
venerdì 30 settembre 2011
martedì 27 settembre 2011
OSCARrafone
«Se il PARLAMENTO è POVERO e PEZZENTE come oggi, c’è da dubitare che ci sia democrazia!»
Classe 1918, qualche problema di tenuta è normale che la presenti, anche se uno stato di grazia lo ha preservato dal travaso in altro mondo, che si vuole sia sempre migliore, non in braghe di tela come il nostro;
di “una desolazione gravissima”, da doverci stare giocoforza, ma con sommo schifo.
A suo tempo “parcheggiato” nel Palazzo del Quirinale, estratto dal bussolotto della lotteria e non certo dall’urna del voto popolare, si ritrovò vestito da festa, nell’abito di "Presidente Emerito della Repubblica".
Oscar Luigi Scalfaro, fino alla fine, evidenzia e ripropone l’innata arte della “Pontificazione”, quella del divino parto dello “scalfarotto” pensiero, della tromba dell’Altissimo;
di ritenersi “Er mejo fico der bigonzo”, il miglior frutto nel cestino della merenda del buon Dio.
Aristocratico per censo divino, a poter affermare - a confronto nostro - con sicumera, con tanto blasone:
«Perché io sò io e voi nun siete un cazzo!»
Oscar, il “Pontifex maximus”, giudice e boia, alla pari del «In verità, in verità vi dico...»
Magari meglio, visto che quello, “Salvatore”, rimase secco a solo trentatre anni, mentre l’Oscar, con sessant’anni di più, ancora predica al prossimo, raccomandandogli di stare accorto, altrimenti “Sudi...ti viene il mal di gola e muori”, povero e pezzente, in una “desolazione gravissima”.
Bello e paciarotto, ben pasturato all’ingrasso, non mi pare se la cavi maluccio, come tanti pari suoi, che parlano, parlano, parlano, sputano, sputano, sputano, sputtanano, sputtanano, sputtanano, denunciando Stato di Polizia e a “conduzione famigliare”, alla Videla, alla Franco, alla Hitler, alla sFascio-Mussolini e poi mettono ciccia e continuano a borbottare come Borlotti, papposi fagioli sempre in bollitura.
Il più disgraziato di questi prende in un mese quanto un operaio in qualche anno, senza contare che, al culo a ventosa sulla poltrona, tanti associano mani tipo carta moschicida, dove - com’è, come non è - tanta carta moneta della “Res Publica” ci rimane invischiata.
Salvo poi scoprire che anche io, povero pirla di mezzemaniche, c’ho il ”debito pubblico”.
Eppoi, dai, Oscar, fatti la tua bella colazione, con latte e biscotti;
un bel pancottino con aletta di pollo lesso a pranzo e, la sera, per stare leggeri, solo risi e bisi.
Durante la giornata, per ammazzare il tempo, un bel giretto con l’auto blu (tua o quella della figlia, se non l’hanno tolta), una puntatina al parco, a portare granaglie ai piccioni e a guardare il lavoro dei cantieri, assieme ai tuoi coscritti.
Come disse un tuo pari, di un annetto più “giovane” di te: l’importante è tirare a campare, invece che le cuoia!
Alla tua veneranda età, se ti agiti troppo, sudi, ti viene il mal di gola...
Parlamento è povero e pezzente... dubitare che ci sia democrazia...
Ma va a ciapà i ratt...cambia aria, vai a perder tempo altrove!
C’hai i capelli bianchi, dovresti aver monetizzato le tante primavere, aver acquisito saggezza e buon senso.
Mi pari invece la bella fiammiferaia, che continua ad accendere zolfanelli vicino alla polveriera.
Usa almeno un lessico più articolato, meno greve e rozzo, tagliato con la roncola, per esprimere il dissenso.
Non sei all’osteria, tra avvinazzati e storditi.
Sii all’altezza e degno, riconoscente alla Provvidenza, a quel colpo di culo che il destino ti ha regalato, nonostante meriti ridotti al lumicino, da cercare con il lanternino, se mai ce ne sono.
Sono io a dirti « Non ci sto!», al tuo giochetto al massacro, ex Presidente Emerito della Repubblica e mantenuto Senatore a vita.
Non è tanto il Parlamento, che ti sta stretto: sono i tempi.
