mercoledì 29 dicembre 2010

Magdi Cristiano Allam mette le ALI

Partigiano Reggiano

«Se perdo, vado in Africa e non mi vedrete più!»

Per un momento, l’intero continente nero tremò: pure il bestiario dell’intera savana ebbe un attimo di smarrimento;
zebre e gnu, bufali e leoni, giraffe, elefanti, ippopotami, gazzelle e quanto ebbe respiro, nell’erba, sull’acqua e sotto, si mise in allarme, a fiutar l’aria, come a cercare di capire da dove sarebbe arrivata la disgrazia.
Tamburi di guerra riecheggiarono nei vasti spazi, mentre i guerrieri raccoglievano le loro zagaglie, gli scudi, le cerbottane e le pesanti scuri da guerra.
Tutti, ma proprio tutti si misero sulla difensiva, promettendo di vendere care la pelle.
Poi, così come si era annunciata, la minaccia sparì.
Da buon politico, come la banderuola sul cocuzzolo del tetto, cambiò il vento e pure opinione.
L’Africa tornò alla normalità e la gazzella, come la zebra e la giraffa, ringraziò il cielo di aver da temere, per la giugulare, solo i canini della leonessa.
Peggio andò a noi, che il Veltroni lo dovemmo tenere e, addirittura, voci di portineria lo danno ancora per candidato al timone di quella nave, che già portò ad incaglio sugli scogli.
Beh, non è colpa di nessuno: quando i dinosauri furono a far l’appello con il contagocce, altra scelta non ebbero che pescare nel sacco della miseria.
L’unica speranza, per gli italiani saranno le montagne, sempre che il caro “Uòlter“ della foresta ancora ne senta il richiamo.

«Dobbiamo stare tutti assieme. Siamo in emergenza democratica e dalla storia ci viene un insegnamento!»

‘azzarola: venti di guerra incombono!

Dario Franceschini, capogruppo alla camera, ex democristiano e tanto altro, pure lui rottame da incaglio, sulla barriera corallina berlusconiana, chiama a raccolta i Panda e di quanti hanno imboccato ottusamente il ramo evolutivo cieco, quello che porta all’estinzione del meno adatto e incompetente a rimodellarsi all’ambiente che, nel frattempo, è andato modificando.
Disarma veramente quest’incapacità, tanta ignoranza nel non vedere quanto inutili sono i vecchi modelli, per combattere e sopravvivere nel mondo della savana politica.

«Quando le nostre madri e i nostri padri erano sulle montagne a fare la resistenza, prima di fare le azioni delle brigate partigiane non si chiedevano: Sei liberale? Sei comunista? Sei democristiano? Sei per la repubblica o per la monarchia? Prima liberarono il paese.»

Riecco il Panda, che propone al resto del mondo l’unica dieta che conosce: no, non quella del bambù, ma del macinare Berlusconi;

Bersani, l’altro orsetto, non è stato da meno...l’ultima in ordine di tempo, per un parlato e un’apparizione catodica del cavaliere:
«[...] ha occupato la televisione per due ore e mezzo, come solo Kim il Sung e Lukashenko!»
Porca miseria, ecco il bue che da del cornuto all’asino: due nomi, due comunisti che più non si può, prodotto di quella cultura a cui il nostro Piergiggi ha donato i migliori anni della sua vita!

Dario nostro continua a farsi del male:
«Prima chiudere con il berlusconismo, poi tornare al confronto civile.»

Della serie: meniamo lui, poi torneremo a fare a botte tra noi, come ai vecchi tempi.
No, non credo che il suo accorato appello farà presa sul Uòlter d’Africa e sui tanti che, sputato nel piatto dove mangiavano, ben si guardarono dall'emigrare altrove: né nel continente nero, men che meno in quello rosso, dei Gulag, delle purghe e della fredda Siberia.

«Bisogna trasmettere un messaggio di cambiamento: il verbo principale del centrosinistra non è difendere, ma cambiare.»
Questo diceva il Veltroni, ai tempi delle avvisaglie, delle bastonate che erano presto seguite.
Veltroni, Franceschini, Bersani...il ritorno di Veltroni: i sussurri e le grida lo danno per riemerso dal sepolcro.
Sicuramente, dopo essere stato avvolto nel lenzuolo della bandiera rossa, su questo c’è rimasta traccia del risorto.

Veltroni, Franceschini, Bersani...i Panda si contano e recuperano nell’abbondanza dell’urna, quella cineraria, per scegliere le vecchie ossa da ripescare.
«Bisogna trasmettere un messaggio di cambiamento: il verbo principale del centrosinistra non è difendere, ma cambiare.»

Berlusconi è vecchio d’anagrafe, con quindici anni di politica: i nuovi giovani, di manovalanza vanno dai trenta ai quaranta, di militanza in stessa ditta.

Come ripete l’operosa donna di casa: per quanto si pulisce, la polvere ritorna!

Io, secondo me...29.12.2010

I compagni del Partigiano Reggiano

sabato 25 dicembre 2010

giovedì 23 dicembre 2010

martedì 21 dicembre 2010

lunedì 20 dicembre 2010

Ascoltaammè

Caro Pier Luigi, Bersan contrario, capisci ammè;
ti scrivo questa letterina, a te che sei nato in Bettola, in quel 29 settembre del 1951, sotto una stella...rossa: rispondimi però, che né Babbo Natale, né Gesù Bambino l’hanno fatto, in quest’anno del cavolo, dove sotto la vecchia quercia mi troverò sicuramente del carbone e nessun regalo.
Almeno tu, accendi il mio sol dell’avvenire, che da un bel rosso vivo è passato al rosa e poi ad un colorito cadaverico, slavato e smunto. Fammi un piccolo regalo, non mi deludere.
Ascoltaammè.
Non ti sposare, con quello là: è un bruto, rozzo, volgare, che non conosce l’italiano;
è animalesco e violento, tanto che, del prossimo, usa dire: «Io a quello lo sfascio!»
Quando si arrabbia, smozzica, borbotta, singhiozza e incespica, che la grammatica è come sasso d’inciampo: s’infuria, batte in testa e fa come la macchina, che cammina a sobbalzi e singulti quando c’ha il filtro dell’aria intasato.
Quello ti vuole solo fottere, Pier Luigi mio.
Ascoltaammè.
Appena sfornato, al battesimo, l’avevano già classificato per quel che sarebbe diventato:
«Tu sei Di Pietro, e con questa testa di pietra edificherai tanti appartamenti!»
Il pelo gli è cresciuto dappertutto, in special modo sullo stomaco;
non ha pietà né sentimento: quello tratta il mondo come il contadino, quando accoppa il coniglio, lo attacca per la zampa e lo spella, dal culo alla testa.
Quel che gli difetta in intelligenza, la natura l’ha compensato in furbizia.
Entra in politica, come la faina nel pollaio.
Il volpone fonda un partitello, che gestisce come il mandriano la stalla: lui comanda e foraggia, gli altri pascolano, ma lui poi li munge.
Scarpe grosse, ma cervello fino, traffica meglio e più di altri, ma non è così fesso da farsi prendere con le mani nel sacco: ai tempi di "mani pulite - bei tempi da manettaro, quando aveva diritto di vita e di morte su tutti, che sparando a lupara, con la rosa di pallini qualche colpevole lo prendeva, ma tanti innocenti ha tritato - allora, dicevo, ha imparato il mestiere;
dagli errori degli altri, ha capito il meccanismo di come spennare le galline senza farsi sparare dal fattore.
Forse il ruvido s’è fatto troppi nemici, e le malelingue inseguono il buttero con lingua ingrassata di pasta abrasiva, ma il barcone, è piccolo e la gente mormora.
Leggo di lui che ha comprato appartamenti affittandoli a quelli del suo partito: in pratica si paga il mutuo con quello.
Mica scimunito, vè.
Ancora seguo nella lettura delle gesta dell’eroe, che ti propone - caro Pier Luigi - di andare a letto con lui.
Pierotto, hai presente la presa per i fondelli, quella della sovvenzione ai partiti, che poi hanno aggirato il plebiscito popolare che non lo voleva, cambiandogli d’abito e nome, passandolo per “rimborso elettorale”?
Questa parte la conosci pure tu, visto che ci campi anche con quello.
Beh, sembra che il nostro abbia superato se stesso nel dirottare tanta abbondanza.
Il rischio di tutto è che, se il partito chiude o cambia pelle, iniziano le beghe per spartirsi la ricca pastura.
Ma lui mica è scemo: crea una fondazione, con lo steso nome del partito, e ci dirotta il grano;
sai, Luigino mio, chi tiene la borsa? Bravo, hai indovinato: l’Antonio, la moglie e un’amica.
E sai chi certifica i bilanci: lui!
Dai, Gigino, dimmi: se un domani chiudesse la baracca, o nascesse una serpe in seno che dovesse mandarlo fuori dalle palle, dove resterebbe arenato tanto ben di Dio?
Capisci ammè, Pier: non gliela dare, che quello ti frega tutto il partito, oltre che le mutande!
Quello alla libertà della Magistratura ci tiene come banco di mutuo soccorso: io do una mano a te e tu lavi la mia, che se fosse stato Berlusconi a trafficare così, avrebbero coinvolto anche la Santa Inquisizione!
La legge, si dice, è uguale per tutti, ma chi impasta gli ingredienti, gli dà la forma che vuole, alla torta.
Caro Piergigi, io e te siamo siamo agli antipodi: io alla scuola di Mosca, per fortuna, non ci sono mai andato.
Ma mi fai tenerezza, che con Veltroni e Franceschini, hai la maglia nera dei trombati.
Sei come una rana in una pentola d’acqua con sotto il fuoco: sei contento del calduccio e non senti l’odore dell’arrosto, del fumo e della legna.
Come lo stufato, sei a cotture lenta.
Dai, salta fuori, uno scatto di reni e - oplà! - tonico e pimpante, come quando ti sei fatto due rampe di scale e sei salito sul tetto, dove manifestava gente che c’aveva i suoi calli da curare;
bello come il sol dell’avvenire, con le maniche della camicia tirate all’insù e il “cigarillo” sbuffante, all’angolo della bocca: una via di mezzo tra la caricatura di Obama e il surrogato di Fidel Castro.
Sai cosa ti ha fregato? La piazza!
No, non quella della gente, ma quella della “fronte alta”, altrimenti detta “pelata”;
parevi uno che aveva perso il parrucchino, nella volata sul cocuzzolo della palazzina.
Diciamocelo, papale papale: non c’hai il “Phisique du Role”, ovvero fisico per il ruolo.
Di Obama ti manca l’abbronzatura - è normale: tu sei...rosso - e di Fidel, la statura.
Sei l’immagine dell’eterno perdente, dal sapore pari all’acqua senza sale;
Di Pietro c’ha le palle, Berlusconi la faccia e pure più capelli, anche se riportati, infilzati uno per uno;
Fini c’ha la sua bionda, anche se sul groppone la famiglia di lei, da mantenere e ingrassare;
Casini, beh...nomen omen, il nome è un presagio;
Fassino da del filo da torcere a tutti mentre D’Alema c’ha la barca e belle scarpette di vacchetta;
a te, le scarpette invece, rischia di fartele Rienzi, vigoroso torello di tua stessa mandria e sindaco di Firenze.
Dai, male che va ti aspetta una pensione dorata, il Lambrusco e una bella piadina ripiena di culatello, magari regalato da Vendola.
Occhio alle spalle, che non sarà il Berlusca stavolta a darti una bruciante sconfitta!

Ascoltaammè.

Io, secondo me...20.12.2010

venerdì 17 dicembre 2010

Bersanpietro Vendola

Rosso di sera

Rosso di sera, bel tempo si spera...

