venerdì 30 marzo 2012

Turchislam

Non c’è due senza tre, dice la memoria storica popolare: pare che la regola della terzina sia anche oggi a confermare ragione.

7 ottobre 1571: una botta di fortuna a Lepanto e, con la vittoria, l'allontanamento del turco in fregola di conquista;
Giusto per sfoggiare un poco di “Latinorum”, che fa sempre scena, vero fu che
"Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii victores nos fecit"… non il valore, non le armi, non i condottieri, ma la Madonna del Rosario ci ha fatto vincitori".
E quel poco di culatello, che non guasta mai.

E rieccoli.

Vienna 1683:
“Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra, casca Vienna, tutti giù per terra!!”.
Come per la serratura di casa, se entra il piede di porco, i briganti sono in e di casa: via la città, poi l’impero e, come per le ciliegie, una cosa avrebbe tirato l’altra e il domino fatto cadere la religione cattolica, e la Civiltà cristiana di tutta l'Europa occidentale.
Al din-don-dan delle campane e senza il campanile, saremmo a rispondere alla chiamata gracchiata dal muezzin, dal minareto!

Anche qui - si voglia la cara madonnina, la solita botta di fondello, Leopoldo I, con l’aiuto di Jan Sobieski, re di Polonia - l'11 settembre se lo cuccarono i... Mamelucchi, bastonati e costretti a smammare.
Il gran visir Kara Mustafa abbassò coda e orecchie, fece i bagagli e se ne andò, insalutato e sgradito ospite.
Ma il lupo ha per natura di perdere il pelo, ma non il vizio.
Cambia solo la strategia, dove alla forza si sostituisce la semina dell’erba gramigna, da mischiare con quella del vicino, da sempre vista come la più verde.
La tecnica del cuculo, che infila il suo uovo infra mezzo a quelli dell’altrui nido e prole;
una volta schiuso quello del “cuculide”, questi ha nel patrimonio genetico già arte di scalzare gli altri vicini e farne frittata, per poi restare solo consumatore di pappa e ciccia.
Così, il “Cuculus canorus” fischia e canta, mentre ingenui e giuggioloni nuovi genitori apparecchiano per lui.
L’Eurislam li ha oggi, tanti Cuculi, unghie incarnite nel suo ditone d’appoggio.

Neppure possiamo più gridare… «Ahia…Kemal» visto che il suo insegnamento è fallito;
Mustafa Kemal Ataturk - nel 1924 – provò a fondare una Turchia laica, scevra da fanatismi, catene e zavorre religiose, tenendo ben distinto quel che era carne di Cesare dallo spirito di un dio inteso nel senso più lato e confinato nel suo;
avrà poi - nell’aldilà - l’ultima parola, ma nel pieno rispetto di una creatura libera di farsi bene o male, grazie al libero arbitrio: moneta da spendere per poi - dopo Cesare - reclamare crediti o piangere debiti, da saldare in Paradiso o all’inferno.

Garante di questa libertà, a fare differenza tra marionette o creature di Allah: l’esercito;
che fece del suo meglio per cacciare quelli che di spirito ne avevano bevuto più distillato dalla damigiana che dal cuore del creatore.
Nel 1960 contro il governo autoritario di Menderes, poi appeso per il collo;
nel 1980 contro Ecevit e Demirel, che stavano trascinando il paese nel baratro di una guerra civile; nel 1997 contro Erbakan, leader del partito islamico, accusato di “deriva islamista”.
In cui allora militava - non c’è due senza tre - Recep Tayyip Erdogan.

«Alegher, alegher, bagai e i tusan: l'è rivaa el padrun de la melunera!»

Nel dialetto meneghino, è il "bauscia", il bullo e prepotente che crede di essere “Er mejo”: il proprietario della baracca dei cocomeri!


All’inizio del mandato, coperto con lana caprina che, una volta nel pollaio, mostrò del suo vero: pelo di lupo.

Facendo tesoro dei finali alla Menderes, Ecevit e Demirel fino al compagno di merende suo, Erbakan, tagliò le unghie ai soli che lo potevano impensierire: i militari;
Con un raid improvviso, pochi anni fa, mise ai ferri quaranta esponenti militari, tra cui quattordici di altissimo rango: in gattabuia, con l’accusa di avere tramato per realizzare un colpo di Stato e scalzare il governo.

Meglio prevenire che curare… giocando d’anticipo, si garantì la “Melunera”, finalmente tutta sua!

