domenica 11 luglio 2010

Cazzata siciliana

Cazzata siciliana

"Chi muore giace, chi resta si da pace";

questo si usa dire quando, con rassegnazione, i sopravvissuti debbono soffrire con dignità, senza fare chiassate, dare in escandescenze, lamentarsi o arrivare ai piagnistei: se propri si deve, sia almeno in silenzio, composti, sussurrando, controllati nelle geremiadi e nel gocciolatoio dell'occhio.
Insomma: con stile e, soprattutto, defilati, lontani da finestre mediatiche, da dove tutti possono sbirciare e vedere quanti panni sporchi ci stanno dietro.
Quel che giace è la salma del maresciallo dei carabinieri Antonio Lombardo, che si sparò nel '95.
- «Ecco, si sparò; e allora, che ce ne fotte! Scelta sua, roba vecchia e lo spettacolo va avanti!» risponderebbe Leo.
E già perché lui fotte e se ne fotte, anche se la pallottola prese avvio non da una combinazione di polvere da sparo, ma dalla merda; e il Leo, di quella, ne ha riempito secchi, per lubrificare la camera di scoppio della rivoltella del povero Antonio.
Approfittando del predellino, della zeppa da sotto i piedi, che l'occasione gli aveva dato, il Leo Cascio subito se ne avvantaggiò, cercando di sembrare più grande di quel che fosse, come a proiettare l'ombra del nano sul telo, dove anche le movenze di un verme parrebbero contorsioni di drago.
Samarcanda, si chiamava la lampada magica, che amplificava la trombetta, a farla diventare trombone: direttore di tanta orchestra era allora il Santoro, presentatore e conduttore televisivo, detto anche Michele.
L'uno e l'altro ci guadagnarono in ascolti e notorietà, dove la verità vera è quella gridata, dove "Chi vusa pusè la vaca l'è sua", ovvero "chi urla di più ottiene la proprietà della mucca".
Leo, era Leoluca Orlando Cascio, avvocato e figlio di tale, che fu consigliere e poi sindaco di Palermo e, su su, da predellino a predellino, da zeppe in zeppa, da gradino a gradino, fino a divenire parlamentare e poi, da esportazione, come europarlamentare, oggi gemellato nell'Italia Dei Veleni - ops! Dei valori - del sciur paròn, Tony Di Pietro, protettore dei fabbricanti di manette.
Terra terra, la "sparata" del Leo fu:
- «Antonio è pappa e ciccia con la mafia!»
No, non l'Antonio amico suo di oggi, ma il Lombardo.
Praticamente sputtanò, in mondovisione, quel poveretto, usando la tromba più assordante esistente: la televisione;
e che non fu di bocca, la si vede solo oggi, ormai tardi per ridare onore e dignità a chi diede le dimissioni a modo suo, svergognato da uno che cercava di far rumore per emergere dal "se non fai casino non ti caga nessuno", detto nel volgare dell'uomo di strada.
Beh, Cascio c'aveva già provato ad attirare l'attenzione: prima entrando in polemica con Leonardo Sciascia, che di antimafia c'aveva gli attributi migliori del Leo e pure con il giudice Falcone, quello che alla mafia rompeva proprio gli zebedei, tanto che, per toglierselo dalle palle, lo fecero esplodere con tutta la scorta.
Il Cascio diceva che teneva le indagini nel cassetto, pure lui con macchie sulla camicia immacolata.
- «Eeeeeeh...errori di gioventù: ora sono pulito, anzi, "onorevole"!» direbbe il Leo.
Vero e, come quello che ti invita al Bar. a prendere un caffè, lui non paga mai!
Chi muore giace, chi resta si da pace;
Ovetto fresco di giornata, è la notizia che un altro tritato è riuscito ad uscire dalle pale del ventilatore, quello manovrato dagli "épandeur de merde", dove le macchie del loro prodotto rimangono a lungo, così come l'odore.
L'uomo che Paolo Borsellino - anche lui "esploso" dalla mafia - chiamava fratello, il carabiniere Carmelo Canale, è stato assolto in via definitiva dall'accusa di essersi venduto alla mafia;
Antonio Lombardo era suo cognato.
Se mai qualcuno dovrebbe fregiarsi del titolo di "Onorevole", questi sono proprio loro: onesti servitori dello Stato, a cui lo sputo dei serpenti ha, a uno tolto la vita, all'altro, l'ha avvelenata.
Quando la mafia non riusciva a togliersi dai coglioni quelli che la impensierivano, alle bombe preferiva il "pentito" di turno, quello che si faceva acchiappare apposta per poi avvelenare o intossicare dal di dentro chi lo ospitava.
Ecco che si toglieva d'attorno un pericoloso avversario senza colpo ferire, dove magari la fortuna favoriva pure i delinquenti, che della parola vergogna non ne conoscono declinazione, mentre per altri armava la rivoltella che si puntavano alla tempia.
Se poi c'era qualche Cascio nei paraggi, pure quello era valore aggiunto, che non era importante la trincea da dove sparava, basta che fosse uno dei suoi a cadere, vittima di quel che in guerra si chiama fuoco amico.
Anche un re si umiliò, a Canossa, cospargendosi il capo di cenere e chiedendo perdono per i propri errori;
ma i re, si sa, sono nobili: a noi rimangono ormai solo delle scartine, pochi e miserabili "onorevoli", da contrapporre.
"Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoci 'o passato..."

Io, secondo me...11.07.2010