Stavolta però, non ha fatto a tempo ad imbrunire, che già la feccia e il bestiario dei centri sociali comincia la festa: al posto delle fette di panettone, generose razioni di porfido sanpietrino, in tocchetti da un chilo e più al pezzo.
Sembra che siano particolarmente graditi dalle zucche di poliziotti che carabinieri, a cui era dedicato gradito omaggio;
senza lesinare, se una cattiva mira magari intercettava pure la testa di qualche povero, innocente e ignaro passante, convinto di girare per una città e non nel bel mezzo della terra di nessuno, in una guerra di trincea.
Si erano ben preparati, i delicati virgulti, coltivati nei vivai dei sinistri, i cui istruttori saranno pure entrati nei salotti della democrazia, ma rimangono portatori insani d’impronta e riflessi condizionati, assimilati in gioventù da studi di scuola moscovita.
Come avere messo giacca e cravatta alla scimmia di Tarzan; tanto non basta a cambiare sostanza solo pennellandone la forma.
I bracci armati di costoro, brace cui, all’occorrenza, soffiar sopra per farne fiamme da incendio, mandrie di vacche a cui basta solo urlare all’orecchio per farle zoccolare impazzite, contro il nemico, questi, dicevo, non sono stati neppure stavolta sordi alle urla di dolore e rabbia dei loro mandriani.
Roma storica aveva subito la caduta e i saccheggi, per mano di barbari e torme di mercenari in razzia, ma venivano da fuori, mentre questi sono parassiti cresciuti sul suo pelo, ingrassati dal suo sangue, metastasi che radicano e suggono del sudore dell’altrui lavoro, che vogliono, ma non offrono nulla.
La loro civiltà è il manganello, il concetto di purezza deriva dalle purghe, quello di rettitudine, dal bastone, la voce dalle bombe e lo slancio dal lancio di porfidi e graniti e il senso di pulizia, se l'avessero, sarebbero per quella etnica.
Mentre attorno mulinava una serie d’eventi che andavano dai roghi alla frantumazione d’ogni bene, dall’assalto fisico alla ricerca del linciaggio alla divisione cranica, uno di costoro, apostrofato da un giornalista, che diceva che quella era violenza allo stato puro, replicava che “la violenza vera era altrove, non lì”, riferendosi alle votazioni di Camera e Senato, dove chi non la pensava come loro era sopravvissuto al voto di sfiducia, contro ogni previsione che, dalla rosea dei terroristi nella piazza convinti della vittoria, sconfinava ormai nella rossa, di rabbia e di voglia di porporino sangue, dopo l’ennesima mazzolata.
Questi figli del sei politico, inetti, incapaci, inutili, zotici, allo stato brado e con cervello fermo al rettiliano e di reazione pari a quella di un interruttore della luce, hanno dato il meglio nel loro peggio, nel presentare “gioiosa macchina da guerra”.
Bella la reazione di quelli che cascano dal pero, fingendo ignoranza, se non invece possedendola, quando intravedendo, nei filmati, “l’uomo dal giubbotto beige”, con delle manette e prima accanto agli agenti, e poi che si scaglia contro i blindati degli stessi, azzardano:
“Sono infiltrati pagati; tutto un complotto, uno sputtanamento preparato ad arte, degenerazione pilotata dalle forze dell’ordine stesse o, peggio, dal ministro dell’interno in persona”.
Il tizio poi, fermato ed identificato dalla questura, si presenta per quello che è, e matrice di quello che sono questi animali: un noto e conosciuto estremista di sinistra, con una fedina lunga più della carta igienica Scottex!!
Non posso, a questo punto, non ricordare la veemenza di quelli che urlarono quasi al tentativo di colpo di stato, quando si decise di mettere in campo l’esercito, per pattugliare e aiutare le altre forze dell’ordine sul territorio, per contenere uno stato di criminalità e violenza che sempre più tendeva all’iperbole.
Allora spuntarono fuori le menti eccelse, il miglior caravanserraglio dell’intelligenza di sinistra, quella che “legge libri e giornali”, a dar a credere che c’era nell’aria odor di camicia nera e marcia su Roma.
Oggi, la marcia su Roma l’hanno fatta in camicia rossa e le forze che potrebbero minacciare lo Stato sono di quel colore.
Giusto per ricordare i mestatori d’allora, cattivi maestri e i mantici d’oggi, riporto quanto scrissi, che basta cambiare il nero con il rosso e i conti tornano.
...

Era il lontano 13 di agosto dell’anno del Signore 2008, quando mi ritrovai a scrivere “Ritorno di...fiamma”, a prendere per il culo il buon Umberto Eco, cima certo, per quanto riguarda intelletto, ma di rapa quando entra in pascoli non suoi, ed ecco...anzi, eco:

La fiamma risale, dentro la lancia del cannello:
POP !
Un piccolo scoppiettio e si spegne, ad impedire che il continuo del ritorno arrivi al miscelatore e poi, su su, fino alle bombole d'ossigeno e gas combustibile, rendendo la situazione alquanto esplosiva;
senza quel POP ! liberatorio, il Beppe Fontana la penna non sarebbe qui ad usarla, che l'avrebbe avuta bruciata, assieme alla buccia.
Ai tempi, quando cominciai con il lavoro d'officina, usando la saldatura ossiacetilenica, i vecchi c'intimorivano con i racconti di rovinosi botti, di cui erano stati testimoni: un poco per spaventarci, un poco per ammonire, a non prendere sottogamba i rischi che il lavoro comportava.
Oggi, il massimo rischio è che la stilografica mi perda inchiostro nel taschino della camicia immacolata.
Certo, erano i tempi de "Carlo Cudega";
Oh, scusate, anche questo è un termine del mio giurassico, a rispolverare e richiamare ere ancora più lontane, quando gli uomini usavano lisciarsi i capelli utilizzando del grasso di maiale ( ovvero, la cotenna, la "codega" ) sul codino, per mantenerlo compatto e lucido.
Madonna mia, mi sto facendo melanconico che, con il passare degli anni, mi si allunga il dietro e s'accorcia il davanti...
non siate maliziosi: è riferito alle misure del vissuto e dell'aspettativa di vita.

"All'armi! All'armi !
All'armi siam Fascisti !
Noi siam del fascio la falange ardita
[...]
abbiam con noi la forza e l'ardimento,
che ci fa fieri all'ora del cimento".

No, non è un rigurgito, un ritorno di fiamma...tricolore: solo un...Eco di rimbalzo.
- «[...] ci sono fascisti al governo. Rinasco rinasco nel millenovecentoquaranta !»
Mizziga, allora c'è proprio arrivata al collo;
questo non lo dice un qualsiasi bao-bao-micio-micio, ma un Santone, un Guru, un Illuminato, un Maestro, anzi, il Messia: l'Umberto Eco, fior fiore dell'Intellighenzia letteraria e pure comunista, che ha una storia ancora più truculenta di tutto il peggio del passato messo assieme.
- «[...] non più esattamente fascisti, ma che importa, si sa che la storia si dà una prima volta in forma di tragedia e una seconda in forma di farsa».
Dalla piazza...rossa sale l'invocazione all'Eco di Carlo Cudega: "E mò facce ride !!!"
L'Umbertino agita sonagli e campanelli, a far buffone per Sovrano proletario.
- «[...] ricordo con tenerezza le notti passate nel rifugio antiaereo [...] un sotterraneo umido, tutto in cemento armato, illuminato da lampadine fioche [...] mentre sopra le nostre teste esplodevano colpi sordi che non sapevamo se fossero della contraerea o delle bombe».
Io glielo avevo raccomandato al Gianfranco Fini, di Alleanza Nazionale, ora Presidente della Camera, in quel di Montecitorio:
- «'A Frà, batti piano il martelletto, che qualcuno sicuramente n'esce rintronato da quei colpi sordi; fai cambiare le lampadine, che mi sembrano un poco fioche e arieggia la camera, che c'è umidità !»
Intanto la pentola di fagioli continua a sobbollire:
- «[...] siamo disposti ad accettare tutto ciò che ci ricordi gli orribili anni [...] è il tributo che paghiamo alla nostra vecchiaia».
Ussignùr, l'Eco è rimasto come la puntina del grammofono: ferma, incantata sul disco, a ripetere stesso motivetto all'infinito.
- «[...] le città a quell'epoca? Buie di notte».
Ho capito: l'Umby rimpiange il sol dell'avvenire, che era gratis, costava meno che la bolletta dell'Enel.
- «[...] era percorsa da reparti militari [...] nelle metropoli passavano continuamente manipoli e ronde di marò della San Marco o di Brigate Nere [...] armati sino ai denti [...] CITTÀ MILITARIZZATA».
Non ci vuole molto a capire dove vuole andare a parare il tipo:
vuole insinuare un parallelo tra i soldatini del fascio d'allora e i militari d'oggi, che presidiano le città con Polizia e Carabinieri, per la nostra sicurezza;
- «[...] vedo REPARTI DELL'ESERCITO, BENE ARMATI e CON TUTE MIMETICHE, anche sui marciapiedi delle nostre città».
da parte mia ho solo una cosa da dire:
- «Grazie ragazzi, di tutte le armi, che il vedervi assieme mi rassicura ancora di più, in special modo quelli che non sono "soldatini" da esposizione, ma soldati che collaborano a migliorare e preservare la nostra vita e incolumità.
E poi, Umby, non dire pirlate: in Piazza Duomo, a Milano, il soldato aveva la normale divisa e pistola;
forse ti sei confuso con quelli di Putin, che sono andati a trovare gli amici, in Georgia, sempre che non sei rimasto a quelli di Praga, nel '68.
- «[...] andavano a comprare il poco che si trovava nei negozi d'alimentari».
'azzarola, è vero: con il Ferragosto tutti i negozi sono chiusi, e pensionati e gli anziani sono alla ricerca del "poco che si trova", vaganti laceri ed affamati.
- «[...] a notte si dormiva col mattone caldo nel letto e ricordo con tenerezza persino i geloni».
Dai, Ecoberto, che al posto del mattone ci puoi mettere ora una bella ragazza dell'Est, delle tante costrette a far da scaldino per aver creduto alle balle raccontate dai favolisti del Paradiso del "poppolo" proletario: nulla ci hanno avuto, che a prendere non è il sole e dare, sai bene cosa !
- «[...] Ora non posso dire che tutto questo sia tornato, certo non integralmente. Ma comincio a riavvertirne il profumo».
Caro amico, almeno per le mutande e i calzini, spesso bisogna cambiarsi, altrimenti ti voglio vedere, a "riavvertirne il profumo".
- «[...] a quei tempi apparivano [...] manifesti [...] si vedeva un nero americano ributtante (e ubriaco) [...] la mano adunca verso una bianca [...] oggi vedo in televisione volti minacciosi di negri smagriti che stanno invadendo [...] le nostre terre [...] la gente è ancora più spaventata di allora».
La legge dei grandi numeri è quella che fa grande anche una minoranza all'interno di un insieme:
i più saranno bravi ed onesti disperati, ma anche il poco fa tanto, in un formicaio, e ne basta uno, deciso e determinato a buttare il cerino nel fienile.
A meno che il nostro gioca sul calcolo della probabilità, il restane fuori, secondo la filosofia meneghina del:
"A chi tuca tuca", a chi tocca, tocca. Cazzi suoi !
- «[...] il sindaco leghista di Novara ha proibito che di notte, nel parco, si riuniscano più di tre persone. Attendo [...] il ritorno del coprifuoco».
Caro segugio dall'olfatto nostalgico, ti auguro di non dover passare DI NOTTE in un parco cittadino, che "Il nome della rosa", tra i cespugli, si chiama "Uccelli di rovo", e l'odore che sentirai è dello sniffo e il coprifuoco serve a spegnere l'erba, ma non quella medica !
- «[...] odo discorsi assai simili a quelli che leggevo [...] che non solo attaccavano gli ebrei ma anche zingari, marocchini e stranieri in genere. Il pane sta diventando carissimo. Ci stanno avvertendo che dovremo risparmiare sul petrolio, limitare lo spreco d'energia elettrica, spegnere le vetrine di notte. Calano le auto e riappaiono i ladri di biciclette. Come tocco d'originalità, tra un pò sarà razionata l'acqua».
Accidenti: sembra di essere nella culla del comunismo, di ripercorrere novant'anni di vita prospera;
- «[...] Non abbiamo ancora un governo al Sud e uno al Nord, però c'è chi sta lavorando in questa direzione».
Non è che ti confondi con Est e Ovest, con i rispettivi governi, separati da quel che fu il muro di Berlino ?
- « Mi manca un Capo che abbracci e baci castamente sulla guancia prosperose massaie rurali, ma ciascuno ha i suoi gusti».
E già: tu sceglieresti i ruvidi baffi di papà Baffone Stalin o l'ispida barbetta di nonno Lenin ?
... ciascuno ha i suoi gusti.