Un colpo al cerchio e uno alla botte.
Secchio, straccio e scopa e cominciano le pulizie di fino: quelle per spazzare i cristiani dal paese, già ridotti al lumicino.
Dallo sparamento di don Santoro allo sgozzamento di Monsignor Luigi Padovese e i giubilanti assassini urlanti:

«Ho ammazzato il grande satana!» e «Allah Akbar!»

Ma un po’ ovunque si umilia, si bastona e si ammazza, nell’indifferenza, se non con la tacita approvazione di autorità e stato “Erdogano”.
II mezzi d’informazione non si stancano di mostrare “come il cristianesimo e l’ebraismo cercano di distruggere la religione islamica”, mentre manifesti pubblicitari mostrano i cristiani come serpenti, che indossano croci;
sui libri di scuola si legge che il Vangelo cristiano è stato “falsificato”;
le chiese: o si chiudono d’ufficio o se ne soffoca la voce, “naturalmente”, dagli altoparlanti dei muezzin;
i sacerdoti rischiano del loro, a uscire per strada con l’abito talare o con i segni esteriori della loro fede: nessuno chiude un occhio e più che una pietra, una croce, ci mettono sopra!
A Malatya, nel 2007, tre impiegati di una casa editrice cristiana furono torturati e assassinati.
I cristiani sono in via di estinzione.
Nel 1880 rappresentavano il trenta per cento della popolazione… quattro milioni d’individui.
La mentalità visceralmente anticristiana che ha guidato il genocidio dei cristiani armeni e assiro-caldei all’inizio del XX si ripresenta oggi, concimando il terreno all’idea del diavolo, per poi procedere all’esorcismo;
Per questo i cristiani turchi, ancora presenti sono chiamati “I centomila nemici della nazione”.

Questa è la Turchia che si vorrebbe oggi aver compagna, nell’Unione Europea.
Pazzi e sconsiderati siamo.

Per noi, Amen, e così sia;
per Erdogan e la SUA Turchia… Armen!

Io, secondo me... 30.03.2012

REcessiONE

Roma Kaputt Monti

Scurbàtt

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti…

Diventar vecchi, con i tempi che corrono, pare già una conquista, giacché oggi puoi trovare con più facilità il fuori di testa che, soltanto perché non hai una sigaretta da offrire, ti spranga.

Al «L'è brutt diventà vegg», che brutto diventare vecchi, che mi ricordano i milanesi più in là di me negli anni, ribatto un bel «Mei vecc che mort» dove l’alternativa cimiteriale;
“Ei fu. Siccome immobile, Dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore. Orba di tanto spiro” sarebbe la manzoniana e sepolcrale iscrizione tombale, sul portone della nostra nuova casa.

Detto questo e dopo una scaramantica toccata sui gemelli, sono ormai ad accettare il prezzo da pagare per mantenere il “vital sospiro”: un poco di rimbambimento, qualche vuoto, di memoria oltre che d’aria, cigolii e scricchiolii di giunture, e i capelli rimasti simili al poetare del “Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie”;
eppoi, col cavolo che “repetita iuvant”, che le cose ripetute aiutano, ma sindrome da “rincoglionil”.
A seguire poi, in genere, è il pensare ad alta voce, quando, parlando da solo, tieni comizio con te stesso;
e salvi la faccia se tieni l’auricolare all’orecchio: i più credono che sia collegato al cellulare, mentre questo magari l’hai pure dimenticato a casa!

A parte dunque queste vampate di “Senilscemenza precox”, scopro ritorni di fiamma, inaspettati ma piacioni: brillano nella memoria scintille di passato, che credevo ormai sepolte sotto cenere.
Tra queste, le poesie che si mandava a memoria, ai tempi del banco di scuola, allora appoggio di pennini e con calamaio incorporato.
Preistoria, appunto.

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti…quelli incontrati dalla bella spigolatrice di Sapri, nelle rime di Luigi Mercantini, poesia che narra la sfortunata spedizione di Carlo Pisacane nel Regno delle Due Sicilie.
Sbarcati da un legno, “una barca che andava a vapore e alzava una bandiera tricolore”, quei pochi disperati, armati più di sogni che di schioppi, ardevano d’amor patrio.
«Siam venuti a morir pel nostro lido… O mia sorella, vado a morir per la mia patria bella » disse il Carlo.
Almeno questa la imbroccò giusta: tutto andò puntualmente storto.
Forse il chiamarsi “Pisacane” non aiutò, dove anche oggi si pensa all’animale che t’innaffia la ruota della macchina.
Scambiati per briganti, ebbero addosso sia quelli del luogo che gli armati, che misero fine a ogni velleità patriottica.

“…e tra 'l fumo e gli spari e le scintille, piombaro loro addosso più di mille”.