Quelli belli, di quando, invece di scegliere la pericolosa vita di montagna, a far la Resistenza, preferisti la più tranquilla posizione di Magistrato civile a Novara, a distribuire pena di morte, pur con “ profondo travaglio intimo e personale, per alcuni responsabili fascisti.
Alla faccia dei tuoi “Princìpi cristiani”, che tra i comandamenti, al quinto di dieci, hai preferito quello del codice di guerra, invece che dare buca e cambiare mestiere.
Ma, senza quel trampolino di lancio, col cavolo che saresti entrato nel carrozzone di quelli che si sarebbero spartiti le vesti dell’Italia, come i centurioni i panni di Gesù: lasciato la toga, nel 1946, ecco il salto della quaglia, eletto a Torino, fra i più giovani nelle file della Democrazia Cristiana.
Da allora, di quel che emerse durante “Mani pulite”, degli intrallazzi e delle tangenti, non si accorse di nulla;
il “Padre della Patria” non vide le marachelle della creatura sua.
e già: lui era solo casa e chiesa...e impacchi di fette di salame sugli occhi, a voler ben pensare e nulla malignare.
3 novembre 1993...memorabile quell’anno, quando improvvisamente si sveglio dal coma, perché lo tirarono in ballo.
Scandalo servizi segreti del SISDE: una gestione di fondi riservati che aveva tutta l'aria di aver visto abbondanti “distrazioni di fondi”.
Uno degli indagati, Riccardo Malpica, ex direttore del servizio, affermò che Mancino e Scalfaro gli avrebbero imposto di mentire; di più: il SISDE avrebbe versato ai ministri dell'interno 100 milioni di lire ogni mese.
Svegliato da profondo letargo, si fiondò in televisione e, a reti unificate, interrompendo la partita di Coppa Uefa tra Cagliari e la squadra turca del Trabzonspor, esordi con un bel «Non ci sto!».
Era tutto un “gioco al massacro", una rappresaglia della classe politica, travolta da Tangentopoli, nei suoi confronti.
Povera stella.
I tempi, i tempi, sono questi che ti fregano, Oscar;
tu come le mummie dei Faraoni: hai preso ormai una brutta piega.
Stenditi al sole, vai al mare...no, meglio la montagna, visto i precedenti.
Non vorrei ti ritrovassi un altra Edith Mingoni, con il prendisole, a mostrare le spalle nude.
Ti potrebbe scappare ancora il tormentone, a dover rimproverare ancora la peccaminosa:
«È uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di coprirsi!»
Addirittura gira ancora insistentemente un altra versione: che tu l’abbia anche schiaffeggiata, l’impudica.
Come in tempo di guerra, a sancire la morte, sempre a voler comandare, anche sulla e della vita degli altri.
Lo confesso: quelli come te li disprezzo;
mi verrebbe voglia oggi di lanciare il guanto, come fece l’allora padre, e pure il marito della “svergognata”, quando ti sfidò in singolar tenzone.
Ma non lo facesti allora, men che meno ora: “badrone ordina, venerdi obbedisce”.
Le mani...pulite.
A te, basta dare l’ordine di castrazione, per ogni cosa sfugga al tuo comprendonio.
Ai sicari, andar di cesoia.
Consolati: a qualcuno piacerai pure;
In fondo, è pur vero che...ogni Oscar...rafone è bello a mamma soja!
Foss’anche “povero e pezzente”.
Io, secondo me...27.09.2011
venerdì 23 settembre 2011
giovedì 22 settembre 2011
Gioppino
Ma che ci stiamo a fare ancora con questo gioppino?
Bravi tutti, cani e porci, ma l’Italia no, anche se le basi per gli scatolozzi volanti, le bombarde spaziali, gliele abbiamo date, aggiungendo pure nel novero qualche volatile dei nostri.
E ci siamo sobbarcati pure di scafisti e “scappisti”, ovvero quelli che dalla Libia in fiamme sono fuggiti, per approdare alle italiote sponde.
Quelli, tanto per intenderci, che erano “profughi” a Lampedusa e poi “clandestini” al valico di Ventimiglia, al momento di voler migrare nelle terre e rigettati dalle orde galliche.
Baci e abbracci per tutti: “Regno Unito, Francia, Danimarca e Norvegia” in primis ma, un successone “grazie al contributo di molte nazioni”.