Io, secondo me...16.12.2010

martedì 14 dicembre 2010

Deja vu

Il mercato delle vacche

Prima era nell’aria, la supponenza di chi ti guarda e ti misura, quasi fossi lo scemo del villaggio...solo che qui si era esagerato, che il poveretto pareva aver sgravato sull’intera nazione una manica d’imbecilli, mandrie di vacche al pascolo.
Mai dimenticherò il giorno in cui si vide “Baffin D’Alema”, bastonato da un democratico ma sfavorevole voto elettorale, sputare bile, fiele e veleno come non mai, scoprendo l’anima e il convincimento della “razza ariana” rossa, di “Kompagni”, uber alles, sopra tutto:
«[...] è vero che siamo in minoranza, ma siamo in maggioranza nella PARTE PIÙ ACCULTURATA DEL PAESE; siamo il primo partito nelle aree urbane TRA GLI ITALIANI CHE LEGGONO LIBRI E GIORNALI. Siamo una minoranza che rappresenta la classe dirigente del paese in tutti i campi».
Solo quelli sanno leggere; gli altri – i più – guardano solo le figure;
solo loro c’hanno la patente: dirigono.
Fino ad ora ero convinto dell’ereditarietà tra la specie, caratteri rigidamente trasmessi dai cromosomi;
vero in parte: anche la tessera di partito – quella giusta – trasmette matrice, lo stampo del “Migliore”.
L’Italia è diventata un corpo da purgare, dopo che la messe d’ignoranza ha deciso non per il meglio ma per il bauscia, il cavalier Berlusca.
Li capisco, povere gioie: nel lontano ’94, con il loro Occhetto, avevano messo in campo una "gioiosa macchina da guerra " quand'ecco che ti arriva il bulletto di Arcore e te la fa in mille pezzi;
poco avanti, Bossi ribalta il nanerottolo, si ritorna alle urne e l’armata Brancaleone riesce a piazzarsi sul predellino e, con un misero pugno di voti di scarto, fa man bassa di tutte le cariche, fino a che implode, sotto l’impossibile di mettere assieme quella corte dei miracoli, tanti parenti serpenti pronti a mollare quando la pastoia si dimostrò troppo piccola per sfamare la numerosa prole.
Da allora, non ce ne stato più per nessuno: il cavaliere si è messo di traverso, tappando tutti i buchi, come il calcare nella lavatrice.
La gran massa degli asini, che pare non legge libri e giornali, ma fa biomassa, martella le dure zucche dei cocomeri rossi.
Nulla da fare: da quella parte non si passa, le votazioni sono per i compagni alla pari di un grimaldello spuntato.
Fortuna vuole che, dopo sedici anni, quel babbeo di Fini rinsavisce, capisce l’errore e, nel credo del “meglio tardi che mai”, scompagina le carte e toglie il cadreghino al capo; non il suo, che dalla posizione di Presidente della Camera si domina il campo di battaglia, e si bombarda meglio che rasoterra.
«Berlusconi è vecchio: largo al nuovo che avanza!»
L’anagrafica penalizza il vecchietto, l’ultrasettantenne è presentato come Matusalemme in piena fioritura, ma il “nuovo che avanza”, la triade Fini-Casini-Rutelli, si porta in dote più di trent’anni di politica, primo e unico lavoro della loro vita.
Il veterano Fini scalpita, si porta dentro la mortificazione d’essere ancora un due di picche;
nonostante il tirocinio, e quel maledetto nanerottolo non crepa mai, che pare intrecciato con il fil di ferro, tanto coriaceo da scampare anche ad una statuetta di marmo del Duomo, che gli hanno timbrato sulla cozza e sul faccione!
E allora, al grido di «Muoia Fini con il Filisteo!», strapazza le colonne che tengono il trono che vorrebbe suo: come Pietro Maso con i genitori, cerca di farlo fuori per prendersi prima l’eredità.
Mal che va, come il cornuto che perde la donna, l’accoppa urlando: «Se non mia, di nessuno!»
Ma bisogna togliergli l’elisir che gli concede la resurrezione e l’eternità: l’elettorato.
In questo, ha tanti alleati, che si rifanno al caro Paolo Flores D’Arcais che, su “Il Fatto quotidiano” del 4 novembre ammonisce, atterrito: “Un Berlusconi che vincesse le elezioni non farebbe prigionieri: saremmo al FASCISMO per VIA LEGALE!”
Allora ecco che bisogna scavalcare il “fascismo per via legale”, quello dove ancora una manica di beoti andrebbe all’abbeverata.
Ecco allora il comunicato della triade:
“I parlamentari delle forze politiche, che si riconoscono in un’area di responsabilità nazionale, convengono sulla necessità di assicurare al Paese un governo solido e sicuro e di EVITARE UN INUTILE E DANNOSO RICORSO ALLE URNE”.
Ecco fatto: le vacche che non leggono libri e giornali, in stalla.
La seconda gioiosa macchina da guerra sferraglia e avanza, mentre si tenta di fermare l’emorragia d’olio: quello dell’euro, che sembra usato per ungere quelli sensibili a questo tipo di lubrificante:
“La procura di Roma ha aperto un fascicolo processuale sulla vicenda della presunta compravendita di parlamentari”.
«Avanti, avanti, gente. Siamo qui non per vendere ma per regalare; chi vusa pusè la vaca l'è sua, chi urla di più, si prende la vacca!»
Tutto perfetto; un risultato a tavolino, dove non possa mai vincere il fascismo per vie legali, quello del voto popolare, alle urne.
I maiali di Napoleon, quelli de “La fattoria degli animali”, l’Animal Farm – il romanzo satirico scritto nel 1945 dal britannico George Orwell – dopo aver cacciato il fattore e preso il comando, hanno deciso così.
Per il bene della comunità, s’intende...anche di quella che non legge libri e giornali!


Io, secondo me...13.12.2010

domenica 12 dicembre 2010

Beppinate

«Ma guarda te: l’hanno appena aperto e già c’hanno imbrattato il muro!»

La lunga linea, di un marroncino sospetto, attraversa una parte dell’ampia parete, di bianco immacolata, quasi a deturpare un bel volto, sfigurato da una rapida e astiosa rasoiata.
«Linea di terra», legge a voce alta, la mia dolce metà, alzando con compatimento gli occhi dagli occhialini, scivolati sulla punta del nasino «è un’opera d’arte moderna».
«Mamma mia…e quando la devono traslocare, che fanno: abbattono l’intera parete?»
La moglie comincia a prendere le distanze.
«Guarda. La donna delle pulizie ha lasciato le spugnette attaccate al muro!»
La compagna abbozza, incassa con rassegnazione il fatto che il suo maritino non capisce nulla di arte e che, ormai trascorso il tempo di legge, non può più invocare il diritto di recesso e se lo deve tenere, così com’è.
«Bisognerebbe avvisare il personale della mostra: c’è una lampada al neon che sta per saltare» dico io, passando accanto ad un treno di luci, che si accendono e spengono, or questa, ora quella.
La moglie ormai ha preso le distanze e guarda un ghirigoro sull’altra parete, quasi con il naso incollato e un rossore in espansione sulle gote.
Facce rabbuiate e preoccupate mi osservano: forse anche loro mi danno ragione, sui quei bulbi in procinto di fulminarsi.
«Cristina, vieni qua: c’è un enorme appendino per gli abiti, che pare lo stenditoio a torre della Foppapedretti!»
La femmina sembra ingobbirsi, rattrappirsi e scomparire, tanto che rapidamente scantona dietro una delle pareti divisorie, mentre uno dei visitatori mi osserva con disappunto.
«Croce», mi apostrofa con voce schioccante come uno schiaffo, indicando, con veemenza e l’indice vibrante, il cartellino alla base dell’incrocio tubolare.
«Madonna benedetta! Sti romani erano geniali proprio: ai tempi crocefiggevano anche a grappolo!»
La mogliettina intanto si infilata nei bagni, e sento che chiude la porta a più mandate, cercando di forzarne altre, oltre alle due classiche.
Bello; bello davvero il nuovo Museo del Novecento, nato sulle ceneri del vecchio e ormai sorpassato Arengario, affacciato sulla bella piazza, sotto le guglie del Duomo della metropoli meneghina.
Ci si entra e si impegna una comoda e funzionale salita, attorcigliata come le volute serpentiformi del condotto uditivo: al vertice, saloni su più piani, ognuno con arte a tema, per tele, marmi e ammennicoli vari.
Me ne stavo beatamente seduto ed eccomi circondare da un certo numero di persone, che guardavano con fare stranito.
«Signore…ehm…scusi: lei si è seduto su una scultura», mi dice una graziosa signorina, con tanto di targhetta e divisa dei curatori di quello scrigno di cultura.
«Si alzi, prego: si è messo sulla statua dell’Assetato».
Solo allora mi accorgo che la leggera inclinazione e la curvatura del sasso non è anatomico schienale di seduta, ma l’abbozzo di un corpo chino su un’immaginaria pozza d’acqua.
Con non poco imbarazzo, cerco di darmi un tono e vedo di confondermi tra i tanti, che menano impressione di essere acculturati, tanto si avvicinano alle opere con cipiglio pensoso e indagatore, rughe profonde e corrugate, proprie dei grandi pensatori intenti a speculare su massimi sistemi.
"Ah, questa volta mi rifaccio", penso, mentre mi rivolgo a una robusta cariatide di mezza età, sprofondata in un’elegante sedia con la curiosa caratteristica di avere una specie di cintura imbottita e appoggini perri gomiti, di soffice gommapiuma.
«Signora, le conviene alzarsi, che qui sono permalosi e cazziano pesantemente quelli che si appoggiano alle sculture!»
Quella allora si drizza e punta il suo con il mio, di naso:
«Ehi, bello, smamma, che questa sedia l’ho vista prima io!»
Sgambetto avvilito e migro in una stanzetta, un pochino più appartata.
Su un piccolo treppiede, un palloncino: "Fiato d’artista"-
L’apoteosi della Musa, l’ascesa al Nirvana, il culmine dell’espressione artistica: riecco, il Pierotto Manzoni, sublime mantice dei suoi"Corpi d’Aria", che il vero colpo da maestro lo fece in quel lontano 12 agosto del lontano 1961;
in occasione di una mostra alla Galleria Pescetto di Albisola Marina, presentò il suo capolavoro: per la prima volta in pubblico, le scatolette di" Merda d’artista", ovvero, novanta barattolini - al modico prezzo pari al corrente, dell’oro - 30 grammi di conserva al naturale - cremosa e inscatolata calda e fumante, nel mese di maggio,quello odoroso di erbe e fiori.
Di quanti allora fecero acquisto, nessuno a oggi ho visto portarne vanto.
Ah, ignoranti e zotici personaggi, incapaci di apprezzare arte moderna, che guarda avanti, al futuro quando, passi per l’aria, anche la cacca, rigorosamente d’autore, sarà poesia, degna delle Muse e sulla tavola della parte più acculturata del paese, quella che il caro Baffin D’Alema vide cadere vittima alle urne del branco Berlusconiano, della quantità che ebbe ragione della qualità.
«Cristina, andiamo via, che io c’ho metà sangue di contadini e l’altra di montanari e tanto, su questo piano, mi pare una gran presa per quello che il Manzoni Piero usò per spennellare linee di terra e materia d’autore!»
Percorriamo i corridoi con la mia femmina che si cala il cappello di lana sugli occhi, la sciarpa alla radice del naso e gli occhiali da sole tolti solo all’aperto, lontano da sguardi accusatori.
Apro la pagina del giornale:
"Bersani Fini e Di Pietro vittime del mercato delle vacche".