E tenero fu il rimpianto della donna, a rimembrar quando “io non vedeva più fra mezzo a loro quegli occhi azzurri e quei capelli d'oro”.

Son quattrocento, son giovani e forti, e sono … Monti.

Mànega de scurbàtt… massa di corvacci, sotto l’ala protettrice!

Monti, lo spigolatore, che taglia e toglie gambo e grano.

Qualche centinaio, di prima nomina e pelo, accompagnati alle decine che bissano, sono a tenerlo in piedi: incuranti della profezia Maya, che vorrebbe la fine del mondo al 21 dicembre 2012, loro mirano al fatidico 2013;
non la fine, ma l’inizio della pensioncina: lo scatto e la maturazione di quel ben di Dio, garantito dal giusto tempo di scaldata del cadreghino, che permetterà la schiusa dell’ovetto d’oro così covato.
Frega un cazzo del Marietto Monti: deve solo stare quel tanto in piedi da puntellare la seduta fino a quel momento.
Il riferimento, l’eroe cui somigliare, per la schiera rimane il Walter Veltroni;
quattro legislature, un ventennio - et voilà! - novemila eurini puliti al mese: lucrosa rendita di un cinquantatreenne (al tempo della maturazione d’obolo)!!
Le trombe del paradiso per lui e i gemellati… le trombate del giudizio per i comuni mortali, che si sono visti allungare i già tanti quarant’anni canonici.

I soldi per questi, uniti all’orgasmo del potere per i vecchi dinosauri, maestri di sopravvivenza, anche alla caduta del meteorite, è buon mastice per l’incollata del Monti.
Io aiuto te, tu aiuti me: una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso… Il bidet dell’onorevole.

Sarà la mia una forma senile, una “defecatio mentis” dovuta all’indurimento della cotica e allo spuntare del pelo sullo stomaco, dove le cicatrici ricordano che sospettare è peccato, ma quasi sempre - come ricordava il veterano Giulio Andreotti - ci s’indovina!

Incontrassi Monti & C. non avrei mai, in risposta al loro apparire, che “Siamo venuti a morir pel nostro lido… O mio fratello, andiamo a morir per la mia patria bella”.

Col c….avolo!!
Scurbàtt, corvacci sono, a volteggiare per cercare altra carcassa da spolpare.

Come e con i Penati, i Boni o i Lusi, cercano tutti la cassa, sì, ma dei piccioli, non quella da morto!


Io, secondo me... 29.03.2012

martedì 27 marzo 2012

scottature

Ganassa

«Fa no el ganassa» dicono all’ombra della madonnina, a Milano: non fare lo sbruffone!

Si muovono come i bulli del quartierino; talvolta il bauscia è uno, altrimenti, in branco.
Sgomitano, spingono, urtano, si fanno largo con prepotenza, con la sicumera del James Bond con licenza di uccidere.

A qualcuno ci scappa pure la goccia, come al coccodrillo, quando mangiato e gli stimola la lacrimazione.
Perlopiù, picchiano i pugni: «O mangi sta minestra o salti la finestra» ripetono.

Per ora, c’hanno il culo parato: una cambiale da esigere, firmata in bianco, su cui mettere il prezzo del mercanteggio.
Solo, devono stare attenti alla presentazione: a saldare il conto devono essere i soliti noti che, presi uno per volta, sono piccole cifre ma corpose, quando i soldini sono messi uno sopra l’altro.
I “Compagni di merende” sono stati accorti nel non invadere il portafoglio di chi, una volta dismessa opera di sciacallaggio, li potrà ricollocare, riconoscendo opera emerita quella di tanto zelanti riscossori di gabella. Altrui.

A tanti devoti servitori, il “ben servito”;
a noi, il “benservito”, dove la differenza è nel godimento: gli uni per la prestazione, gli altri per l’averci preso da dietro, quando con la faccia al muro.

Come in tempo di guerra, ci siamo trovati ad avere le pulci, a doverci grattare, nel non esserci accorti d’aver dormito tra due guanciali, sì, ma pieni di voraci piattole.
Una volta c’era il “Flit”, quell’aggeggio che pareva una pompa da bicicletta, con un piccolo serbatoio davanti, da dove usciva la nuvola di disinfestante.
Passavi nella nebbia e - oplà! - i pidocchi erano stecchiti!
E certo: i “tecnici” del flit oggi, invece, devono essere della protezione animali: hanno “parcheggiato” le zecche per poterci tosare, nell’attesa che si formi nuovo pelo e quelle possano tornare, a colonizzare.
Proprio bello: un collaudato sistema a staffetta dove gli uni provvedono alle necessità degli altri, in un reciproco passarsi la pelle da conciare.

