venerdì 30 marzo 2012

Scurbàtt

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti…

Diventar vecchi, con i tempi che corrono, pare già una conquista, giacché oggi puoi trovare con più facilità il fuori di testa che, soltanto perché non hai una sigaretta da offrire, ti spranga.

Al «L'è brutt diventà vegg», che brutto diventare vecchi, che mi ricordano i milanesi più in là di me negli anni, ribatto un bel «Mei vecc che mort» dove l’alternativa cimiteriale;
“Ei fu. Siccome immobile, Dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore. Orba di tanto spiro” sarebbe la manzoniana e sepolcrale iscrizione tombale, sul portone della nostra nuova casa.

Detto questo e dopo una scaramantica toccata sui gemelli, sono ormai ad accettare il prezzo da pagare per mantenere il “vital sospiro”: un poco di rimbambimento, qualche vuoto, di memoria oltre che d’aria, cigolii e scricchiolii di giunture, e i capelli rimasti simili al poetare del “Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie”;
eppoi, col cavolo che “repetita iuvant”, che le cose ripetute aiutano, ma sindrome da “rincoglionil”.
A seguire poi, in genere, è il pensare ad alta voce, quando, parlando da solo, tieni comizio con te stesso;
e salvi la faccia se tieni l’auricolare all’orecchio: i più credono che sia collegato al cellulare, mentre questo magari l’hai pure dimenticato a casa!

A parte dunque queste vampate di “Senilscemenza precox”, scopro ritorni di fiamma, inaspettati ma piacioni: brillano nella memoria scintille di passato, che credevo ormai sepolte sotto cenere.
Tra queste, le poesie che si mandava a memoria, ai tempi del banco di scuola, allora appoggio di pennini e con calamaio incorporato.
Preistoria, appunto.

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti…quelli incontrati dalla bella spigolatrice di Sapri, nelle rime di Luigi Mercantini, poesia che narra la sfortunata spedizione di Carlo Pisacane nel Regno delle Due Sicilie.
Sbarcati da un legno, “una barca che andava a vapore e alzava una bandiera tricolore”, quei pochi disperati, armati più di sogni che di schioppi, ardevano d’amor patrio.
«Siam venuti a morir pel nostro lido… O mia sorella, vado a morir per la mia patria bella » disse il Carlo.
Almeno questa la imbroccò giusta: tutto andò puntualmente storto.
Forse il chiamarsi “Pisacane” non aiutò, dove anche oggi si pensa all’animale che t’innaffia la ruota della macchina.
Scambiati per briganti, ebbero addosso sia quelli del luogo che gli armati, che misero fine a ogni velleità patriottica.

“…e tra 'l fumo e gli spari e le scintille, piombaro loro addosso più di mille”.

E tenero fu il rimpianto della donna, a rimembrar quando “io non vedeva più fra mezzo a loro quegli occhi azzurri e quei capelli d'oro”.

Son quattrocento, son giovani e forti, e sono … Monti.

Mànega de scurbàtt… massa di corvacci, sotto l’ala protettrice!

Monti, lo spigolatore, che taglia e toglie gambo e grano.

Qualche centinaio, di prima nomina e pelo, accompagnati alle decine che bissano, sono a tenerlo in piedi: incuranti della profezia Maya, che vorrebbe la fine del mondo al 21 dicembre 2012, loro mirano al fatidico 2013;
non la fine, ma l’inizio della pensioncina: lo scatto e la maturazione di quel ben di Dio, garantito dal giusto tempo di scaldata del cadreghino, che permetterà la schiusa dell’ovetto d’oro così covato.
Frega un cazzo del Marietto Monti: deve solo stare quel tanto in piedi da puntellare la seduta fino a quel momento.
Il riferimento, l’eroe cui somigliare, per la schiera rimane il Walter Veltroni;
quattro legislature, un ventennio - et voilà! - novemila eurini puliti al mese: lucrosa rendita di un cinquantatreenne (al tempo della maturazione d’obolo)!!
Le trombe del paradiso per lui e i gemellati… le trombate del giudizio per i comuni mortali, che si sono visti allungare i già tanti quarant’anni canonici.

I soldi per questi, uniti all’orgasmo del potere per i vecchi dinosauri, maestri di sopravvivenza, anche alla caduta del meteorite, è buon mastice per l’incollata del Monti.
Io aiuto te, tu aiuti me: una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso… Il bidet dell’onorevole.

Sarà la mia una forma senile, una “defecatio mentis” dovuta all’indurimento della cotica e allo spuntare del pelo sullo stomaco, dove le cicatrici ricordano che sospettare è peccato, ma quasi sempre - come ricordava il veterano Giulio Andreotti - ci s’indovina!

Incontrassi Monti & C. non avrei mai, in risposta al loro apparire, che “Siamo venuti a morir pel nostro lido… O mio fratello, andiamo a morir per la mia patria bella”.

Col c….avolo!!
Scurbàtt, corvacci sono, a volteggiare per cercare altra carcassa da spolpare.

Come e con i Penati, i Boni o i Lusi, cercano tutti la cassa, sì, ma dei piccioli, non quella da morto!


Io, secondo me... 29.03.2012

1 commento:

  1. In tempo di peste egual che quella antica, legger di quel che di quel che fu' é gran diletto. Rintanano i scurbatt da dietro manovrando, pronti a ritornar, sparito il morbo, a saccheggiare le casse.

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