcro, i fiorellini ci stanno attaccati, come gli insetti sulla carta moschicida.
E già, pechè è sicuramente cosi che lo vede Ahmadinejad, l'Hossein Salami, comandante delle forze aeree dei Guardiani della Rivoluzione, l'Ali Larijani, presidente del Parlamento iraniano, Hassan Qashqavi, portavoce del ministero degli Esteri, il ministro della Difesa, Ahmad Vahidi e Mohsen Fakrizadeh - lo scienziato iraniano al quale il governo ha affidato il compito di progettare la testata atomica, da installare sul prepuzio del missile - e cosi via, fino a percorrere, in lungo e in largo, tutta la gerarchia missil-nucleare, che il Mahmud si porta appeso, come un albero le sue pere.
Che grasse risate e battute girano, da quando hanno sostituito George "dabliu" Bush con il Barak.
A casa sua, sa di fresco: profuma come il bucato appena steso, messo ad asciugare;
basta con quel sentore d'umido, di muffa e stantio, il pane biscottato e duro del giorno prima: l'America ha cambiato marcia, e si presenta con le rughe spianate dal botulino.
Come far entrare un fighetto nel penitenziario!
Similmente ad un passero in tempo di cacciagione, ecco l'implume svolazzare, con un rametto d'ulivo nel becco, nella riserva di caccia.
- «Ehi, Hossein: lo si impiomba con il Shahab 3 o proviamo Sajil?»
Mahmud doveva proprio avere le lacrime agli occhi dal ridere, mentre domandava al fido Salami quale supposta infilare all'ingenuo pollastro che, per la prima volta, usciva dalla sua riserva abituale;
infatti Obama non sa 'na mazza di politica estera, che per lui è un vergine buco nero ancora da esplorare.
Svolazza di fiore in fiore, gentil farfalletta, che a chi l'incontra non par vero tanta fortuna, di trovare un bocconcino così tenero da ingoiare, senza la fatica della lotta.
- «Pace, pace: pane, amore e fantasia», farnetica il nostro pulcino, svolazzando tra sciami d'avvoltoi.
Dal Bin Laden all'Ahmadinejad, dal boss degli Hezbollah libanesi, Sayyed Hassan Nasrallah ad Hamas, si brinda alla fortuna sfrontata:
- «Cumpà: chillo è fessacchiott, e pure 'nu poco scemo!»

"Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vò; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave".

Ma, sant'Iddio: sto mammalucco, anzi, Obamalucco, proprio adesso doveva spuntare?
Una volta si diceva che "Quando il gioco si fa duro, i duri entrano in campo", e noi invece andiamo a presentare 'o capatosta, uno zuccone che, per fargli capire che lo stanno fregando ce ne vuole, che vale la regola del mio amico meneghino, el Giuann che, nella sua sintesi e semplicità contadina, afferma che:

- «Sa fa pusé a svelta a picaghel in del cu, che a metighel in del cò!»,

di come e dove più facile infilare un concetto, piuttosto che nella zucca dell'allocco.

Obamalucco è come la pubblicità del vecchio Carosello, di quando noi, bambini, una volta finito, si andava tutti a letto: a dormire, proprio come fa lui.
"Si vis pacem, para bellum", se vuoi la pace, prepara la guerra, dicevano i nostri scafati antenati, forgiati nell'acciaio dell'esperienza;
Il nostro, invece, recita un maccheronico "Si vis pacem, para cessum", se vuoi la pace, prepara il cesso, che c'hanno dato la purga.
- «Obama: hanno scoperto nuove centrifughe!»
Occhio vispo, da pesce lesso, pronta risposta:
- «Orca boia: dico subito a Michelle di portare la roba in lavanderia!»
Missili e bombarde, pestar di pugni e bausciate, bulli e nanerottoli sono ad appestare l'intero scacchiere politico mondiale: qualsiasi stronzetto di moscerino si sente legittimato a prendere per i fondelli l'elefante, tanto è risaputo che...
sa fa pusé a svelta a picaghel in del cu, che a metighel in del cò!