Oh, finalmente;
casa, casa mia: per piccina che tu sia, sei sempre casa mia!

Io, secondo me...12.12.2010

sabato 11 dicembre 2010

venerdì 12 novembre 2010

giovedì 4 novembre 2010

lunedì 27 settembre 2010

domenica 26 settembre 2010

Il pelo e la pulce

Ci sono due modi per farsi strada nella vita: con i propri piedi o a rimorchio.
Se sei cane trotti; se pulce, ti cerchi un bel “patatone”, t’attacchi e, a camminare, ci pensa lui, facendo pure la dispensa ambulante.
Ovvio aspettarsi che, una volta trovato l’ambiente ideale, la furbetta, chiami a raccolta il resto della famiglia ad approfittare di tanta abbondanza, ogni qualvolta trovi miglior pascolo;
e te li ritrovi sul groppone, che neppure a grattarsi freneticamente, come tarantolati, te ne liberi più.
Tutta questione di pelo, di chi ce l’ha e dove.
Detto questo, per il povero cane e le sue, di pulci, la cosa si ferma qui, ognuno costretto nei limiti e alla sottomissione a leggi di natura, contro nulla possono. Loro, almeno.
Per l’Homo, no; l’Homo, si sa, è Sapiens…anzi, di più: Sapiens Sapiens!
Con lui ci pensa un altro tipo di pulce, a farlo diventare “patatone”: la donna fatale, ambiziosa e motivata.
Questa applica la legge di Archimede, quando basta una leva a sollevare il mondo;
lei lo fa con il pelo, forte da trainare un carro di buoi, come recita la saggezza popolare.
Il genere, oltre che attorno alle grazie, ne è dotata in abbondanza pure sullo stomaco: quel tanto che basta a far fesso, dopo averlo imbambolato, pure il più scafato dei naviganti, che perde la bussola e il senno, alla minaccia della bella bambolona di farsi venire il mal di testa se “patatone” non dovesse cedere ai capricci.
«Dai, amore: tu che conosci quelli che contano, fai avere qualcosina in televisione - che so - un programmino, una produzione milionaria, da affidare a mammà e papa; un piccolo localino a Montecarlo per il mio fratellino, che c’ha solo un misero Ferrarino!»
Il peletto vibra: il tubero comincia a sudare e il controllo trasloca, dalla testa alla coda.
Lei allora la - e lui - dà: tutto quel che vuole.
A quel punto l’Homo è tutto, tranne che Sapiens Sapiens;
cambio di marcia e muscolo, dove il cervello passa in folle.
Man mano che aumenta il richiamo della foresta, sempre più la ragione lascia spazio alla regione, quella pubica;
è qui, le novelle Salomè si trastullano con la testa di chi l’ha persa per loro.
Scene pietose: uomini che ti hanno rigirato partiti e casacche, facce e spallucce, Storia e storie, rivoltato come calzini le sorti di un paese, guerrieri del poltronaggio politico, diventano bambini da caramella, ridicoli, grotteschi Fantozzi in mutandoni ascellari!
L’Esaù biblico svendette la progenitura per un piatto di lenticchie, ma almeno c’ha fatto un pasto;
così come gli Argonauti di Giasone si fecero un culo grande così, per recuperare un vello, ma era abbondante e pure d’oro.
Il nostro sfigato ha svenduto pure lui, ma per pochi pilucchi e, per di più…fini fini.
C’è una cosa peggio della sconfitta, in guerra, dove pure, se con onore, si concede quello delle armi:
la derisione.
Ammazzi Golia, abbatti giganti, conquisti imperi, regni e…principati, scendi ai ferri con tenaci e coriacei avversari, getti nella polvere la carcassa di tanti nemici e poi basta un piccolo crine a farti coglionare!
Ecco allora il gonzo, menato a pastura con l’anello al naso, accorgersi d’aver fatto figura di bamba e che la pezza non è migliore del buco, quando per scusarsi ripete il trito repertorio d’ogni trombone che rimane trombato:
«Non c’ero e, se c’ero, dormivo!»
No, spezzo una lancia, a che non faccia figura da pirla ma gioco del gatto e la volpe:
«L’ho fatto per la famiglia!»
Beh, così va meglio: tutto rimane lì.
Per un pelo sono caduti santi, eroi e navigatori; figuriamoci un pollo!


Io, secondo me...26.09.2010

mercoledì 22 settembre 2010

sabato 11 settembre 2010

giovedì 2 settembre 2010

martedì 27 luglio 2010

martedì 20 luglio 2010

sVENDOLA

Nel film western "Per un pugno di dollari", uno dei protagonisti afferma che "Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto";
un pistola con l'estintore non se la passa meglio.
Il piccolo teppistello, che cercava di linciare dei carabinieri, imprigionati in una camionetta andata a sbattere, c'ha lasciato la buccia, appunto perché era così scemo da credere che dall'altra parte si sarebbero fatti scassare la cervice dal bombolone, senza colpo ferire.
La convinzione, che l'arma dei carabinieri vanta tanti accoppati, sembra obbedire ad una legge fisica, come la caduta dei gravi o la forza di gravità, per cui a terra ci deve andare sempre il poliziotto;
il "Caramba" che non si lascia massacrare è un Bastian contrario, uno che non conosce e segue il galateo che lo vuole agnello sacrificale, eterno capro espiatorio, servo dello Stato e da scannare.
Dal povero Mario Placanica, racchiuso nella camionetta dei militi, sotto spranga, legni e manganelli, ci si attendeva l'"Ave, Carletto, morituri te salutant", l'ennesima versione del giroton...dino:
"Giro giro tondo, che ci faccio in questo mondo?
Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra;
vado giù per terra".
In quel 20 luglio 2001 durante il G8 di Genova, tra i delinquentelli, in cerca del poliziotto da disossare, c'era anche lui, il Carlo Giuliani, con il volto coperto dal classico passamontagna, a non farsi riconoscere qualora gli fosse riuscito di scassare il cranio e spegnere la fiamma sul cappello del milite.
Il Carletto era il classico ottuso, più portato al mestiere delle armi che a quelli del lavoro, dei tanti che si annoiavano perché la vita è monotona e la scarica d'adrenalina la si cerca negli spinelli o nello scassare i gemelli pubici al prossimo.
Vuoi mettere com'è più interessante lo sbattere la vecchietta sotto l'autobus piuttosto che farle attraversare la strada?!
Peccato che la vecchietta di turno c'avesse la pistola e, terrorizzata dall'essere fatta a pezzi, c'ha sparato, più che al coglione, al melone che quello aveva, sopra le spalle.
All'improvviso, tutti quelli come lui, attorno allo scannatoio su gomma, visto che dentro non c'erano più delle pecore, se la sono data a gambe, come conigli, quando scoperto che neppure fare branco garantiva un facile abbattimento del pollo.
Quando un uomo con l'estintore incontra un uomo con la pistola, quello con la bombola è un uomo morto!
Carlo Giuliani non era nessuno, se non un assassino mancato: lo sfigato tra la specie, il Fantozzi della categoria.
Se qualcuno ancora ne vorrebbe fare un eroe, in quel genere lo deve esaltare e non cercare nobiltà che non compete, a chi cercava di affinare l'arte dell'uccidere il prossimo suo.
Quelle immagini di macellai pronti a cavare sangue dei militi, assediati nella camionetta, sono ormai passate dalle mani della cronaca a quelle della storia: non ci sono ambiguità, nel riconoscere il diritto di difesa di chi era in procinto d'essere massacrato;
né ci sono dubbi di chi l'assalitore e di chi l'assalito.
Carlo Giuliani, a dire bene, era un cretino; a pensar male, un mancato omicida.
Vogliamo intitolargli una via? Una statua?
Ebbene, allora sia via dell'Estintore, e la statua: lanciato in avanti, non con la stampella che l'eroico fante Enrico Toti scagliò contro il nemico, ma con la bombola di schiumogeno sporca di sangue, con attaccato capelli e pezzi di cranio dell'uomo in divisa, che agonizza ai suoi piedi e il viso bene coperto, da un cappuccio prepuziale, a coprire la testa di quel che era il tipo.
Ora, non c'è nulla di più osceno quanto il cercare di farne un eroe, quando chiaro fosse uno dei tanti che vanno in cerca di teste da spaccare, come allo stadio o dovunque ci sia modo, mezzo ed occasione di fare il prepotente, il bullo, il bauscia e credersi grande e potente quando si decide della pelle d'altri, quando l'onnipotenza di avere tra le mani la vita e la morte...o un estintore.
Giuliani era tutto questo, non più evoluto del troglodita con la clava, maestro solo nel maneggio dell'attrezzo cui la selezione della specie lo aveva dotato, quanto un dente o un artiglio per chi deve solo operare da predatore e quindi con un programma alquanto semplificato e una struttura modellata solo all'offesa.
Gli è andata male, punto e basta, come per lo sciacallo infilato dal corno della gazzella.
Avrebbero mai cercato di intitolare, qualora a parti inverse, qualcosa alla memoria di un Mario Placanica?
Di questi giorni è il rimestare nel cassonetto dell'ennesimo politicante in cerca di rimasugli e avanzi, per vedere di impastare qualcosa simile ad una polpetta;
addirittura presenta il macinato di Giuliani come paragonabile al miglior filetto, a dar valore pari al Carletto come ai giudici Falcone e Borsellino, assassinati dalla mafia.
Peccato che loro il prossimo lo volevano salvare, non prendere a mazzate.
Il Nichi Vendola, che quando parla pare Paperino e modula vocina allo sputacchio, tromboneggia:
- «Fono qui a fcompaginare la finftra, a fparigliare i giochi. Botte a deftra, via Berlufconi! Vincere per le donne e gli eroi dei noftri giorni, come Falcone, Borfellino...e Carlo Giuliani, l'eroe ragaffino, ucciso da un carabiniere a Genova, quando una generafione perfe l'innocenfa e fece i suoi conti con la morte!»
Caro Nichi, ti rimbecco con l'affettuoso dire, in uso nella mia bella metropoli meneghina, quando si richiama chi ha appena detto una minchiata:

- «Ma và da via i ciapp!»

Senza offesa, a te e al tuo "eroe ragaffino"!