La pelle dei pirla;

quello che la mattina esce alle prime luci, per rientrare sul far della sera, con la “schiscetta”, il barattolone di metallo dove si è portato il pranzo al lavoro, per “far presto”, per non perdere tempo che, si sa, è denaro.

«Bambole» c’hanno detto «non c’è più una lira!», ora euro.

«Minchia!» c’è scappato di dire «mica lo avevo io il portafoglio!»

Come se il timoniere c’avesse dato del coglione perché siamo andati a sbattere, a “Schettinare” sugli scogli.
Ecco, l’esempio è calzante: come Schettino, comandante della Costa Concordia, il barcone che era una piccola città galleggiante, andato a sbattere perché quello voleva fare il “Ganassa”, appunto.
Il primo a mettersi in salvo, per poi guardare il guscio capottato mentre su quello ancora c’era chi non si raccapezzava di cosa era successo e una parte ci lasciava le penne.

“Crapa pelada e i sò fradei”, con quello che si fa fotografare sbracato, con le bretelline rosse, fa il “bava”, il “bauscia”, quasi a far credere di essere la soluzione e non causa del naufragio.

La “Classe Schettino” che ci prende per il culo;
noi, quelli ai legni, eravamo sottocoperta, a remare come dannati al ritmo del tamburo, che quelli stavano battendo.

E dietro di questi, i “consigliori”, le eminenze grigie, che aiutavano gli asini a modulare il raglio.
Ora, dopo aver dato il piattino di lenticchie ai vecchi padroni, per tenerli buoni, sono a “ganassare”.

«Siamo indispensabili: senza di noi non valete una beata fava! Non capite un cazzo: pensare non è compito vostro: Noi Tarzan, voi Cita!»

Solo che la banana non ce l’hanno data da mangiare.
Sono provvisori, e lo sanno.
Gli hanno dato però il bastone, e se la godono un mondo, a usarlo sul groppone nostro.
E la carota la usano ma, come per la banana, ce la infilano, dove non batte il sole!

Con le vacche non è necessario infilare i guanti.
Usciti dall’ombra, sanno di doverci poi tornare, ma vogliono godere al massimo della luce dei riflettori, prima che si sposti altrove.

Quando i soldi non mancano, il passo successivo, l’orgasmo prossimo è la ricerca del potere.
La compagnia del “chiagne e fotte”, come a Napoli chiamano quelli che, privilegiati, si lamentano.

Monti, “La” Fornero & C, non hanno inventato nulla di nuovo e copiato quello di chi sono stati a succedere: lo stesso che avrebbe fatto scoppiare il finimondo, se presentato dal “Silvioberlusca”, ora lo si ingoia o incassa per intero.

Le “forze armate” dei Centri Sociali sono silenziate, quando altrimenti - sguinzagliati - avrebbero messo a ferro e fuoco il paese!

“Monsieur le Président” firma senza guardare, lo stesso che allora stracciava, assieme alle vesti.
Ai “Poteri forti”, neppure una scalfittura, a dimostrare giusta sottomissione all’assunto di essere “Forti con i deboli e deboli con i forti”.

I conti tornano.
I tonti, restano.

Con i lembi della nostra pelle sono a rappezzare e tappare i buchi del loro passato di amministratori incapaci, dove ora a noi portare grasso per i fori della barca.

Mazziati e cornuti, dicono di noi che abbiamo vissuto “al di sopra delle nostre possibilità”.
E ci fanno vedere il fondo di quel portafoglio, che gli avevamo dato in custodia.
Vuoto.

«Se il paese non è pronto me ne vado, non tiro a campare!» minaccia il ganassa.

“Ghe pensi mi”, ci penso io… dov’è la spina?!


Io, secondo me... 27.03.2012

The winner

mercoledì 21 marzo 2012

mercoledì 7 marzo 2012

Ladrones

pisaP38

Senescemenza

L’Umberto, specialista di “sparacazzate”, ci ritorna del suo: «Monti rischia la vita, perché il nord lo farà fuori!»

A sua discolpa, bisogna dirlo, ha delle attenuanti: il baricentro basso;
la coda deve essere sempre alzata, che in mezzo alle gambe non bilancia e permette equilibrio.
Esemplare da “celodurismo”, non può permettersi d’essere ridotto a straccio, un “moscio” lavapavimenti.
«Chi l’ha duro la vince» è il suo interpretare filosofia di vita.
Fin che dura…
Entrato nella parte, ora gli va stretta, che il tacchinesco gonfiare non tira più.