Io, secondo me...30.09.2009

mercoledì 23 settembre 2009

Santanchè subito

Reagiscono a soli due stimoli, del tipo acceso-spento, on-off, bianco-nero, 0-1;
Sono arrivati con la valigia di cartone, chiusa con lo spago, ma al posto di pane e caciocavallo c'hanno tirato fuori il sacro libercolo, che li rassicura di quanto sono bravi e belli, le istruzioni per l'uso del filo - non interdentale, ma della lama - quattro regolette, elementari quanto loro, da seguire ed imporre "Urbi et orbi", alla città e al mondo, al rimanente di quelli che sono infedeli, cani, scimmie e porci.
Arrivano da noi - nel Nuovo Mondo - e cominciano la distribuzione di specchietti e collanine, l'unica illuminazione che credono noi si capisca;
Con i fogli del regolamento di condominio che gli abbiamo dato c'hanno fatto strati di morbidezza, da portare nel gabinetto di guerra.
Ci hanno restituito il loro, la sharia, il giornalino della parrocchia di provenienza, che vuole riscrivere tutto, partendo addirittura dalla storia del mondo, che la vogliono riveduta e corretta, secondo nuovo editore e edizione.
Sono brutali, volgari, irrispettosi, altezzosi, "sboroni", come dicono a Bologna, ovvero, gradassi, portatori di bullismo da branco.
Prendiamo l'esempio del burqa, il velo integrale: da noi è sgradito e sgradevole, assolutamente estraneo alle abitudini di casa, prigione mobile, ergastolo ambulante, umiliazione unilaterale; insomma: 'na chiavica!
Da noi non ci deve stare, fa schifo, sa di tribù bingo-bongo.
In un mare di vigliacca indifferenza e passiva rassegnazione, c'è chi non si piega alla vaselina e reagisce.
Daniela Santanchè, donna e sommamente attenta ai diritti delle stesse, aveva indetto, a Milano, una manifestazione per la libertà delle donne musulmane e contro il burqa, davanti a quel teatro Ciak, all'interno dell'ex Fabbrica del Vapore dove, a fine '800, si costruivano materiali per le ferrovie, oggi centro culturale e spazio per mostre.
Zotici quanto sono, i più scalmanati "taleban-barbudos" hanno pensato che, alle loro femmine, ci volevano togliere il velo per lasciarle senza buccia, nude come mamma le ha fatte, tant'è che uno, infiammato come uno zolfanello passato sul ruvido, sincopato che pareva un pomodoro maturo, urlava a...squarciagola:
- «Non toccate le nostre donne!»
E che, se gli si toglie anche questo segno di dominanza e prepotente potere, dietro di loro il nulla: con la testa alle stelle, si trovano nelle stalle, ad essere il culo, negli opposti valori della crescita dell'Homo Sapiens Sapiens.
Per trovare dei maestri dell'imballo come loro, si deve andare lontano nel tempo; almeno al tempo dei Faraoni, quando si confezionavano le mummie, avvolgendole nell'equivalente del burqa: ma almeno, gli insaccati, erano già morti, belle che stecchiti.
Qui no: con il lavoro si portano avanti, che ancora la poveretta respira.
Gli imbalsamatori moderni sono gli squinternati di Binallah, la "barbamuffa" sul formaggio andato a male, l'acido del latte rancido, fiaccato dal troppo tempo all'aperto, opprimenti e soffocanti, come la forfora sul capello o il cuscino sulla faccia.
"E qui comando io e questa e casa mia, ogni dì voglio sapere, ogni dì voglio sapere; e qui comando io e questa è casa mia, ogni dì voglio sapere chi viene e chi va", così faceva un vecchio ritornello, ma se è vero che comandano, non sono a casa loro, cazzo!
Il rapporto che quei burini hanno con le donne è come quello del "ragno-beduino" con la mosca: una volta prigioniera, la paralizza con il veleno e poi l'avvolge in un bel bozzolo, avviluppante e "burqoso";
sospesa in quel limbo di vita-non-vita, la poveretta attende rassegnata la fine dei giorni, invecchiando in quel coma vigile, a meno che sia consumata prima, secondo i capricci del ragno.
Sono esseri bipedi, all'aspetto somiglianti all'uomo ma, oltre la cotica, c'è il budello con la merenda genetica che un taccagno destino c'ha consegnato, che se guardi meglio ci trovi la crosta con scaglie e squame, callosità formate in quattordici secoli di retromarcia evolutiva.
Alla Santanchè non c'hanno risposto con il muscolo grigio-gelatinoso, ma con il bilanciere tra le gambe:
spintoni, insulti, minacce, e un bel pugno al torace, prima che la polizia bloccasse la mandriallah, impedendo sicuramente tentativi di linciaggio.
Questo in casa nostra, ad invocare rispetto per l'uso delle nostre cose e case, terra, storia e radici, per nostrane e indigene leggi e abitanti;
senza contare considerazione per la "sensibilità", elargita magra a noi e abbondante per gli altri.
Se io vado a casa loro devo mettere la tovaglia in testa a mia moglie, e qui mancherà poco debba fare lo stesso, visto che ci sono state scemette nostre che hanno protestato perché non si vuole il burqini, il tendone da bagno da far indossare, in piscina o in spiaggia, alle donne di proprietà dei talebani importati.
E via il Presepe; e via il Crocefisso; e silenzio alle campane; e a metter in croce le rane e preservativi in testa alla Madonna; attenti a dileggiare il Papa ma prudenti, a non far eguale per il maometto; e a sopportare occupazioni di sprezzanti bovi, che occupano piazze e strade, offrendo fondello e terga in dispetto al nostro sacro, minaccia...velata e possente prova muscolare, a farci prevedere quali sconquassi ci sarebbero qualora decidessero di far sul serio, se non abbassiamo coda e cresta.
L'Istituto culturale islamico di viale Jenner ha denunciato Daniela Santanchè per "turbativa di funzione religiosa autorizzata".
L'azione legale è stata firmata dal direttore del centro, Abdel Shaari, che l'aveva definita "fascista", arrivando alla sparata finale:
- «Non rappresenta nessuno, con me ci sono un milione di musulmani.»
E già, li ha liofilizzati e ridotti ad un dado: se li ributta in acqua ritornano a gonfiarsi in volume, come le sue balle!
Ma il verminaio-Jenner è famoso per l'allevamento di lombrichi.
A far da contrappasso alla schiumarola, ecco la Casa della cultura islamica di Via Padova, un centro moderato che da molti anni opera con iniziative sociali e interreligiose, di cui leggo:
- «Siamo contro ogni violenza», ha detto Mohammed Danova, della direzione della moschea «noi non c'eravamo [...] l'onorevole Santanchè manifestava contro la segregazione delle donne e contro il burqa. Su questo siamo d'accordo e dunque ha la nostra solidarietà [...] poteva venire da noi e può farlo: sarà l'occasione per rimediare a quest'incidente con un dialogo più costruttivo.»
Vediamo di tener separato il grano dal loglio. dall'erbe spinose e dalla tenace gramigna.
Dalle donne di sinistra, silenzio di tomba, ma la talebanizzazione somiglia troppo alla dottrina dei loro nonni e padri politico-ideologici: loro sono asessuate e il burqa l'hanno indossato per un secolo, con le fette di salame sugli occhi, sacrificando ogni femminilità per una rivoluzione, poi abortita nel ventre dell'utopia, fumo d'oppio e cimitero di popoli.
Santanchè - santa - subito!
E al resto di simili bipedi, mi metto la camicia...Brunetta e gli urlo:

- «Annate a morì ammazzati!»