Giusto perché è in orgasmo, ci mette pure la Lega Araba, Tunisia ed Egitto, per gli “sforzi umanitari”.
Bamba!
Più che successo, è sul cesso che il carboncino ha dato il meglio degli “sforzi” e delle spinte sue.
Che minchia ci stiamo a fare in Afghanistan a crepare o a renderci ridicoli in Libano, dove guardavamo a Israele mentre Hezbollah si riempiva gli arsenali di missileria dietro le nostre terga?
Via, subito a casa.
Che ci restino Regno Unito, Francia, Danimarca e Norvegia e ci rimpiazzino con Lega Araba, Tunisia ed Egitto.
Anzi, tanto che ci siamo, si prenda i suoi accampati in casa nostra e se li riporti alla Casa Bianca, così potrà continuare a giocare ai soldatini.
Il perticone, in politica estera, ha fatto figura del “Grand e gross e ciula”: grande, grosso e fesso.
Non lo prende più sul serio nessuno.
Ahmadinejad gli fa pernacchie; Hezbollah e Hamas hanno tric-trac e bombe a mano che ne coprono voce chioccia; Assad se ne fa un baffo e i talebani “moderati” li vede solo lui, nei libri di favole che legge, mentre gli altri, gli riuscisse di prenderlo, gli faarebbero fare il “femminiello”.
Tutti fanno quel che vogliono, alla faccia di questo patetico gioppino con le braghe a stelle e strisce.
Assad, in Siria, sta tritando peggio del macinato che, si voleva, fosse appannaggio del Gheddafi.
Altro che “sforzi umanitari”.
Al tempo, il giuggiolone “iuessei” ha lasciato che in piazza, a Teheran, i ragazzi dell’”Onda Verde” appassissero, sotto i colpi di spranga, fucile e corda del nanerottolo bauscia iraniano.
Non ha fatto un bè...certamente tanti, di bèèèè-bèèèè-bèèè!
Gongola come un tontolone per Tunisia ed Egitto, ma tutti hanno visto quanto sia rimasto imbambolato e con il ciuccio in bocca, quando i ribaltoni sono accaduti.
Salvo poi cercare di far buon viso a cattivo gioco ed allinearsi, rassegnato, che a tanto terremoto e relativo bradisismo, lui ha contrapposto vigoroso bradipismo.
Come il Pisolo dei sette nani, dorme che è un piacere.
Sarkozy mette la zeppa sotto i piedi, si erge in tutta la sua bassezza, gonfia il petto e parte in quarta, mettendo tutti davanti al fatto compiuto nel fare una guerra in piena regola;
degno dei migliori pirati dei Caraibi, assaltando i pozzi di petrolio e gas della Libia, con la scusa di cacciarne l’amministratore e fregarne il posto, per poi sfrattarlo e soffiagli le pompe benzinaie.
L’Obama, con il pollicione a succhiotto in bocca e l’orsetto a spalla, ci va a rimorchio.
Ancora, come sempre, fuori tempo e gioco.
In Egitto e Tunisia premono ora i Fratelli Musulmani, mentre in Libia cellule organizzate, in odore quaidista, stanno mettendo radici, anche se il Sarkozy e la sua “signora”, il Cameron, sono andati a “marcare” il territorio.
Staremo a vedere, se non si stava meglio quando si stava peggio.
Comunque vada, il perticone non ne ha mai azzeccata una, facendo ora da palo, ora da gregario.
Con i suoi cazzi di “subprime”, ha intossicato il mondo;
quando cominciò a sgonfiarsi la bolla immobiliare statunitense e, contemporaneamente, molti possessori di mutui divennero insolventi a causa del rialzo dei tassi d’interesse, c’impestò quanto mai, che ancora oggi siamo a pagarne le conseguenze.
Senza contare che c’ha le palle legate con il cordino alla Cina, suo principale creditore.
Ora è pure “incaprettato”, che un Erdogan da “mamma, lì turchi!” lo avvolge come un salame, costringendolo al guinzaglio, se vuole mantenere quelle basi tanto vitali, nella terra sua, del Recep Tayyip.
