lunedì 20 dicembre 2010

Ascoltaammè

Caro Pier Luigi, Bersan contrario, capisci ammè;
ti scrivo questa letterina, a te che sei nato in Bettola, in quel 29 settembre del 1951, sotto una stella...rossa: rispondimi però, che né Babbo Natale, né Gesù Bambino l’hanno fatto, in quest’anno del cavolo, dove sotto la vecchia quercia mi troverò sicuramente del carbone e nessun regalo.
Almeno tu, accendi il mio sol dell’avvenire, che da un bel rosso vivo è passato al rosa e poi ad un colorito cadaverico, slavato e smunto. Fammi un piccolo regalo, non mi deludere.
Ascoltaammè.
Non ti sposare, con quello là: è un bruto, rozzo, volgare, che non conosce l’italiano;
è animalesco e violento, tanto che, del prossimo, usa dire: «Io a quello lo sfascio!»
Quando si arrabbia, smozzica, borbotta, singhiozza e incespica, che la grammatica è come sasso d’inciampo: s’infuria, batte in testa e fa come la macchina, che cammina a sobbalzi e singulti quando c’ha il filtro dell’aria intasato.
Quello ti vuole solo fottere, Pier Luigi mio.
Ascoltaammè.
Appena sfornato, al battesimo, l’avevano già classificato per quel che sarebbe diventato:
«Tu sei Di Pietro, e con questa testa di pietra edificherai tanti appartamenti!»
Il pelo gli è cresciuto dappertutto, in special modo sullo stomaco;
non ha pietà né sentimento: quello tratta il mondo come il contadino, quando accoppa il coniglio, lo attacca per la zampa e lo spella, dal culo alla testa.
Quel che gli difetta in intelligenza, la natura l’ha compensato in furbizia.
Entra in politica, come la faina nel pollaio.
Il volpone fonda un partitello, che gestisce come il mandriano la stalla: lui comanda e foraggia, gli altri pascolano, ma lui poi li munge.
Scarpe grosse, ma cervello fino, traffica meglio e più di altri, ma non è così fesso da farsi prendere con le mani nel sacco: ai tempi di "mani pulite - bei tempi da manettaro, quando aveva diritto di vita e di morte su tutti, che sparando a lupara, con la rosa di pallini qualche colpevole lo prendeva, ma tanti innocenti ha tritato - allora, dicevo, ha imparato il mestiere;
dagli errori degli altri, ha capito il meccanismo di come spennare le galline senza farsi sparare dal fattore.
Forse il ruvido s’è fatto troppi nemici, e le malelingue inseguono il buttero con lingua ingrassata di pasta abrasiva, ma il barcone, è piccolo e la gente mormora.
Leggo di lui che ha comprato appartamenti affittandoli a quelli del suo partito: in pratica si paga il mutuo con quello.
Mica scimunito, vè.
Ancora seguo nella lettura delle gesta dell’eroe, che ti propone - caro Pier Luigi - di andare a letto con lui.
Pierotto, hai presente la presa per i fondelli, quella della sovvenzione ai partiti, che poi hanno aggirato il plebiscito popolare che non lo voleva, cambiandogli d’abito e nome, passandolo per “rimborso elettorale”?
Questa parte la conosci pure tu, visto che ci campi anche con quello.
Beh, sembra che il nostro abbia superato se stesso nel dirottare tanta abbondanza.
Il rischio di tutto è che, se il partito chiude o cambia pelle, iniziano le beghe per spartirsi la ricca pastura.
Ma lui mica è scemo: crea una fondazione, con lo steso nome del partito, e ci dirotta il grano;
sai, Luigino mio, chi tiene la borsa? Bravo, hai indovinato: l’Antonio, la moglie e un’amica.
E sai chi certifica i bilanci: lui!
Dai, Gigino, dimmi: se un domani chiudesse la baracca, o nascesse una serpe in seno che dovesse mandarlo fuori dalle palle, dove resterebbe arenato tanto ben di Dio?
Capisci ammè, Pier: non gliela dare, che quello ti frega tutto il partito, oltre che le mutande!
Quello alla libertà della Magistratura ci tiene come banco di mutuo soccorso: io do una mano a te e tu lavi la mia, che se fosse stato Berlusconi a trafficare così, avrebbero coinvolto anche la Santa Inquisizione!
La legge, si dice, è uguale per tutti, ma chi impasta gli ingredienti, gli dà la forma che vuole, alla torta.
Caro Piergigi, io e te siamo siamo agli antipodi: io alla scuola di Mosca, per fortuna, non ci sono mai andato.
Ma mi fai tenerezza, che con Veltroni e Franceschini, hai la maglia nera dei trombati.
Sei come una rana in una pentola d’acqua con sotto il fuoco: sei contento del calduccio e non senti l’odore dell’arrosto, del fumo e della legna.
Come lo stufato, sei a cotture lenta.
Dai, salta fuori, uno scatto di reni e - oplà! - tonico e pimpante, come quando ti sei fatto due rampe di scale e sei salito sul tetto, dove manifestava gente che c’aveva i suoi calli da curare;
bello come il sol dell’avvenire, con le maniche della camicia tirate all’insù e il “cigarillo” sbuffante, all’angolo della bocca: una via di mezzo tra la caricatura di Obama e il surrogato di Fidel Castro.
Sai cosa ti ha fregato? La piazza!
No, non quella della gente, ma quella della “fronte alta”, altrimenti detta “pelata”;
parevi uno che aveva perso il parrucchino, nella volata sul cocuzzolo della palazzina.
Diciamocelo, papale papale: non c’hai il “Phisique du Role”, ovvero fisico per il ruolo.
Di Obama ti manca l’abbronzatura - è normale: tu sei...rosso - e di Fidel, la statura.
Sei l’immagine dell’eterno perdente, dal sapore pari all’acqua senza sale;
Di Pietro c’ha le palle, Berlusconi la faccia e pure più capelli, anche se riportati, infilzati uno per uno;
Fini c’ha la sua bionda, anche se sul groppone la famiglia di lei, da mantenere e ingrassare;
Casini, beh...nomen omen, il nome è un presagio;
Fassino da del filo da torcere a tutti mentre D’Alema c’ha la barca e belle scarpette di vacchetta;
a te, le scarpette invece, rischia di fartele Rienzi, vigoroso torello di tua stessa mandria e sindaco di Firenze.
Dai, male che va ti aspetta una pensione dorata, il Lambrusco e una bella piadina ripiena di culatello, magari regalato da Vendola.
Occhio alle spalle, che non sarà il Berlusca stavolta a darti una bruciante sconfitta!

Ascoltaammè.

Io, secondo me...20.12.2010