Io, secondo me...23.09.2009

mercoledì 16 settembre 2009

mente malSanaa

E te pareva che mancasse l'ennesimo scarto di fabbrica: sgozzallah, come la madre amorevole degli imbecilli, produce in serie pezzi intercambiabili e buoni per ogni macellazione del suo premiato mattatoio;
certi personaggi te li trovi raccolti assieme, per sostanza e contenuto: cambia solo il colore della sacca della raccolta differenziata, ma sempre immondizia ci trovi, in quel budello, che di uomo si fregia immeritato titolo.
Questa volta si va a rovistare nella carcassa putrida di El Ketawi Dafani, padre di Sanaa; ieri era Mohammed Saleem, il "padrone" di Hina ma, visto uno visti tutti, gli adoratori del nuovo dio sgozzallah.
Spesso di derivazione intellettuale bovara o pecoreccia, questi personaggi hanno una paura boia delle donne: coscienti della propria nullità e incapacità a gestire un mondo che, correndo, se li è lasciati alle spalle, non accettano la naturale selezione, che all'estinzione destina appunto i capi inutili, e sono a motivare il proprio attaccamento all'esistenza nell'affrancamento in una dottrina che ne legittima superiorità e conseguente diritto di supremazia;
le donne, in tante culture e nello scorrere dei tempi, sono state scippate di un diritto paritario, ma i più hanno superato lo scoglio e, non per nulla hanno fatto ammenda, ed oggi chiamano la propria compagna con un tenero appellativo: l'altra metà del cielo.
Ancora tante scorie galleggiano in superficie, intossicando il tessuto sociale, ma sono alla berlina, indicati al pubblico disprezzo, sempre più destinati a diventare come l'acqua della lavatrice, quando se ne esce dallo scarico con lo sporco.
E la legge prevede e provvede alla livella;
e le donne, sempre più, sono a risalire la china che per tanto le ha viste sul fondo.
Non abbiamo la perfezione, ancora: ma la perfettibilità è sempre al lavoro.
Gli sgozzallah invece, no: il suo campione col pisello, già dall'avere quel batacchio tra le gambe si sente diritto di menarlo come un bastone;
pure il più scemo tra gli scemi pretende primeggiare, solo perché fa la pipì con la cannuccia!
Fosse solo il sistema idraulico, a farci migliori, allora il dio sgozzallah, che cazzo ha fatto esemplari senza la prolunga: che dio dei miei stivali è, se c'ha fatto la ciambella con il buco e s'è poi accorto che avrebbe preferito il cono gelato?
Da un deficiente simile, è ovvio che i suoi lombi erano destinare a riempire i villaggi, di scemi.
Come Mohammed Saleem.
Come El Ketawi Dafani.
Questi Bingo-bongo arrivano dalla tribù a noi, e vorrebbero continuare a fare in casa d'altri i padroni, come abituati nella propria;
ci disprezzano, per nostri usi e costumi, ci sopportano, meditano vendette e punizioni, e il prossimo loro ha sembianze da pecora, che obbedisce e si scanna alla bisogna; e attendono, pazientemente, subdolamente, incarniti come un'unghia, ma pronti a formare branco e cacciare, appena se ne presenta l'occasione.
Sono quelli che sciamano, occupano e bloccano marciapiedi e strade, perché devono pregare, e lo devono fare proprio tra i coglioni nostri;
oppure, composta la mandria, mostrano maschia virilità, occupando piazze dove, l'odiato che li ospita ha cattedrali che si affacciano, a dimostrazione del proprio, di religione e credo.
Importa una mazza: quando cambierà il vento, sapranno bene cosa farci;
intanto fanno le prove, saggiano l'avversario, ne tastano il ventre, per capire quanto è molle e, quando la massa burrosa lo permette, affondano i colpi.
Beninteso: sto sempre parlando dei figli di sgozzallah, che sono quelli a cui dobbiamo spuntare le unghie e limare i denti.
Cervelli grippati dalla sabbia del deserto, scuciono la gola senza esitazione alle proprie figlie;
- «Lo meritano; non seguono i precetti di dio, frequentano gli infedeli, gli impuri: scimmie, cani e porci!»
No, stronzi: sono l'esempio di una crescita, evoluzione ed integrazione che ogni dio, che sia veramente "Padre" e non "padrone", vorrebbe dai propri figli: altrimenti, sarebbe solo un deuccio da quattro soldi, creato ad immagine e somiglianza di esseri primitivi e involuti, alla Mohammed Saleem o El Ketawi Dafani.
"Amore" è parola che non conoscono, non comprendono, a saper coniugare solo «Il padrone sono me!»
Sanaa come Hina, e quante le hanno precedute e seguiranno, sono la speranza, il futuro, soffocate in culla dalla bestiale ignoranza, figlia di madre sempre incinta e degli sgozzallah.
I Mohammed Saleem e gli El Ketawi Dafani non sono buoni neppure per fare il pastone ai maiali.
Tanto più quando escono dai confini della tribù dei Binngo-bongo.
El Ketawi Dafani: una mente malata, putrida...malSanaa.