Io, secondo me...20.07.2010

mercoledì 14 luglio 2010

domenica 11 luglio 2010

Cazzata siciliana

Cazzata siciliana

"Chi muore giace, chi resta si da pace";

questo si usa dire quando, con rassegnazione, i sopravvissuti debbono soffrire con dignità, senza fare chiassate, dare in escandescenze, lamentarsi o arrivare ai piagnistei: se propri si deve, sia almeno in silenzio, composti, sussurrando, controllati nelle geremiadi e nel gocciolatoio dell'occhio.
Insomma: con stile e, soprattutto, defilati, lontani da finestre mediatiche, da dove tutti possono sbirciare e vedere quanti panni sporchi ci stanno dietro.
Quel che giace è la salma del maresciallo dei carabinieri Antonio Lombardo, che si sparò nel '95.
- «Ecco, si sparò; e allora, che ce ne fotte! Scelta sua, roba vecchia e lo spettacolo va avanti!» risponderebbe Leo.
E già perché lui fotte e se ne fotte, anche se la pallottola prese avvio non da una combinazione di polvere da sparo, ma dalla merda; e il Leo, di quella, ne ha riempito secchi, per lubrificare la camera di scoppio della rivoltella del povero Antonio.
Approfittando del predellino, della zeppa da sotto i piedi, che l'occasione gli aveva dato, il Leo Cascio subito se ne avvantaggiò, cercando di sembrare più grande di quel che fosse, come a proiettare l'ombra del nano sul telo, dove anche le movenze di un verme parrebbero contorsioni di drago.
Samarcanda, si chiamava la lampada magica, che amplificava la trombetta, a farla diventare trombone: direttore di tanta orchestra era allora il Santoro, presentatore e conduttore televisivo, detto anche Michele.
L'uno e l'altro ci guadagnarono in ascolti e notorietà, dove la verità vera è quella gridata, dove "Chi vusa pusè la vaca l'è sua", ovvero "chi urla di più ottiene la proprietà della mucca".
Leo, era Leoluca Orlando Cascio, avvocato e figlio di tale, che fu consigliere e poi sindaco di Palermo e, su su, da predellino a predellino, da zeppe in zeppa, da gradino a gradino, fino a divenire parlamentare e poi, da esportazione, come europarlamentare, oggi gemellato nell'Italia Dei Veleni - ops! Dei valori - del sciur paròn, Tony Di Pietro, protettore dei fabbricanti di manette.
Terra terra, la "sparata" del Leo fu:
- «Antonio è pappa e ciccia con la mafia!»
No, non l'Antonio amico suo di oggi, ma il Lombardo.
Praticamente sputtanò, in mondovisione, quel poveretto, usando la tromba più assordante esistente: la televisione;
e che non fu di bocca, la si vede solo oggi, ormai tardi per ridare onore e dignità a chi diede le dimissioni a modo suo, svergognato da uno che cercava di far rumore per emergere dal "se non fai casino non ti caga nessuno", detto nel volgare dell'uomo di strada.
Beh, Cascio c'aveva già provato ad attirare l'attenzione: prima entrando in polemica con Leonardo Sciascia, che di antimafia c'aveva gli attributi migliori del Leo e pure con il giudice Falcone, quello che alla mafia rompeva proprio gli zebedei, tanto che, per toglierselo dalle palle, lo fecero esplodere con tutta la scorta.
Il Cascio diceva che teneva le indagini nel cassetto, pure lui con macchie sulla camicia immacolata.
- «Eeeeeeh...errori di gioventù: ora sono pulito, anzi, "onorevole"!» direbbe il Leo.
Vero e, come quello che ti invita al Bar. a prendere un caffè, lui non paga mai!
Chi muore giace, chi resta si da pace;
Ovetto fresco di giornata, è la notizia che un altro tritato è riuscito ad uscire dalle pale del ventilatore, quello manovrato dagli "épandeur de merde", dove le macchie del loro prodotto rimangono a lungo, così come l'odore.
L'uomo che Paolo Borsellino - anche lui "esploso" dalla mafia - chiamava fratello, il carabiniere Carmelo Canale, è stato assolto in via definitiva dall'accusa di essersi venduto alla mafia;
Antonio Lombardo era suo cognato.
Se mai qualcuno dovrebbe fregiarsi del titolo di "Onorevole", questi sono proprio loro: onesti servitori dello Stato, a cui lo sputo dei serpenti ha, a uno tolto la vita, all'altro, l'ha avvelenata.
Quando la mafia non riusciva a togliersi dai coglioni quelli che la impensierivano, alle bombe preferiva il "pentito" di turno, quello che si faceva acchiappare apposta per poi avvelenare o intossicare dal di dentro chi lo ospitava.
Ecco che si toglieva d'attorno un pericoloso avversario senza colpo ferire, dove magari la fortuna favoriva pure i delinquenti, che della parola vergogna non ne conoscono declinazione, mentre per altri armava la rivoltella che si puntavano alla tempia.
Se poi c'era qualche Cascio nei paraggi, pure quello era valore aggiunto, che non era importante la trincea da dove sparava, basta che fosse uno dei suoi a cadere, vittima di quel che in guerra si chiama fuoco amico.
Anche un re si umiliò, a Canossa, cospargendosi il capo di cenere e chiedendo perdono per i propri errori;
ma i re, si sa, sono nobili: a noi rimangono ormai solo delle scartine, pochi e miserabili "onorevoli", da contrapporre.
"Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoci 'o passato..."

Io, secondo me...11.07.2010

domenica 4 luglio 2010

Cazzazione

- «Non fa male...non fa male!»

La tipa saltellava come un grillo, attorno al più possente e tarchiato marito.
A vederli, pareva la serie di Rocky Balboa, il famoso pugile interpretato dall'attore Silvester Stallone, dove usava la propria faccia per intercettare i colpi dell'avversario, più che il pugno;
il povero Rocky ne usciva sempre vincitore, più per sfinimento di chi lo affrontava che per doti agonistiche proprie.
Con la faccia come una bistecca passata al tritacarne, scoraggiava quel che lo pestava con la famosa frase, appunto:
«Non fa male...Non fa male!»
A quello, prima o poi, cascavano le braccia e - beng! - gli arrivava la mazzata finale di quel che, fino ad allora, le aveva buscate incessantemente.

- «Fatto niente, fatto niente: ciccabù, ciccabù!»
La femmina continuava l'incontro, nonostante il naso ridotto a gnocco, gli occhi tumefatti, gli zigomi violacei, gli incisivi spezzati, il contorno occhi dell'orsetto Panda, le labbra gonfie come canotti, le capsule dentali saltate, la mandibola sghemba e cascante, le dita fratturate e i capelli arruffati.

- «Non mi fai paura, marameo!!»
Il gancio le arrivò dal lato scoperto, mentre un montante devastante le schiacciò i denti, gli uni sugli altri, mandandoli in frantumi;
Il colpo allo stomaco la piegò in due, come un libro rinchiuso di botto, mentre i polmoni si sgonfiarono d'un fiato, come una gomma forata dal chiodo.
Il colpo basso le fece vibrare tutto l'apparato riproduttivo, dove ormai quel che stava sopra ora era sotto e viceversa.

- «Tutto qui, non sai fare di meglio?»
a dire il vero, questa frase è stata interpretata più dalla mimica che dalla lettura del labiale, che ormai la bocca era attaccata al naso, a formare un tutt'uno.
L'uomo la finì con lo sgabello, il martello del gong e il secchio, dove stava in ammollo la spugna.

Alla vista dei carabinieri, avvertiti dai vicini di casa della coppia, allarmati dalle urla bestiali, di rabbia e dolore, si presentò uno spettacolo tremendo, quando i portantini della lettiga deposero i pezzi della donna sulla tela, avendo l'accortezza di numerarli, per dar modo poi di ricomporre i tanti ossicini spezzati, i lembi di carne striata e i tendini che assomigliavano a stringhe slacciate o spaghetti scotti;
la donna, con la migliore delle dita maciullate riuscì ancora a tracciare, con il suo sangue, una riga sul pavimento
- «Non fa male...non fa male!»
Ad uno dei militi scappò detto, con ammirazione e dopo aver ammanettato il manesco marito:

- «'azzarola; quella è proprio una donna con le palle!»

Dopo aver raccolto i coriandoli corporali più minuti con lo scopino e l'aspirapolvere, i volontari della croce rossa sgommarono quanto più in fretta possibile, a sirene spiegate e con la massima celerità.

- «[...] una con le palle, per nulla intimorita dal consorte, manesco e offensivo; pertanto, questo tribunale assolve l'imputato perché ritiene che ingiurie e botte non possano essere considerate sopraffazione esercitata dall'accusato, visto che la moglie è una tigre, per nulla spaventata dalla brutale virilità del suo King Kong!»
Bam! Bam! Bam!
Il martelletto batté inesorabile, sottolineando l'atto di giustizia, mentre i signori togati se ne andarono alla spicciolata, tronfi e ringalluzziti, dopo aver telefonato a casa: «Maria, butta la pasta, che sto arrivando!»
Le tante Marie, mogli di questi della Cassazione, Suprema Corte di illuminati, sicuramente avranno fatto tesoro del neanche tanto velato messaggio: credere, obbedire e tacere, altrimenti, se mostrate gli attributi - io sono omo! - c'è licenza di raddrizzarvi a legnate!
Prese per i capelli e trascinate nella caverna, c'hanno tagliato le unghie, alle ribelli, quei maschioni della...Cazzazione.
King Kong, scimmione di Livigno, condannato dalla corte di Sondrio e pure, in appello, in quella di Milano, altri parrucconi l'hanno fatto uscire dalla gabbia: tribunale che vai, legge che trovi, che non è vero sia uguale per tutti.

Io, secondo me...04.07.2010

lunedì 28 giugno 2010

mercoledì 23 giugno 2010

giovedì 17 giugno 2010

vignetta blasfeMINA

Akbarbari

C'è chi la perde per una donna, chi per la paura, per una provocazione o uno sgarbo;
così si dice di chi la ragione smarrisce: quello, ha perso la testa!
Ma in senso figurato: invero, quella c'è sempre, ben piantata sul collo ma, semplicemente, quel manca è la capacità del discernimento.
Ci si uccide per amore, si salta nel vuoto da un grattacielo in fiamme, si picchia se offesi o si accoppa per uno sgarro e la zucca, anche se vuota, si accompagna sempre allo sfortunato, che ci ha tolto il sale per metterci l'aria.
Altra cosa per chi veramente se la trova tagliata, solo perché ha trovato sulla sua strada un coglione che, dopo averla spiccata dal corpo, la mostra come trofeo, gridando:
- «Ho ucciso il grande satana: Allah Akbar!»
Pirla.
Figlio di un dio minore, povero d'intelligenza quanto di verbo, tanto da preferire, al filo del discorso, quello della lama;
di lui si potrebbe dire, come per un animale: gli manca la parola!
Monsignor Luigi Padovese, come per il precedente, il caro don Santoro, è finito così: sgozzato.
Allah Akbar...ma va da via i ciapp, paciaratt: offri il tuo didietro, mangiatopi!
In quel di Turchia - ma la cosa si ripete nel mondo degli "akbarbari" - così è fatto tacere chi oppone Cristo, maestro di pace, ad un profeta che diffonde spade e catene.
Senza questi "ferri" del mestiere, pochi accetterebbero di servire da inferiori, quando possibile essere trattati da pari.
La ragione della forza è il bastone del pecoraio, dove a lui spetta latte e carne e al gregge fornire quello e questa;
semplice bottega di macellaio.
Solo a Roma, ad un tiro di schioppo, abitano la Chiesa di San Pietro, una bella Sinagoga e una paffuta Moschea, tanto che, se ognuno si affacciasse, potrebbero darsi voce, come nel cortile di case di ringhiera.
Nel cuore della cristianità, un segno di fratellanza, a pari livello: in quello dell'Islam, solo segni di un padrone.
Cazzeggiamo pure sui distinguo, ma la sostanza, il succo del discorso, quello è!
Entra nel mucchio e sei come le vacche del cow-boy: marchiato a fuoco!
Da quel momento non esisti più, come individuo, ma come numero: prova saltare lo steccato e ti trovi...stecchito!
Non esiste divorzio, nessuna possibilità di riscattare l'ipoteca; sei una proprietà indivisibile...tranne che nel breve spazio tra il mento e le spalle!
Da ultimi arrivati, nella gestione delle cose del buon Dio, vorrebbero esserne sigillo, quasi che le la Storia iniziasse dal fondo e i piedi, d'improvviso, volessero che fossero le mani a camminare, di modo che il sotto diventasse il sopra e il fondello la testa.
Nulla da eccepire se solo, con lo scolapasta in testa e la mano sul petto, infilata nella camicia, il novello Napoleone imperasse tra le mura del manicomio.
Allah Akbar...beh, anche il mio, come quello d'ogni creatura, pienamente in diritto di cercarlo, chiamarlo, pregarlo, adorarlo come meglio crede.
I grilli hanno lasciato lavorare le formiche, per poi sedersi al banchetto e voler dare misura e porzione, usando il coltello per tagliare pane, companatico e gole.
Il tappo di sughero vuole e pretende di valere più e quanto l'intera damigiana e del vino!
Libero di crederci, ma non d'imporre, cazzo!!
E se la spada è la sostanza di un dio e del suo profeta, poveri questi, che non sono molto differenti da una faccia di tolla, sia pure su un piedistallo d'oro; chi ne è servo non può certo amarli, ma solo temerli, e nulla è più vile del terrore, che spinge e non trascina, che uccide quello che un vero Dio ha creato per la vita.
Cani, scimmie e maiali saranno pure animali impuri, ma ben contento sono d'accompagnarmi a questi, piuttosto che a delle bestie di Akbarbari, tanto ignoranti e anche cannibali, quando uccidono pure fratelli di stessa fede, quando Abele osa contraddire Caino!