Il Barack...l’Obamba: la peggior sbronza del mondo occidentale, che da subito gli ha firmato cambiali...in bianco, anticipandogli addirittura un Nobel per la pace, prima ancora che mettesse i dentini da latte e cominciasse a gattonare.
Ecco come s’è ridotto: ad un maestro di cerimonie, con tanto di galloni dorati e brillanti, a far la lucciola ad un universo infinitamente vuoto.
Giusto ormai gli rimane il “phisique du role”, il fisicaccio del cane da riporto.
«Obamba, dai, su: vai a prendere il legnetto!»
Pistola di un “iuessei”!
Io, secondo me...22.09.2011
martedì 20 settembre 2011
giovedì 15 settembre 2011
Fiaschi e Buttiglioni
MI perdonerà il buon Dio se, per parlare del mio, lo scomodo, ricordando quando fu al centro della partita “Epicurei contro Stoici”, dove due scuole di pensiero filosofico se lo contesero:
“[…] o non vuole togliere i mali o non può, o può e non vuole, o non vuole ne può o vuole e può. Se vuole e non può è impotente. Se può e non vuole è invidioso, il che non è da lui. Se non vuole ne può è invidioso e impotente. Se vuole e può, da che cosa deriva l'esistenza dei mali e perché non li toglie?”.
Arrovellarsi su tanto, non portò ai contendenti nessuna risposta esaustiva: praticamente se la cantarono e se la suonarono, senza venirne a capo.
Fu un fiasco, come si usa dire quando qualcosa porta a nulla di fatto.
Oggi noi abbiamo tolto la coda di paglia, rimanendo con solo con un vuoto a rendere: col…Buttiglione.
«Berlusconi passi la mano, lasci il governo e i suoi processi saranno bloccati!»
Questa è un’affermazione di una gravità pazzesca, ma nessuno ha fatto cagnara più di tanto;
eppure, sganghera uno dei cardini essenziali di un paese che si dichiara civile e democratico, ridicolizzando il bilancino con sotto il sacro scritto, che si rivelerebbe la più grande baggianata di tutti i tempi, ovvero che “La legge è uguale per tutti”.
La confessione dimostrerebbe che la stadera è tarocca e i pesi fessi.
Neppure un cervello elementare è riuscito a elaborare un concetto terra-terra, del tipo:
“O prima non voleva togliere le zecche dal pelo o non poteva, o poteva e non volle, o non volle ne poteva o volle e poteva. Se volle e non poteva, è impotente. Se poteva e non volle è insidioso. Se non volle ne poteva è insidioso e impotente. Se vuole e può, Giuda a confronto è santo”.
E la giustizia retta, dritta e reale come il famoso binario nove e tre quarti, della nota “fantasaga” di Harry Potter.
Per aver ruttato un tale venticello, il tipo deve avere le spalle coperte, che non bastano i muscoli suoi ad abbattere i pilastri delle toghe partigiane.
Deve per forza esserci una concertazione, delle reti fognarie sotterranee ben ramificate, dove scorre più merda che fango, pronto a essere canalizzato dove occorre.
Oltre alle condotte, anche le botteghe devono essere oscure, perché son quelle che c’hanno il guinzaglio e ordinano al cane dove azzannare o di portare l’osso - le intercettazioni - al mercato, per essere messe in piazza.
O Buttiglione s’è bevuto il cervello e ha dato fondo del suo, o è stato il portatore sano, come i ratti che trasmisero la peste.
L’hanno imbottigliato perché poi desse la stura a quanto vi avevano travasato, perché distribuito al consumatore.
Se un indizio non fa una prova, due cominciano a chiuder il cerchio e tre ne fanno la quadratura.
«Deve essere chiaro che, da parte nostra, non ci sarà proposito di ritorsioni» gli fa eco il Rutelli.
Se questa la tromba, risponde la campana:
«Ci aspettiamo dal premier un grande gesto di generosità: non ci saranno vendette» ci fa il Bocchino.
L’Italo deve aver chiesto lumi al duce suo, che si ricorda i salami appesi per i piedi, a piazzale Loreto.
Silvio, come un solo fortunato tacchino, nell’americano Giorno de Ringraziamento, il “Thanksgiving Day”, vince la grazia di non essere infornato, come tradizione.
Per una volta non si accoppa il maiale.
Manica di bambocci…o di Bombacci!