Io, secondo me...16.09.2009

martedì 15 settembre 2009

Rèmore

Dicasi rèmora quel motivo d'indugio e scrupolo, che accompagna chi porta un certo rispetto al prossimo suo e si chiede quanto le proprie azioni possano nuocere o no ai simili.
- «Quel che sto facendo è giusto? Non sto approfittando troppo di lavoro, opere e missioni di altri, a cui per nulla ho contribuito, non partecipando a formare valore aggiunto?»
Quelli di cui andrò a sparlare, non hanno nulla di tutto ciò, perché l'impronta genetica che li caratterizza li ha immunizzati, addestrati ad applicare una sola regola, legge e stile di vita:
"Mors tua vita mea", la tua morte è la mia vita.
Scartata quella classificazione e delicatezza di vita, ecco una che meglio li qualifica: nome comune e genere di pesci provvisti di una ventosa con cui si attaccano al ventre d'altri pesci o alla chiglia delle imbarcazioni: diffusi nelle acque calde e temperate di tutto il mondo.
Bingo: Sono loro!
Ancora non si è al parassitismo, ma ad accontentarsi di stare ai margini e vivere degli avanzi di tavole principesche.
Un antico e poetico retaggio li ricorda e vuole gruppo etnico originario dell'India nord occidentale, poi sciamati il Medio Oriente, in Europa e nell'Africa settentrionale;
evocazione del bel selvaggio, conducono vita nomade: gli uomini esercitando attività come il commercio di cavalli, la lavorazione e la riparazione di oggetti di rame; le donne, la chiromanzia e l'accattonaggio.
Ormai, di cavalli hanno solo quelli nel cofano motore dei loro mezzi gommati e l'unico rame che lavorano è quello che fregano dove trovano.
Rubano, ma è colpa delle occasioni che, si sa, fanno l'uomo ladro;
ma questo non si dice, non è politicamente corretto: si sussurra, si bisbiglia e si mormora, talvolta si borbotta.
Si impreca e si bestemmia, lanciando anatemi e maledizioni solo quando sei tu a subirne le conseguenze di una casa svaligiata, ma guai a dirlo ad alta voce: si è razzisti e xenofobi; al meglio: intolleranti.
Andate a dirlo a quelli che si trovano i terreni occupati da questi, che alla partenza se li ritrovano come a "Ground Zero", dopo la caduta delle torri gemelle!
E anche i moralisti, ipocrite tombe imbiancate, si guardano bene dal non dare tutte le mandate alla serratura della porta blindata, a quella delle inferriate, attivare gli allarmi, ostacolare con Cavalli di Frisia e campi minati e liberare il molossoide dalla museruola, prima di allontanarsi da casa quando, nelle vicinanze, il tam-tam avvisa della tribù ostile alle porte.
Non prendiamoci per i fondelli: i cavalli non li compra più nessuno e il calderaio, che riparava il culo delle pignatte, è scomparso da un pezzo: di che altro campano?
Il passo, dalla rèmora che si attacca e ciba dei rimasugli del pasto dell'animale cui si affranca, è stato a divenire sanguisuga, che gli sono spuntati i dentini per affondare nella carne e ciucciare dal sistema idraulico di chi se li trova addosso.
Allo squillo di tromba si sono mossi in massa, come gli spagnoli di Cortez verso le fantasiose città d'oro degli Aztechi.
Solo che l'Eldorado, luogo leggendario dove si dice vi fossero immense quantità d'oro e pietre preziose, era l''Italia nostra.
Cadute le frontiere, a tanti non è parso vero di liberarsi dalle zecche, a dar da intendere che il nostro pelo era il migliore, e il sangue buono, su cui attaccarsi.
- «In Italia, in Italia! Se beve, se magna e se campa senza fà fatica!»
Come in ogni famiglia che si rispetti, anche quelli si trascinano i parenti poveri, che dal catalogo Ikea dei disperati si portavano in scatole di montaggio casetta e mobilia, fatte di lamiere, sacchi di tela, pietre, mattonelle e legni raccolti nelle discariche, ondulati in plexiglass e quanto di più raccogliticcio e posticcio lo scarto potesse offrire.
I blasonati tra quelli, sono al "Take away" che, più che prendi e porta a casa si legga prendi e torna a casa, che è dovunque, basta che sia spazzolabile;
come i nostri vecchi quando, per non impoverire la terra con uno sfruttamento troppo intensivo, applicavano la tecnica della rotazione: lasciar riposare il suolo, al fine di favorirne di nuovo l'ingrasso e ricominciare a spolpare, all'osso.
Ancora cavalli da mercanteggiare e pignatte di rame da rabberciare, nell'immaginario pubblico.
Altri, i più sfigati, con una vita della consistenza del cartone, tenuta assieme dallo spago di stenti e stracci, hanno solo spostato la miseria.
Per liberarsi di loro c'hanno promesso e dato da intendere che il nostro fosse il paese del bengodi e poi, appena usciti, bam! Gli hanno sbattuto la porta dietro il culo, prima che si accorgessero di essere stati gabbati e scaricati, che nulla era cambiato...o quasi;
e già, perché una differenza c'è: noi siamo fessi!