Io, secondo me...16.06.2010

lunedì 14 giugno 2010

Cose...turche

Cul Tura

Non ce l'hanno nel sangue, e neppure arriva dai cromosomi: è istinto, pura natura animale, bollenti spiriti, latenti ma pronti ad uscire, come lava di vulcano quando salta il tappo;
elementare ma efficace, come per l'interruttore della luce: click, acceso...ri-click, spento.
L'unico nemico buono è quello morto.
Correva l'Ottobre del 2009, quando un esemplare della razza disse, invitò, predicò, istigò e sperò:

«Ma, santo cielo, possibile che nessuno sia in grado di ficcare una pallottola in testa a Berlusconi?»

Parole di Matteo Mezzadri - coordinatore a Vignola e membro della segreteria provinciale dei giovani del Partito Democratico - a sublimare e sintetizzare una potente certezza, ben radicata nella mente profonda dei sinistri, in special modo se istruiti da vecchi ruderi di scuola moscovita.
I "teorici", fighetti in guanti bianchi, "suggeritori occulti", che si fingono pompieri mentre offrono il cerino alla nuova generazione, ragionavano così, dopo l'ennesima bastonata elettorale, dove usciti a pezzi:
- «Vero che siamo in minoranza, ma siamo in maggioranza nella parte più acculturata del paese [...] il primo partito nelle aree urbane tra gli italiani che leggono libri, che leggono i giornali [...] che rappresenta la classe dirigente del paese in tutti i campi ed è molto difficile che chi governa possa cambiare le cose senza il nostro consenso attivo.»
Un anno prima di Matteo Mezzadri, il "professorino", Massimo D'Alema, già pasturava, seminando per il futuro.
Ovvio che quelli come loro sono pochi: la razza eletta è qualità, non quantità e, visto che il fine giustifica i mezzi, è compito degli unti dal Signore correggere gli errori dell'urna elettorale.
"Resuscitiamo le Brigate Rosse ed ammazziamo Berlusconi";
gli effetti della campagna d'odio de la Repubblica e di Di Pietro continuarono la missione, la ricerca del sicario, al di là e sempre più incattiviti dai responsi sfavorevoli degli elettori che, imperterriti, continuavano - e continuano - a riempirli di mazzate.
Ma noi, Australopitechi, Cro-Magnon, cavernicoli, solo la clava sappiamo usare e quelli soffrono, a dover seguire le regole di noi selvaggi.
Fu così che venne quel 13 dicembre 2009 dove, in Piazza Duomo, a Milano, l'odiato rappresentante della brulicante ma ignorante specie inferiore, subì conseguenza di tanti messaggi, non tanto subliminali:
"Il premier Berlusconi è stato aggredito in Piazza Duomo da Massimo Tartaglia, 42 anni di Cesano Boscone, grafico, che lo ha colpito con una statuina di metallo. Il viso del premier e' diventato una maschera di sangue", recita la stampa.
Due otturazioni saltate, un'infrazione all'osso nasale e un labbro spaccato.
L'istinto primorde, l'Imprinting violento e profondo nella carne rossa, fa esultare la massa gongolante, che si rammarica non dell'attentato, ma che questo non è stato risolutivo: la..."Mortal suasion" riuscì solo a metà.
L'imbeccata fu buona, ma il braccio moscio.

- «Roba da scendere in piazza e fare subito la rivoluzione [...] io dico se non esiste nessuno in grado di fermare questo scempio...che so, esiste ancora la figura del killer a pagamento? La cultura non si deve toccare!»

Cazzo, mi dico: ma è mai possibile che i vogliosi di sangue e lacrime, siano sempre a voler fare i froci col culo degli altri?
Cara Wertmuller, regista da pellicole al Domopack,nonchè sciura Lina, perché ancora cerchi l'ennesimo Tartaglia e non ci metti del tuo?
Accoppalo da te, il Tremonti Giulio, Ministro dell'Economia e di - scarse- Finanze che, in tempo di vacche magre, ci dice: «Bambole, non c'è più una lira!»
All'invito al risparmio, forzatura e non scelta, in tempo di crisi, la cultura risponde, a chi gli fa i conti in tasca, con un minaccioso:

- «Copa el porseo!», accoppa il maiale.

Pallottola in testa...killer a pagamento...

Cul Tura che im...pazza?

Io, secondo me...10.06.2010

Cucina araba

Mezzaluna di fuoco

Il film "Mezzogiorno di fuoco" era ambientato nella cittadina di Hadleyville e narrava la vicenda di Will Kane, uno sceriffo che si sentiva moralmente obbligato ad affrontare un manipolo di fuorilegge giunti in città;
tutti i cittadini allora lo abbandonano al suo destino: molti gli chiesero addirittura di andare via per evitare la sparatoria, che avrebbe dato al paese una cattiva reputazione.
"Non importa chi ha torto e chi ragione: questo non serve a nulla quando iniziano a sparare", è la filosofia dei vigliacchi, più interessati a salvare i propri interessi, disposti pure a compromessi e a pagare pur di poter continuare ad ingrassare.
Lo sceriffo non ti ucciderà, ma gli altri si;
è la perversa, egoistica e miope mentalità di tanti imperi che, raggiunto l'agiatezza, delegarono a mercenari il compito di difenderli, facendo l'errore di affidare a morti di fame le chiavi della dispensa.
Vendettero così la propria forza, che si chiamava dignità, il cui mantenimento incuteva, esigeva e ritornava rispetto.
Quelli, appena accortisi che era stupido ammazzarsi l'un l'altro per difendere dei debosciati, alfine capirono che era giunto il momento di infilare a quelli lo spiedo nel didietro e la mela in bocca, piuttosto che scannarsi per loro.
Quello che li motivò, prima che la bramosia e la facilità della conquista, fu il disprezzo: l'altrui viltà li rese consci del proprio valore, e che era assurdo che ruvidi guerrieri servissero delle viziate femminucce.
Eurabia, la pulzella, non ama virile mucolarità: villosi e pelosi maschioni, ammazzatevi, ma fuori dal giardino dove raccolgo margherite.
Israele, come Will Kane, non irriti i bruti e, se proprio lo vuole fare, che non porti conseguenze all'imene della femminuccia.
Apra le frontiere, abbatta il muro che difende la sua gente, si lasci piovere in testa missili, tric-trac e bombe a mano e che i suoi esplodano, tra coriandoli di budella e frattaglie, ma che il sonno della bell'addormentata non sia disturbato dalle bombarde.
Lo sceriffo non ti uccide; Israele non mette bombe.
Lascino stare, lascino fare, per evitare la sparatoria, che darebbe al paese una cattiva reputazione.
Come si fa a fare affari, in mezzo alle pistolettate?
Israele, sei la prima linea: tieni duro e, soprattutto, non lasciare che la linea del Piave arrivi a noi!
E voi, incazzuti, guardate: leviamo i nostri crocefissi, tacitiamo le campane, vi lasciamo le piazze, mettiamo silenziatore alla critica e alla satira, e vi chiediamo scusa, dite voi quando e su cosa.
Cominciamo a lasciare sacche nei nostri ordinamenti, affinché possiate applicare vostre leggi;
sigillate le vostre donne nel burqa, sgozzatele se non seguono il padre-padrone, pretendete di avere moschee che arrivano al cielo, finanche dove avete abbattuto torri gemelle per farvi posto;
non diciamo neppure "Chiedete e vi sarà dato", perché potete esigere, reclamare!
Ma lasciateci intrallazzare.
Sbudellatevi, ma fuori, non da noi...lasciate la cittadina, per evitare di dare al paese una cattiva reputazione, che sarebbe nocumento per gli affari.
"E noi? La nostra gente, sopravvissuti di generazioni cancellate nei campi di concentramento e dai forni crematori? Noi non abbiamo diritto a controllare che quello che entra nella terra che abbiamo lasciato, in segno, nel tentativo di pace, non sia strumento per nostro macello? Non possiamo difenderci, quando i nostri soldati sono assaliti da finte colombe, che poi mostrano artigli e zanne, quando si tenta di accertare che non cerchino di contrabbandare polvere da sparo invece che di farina?".
Eurabia non vuole: un piatto di lenticchie è meglio di una bomba sotto il culo e Israele è un buon capretto da donare, per il sacrificio ad Allah.
D'un colpo si realizzerebbe il sogno del nero e del rosso, in verde tinta.
E quando quelli si accorgeranno che Eurabia è facile da infilare, con spiedo in culo e mela in bocca, toccherà a lei lasciarci candore e verginità;
allora - se non già - ecco la sfida finale, la resa dei conti...la resa.

Mezzogiorno...anzi: mezzaluna di fuoco!


Io, secondo me...04.06.2010

Turchiran

Adolf Joseph Erdogan

venerdì 28 maggio 2010

Haram

CONAD il barbaro

Conad il barbaro contempla il Regno dei Finocchi;
Coop, la regina, gli passa lo spadone; è il momento di darci un taglio: è giunto la maturità, ed è tempo.
Il tempo delle pere.
Basta seghe mentali, che le manine bisogna ancora farle andare, ma per travagliare: solo...il lavoro rende liberi.
Conad il barbaro si rivolge alla sua dolce metà:
- «Da subito voglio una raccolta differenziata; che si guardi al bollino: la stella gialla e in numero tatuato sia marchio d'infamia e rifiuto.»
Coop osserva il villoso Conad, il gonfiarsi dei pettorali, l'eleganza del movimento di bicipiti e addominali, in un tremolare di muscolari scultorei: è cominciato il giorno dei tricipidi.
- «All'arrivo dei carri, tutto sia avviato ai forni!»
Ahi, ahi, ahi, pensa Coop: l'argomento si fa...spinato.
In quel mentre, Jude, l'ortolano arriva a palazzo, per la quotidiana fornitura di verdurine, per la mensa.
Conad lo vede, ed avanza minaccioso, lo sovrasta e ringhia:
- «Jude, maledetto tè! Da oggi basta minestrina: solo carne!»
Così dicendo, comincia a palpeggiarlo.
- «Caspita, non mi ero accorto che eri così burroso e tenero. Sembri un porcellino...aspetta, butta il resto, ma lascia la mela. Coop, portami lo spiedo!»
Da allora, di Jude non si seppe più nulla;
solo, cambiò l'arredamento nelle stanze di Conad.
Un nuovo paralume, con la lampadina avvolta in una trasparente pellicola di pelle;
una smagliante dentiera, con parecchi denti d'oro;
un generoso parrucchino, con folta capigliatura;
un nuovo sapone idratante, per il bagnetto, occhialini con la montatura d'oro, un anello con due triangolini incastonati, a formare una bella stella azzurra su sfondo bianco, ricca dote di vestiario, posateria e suppellettili varie e la seconda casa, dal cui ingresso fece scalpellare subito il nome del vecchio proprietario.
"Proprio vero, che del porco non si butta nulla!", pensò, sogghignando soddisfatto.
- «Al Fatah non si comanda!» proclamò solennemente.
- «Ehm, tesoro», corregge Coop «si dice: al fato non si comanda.»
Conad ribatte arcigno:
- «Donna, quello volevo dire: c'è chi nasce lupo e c'è l'agnello, e il destino loro è di vello e non di pelo!»
Coop annuisce:
- «E già. E poi, mi ero proprio stancata del brodetto e del riso e bisi, con i piselli.»
"Basta Jude e la sua verdura: boicottiamo i prodotti israeliani!", proclamano gli araldi e portano scritto i manifesti, sparsi per il reame.
Conad il barbaro passa tra gli scaffali delle sue botteghe, nei campi e nelle fabbriche, dove s'incrocia la falce con il martello, e poi, vicino alla gran quercia, dove conobbe il suo amore;
ancora scolpito nel legno, il legame alla sposa:

Conad...Hamas Coop.


