martedì 27 marzo 2012

Ganassa

«Fa no el ganassa» dicono all’ombra della madonnina, a Milano: non fare lo sbruffone!

Si muovono come i bulli del quartierino; talvolta il bauscia è uno, altrimenti, in branco.
Sgomitano, spingono, urtano, si fanno largo con prepotenza, con la sicumera del James Bond con licenza di uccidere.

A qualcuno ci scappa pure la goccia, come al coccodrillo, quando mangiato e gli stimola la lacrimazione.
Perlopiù, picchiano i pugni: «O mangi sta minestra o salti la finestra» ripetono.

Per ora, c’hanno il culo parato: una cambiale da esigere, firmata in bianco, su cui mettere il prezzo del mercanteggio.
Solo, devono stare attenti alla presentazione: a saldare il conto devono essere i soliti noti che, presi uno per volta, sono piccole cifre ma corpose, quando i soldini sono messi uno sopra l’altro.
I “Compagni di merende” sono stati accorti nel non invadere il portafoglio di chi, una volta dismessa opera di sciacallaggio, li potrà ricollocare, riconoscendo opera emerita quella di tanto zelanti riscossori di gabella. Altrui.

A tanti devoti servitori, il “ben servito”;
a noi, il “benservito”, dove la differenza è nel godimento: gli uni per la prestazione, gli altri per l’averci preso da dietro, quando con la faccia al muro.

Come in tempo di guerra, ci siamo trovati ad avere le pulci, a doverci grattare, nel non esserci accorti d’aver dormito tra due guanciali, sì, ma pieni di voraci piattole.
Una volta c’era il “Flit”, quell’aggeggio che pareva una pompa da bicicletta, con un piccolo serbatoio davanti, da dove usciva la nuvola di disinfestante.
Passavi nella nebbia e - oplà! - i pidocchi erano stecchiti!
E certo: i “tecnici” del flit oggi, invece, devono essere della protezione animali: hanno “parcheggiato” le zecche per poterci tosare, nell’attesa che si formi nuovo pelo e quelle possano tornare, a colonizzare.
Proprio bello: un collaudato sistema a staffetta dove gli uni provvedono alle necessità degli altri, in un reciproco passarsi la pelle da conciare.

La pelle dei pirla;

quello che la mattina esce alle prime luci, per rientrare sul far della sera, con la “schiscetta”, il barattolone di metallo dove si è portato il pranzo al lavoro, per “far presto”, per non perdere tempo che, si sa, è denaro.

«Bambole» c’hanno detto «non c’è più una lira!», ora euro.

«Minchia!» c’è scappato di dire «mica lo avevo io il portafoglio!»

Come se il timoniere c’avesse dato del coglione perché siamo andati a sbattere, a “Schettinare” sugli scogli.
Ecco, l’esempio è calzante: come Schettino, comandante della Costa Concordia, il barcone che era una piccola città galleggiante, andato a sbattere perché quello voleva fare il “Ganassa”, appunto.
Il primo a mettersi in salvo, per poi guardare il guscio capottato mentre su quello ancora c’era chi non si raccapezzava di cosa era successo e una parte ci lasciava le penne.

“Crapa pelada e i sò fradei”, con quello che si fa fotografare sbracato, con le bretelline rosse, fa il “bava”, il “bauscia”, quasi a far credere di essere la soluzione e non causa del naufragio.

La “Classe Schettino” che ci prende per il culo;
noi, quelli ai legni, eravamo sottocoperta, a remare come dannati al ritmo del tamburo, che quelli stavano battendo.

E dietro di questi, i “consigliori”, le eminenze grigie, che aiutavano gli asini a modulare il raglio.
Ora, dopo aver dato il piattino di lenticchie ai vecchi padroni, per tenerli buoni, sono a “ganassare”.

«Siamo indispensabili: senza di noi non valete una beata fava! Non capite un cazzo: pensare non è compito vostro: Noi Tarzan, voi Cita!»

Solo che la banana non ce l’hanno data da mangiare.
Sono provvisori, e lo sanno.
Gli hanno dato però il bastone, e se la godono un mondo, a usarlo sul groppone nostro.
E la carota la usano ma, come per la banana, ce la infilano, dove non batte il sole!

Con le vacche non è necessario infilare i guanti.
Usciti dall’ombra, sanno di doverci poi tornare, ma vogliono godere al massimo della luce dei riflettori, prima che si sposti altrove.

Quando i soldi non mancano, il passo successivo, l’orgasmo prossimo è la ricerca del potere.
La compagnia del “chiagne e fotte”, come a Napoli chiamano quelli che, privilegiati, si lamentano.

Monti, “La” Fornero & C, non hanno inventato nulla di nuovo e copiato quello di chi sono stati a succedere: lo stesso che avrebbe fatto scoppiare il finimondo, se presentato dal “Silvioberlusca”, ora lo si ingoia o incassa per intero.

Le “forze armate” dei Centri Sociali sono silenziate, quando altrimenti - sguinzagliati - avrebbero messo a ferro e fuoco il paese!

“Monsieur le Président” firma senza guardare, lo stesso che allora stracciava, assieme alle vesti.
Ai “Poteri forti”, neppure una scalfittura, a dimostrare giusta sottomissione all’assunto di essere “Forti con i deboli e deboli con i forti”.

I conti tornano.
I tonti, restano.

Con i lembi della nostra pelle sono a rappezzare e tappare i buchi del loro passato di amministratori incapaci, dove ora a noi portare grasso per i fori della barca.

Mazziati e cornuti, dicono di noi che abbiamo vissuto “al di sopra delle nostre possibilità”.
E ci fanno vedere il fondo di quel portafoglio, che gli avevamo dato in custodia.
Vuoto.

«Se il paese non è pronto me ne vado, non tiro a campare!» minaccia il ganassa.

“Ghe pensi mi”, ci penso io… dov’è la spina?!


Io, secondo me... 27.03.2012

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