Ci dobbiamo preparare campi attrezzati, con acqua corrente e servizi adeguati, che costano un occhio a tenerli perché la cultura della cura dell'altrui cosa, dell'ordine e della pulizia è simile a quella degli Unni di Attila, che frollavano la carne da mangiare tenendola tra le proprie chiappe e la schiena del cavallo: il fermarsi e il socializzare duravano il tempo di riempire la sacca degli ori e a che il puledro avesse il tempo per fare la popò.
Qualcuno che campa su di loro però c'è anche qui: tante associazioni che prendono un tot al chilo, per ognuno di quelli, per un'assistenza che assorbe ma spurga meno di tanto che amministra, per quelle galline ovaiole.
Una politica, che aveva ben presente l'opportunità di farsi l'ovetto ogni mattina, ne aveva facilitato l'ingresso, con pari umanità che si ha per un tacchino, sotto la festività del Natale, o per un capretto di Pasqua.
Saggezza avrebbe altrimenti voluto che, per impedire il collasso del sistema, si consentisse l'ingresso solo a chi poteva dimostrare una ragionevole possibilità di mantenersi, con mezzi e produttività propria, non solo a fare lo stagnino da pignatte, marmitte, padelle e tegami, chiromanzia e accattonaggio.
Ma l'indotto che deriva dall'assistenza giustifica un lucroso mercato di un far politica altrimenti fallimentare.
Sempre chiedersi: a chi giova?
Come per i cessi da strada del vecchio imperatore romano Vespasiano, anche qui, nelle baraccopoli e nel degrado, "Pecunia non olet", il denaro non puzza!
Ogni cosa si faccia loro e per loro, porta a movimenti di denaro, che scorre come l'acqua dal cocuzzolo del monte: parte torrente, poi fiume, fiumiciattolo, rio, ruscello, rivolo per arrivare a misera pozza stagnate.
Un finto buonismo attiva le tette del latte, come il mordicchiare del vitello sotto la mammella, ma altri scremano la panna e la poppata.
Dato per scontato che anche dalla miseria si può trarre palanche, ecco dimostrato che ancora non si può cavar sangue dalle rape, ma dalle teste di rapa del "fighettobuonismo", questo sì.
Milano per tutti, Milano docet, insegna.
"[...] Due milioni di euro da stanziare per incoraggiare i Rom a passare dai campi nomadi alla casa in affitto: una media di diecimila euro a testa".
Mi ricorda un vecchio motivetto, già sentito, che pressappoco suonava così:
- «Ehi, Rom: se prendi baracca e burattini e smammi dal mio comune o te ne torni da dove sei venuto, ti offro soldini sonanti.»
Della serie: vai a rompere i coglioni a qualcun altro.
Ovvio che, mostrandoci ricattabili, tanti altri pitocchi sono a piombare in un simile paese dei balocchi.
Diecimila euro...quanti poveri nostri vecchietti sognano un contributo simile, per passare da uno sgabuzzino ad un locale che merita un simile nome; quanti a vivere di pane (poco) e cipolla nei giorni di festa, per arrivare alla fine del mese con la misera pensione?
Quanti, anche nelle case del Comune, appena ricoverati per un acciacco, si sono trovati occupati la casa e, seppur legittimati, niente e nessuno più riesce a far loro riottenere un diritto?
E io, minchione di un contribuente, dovrei scucire baiocchi a chi mai ha dato nulla al mio paese ed ora batte cassa?
Ma il bello è che hanno rifiutato!
"[...] assolutamente troppo pochi", risponde Maurizio Pagani, dell'Opera Nomadi di Milano.
Pochi? Ma chi ci deve mangiare con quei quattrini, oltre agli "immibriganti"?
Cazzo, ma se ho visto pensionati raccattare avanzi di verdura e frutta, dopo che il mercato ha levato le tende, come fanno i topi tra scarti e avanzi, e quelli non li considera nessuno!!
Sono pochi?
Ogni numero, sopra lo zero assoluto, è già troppo, troppo!!!
E questi sgomitano, passando in testa alla coda, ciurlandosi pure la mazzetta?
C'ho le palle piene di vedere pie carampane preoccuparsi per il povero importato e tonache preoccupate di dare spazio al beduino senza tetto per il predicozzo, in manifestazioni di fighettaggio esotico, a fare credere di saper andare oltre al campanilismo di provincia, credendo con ciò di diventare cittadini del mondo!
Come se la pianta si sentisse vergognosa delle proprie radici, credendo meglio le gambe dei boscaioli.
L'aiuto non si nega a nessuno, ma il nostro fare il buon Samaritano non deve pensare pari l'offrire sangue al bisognoso invece che ad una mignatta.
E non si faccia finta di leggere queste mie righe ignorando volutamente che parlo di gramigna e non di foraggio.
Qualcuno, chi che fosse arrivato alla fine di questa mia, potrà odiarmi, ma il fioretto non è l'arma con cui amo tirar di scherma;
e poi, oltre che in testa, non ho peli neppure sulla lingua.
Di più: non ho...remore di sorta nel parlar fuori dai denti.
Chi poi l'avesse da presentare, uno di quelli ancora lo trova, che ricordando l'antica arte dei padri lo prende...per il fondello, che magari non sarà più di rame ma la faccia loro è sempre quella: di bronzo!