Io, secondo me...26.05.2010

boiCOOP Israel

lunedì 24 maggio 2010

ROMdagi

- «VOGLIO! VOGLIO! VOGLIO!»

Il racconto dell'erba voglio si perde nella notte dei tempi e si ripresenta con tante varianti, ma con una sola morale:
neppure un re, per maestà e potere, può avere tutto.

"[...] strillava senza posa / voglio l'oro sul vestito / voglio un piatto prelibato / voglio lo zucchero filato / voglio un letto a baldacchino / voglio un anello col rubino / le scarpe rosse e un nuovo cappello / voglio questo, voglio quello".

Il medico di corte subito arrivò e, al vedere la malattia crescere e peggiorare, il dotto sentenziò:
«Io rimedio, ahimè, non ho; forse un'erba molto rara la potrebbe far guarire: presto, andatela a cercare!»
Così furono piantate, nel giardino del castello, erbe strane, d'ogni specie.
Passarono i mesi, cambiò la stagione;
- «Voglio questo, voglio quello!», ma non arrivò la guarigione e non crebbe l'erba voglio, perché quella, non cresce neppure nel giardino del re.

- «Non ce ne andremo senza una casa e un lavoro!»

Licenziati, che presidiano il posto di lavoro, sul tetto della fabbrica?
Disoccupati, che chiedono di poter sopravvivere?
Sfrattati, che chiedono di avere un'altra possibilità di riscatto?
No,
Rom.
Ore tocca a Milano, con quelli di via Triboniano ma, se il colpo gli riuscisse, presto a macchia d'olio, nel resto della penisola;
pure quelli alla finestra d'ogni baraccopoli sarebbero ad imitare i fortunati, che trovassero tanti fessi;
e ancora: i parenti lontani, che accorrerebbero a sciami, come le cavallette, nella terra del bengodi.
- «Compagni, amici, parenti, venite nel paese del Tafazzi: personaggio comico, famoso per il suo saltellare e prendesi energicamente a bottigliate sui genitali, traendone enorme goduria e piacere; venite, che i coglioni glieli rompiamo noi!»
Già un primo abboccamento era pervenuto alla fonte, che tanti di quelli hanno lasciato le inospitali terre d'origine - dove erano presi a pedate e lasciati a macero nel loro prodotto - per trovare nuova cuccia, dove lo strillo non porta più a bastonate e calci nel deretano.
- «Eccoti dimora, luce, acqua e gas: Firma questo documento, un patto di legalità, dove t'impegni al rispetto delle nostre leggi.»
Scherziamo?
- «Atto razzista! La firma è costrizione, sotto minaccia di sgombero!»
E già; pensa tè: tanto è la prevaricazione del "voglio", che neppure vale un avaro "offro".
Il manganello del Tafazzi continua a colpire:
"Bisogna individuare soluzioni abitative alternative ai campi", dice l'esercito dei masochisti;
"Si devono destinare fondi per garantire lavori di ristrutturazione delle abitazioni e per istituire corsi di formazione e di avviamento al lavoro", continuano i "flagellati".
Ho visto pensionati e povera gente arrivare a mercato finito, a raccogliere gli avanzi di frutta e ortaggi, quelle parti che schizzinosi lasciano al banchetto perché "non si presentano bene", con quel leggero tocco, mancanza di lustro o a dar sensazione di rachitico.
Gli scarti della tavola di Crapulone, le briciole dell'abbondanza, per la ciotola del cane.
Sempre più vedo di casa mia, gente che si mette in coda alla mensa dei poveri, vergognosa perché si fa carico di non avere più un posto di lavoro, quasi che la colpa fosse loro;
e vecchi, nelle case popolari, che hanno paura ad uscire di porta e, peggio, andare all'ospedale per le cure, nella paura di trovarsi l'appartamento occupato e le poche cose saccheggiate o gettate;
vedo la mano tesa di Celestina, una donna dai capelli grigi, che trovo spesso nel mio vagabondare per Milano: ormai mi conosce dai tanti incontri, e mi ha raccontato tanto della sua vita tribolata, del come è scacciata dai posti migliori dove chiedere elemosina, da quelli che difendono i guadagni della pietà con il coltello: quelli che ho visto di persona uscire dal refettorio dei frati Cappuccini, di via Piave, a Milano, che imbracciano le stampelle subito svoltato l'angolo, dopo aver galoppato agilmente nell'attraversare il semaforo rosso.
Fauna d'importazione, che ha soppiantato l'autoctona, più debole.
Anche la povertà - e la finta - può portare denari, se ben recitata, che l'italiano è buono e sciocco nello stesso tempo, quando si muove in fretta segue monotono percorso - lineare e tracciato, come quello delle formiche - gettando sguardo distratto su quel che lo circonda, accecato dalla sua fretta di correre chissà dove, senza avere tempo per riflettere e far decantare le cose della vita.
Uno che ti allunga la mano frena lo slancio, e subito sganci l'obolo perché si scansi, e Celestina mia non ha buon gioco, che quella dignità che mantiene non le fa gioco d'insistenza e mal si vede, nell'angolino, all'ombra.
La selezione della specie, ancora di più agisce, e il nuovo che avanza è can ROMdagio, e mi si perdoni il disprezzo, che non provo pietà per chi arriva in casa d'altri e grida «VOGLIO! VOGLIO! VOGLIO!» e minaccia «Case e soldi. O la guerra!»
E ben intendano quelli che pronti, leggendo del mio, gridassero al razzismo, che ben sappiamo di chi stiamo parlando, e che non cerchino di trovare mosca bianca, per far credere che come quella sono i compagni di merende!

Almeno una, una sola parola, magica, carezzevole, amichevole, pacifica, rispettosa, gradirebbe sentire, il padrone di casa, come pur insegna l'educazione, ai bambini:

- «...PER FAVORE!», che per troppi voglio, la testa l'hanno persa pure i re.

E se scontento o disillusione monta, se ne tornino: la strada da cui sono venuti ben conoscono, a ritrovar sapori e il nodoso legno delle loro piante.


Io, secondo me...24.05.2010

ROMercato globale

giovedì 20 maggio 2010

Monsignor Hilarion Capuccibollah

Sincretinismo

- «Radere al suolo tutti gli edifici brutti, grattacieli compresi [...] si mettono tante mine e tutto crolla giù!»

'azzarola: Bin Laden a Milano?
No.
Peggio: Adriano Celentano, che palleggia e si pavoneggia all'idea di candidarsi sindaco della metropoli.
Tolto quel che sa fare bene, il "molleggiato" dimostra i propri limiti quando esce dalla riserva, dove la natura gli ha ritagliato il giusto abito entro cui stare, senza scucire.
Ogni tentativo del nostro eroe di applicare forme di sincretismo, ovvero, fondere insieme due o più dottrine diverse, arriva per lui a formare una nuova forma d'evoluzione, che si chiama "Sincretinismo", a dimostrare l'esattezza di quella teoria chiamata del "Massimo cretino": un passo indietro, sei all'apogeo delle tue potenzialità e capacità, capace di rendere e dare il meglio di cui la natura ti ha fatto dono;
un gradino sopra, sei al massimo, ma da cretino, ad occupare una nicchia che evolutiva che non ti compete.
Come se un leone tentasse di brucare e la pecora di azzannare.
Adriano è un bravissimo cantante, un passabile attore, un uomo di e per lo spettacolo.
Punto.
La dote che madre natura gli ha fornito gli permette solo questo matrimonio, e non oltre.
Nulla di male il provare ad alzare l'asticella, ma dopo alcuni salti falliti, si deve arrivare ad un compromesso, aggiungendo alla pila nel cassetto un altro sogno, senza per questo smettere di sperare, ma non atteggiandosi a messia per riempirsi d'aria e credersi un gigante, quando solo si formerebbe petto di tacchino.
Certo è difficile, in una società dove lo smalto copre la ruggine e, un bel vestito, un manichino, dove non importa quel che si dice ma come, preferendo il "Chi vusa pusè la vaca l'è sua", chi urla di più si porta via la bestia, dove se dici la stessa cosa al bar Sport piuttosto che in televisione, la scemata diventa voce di Profeta.
Ma è ora di finirla nel cercare di estrarre sangue dalle rape e latte dalle mosche;
artisti, attori e gente di spettacolo hanno anche dimostrato d'essere passabili, onesti o buoni politici, oppure eccellere in altri campi, come Giorgio Faletti che da Vito Catozzo - improbabile e comica guardia giurata della "Spazialpol", nello spettacolo televisivo Drive In - è passato a scrittore di romanzi di successo;
questi però erano - e sono - persone in prestito al mondo dei lustrini e paillettes: come per le scatole cinesi, l'arte del palcoscenico loro spesso nascondeva un altro contenitore, con diversi doni, doti e dotazioni.
Adriano no; tanto è, tanto ha e quello rimane: tutto l'aggiunto è fuffa, cascame, scarto e scoria.
La testa è più leggera e piena d'aria di un palloncino che diventa ostaggio del vento.
Il mondo che disegna e vorrebbe neppure esiste nella cranioteca di un tossico, dopo una pera abbondante.
"[...] radere al suolo tutti gli edifici brutti, grattacieli compresi; si mettono tante mine e tutto crolla giù".
Facile, no?
Ricominciamo da "Ground zero" e, perché no, dall'uomo "buon selvaggio" di Jean-Jacques Rousseau, "animale" tenerone e pacifico, solo poi corrotto dalla società e dal progresso.
No alla "caverna verticale", sì all'orizzontale, a distendere il grattacielo in terra, con i suoi tanti cubicoli, sparsi e circondati da macchie di verde;
il lupo che s'accovaccia con la pecora e tutti che vivono di fotosintesi clorofilliana, di bacche e radici.
Commovente: così tanto che vorrei conoscere il suo pusher!
Qualcuno, mosso a pietà per il "Re degli ignoranti", prova a sdrammatizzare:
- «Celentano è sempre così, in bilico tra la provocazione, la presa in giro e la serietà.»
No: a furia di lasciarlo ragliare, ogni asino si convince d'essere la sua lingua universale, valida "Urbi et Orbi", per la città e il mondo.
Diagnosi: Milano "è una città senza volto";
la cura: lui, il piccone e la mina, il chirurgo plastico e la medicina...o la purga.
- «Celentano sindaco!» urla un fossile, che ha sbattuto contro il muro di Berlino, il falcemartelluto Mario Capanna.
Adry gigioneggia, fa la ruota, gonfia i pettorali, finge che no, ma se devo, per il bene del popolo:
- «[...] non vorrei fare il sindaco [...] credo che durerei poco, ma la coscienza...questa voce...è talmente elevata e forte che dovrei piegarmi alla richiesta.»
Nel 2011 potrebbe scendere in campo - piegato - per la poltrona da sindaco di Milano.
Ha già idea di chi potrebbe affiancarlo nella guida della città: Capanna vicesindaco;
ma tè, ma va là: che combinazione!
Claudia Mori assessore.
E magari il suo gatto come consigliere, il cane come capo della sicurezza, il canarino alla salute e il pappagallo alla geriatria, ospizi e ospedali.
- «Per appassionare la gente ad un progetto si potrebbe buttare giù Milano: la gente si divertirebbe a distruggerla; ricostruire le città ad uso dell'uomo e non viceversa, rifare le cose da capo!»
Beh, nella noia di tutti i giorni, quando non c'è un cazzo da fare e pensare, qualche colpo di mazza ci starebbe.
- «Dobbiamo riscrivere la lettera della storia perché il mondo è una lettera e ci sono segni che ci mettono paura come il vulcano che offusca il cielo, il petrolio che rovina il mare e allora come si va avanti così?».
Ah, il caro, dolce, tenero, romantico, animalesco "buon selvaggio": quelli sì, erano bei tempi, del beota e della beata ignoranza;
un cuore e una caverna per noi: una poltrona e una...Capanna per il Celentano.