Scalfari c’è rimasto malissimo: lui che in “Dino Grandi Pisanu” aveva trovato il Bruto, per dare la prima pugnalata all’odiato “Berluscocesare”, magari al grido di “Veni…IDI, Vici”.
Se mai qualcuno ancora esiste, con le fette di salame sugli occhi e la convinzione che le toghe di Milano o Napoli sono “imparziali”, vergini vestali e neutre come gli svizzeri, pazienza: probabilmente fanno parte di chi scrive ancora la lettera a Gesù Bambino, aspetta Babbo Natale e mette il calzino accanto al camino, in attesa della Befana.
Fossimo in floridezza, ad avere, come si dice, solo “fastidi grassi”, passi.
Ma stiamo affrontando una crisi economica che fa tremare i mercati di tutto il mondo, come il terremoto la forma di budino.
La nave imbarca acqua, e c’è chi fa altri buchi, sperando di diventarne capitano, credendo di poter galleggiare sugli altri.
Sicari armati di mazze, bombe carta e Molotov escono dai Centri Sociali - caserme rosse - per spaccare, pestare, fare macerie a comando, razziare e rubare con licenza di “esproprio proletario”.
Li abbiamo ad assediare la Val di Susa, contro i cantieri dell’alta velocità che dovrebbero completare e collegare la Torino-Lione con il resto del mondo.
Cavall e biroc…cavallo e carretto; a questi parassiti basta il primo perché ha un bel pelo da “okkupare”, e l’altro per portarli a spasso.
Questi i devastatori;
giudici allineati e compiacenti a fare i guastatori, a scavare le gallerie per mettere le mine sotto le fondamenta;
un meccanismo politico giurassico che ciuccia il latte del paese, abbarbicato come l’edera che soffoca la pianta.
Proprio un bel quadretto, un bel salto: dal Quarto Stato sono passati al Sesto…san Giovanni.
Fanno proprio...Penati.
Quando il più pulito c'ha la rogna, Il "peggiore " di essi andrebbe sospeso, con le budella del…"Migliore".
Il teatrino ha visto i topi fuggire: La Bindi, con Fassino e D’Alema fanno a gara, per lasciare in fuorigioco il Gigetto Bersani e questi dice che non sapeva ‘na beata fava, della piattola che si portava sotto.
Come i nonni facevano, con quelli caduti in disgrazia, eccoli a ritoccare le fotografie: Il Filippo in disgrazia s’è visto castrato dal vicino simbolo del partito e anche il” Giggino” suo s’è fatto ritagliare dalle foto ricordo, il tutto nell’intento di allontanare il più possibile il lebbroso.
Bisogna tagliare al più presto il ramo secco prima che, trovandone saldatura, si scoprano altri, attaccati a un tronco, e questo con profonde radici.
E poi siamo al ridicolo di invitare un Berlusconi ad andarsene con grazia ricevuta, per aver solo colto delle "prugnette", mentre c’è chi ha succhiato sangue.
Dal fiasco al Buttiglione: la disfatta è completa.
Io, secondo me...15.09.2011
lunedì 5 settembre 2011
Bin bin saladin
«Sim sim sala bim!»
Era presto diventato un tormentone, la formula magica dell’Aldo, dove gli effetti speciali erano contorno dell’onesto prestigiatore.
Aldo Savoldello, in arte Silvan, artista del trucco, ben si guardò mai dal sembrare “gran figlio di paragnosta”, come Giucas Casella che, a confronto, ben più scarso in tutto, batteva invece più sul termine “mago”, ma più “Merlo” che Merlino.
Tralasciando le comiche, ben altre sono quelle oggi, che hanno però poco del ridere e più della disperazione, nel vedere vigliaccheria di leccaculi, calabraghe e cacasotto.
Certo, non si può sempre indossare i guantoni, ma almeno quando si difende del proprio, se proprio masochisti in vena di “penitenziaggine” per i mali del mondo, si può andare a manetta e fare da sè, in beata solitudine, che non si diventa ciechi.
Pallidi e pavidi esseri si presentano sul palco e recitano per il coccodrillo, sperando di ingraziarselo, a mezzo tra “fin che c’è vita c’è speranza” e un “tiriamo a campare”.
Per il Vick e il Cerutti, la maglia calza a pennello.