Io, secondo me...15.09.2009

venerdì 11 settembre 2009

mercoledì 9 settembre 2009

martedì 8 settembre 2009

Il buio oltre la Negri

- «Qui sono io che porto i pantaloni!»

Non c'è più religione; non è più come ai bei tempi quando, davanti ad un'affermazione così maschia, la donna abbassava le orecchie e si accucciava, con la coda tra le gambe, addomesticata, obbediente e sottomessa.
Lascio prudentemente il campo, nel momento in cui la moglie si tira su le maniche, che non sono tanto sicuro che lo faccia solo per strizzare lo strofinaccio nel secchio, nella posa plastica accentuata dalle curve disegnate dai pantaloncini, in tela di cotone scuro.
A distanza di sicurezza, incasso il colpo basso nell'amor proprio e cambio marcia:
- «Parliamone!?»
Ahi, ahi, ahi!
Mi accorgo subito che mi sono giocato quel poco d'autorità che volevo illudermi ancora di avere.
Visto dalla parte di una Società per Azioni, mi è parso subito chiaro di essere diventato socio di minoranza, che parla da solo intanto che l'altra metà stende il verbale di chiusura dell'assemblea.
Non è stata una buona idea quella di giocarmi la maschia predominanza puntando sulla muffita frase dei nonni sul potere del pantalone e del suo abitante, visto che non più il primato spetta al villoso omone e il vecchio armamentario della supremazia mascolina c'ha ormai la ruggine.
- «Tiè! Prendi straccio e spazzolone e fammi i pavimenti, che io c'ho da stirare.»
Guardo avvilito le belle pantofoline vicino al divano e il giornale d'oggi, che leggerò domani, dopo aver lucidato la vasca e il lavandino, le scarpe, preparato il vestire per il giorno dopo, aver accomodato nell'armadio i capi stirati, vuotato la pattumiera, fatto la spesa e riposto in modo corretto i vari prodotti, nel frigorifero, nella dispensa o negli armadietti dei detersivi.
Insomma: l'ora di cena arriva, i telegiornali imperversano e il bel quotidiano, in attesa sul morbido cuscino della poltrona, ormai è come il giallo, di cui ti hanno svelato precocemente chi è l'assassino.
Beh, posso consolarmi: peggio è andata ai miei pari sesso di Khartoum, in quel del Sudan, in terra d'Africa;
gli incartapecoriti difensori del diritto a senso unico, che delle donne predica servitù, se non schiavitù, hanno incassato dei bei cazzotti dalla Lubna Ahmed Hussein, la nuova Rosa Parks.
Rosa, attivista afroamericana, nel 1955 rifiutò di cedere il posto ad un uomo bianco su un pullman, dando avvio e forza al movimento di boicottaggio anti-apartheid.
Fino ad allora, Rosa Parks era una delle tante donne che erano costrette a fare chilometri a piedi per andare al lavoro o a servizio nelle case dei bianchi;
viveva in un tempo in cui i mezzi pubblici erano riservati ai bianchi e lei si ribellò a quella alla prepotenza, all'arroganza, alla prevaricazione e all'ingiustizia di un superbo razzista lattiginoso: troppi e villani pretendenti, per un posto solo a sedere!
Lubna ha deciso di mettere i pantaloni, i braghettoni dal simbolo fallico, ennesima forma di disprezzo verso un giusto ed eguale rispetto dei sessi.
Fiera di portare le braghe al pari di un uomo, sfidando le regole del buoncostume islamico, continua una battaglia che potrebbe segnare una svolta nella difesa dei diritti delle donne: il tribunale di Khartoum l'ha infatti condannata al pagamento di una multa o ad un mese di carcere, qualora la donna non volesse pagare l'ammenda.
Una bella concessione visto che, per pari provocazione, prima di lei vergate, bastonate e frustate si erano abbattute su migliaia di donne che avevano trasgredito il principio assoluto dei "signori del pisello".
Visto la cagnara mediatica che aveva sollevato il caso, le mummie beduine avevano deciso per la stagione dei saldi:
- «Lubna, non ti diamo le canoniche quaranta frustate: paga e vai fuori dalle palle, che ci fai fare una figura barbina.»
Un modo per non perdere la faccia, ma la nostra eroina aumenta il fuoco dei fornelli:
- «Non me ne frega niente, e non pago: piuttosto la galera!»
Incriminato è l'articolo 152 del codice penale sudanese del 1991, che prevede nerbate per chiunque compia "atti indecenti";
scandalosa Lubna: era stata arrestata all'inizio di luglio dalla polizia, in un ristorante di Khartoum, perché indossava pantaloni larghi e una lunga blusa.

Ma, per una che in alto sale, un altra precipitevolissimevolmente scende.

Do uno sbircio al titolo di giornale:
"Bagno nel Sesia con il burqini, il Pd sfida la Lega".
Smetto per un attimo di tirar di ramazza, contravvenendo alle direttive della moglie allo stiro e, cercando non essere tradito dal frusciare dei fogli, mi abbevero generosamente alla fonte di notizie.
"[...] esponenti del Pd, la senatrice Magda Negri e la compagna di partito Sara Paladini, per protestare contro la recente ordinanza del sindaco di Varallo Sesia (Vercelli), Gianluca Buonanno (parlamentare della Lega Nord), che vieta l'uso del costume indossato dalle donne musulmane in piscine, fiumi e torrenti della città, si sono immerse con il burqini, nelle acque del fiume Sesia".
Da Lubna alla Negri; ma il peggio ha da venire.
"[...] abbiamo scelto un bel posto per contestare una brutta ordinanza, palesemente anti-costituzionale [...] per difendere i diritti individuali di cui ognuno deve godere, e sia ritirata l'ordinanza che va contro i diritti e le libertà delle donne musulmane".
E già: secondo le due paperelle in acqua, le donne musulmane godono di diritti, che il nostro regredito e barbaro paese vorrebbe cancellare;
Sai che goduria, l'abbronzatura al burqini, e stare con quaranta gradi con il tendone addosso;
però...vuoi vedere che non hanno tutti i torti, le nostre befane: quaranta gradi non sono quaranta frustate.

