martedì 14 dicembre 2010

Il mercato delle vacche

Prima era nell’aria, la supponenza di chi ti guarda e ti misura, quasi fossi lo scemo del villaggio...solo che qui si era esagerato, che il poveretto pareva aver sgravato sull’intera nazione una manica d’imbecilli, mandrie di vacche al pascolo.
Mai dimenticherò il giorno in cui si vide “Baffin D’Alema”, bastonato da un democratico ma sfavorevole voto elettorale, sputare bile, fiele e veleno come non mai, scoprendo l’anima e il convincimento della “razza ariana” rossa, di “Kompagni”, uber alles, sopra tutto:
«[...] è vero che siamo in minoranza, ma siamo in maggioranza nella PARTE PIÙ ACCULTURATA DEL PAESE; siamo il primo partito nelle aree urbane TRA GLI ITALIANI CHE LEGGONO LIBRI E GIORNALI. Siamo una minoranza che rappresenta la classe dirigente del paese in tutti i campi».
Solo quelli sanno leggere; gli altri – i più – guardano solo le figure;
solo loro c’hanno la patente: dirigono.
Fino ad ora ero convinto dell’ereditarietà tra la specie, caratteri rigidamente trasmessi dai cromosomi;
vero in parte: anche la tessera di partito – quella giusta – trasmette matrice, lo stampo del “Migliore”.
L’Italia è diventata un corpo da purgare, dopo che la messe d’ignoranza ha deciso non per il meglio ma per il bauscia, il cavalier Berlusca.
Li capisco, povere gioie: nel lontano ’94, con il loro Occhetto, avevano messo in campo una "gioiosa macchina da guerra " quand'ecco che ti arriva il bulletto di Arcore e te la fa in mille pezzi;
poco avanti, Bossi ribalta il nanerottolo, si ritorna alle urne e l’armata Brancaleone riesce a piazzarsi sul predellino e, con un misero pugno di voti di scarto, fa man bassa di tutte le cariche, fino a che implode, sotto l’impossibile di mettere assieme quella corte dei miracoli, tanti parenti serpenti pronti a mollare quando la pastoia si dimostrò troppo piccola per sfamare la numerosa prole.
Da allora, non ce ne stato più per nessuno: il cavaliere si è messo di traverso, tappando tutti i buchi, come il calcare nella lavatrice.
La gran massa degli asini, che pare non legge libri e giornali, ma fa biomassa, martella le dure zucche dei cocomeri rossi.
Nulla da fare: da quella parte non si passa, le votazioni sono per i compagni alla pari di un grimaldello spuntato.
Fortuna vuole che, dopo sedici anni, quel babbeo di Fini rinsavisce, capisce l’errore e, nel credo del “meglio tardi che mai”, scompagina le carte e toglie il cadreghino al capo; non il suo, che dalla posizione di Presidente della Camera si domina il campo di battaglia, e si bombarda meglio che rasoterra.
«Berlusconi è vecchio: largo al nuovo che avanza!»
L’anagrafica penalizza il vecchietto, l’ultrasettantenne è presentato come Matusalemme in piena fioritura, ma il “nuovo che avanza”, la triade Fini-Casini-Rutelli, si porta in dote più di trent’anni di politica, primo e unico lavoro della loro vita.
Il veterano Fini scalpita, si porta dentro la mortificazione d’essere ancora un due di picche;
nonostante il tirocinio, e quel maledetto nanerottolo non crepa mai, che pare intrecciato con il fil di ferro, tanto coriaceo da scampare anche ad una statuetta di marmo del Duomo, che gli hanno timbrato sulla cozza e sul faccione!
E allora, al grido di «Muoia Fini con il Filisteo!», strapazza le colonne che tengono il trono che vorrebbe suo: come Pietro Maso con i genitori, cerca di farlo fuori per prendersi prima l’eredità.
Mal che va, come il cornuto che perde la donna, l’accoppa urlando: «Se non mia, di nessuno!»
Ma bisogna togliergli l’elisir che gli concede la resurrezione e l’eternità: l’elettorato.
In questo, ha tanti alleati, che si rifanno al caro Paolo Flores D’Arcais che, su “Il Fatto quotidiano” del 4 novembre ammonisce, atterrito: “Un Berlusconi che vincesse le elezioni non farebbe prigionieri: saremmo al FASCISMO per VIA LEGALE!”
Allora ecco che bisogna scavalcare il “fascismo per via legale”, quello dove ancora una manica di beoti andrebbe all’abbeverata.
Ecco allora il comunicato della triade:
“I parlamentari delle forze politiche, che si riconoscono in un’area di responsabilità nazionale, convengono sulla necessità di assicurare al Paese un governo solido e sicuro e di EVITARE UN INUTILE E DANNOSO RICORSO ALLE URNE”.
Ecco fatto: le vacche che non leggono libri e giornali, in stalla.
La seconda gioiosa macchina da guerra sferraglia e avanza, mentre si tenta di fermare l’emorragia d’olio: quello dell’euro, che sembra usato per ungere quelli sensibili a questo tipo di lubrificante:
“La procura di Roma ha aperto un fascicolo processuale sulla vicenda della presunta compravendita di parlamentari”.
«Avanti, avanti, gente. Siamo qui non per vendere ma per regalare; chi vusa pusè la vaca l'è sua, chi urla di più, si prende la vacca!»
Tutto perfetto; un risultato a tavolino, dove non possa mai vincere il fascismo per vie legali, quello del voto popolare, alle urne.
I maiali di Napoleon, quelli de “La fattoria degli animali”, l’Animal Farm – il romanzo satirico scritto nel 1945 dal britannico George Orwell – dopo aver cacciato il fattore e preso il comando, hanno deciso così.
Per il bene della comunità, s’intende...anche di quella che non legge libri e giornali!


Io, secondo me...13.12.2010