Tanta acqua è passata sotto i ponti e quella che resta neppure più basta a far galleggiare la motonave padana, che trasporta l’Umby e l’ampolla d’acqua sorgiva dal Monviso lungo il Po.
Il passare del tempo è impietoso, nell’erodere anche le mura più granitiche, dove ora ritorna di lui il portatore di boccetta per le analisi.
Costretto e ingessato nel ruolo che si è ritagliato, è come il quadretto regalato dalla suocera e relegato in soffitta: da rispolverare e appendere solo quando quella è in visita.

Il poveretto non è più una novità, dove tanti hanno superato il maestro, nell’applicare il “chi vusa püsee la vaca l'è sua”, chi grida di più si aggiudica bestia.
Dovunque ci si gira, è un continuo decadimento della dialettica in verbale prevaricazione, spesso anche solo nel sonoro, a coprire voce di altrui opinare.
Lo “Sgarbismo” elevato ad arte.
Come per i botti di capodanno, è una rincorsa a chi la spara più grossa.

La bestialità su Monti è solo il grido disperato di uno che sta per affogare, dove anche dei suoi sono a litigare se lanciargli salvagente o no.
In mezzo alle cacofonie, è ad agitarsi: «Ehi, c’è nessuno: sono qui… pirleggio, ego sum!»

Lontani ormai gli anni delle vecchie lire, quando rammentava che “una pallottola costa solo 300 lire” e vantava armata Brancaleone di bergamaschi d’assalto;
Giocava ai soldatini, allora, nel ’96 quando, alle Camicie verdi, voleva far seguire la Guardia nazionale Padana: cinquanta compagnie e dedita all’esercizio del tiro a segno.
Fortunatamente il nostro è come lo schioppo di legno con cui giocavano i bambini dei miei tempi: per sparare, dovevi fare “Bum!” con la bocca e quando si tornava a casa si smetteva la divisa fantastica per il pigiamino.

Come dal vecchio reduce, si ascolta per l’ennesima volta stesse e trite storie;

«Io conosco un solo Paese, che è la Padania. Dell'Italia non me ne frega niente. La Lombardia è una nazione, l'Italia è solo uno stato» diceva.

Sognava un suo orticello, da ritagliare dal resto e farci - padre-padrone - la sua “Repubblica delle banane”.
Da lasciare, per diritto divino, al frutto dei suoi lombi.
«Accompagnerò i miei figli alla prima scuola padana.»
Renzo “Trota”, il delfino mancato, neppure in quella normale riusciva, a faticare pure nel tentare per una licenza di pesca.
Non è né figliol prodigo né prodigio, ma una sistemazione glie l’hanno trovata, per stalla e biada.
Di lui il meneghino dialetto riporterà quel che dote ha “cum abundantia”:
El gh'ha el dun de Dio de capì nagott… il dono di non capire ‘na beata fava!

L’Umberto nostro, “Bossoli” invece che Bossi, è come il generale a riposo nel ricovero dei vecchietti: veterano e superstite di tante guerre è a ricordare e lustrare i vecchi arnesi.

«Faremo la rivoluzione, la lotta di liberazione! Il popolo padano è pronto alla secessione dura, senza mezze misure, senza alcuna mediazione con lo Stato italiano; è pronto ad attaccare. Ci mancano un po' di armi ma le troviamo. Abbiamo trecentomila martiri pronti a battersi. Verrebbero giù anche dalle montagne con i fucili, che son sempre caldi.»

Me lo immagino: “Berghem de 'hora e Berghem de 'hota” assieme, nell' armata della polenta.

Il “vecio” gira come un disco dove la puntina si è incantata.

«Si tratterà di una battaglia durissima. Ma noi siamo pronti a qualunque scontro, a batterci all'arma bianca, a d uscire all'assalto in ogni momento attorno alle nostre bandiere!»

E già, la bandiera… della nostra ebbe chiaramente a dire pensiero, rivolgendosi a una signora che ebbe l’ardire di esporla alla finestra.

«Lo metta nel cesso. Quando vedo il tricolore m’incazzo: lo uso per pulirmi il culo!»

Offensivo ma coraggioso: ci mise la faccia, anche se meglio avrebbe fatto a soffiarsi il naso con i fazzolettini di carta. Igienica.

Orgoglio vuole che ancora oggi mantenga schiena barra e asta di bandiera dritta.

«La Lega è sempre armata, ma di manico!»

Bene: almeno altro avrà da menare, invece che il can per l’aia.

Monti… il nord lo farà fuori… parole di un vecchio motore che batte in testa.

Senescemenza.


Io, secondo me... 06.03.2012

bossOLi