Deve essere mancata per un momento la luce: eccoci al buio...il buio oltre la Negri.


Io, secondo me...08.09.2009

lunedì 7 settembre 2009

giovedì 3 settembre 2009

Porcavacca

Ormai è ufficiale, tutte le telescriventi del mondo battono all'impazzata la drammatica notizia;

Israele ha invaso ancora il Libano: è iniziata l'operazione Porcavacca!

Le informazioni stanno arrivando alla spicciolata, si accavallano e prepotentemente provano al mondo quello che sin qui era solo voce di sottofondo, ora prova provata, la famosa pistola fumante;
l'entità sionista inizia il cammino che dovrà portarla a realizzare il sogno d'ogni ebreo, da sempre gelosamente custodito, ma mai abbandonato: la conquista del mondo, il possesso dell'intero globo terracqueo, il dominio su ogni cosa tragga respiro!
Gli eroici combattenti di Hamas, le gloriose squadre Hezbollah, l'avevano sempre denunciato ma, un mondo guercio e orbato, li considerava terroristi, mai capendo fino in fondo che, quelle provvidenziali schiere, erano invece i figli della salvazione, i protettori della fede.
La massa di penetrazione nel territorio sembra avere la sua massima virulenza attorno allo stagno di Kfarshouba nella regione libanese dell'Arkoub, che è subito risultato inquinato, oggetto d'attacco batteriologico.
Sembra che i primi ad essere intervenuti, nel tentativo di tamponare la falla, siano stati i Caschi blu di nazionalità spagnola, inquadrati nella missione di peacekeeping Unifil II (United Nations Interim Force in Lebanon), dispiegati nelle immediate vicinanze;
la National News Agency di Beirut spiega:
"[...] questa opera degli uomini di Unifil, non espressamente prevista nelle regole d'ingaggio, è stata accordata dal comando dei caschi blu su richiesta dell'amministrazione di Kfarshouba con l'assenso dell'esercito libanese".
Buone speranze che si riesca a scacciare i "perfidi giudii", ancora una volta arriva dalla lungimiranza di Hezbollah, che da sotto le brande, dai congelatori, dai cessi da campo, dal fondo dei barili di farina e zucchero delle razioni alimentari dei Caschi Blu, ha tratto le nascoste armerie: bombarde, bombardini, spingarde, razzi, razzetti, missili e petardi, tric-trac e bombe a mano, che aveva pazientemente raccolto dietro le spalle degli sprovveduti e ignari soldatini, che avevano sempre mostrato loro terga, e occhi rivolti verso le terre occupate dagli sporchi ebrei.;
ora, tanto ben di dio, è come manna, dono della provvidenza.
Il tempo per questi di rimontare tutto l'armamentario, mentre i soldati Unifil, marca Spagna, hanno già provveduto a stendere recinti di filo spinato.
Da tutte le genti del Libano offeso, un grido sorge dalle moltitudini, in direzione della massa d'origine israelitica, che preme alla frontiera:

- «Cornuti, bestie, animali: tornatevene a casa!»

A dire il vero, gli strani elmetti delle forze giudee, appaiono all'orizzonte, che pare di rivedere l'invasione dei Vichinghi, dal tipico copricapo con corna ai lati;
il suolo trema al passaggio, come allo zoccolare delle mandrie di milioni di zebre, gnu e gazzelle, durante il periodo della migrazione, alla ricerca di pascoli e acqua, nel parco di Serengeti, in Africa.

Ma...ma...un momento: quel che vedo son proprio vacche, non quelle tipo "Escort", di casa nostra, ma mucche: comuni bovini ruminanti, fattrici da latte!

'azzarola!

Quel che pareva un bollettino di Vittorio Veneto, alfine si rivela per quel che è: l'ennesima e miserrima figuraccia del contingente di pace in Libano, in atto di servilismo e leccaculaggine.
Leggo meglio:
"[...] il lavoro dei militari punta ad impedire che le mucche israeliane, che pascolano libere nell'area, inquinino le acque dello stagno situato nei pressi del confine. I militari stanno costruendo dei pali in cemento, un processo che li impiegherà per tre giorni, alla fine del quale il recinto sarà completato con il filo spinato per tenere alla larga le mucche".

E già, Unifil: United Nations Interament Fessacchiott in Lebanon.
Porca vacca!