Signore, Padre Nostro che sei nei cieli, in terra e in ogni dove, ti prego, ti scongiuro, mi prostro e ti adoro, esaudisci l'ultimo desiderio: dovesse essere eletto, dovesse trionfare in Sincretinismo Celentano-Capanna-Mori, dovesse mai regnare, il "Re degli ignoranti", fa che abbiano ragione i Maya e che, nel 2012, arrivi la fine del mondo.

Grazie.


Io, secondo me...17.05.2010

Matrimoni felici

Ground 15

- «Se la và... la g'ha i gamb!»

Se và, ha le gambe, dice un vecchio proverbio meneghino;
nell'incertezza, si prova: mal che vada, si resta al palo, ma se funziona...Eureka!

- «Mettiamoci una pietra sopra», sembra voler dire il Feisal Abdul Rauf, imam, progettista e ideatore della pensata;
- «Chi ha avuto avuto avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scurdammoce 'o passato, simmo a New York paisà!»
Beh, forse lo ha detto in arabo, ma la sostanza è quella.
- «Di quel che c'è rimasto sotto, pace; ora pensiamo al sopra: una bella moschea di 15 piani!»
Nell'area dove c'erano le Torri Gemelle, dalla mezzaluna si vuol toccare la luna, dal dito un braccio e da lì l'intero corpo anzi, lotto, inteso come appezzamento o area su cui edificare un nuovo simbolo.
E già, perché quello sarebbe, se qualche mentecatto dovesse abboccare all'amo.
Spesso la forma è sintesi di sostanza, essa stessa a diventarlo;
come un addensante, un nucleo attrattore, un coagulante, un marcatore di territorio, affermazione di forza e possesso.
Dopo l'attentato e il crollo del simbolo occidentale, da Dar al-Charb, "Casa della Guerra", si passerebbe finalmente alla pace; anzi, alla "Casa della Pace", Dar es Salaam.
No, peggio: diverrebbe Dar al-Islam, "Casa dell'Islam", territorio sottoposto alla sharia, cioè al diritto islamico, consacrato e acquisito per l'eternità.
Oltre che alla più grossolana presa per il culo dell'intera storia dell'umanità!!
Vengo, ti ammazzo e edifico.
Certo che Feisal Abdul Rauf ha detto che "New York è la capitale del mondo e questo luogo, vicino a quello dell'11 settembre, è così SIMBOLICO", ma la figura che immagina lui sarebbe una figuraccia per gli americani.
Come se, tornando a casa, trovassi sul campanello il nome di un altro.
Se i grulli dovessero prevalere, da Grande Mela, si passerebbe a Grande Patata, per definire New York, il suo sindaco Michael Bloomberg e le tante autorità cittadine ad essere tuberi, qualora ingoiassero esca, amo e filo.
"Le autorità sono favorevoli al progetto, in segno di rispetto della libertà religiosa e d'espressione", sarebbe la prima reazione, dopo che le acque sono state pasturate per richiamare i pesciotti.
Daisy Khan, direttrice dell'American Society for Muslim Advancement:
"Contribuirà ad amplificare la voce silenziosa della maggioranza dei musulmani, che non hanno nulla a che fare con le ideologie estremiste", ribatte questa campana, il cui rintocco si avvicina più a quello da morto che da festa.
Gìà "amplificare" e "voce silenziosa" è un bisticcio, anche se nascosto sotto la voce "ossimoro", ovvero frutto di termini in conflitto, in antitesi e incompatibili: non vedo una crosta, una pelle refrattaria al terrorismo;
direi attendismo, senza rivolta culturale, simbolica e sostanziale allo stato d'aggressione di Al Qaeda & Co.
Una forma psicologica somigliante alla "Sindrome di Stoccolma", che predispone la vittima a simpatizzare per il carnefice, avvio al martirio, qualora il "richiamo della foresta" si facesse più forte.
La brace che cova sotto la cenere, la prova del fuoco è stata con gli attentati di Londra, dove addirittura i "dormienti" appartenevano alla terza generazione di trapiantati, spesso terroristi fai-da-te, nati dallo spirito d'ammirazione ed emulazione.
Altri e in altri luoghi hanno seguito questa linea, reattivi come quei semi che, coperti dalla terra, sono lo stesso pronti a germogliare, alle prime piogge.
Un cane non è più lupo, ma quando sente latrare, pure lui si ricorda, riscopre e riprende l'antico retaggio, il pelo e il vizio.
Se da Ground zero si passasse alla moschea a piani, a "Ground 15", sarebbe come la croce nel cielo, per Costantino, con sotto la scritta "In hoc signo vinces", con questo segno vincerai!
Tanti "muslim", ancora incerti, dubbiosi, indifferenti o neutri, sarebbero irrorati dalla goccia nel deserto, e fiorirebbe la volontà di rispondere a quel "richiamo della foresta" che infiammò tanti loro avi, ai bei tempi, quando spadroneggiavano in lungo e in largo: altro che i Crociati!
Quel paletto nel cuore della Grande Mela assurgerebbe a segno divino, a consacrazione, a benedizione dell'eterno, per la propria prole, prediletta, eletta e avviata a sottomettere le genti, i "Kafir", gli infedeli, notoriamente esseri inferiori, destinati ad essere servi, quando non schiavi.

Ground 15...se la và... la g'ha i gamb!

Io, secondo me...12.05.2010

lunedì 10 maggio 2010

Red style

- «Cris, vieni, c'è un documentario sugli animali. Guarda, proprio ora c'è un Babbuino che presenta le chiappe color porpora al rivale, che lo fronteggia!»
La mia dolce metà s'affaccia, studia le immagini e poi sbotta:
- «Beppe, guarda che non è un filmato sulla natura selvaggia, ma Ballarò, il programma di Giovanni Floris; quei pomelli rossi sono i guanciali congestionati del D'Alema, incazzato come una biscia!»
'azzarola, è vero!
A guardar meglio, quei peletti che sbucano sono proprio i baffini del compagno Max, anche se vibrano come corde di violino.
Bestia, è proprio al massimo del pompaggio, che la faccia sembra il petto del tacchino in amore.
- «Vai a farti fottere!!»
L'esclamazione crepita e scoppietta come un petardo...o un peto.
Sono proprio curioso di sapere con chi ce l'ha, a chi augura di subire quanto politicamente a lui.
Dalla trincea opposta appare la pelata lucida dell'Alex, l'Alessandro Sallusti, condirettore de "Il Giornale".
- «...bugiardo, mascalzone! Pagato per fare il difensore d'ufficio del governo!»
Ma che gli è capitato al Max, che sembra uno a cui gli hanno sostituito la carta igienica con quella abrasiva.
- «Le manderanno qualche signorina per ringraziarla del suo lavoro!»
Madonna, ma al "Tovarish" gli è proprio saltata la...mosca al naso, per parlare di soldi e fringe benefit ovvero, retribuzioni in natura, cioè concessione in uso ai dipendenti di beni aziendali, destinati ad uso promiscuo per esigenze di lavoro e private.
- «Io stasera non la faccio più parlare!»
Ah, finalmente qualcosa di famigliare: il "red style", l'anima rossa, l'urlo di guerra, che erompe dal profondo del gulag, più che dalla gola, il rimpianto per i bei tempi, quando c'era "Baffone" Stalin a purgare i riottosi.
Ma quello c'aveva la corazzata Potemkin, non la barchetta a vela.
"Addavenì Baffone!", urlava ai tempi delle barricate il nostro Massimo, salvo poi augurarsi che no, proprio male non si stava anche di qua, dove non brillava il sol dell'avvenire e, dalle pezze al culo arrivò alle scarpe di vacchetta.
La rivoluzione può attendere, pensava nel '95, entrando nella bella e spaziosa casona da 633mila lire al mese di canone, in via Musolino, a Trastevere.
Gli riuscì così l'impresa di aggiudicarsi l'ambito appartamento dell'Inpdap, l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, usufruendo di una corsia di favore, che gli permise di scavalcare in graduatoria chi era prima di lui e ne aveva più diritto.
Il 3 settembre del 1995 compagni di merende lasciarono "distrattamente" la pratica del baffino nascosta fra le "varie", che era abitudine approvare senza prestarci tanta attenzione.
Alla faccia dei lavoratori e degli sfrattati sloggiati, oltre che dalla proprietà, pure dal "compagno" D'Alema che, all'occasione, si comportò come il bravo maiale Napoleon, promotore della rivolta contro l'uomo di cui - nel romanzo Animal Farm, La fattoria degli animali, del britannico George Orwell - prese il posto, per poi mantenere e vestirne autoritarismo, mentre gli altri animali, con lui alla rivolta, si trovarono solo cambio di padrone e forma, mai di sostanza.
Forse, qualche militante duro e crudo tentò pure di far notare che quella era una delle abitudini dei maledetti "nemici del poppolo", imperialisti e capitalisti, che affamavano e angariavano il proletariato, vivendo tra gli agi e privilegi, sottraendo ai poveri;
Napoleon però aveva provato che, se è vero che i soldi non danno la felicità, ancor peggio la miseria: meglio morire di indigestione che di fame.
Napoleonbaffino diventò così un pontificatore, un predicatore all'"armiamoci e partite", un moralizzatore al "fate quel che dico, non quel che faccio", un fustigatore, un "professorino", che passava tra i banchi degli asini e assestava le sue belle scudisciate sulle dita, commiserando in cuor suo quell'esistenza grama che lo aveva messo a dover avere a che fare con mandrie di cretini.
L'ultima delle serie lo ha fatto cozzare contro il Sallusti, che gli ha mostrato quanto poco avesse lui da mazzolare il prossimo, nello specifico, il Claudio Scajola ministro - dimissionario - per lo Sviluppo economico, preso con le dita nella marmellata - o con il sorcio in bocca, come si suol dire - per una faccenda di casa con affaccio sul Colosseo, pagata una bazzecola, visto la valenza di mercato;
si sospetta un "aiutino" di qualche amico, riconoscente per servigi resi...nel lasciare qualche pratica tra le "varie".
Baffino, sale in cattedra e prova il trombone, ma l'Alex lo placca, ricordandogli la persa verginità, che pure lui ha fatto il "ballo del mattone" e venticelli nel mulino della farina.
Apriti cielo: abituato a battezzare e non a subirne ha dato in escandescenza, partendo per la tangente.
- «Cris, vieni a vedere, che gli ritorna rosso!»


Io, secondo me...06.05.2010