Io, secondo me...03.09.2009

martedì 1 settembre 2009

Mistero...Boffo

La canicola agita la coda, agonizzante ma non vinta e mena gli ultimi schiaffi di un'estate friggente;
inevitabile il giramento di pale, dei tanti ventilatori, spanditori, d'aria fresca, molto fritta, spesso ammorbata, in una mescolanza di profumi, puzze e merda.
Friggitoria e spalatori gliel'hanno messi i giornali, ognuno a buttare fialette piene di tanfo, miasmi ed esalazioni, le più pestifere, nel campo dell'avversario, ad ostentare "zerbinaggio", ognuno al padrone di propria stalla.
L'economia crolla, chiudono banche e fabbriche;
- «Ma il Berlusca, la Noemi se l'è trombata?», chiede il foglio repubblichino, abbassandosi, con contenuti e testata, a quello di "spetteguless", carta da portineria di un tanto il chilo, che s'accontenta del morboso, del pruriginoso, dell'orgasmo fai-da-te.
Posti di lavoro che svaniscono, violenza, prepotenze, famiglia allo sfascio e scuola che va a puttane, con ragazzine che la danno via per una ricarica da cellulare o un vestitino firmato;
- «E come ce l'ha: lungo, affusolato, tozzo, stecco? E a letto, com'è: ritmico, focoso, ardente o da sveltina, una botta e via, o costante come un orologio con movimento al quarzo?»
Guerra di qua, attentati di là, barconi che si ribaltano, con carne che diventa mangime per pesci;
- «Guarda le foto, con il Topolanek con il pistolino al vento - piccolino però - e la gnocca che passeggia per i giardini o si bagna in acqua, con solo una cordicella a coprire le pudende.»
Il caldo dà alla testa, e cominciano le mattanze: figli che ammazzano i genitori, genitori che fanno la pelle ai figli, quello che t'accoppa per una lite condominiale o per il posto macchina, perché c'hai troppo lumato la morosa o la moglie o così, perché gli andava di farlo;
- «Ohè, hai visto la Patrizia, la D'Addario, la sciura "Daghela no ch'el fa un magutt", niente grazie ai manovali: la vende a peso d'oro, ben conscia che "Al tira pusè un pel da figa che un car da bò!", a magnificare la forza traino di un pelo del triangolo inguinale che un intero carro di buoi. La navigata ha fatto fesso il Silvio, che gli è entrata in casa filmando con il telefonino e portandosi un registratore dove appoggia mutanda, più vicini possibili a provar maestria nell'uso degli attrezzi del mestiere.»
S'insinua sospetto: «Bottana era? Zoccola fu? Scostumata? Donna di facili costumi? Prostituta; squillo, sgualdrinella? Forse troia?»
Oracolo, sibilla risponde, con il fare suo, sibillino, appunto: «Escort!»
Non so perché, ma mi soccorre quanto insegnato a scuola: Invertendo l'ordine dei fattori, il risultato non cambia!
Scoppia un treno, incendi devastano le nostre foreste e abbrustoliscono le nostre genti, rapine, furti donne violentate, a destra e manca, ma vogliamo mettere il mistero buffo e intrigante, gli sviluppi e le contorsioni del cobra, sotto le altrui lenzuola?
- «Ma il Cavaliere - come titolo vorrebbe - la Patrissia, l'ha poi zompata?»
Bene: tutto ciò, il passato recente;
per...l'Avvenire?
Mistero: mistero...Boffo.
Un disoccupato, a Regio Emilia, martella moglie e figli, e pure la disgraziata padrona di casa, che da venti anni li ospitava. Come si dice: ha dato di matto.
- «Ullallà, il Dino s'è fatto il moroso e, alla di lui moglie, che rompeva i coglioni, sembra ci abbia spazzolato le orecchie: "Donna, tra moglie e marito non ci mettere il dito, che basta il mio: smamma!"»
Altro giro, altro premio: nuova badilata tra le eliche del ventilatore; se alimentata e con pari vitalità della passata, ce ne avremo per altrettanti mesi.
Unica novità: toccherà agli inquisitori andare sotto processo, a mostrare i propri, di scheletri nell'armadio.
Ecco l'ennesimo barcone di disperati: Malta gli da qualche salvagente e una tanica d'acqua e poi - Oplà! - una bella spinta in direzione delle coste italiane: macaroni, mò sò cazzi vostri!
"La Commissione europea è a conoscenza del respingimento, e invierà una richiesta d'informazioni ai due paesi interessati, Italia e Malta, per poter valutare la situazione".
Informazioni?...ipocriti, incapaci parassiti: comprate un giornale o guardate la televisione, che sapete bene come stanno le cose, che ormai quella, più che cotta, è carne stufata!
Ora l'Europa si sveglia, da quando l'Italia non è più la Cenerentola del Mediterraneo, a tenere sulle proprie spalle i lavori più sporchi, che nessun altro paese vuole condividere, tanto che hanno adottato leggi ben più severe e usato pure i fucili, come ben insegna la Spagna, a Ceuta e Melilla - fronte Marocco - che il reato d'immigrazione illegale l'hanno risolto a fucilate!
La commissione europea vuole informazioni?
'fanculo!
Ma questa è parentesi da poco, se la nostra informazione ancora si abbevera nella palude del "Sex and the city";
Per Boffo, così per Berlusconi, dei cazzi loro - è proprio il caso di dirlo - mi frega nulla, che non è valore aggiunto il sapere degli ardori di un arzillo vecchietto o degli scoppi di gelosia di un lui, verso la moglie del suo "gayo" amore.
Certo m'incazzo, se questi, come per la Patrizia, poi sale in cattedra, a dar insegnamenti di morale, a "Urbi et Orbi", alla città e al mondo, che neppure le sottane papaline bastano a coprire il ruffo.

Una volta ci s'interrogava sull'intrigante arcano: Chi sono, da dove vengo, dove vado?";
oggi siamo a cercare di risolvere un mistero più miserrimo: quello Boffo.


Io, secondo me...01.09.2009