Graham Vick, regista: 11 agosto - tanto che c’era, perché non settembre? - in quel del Festival rossiniano di Pesaro.
Mosè entra in campo, con il suo bel barbone, che mette soggezione.
Dapprima ci si domanda perché si è fatto la tinta, giacché il pelo è nero, diversamente dal come l’iconografia classica l'ha sempre presentato.
Beh, la pignatta che c’ha in testa è bianca.
La tunica però gli si è ristretta - forse un lavaggio troppo energico? - e, ad un frettoloso sguardo, si presenta piena di “padelle”, tutta macchiata, come se il vecchio si fosse rimbambito, sbrodolando ad ogni pappetta.
Ecco, comincia le lamentazioni, rivolgendo l’occhio lesso al cielo.
«Dal tuo stellato soglio» ma al posto del bastone solleva l’AK-47...il Kalashnikov.
Forse che, per la vetusta età, al buon Dio gli arriva meglio all’orecchio una schioppettata?
Secondo copione, dovrebbe arrivare la biblica pioggia di fuoco...invece, tanti “lampeggianti” che pare d’essere alla festa delle pantere della polizia.
‘azzarola...ma no...sono tanti kamikazzi, che si calano dal cielo con le corde portando in vita petardi e lumini!
Bin bin saladin...gioco di prestigio, con un regista-paragnosta al posto di Silvan.
Più che un buco nell’acqua, un popolo di disgraziati scappa da un foro nel muro, mentre il carro del Faraone c’ha i cingoli, un cannone grosso tanto e la stella di David sul fianco.
Mosè-Laden è un bel terrorista, il cannonazzo è sionista e il foro è del muraglione che divide e protegge il popolo d’Israele dagli sconfinamenti dei bombaroli palestinesi, ora promossi ed eletti a far la parte dei buoni contro i cattivi, in una bella inversione di ruolo.
«Nel Vecchio Testamento sono celati i germi del fanatismo e della violenza.»
Mosè-Laden, infierisce il Vick «riassume in sè tutti i fondamentalismi. Il suo è un Dio di rabbia e distruzione!»
Per farla breve: il Padreterno la mente, quel che studia il taglio; Mosè-Laden, il braccio da macellaio.
«La sua, una “guerra santa”: ho sentito il bisogno di tener conto di quanto è accaduto in Medio oriente negli ultimi dieci anni.»
E già.
Peccato che noi ci si è fatto gli anticorpi ed oggi non è la gente del Testamento, a sgozzare e mettere sotto polvere pirica il prossimo.
E “Vick-vermicello”, come altri “creativi”, ha fatto tesoro del “carotato-giugulare” Theo van Gogh.
Per Mosè-Laden, nessuno ti apre l’ugola, diversamente che se la comparsata l’avesse avuta il Maometto.
Israele non gli metterà mai una bombarda sotto il culo.
Il meglio dell’avvitamento verminale però lo fa quando presenta prigionieri ebrei incappucciati e costretti a camminare a quattro zampe, tenuti a guinzaglio, a metà tra la vicenda di Abu Ghraib e Guantanamo.
I primogeniti egiziani, stramazzano invece al suolo, soffocati dal gas letale, mandato dal cielo, richiamando la strage del teatro Dubrovka di Mosca e quella dei bambini ceceni di Beslan;
Cattivi...cattivoni d’americani, senza parlare dei Russi.
Evidenziare l’effetto, senza dar tratto alla causa, alla fine torna lo spessore dell’uomo: uno dei tanti che ha capito quanto sia più facile e salutare sparare alla Croce Rossa piuttosto che ai “picciotti”.
Bin bin saladin...
Arriva il Cerutti.
Non lo sfigato Gino, della ballata di Giorgio Gaber, ma la carbonata tonachina del “Don”, che nella sua parrocchietta in quel di Como si è messo a fare volantinaggio, non per vendere del banchetto suo, ma per alzare quotazioni del dirimpettaio.
Rubicondo e pacioso, da un bel tavolinetto, nel bel mezzo della navata centrale, eccolo, a distribuire - Urbi et Orbi, non la benedizione del principale suo, ma “pizzini”, contenenti preghiere islamiche per celebrare la fine del Ramadan, con lodi sperticate di Allah, esaltanti l'islam come la religione eccelsa.
Manco un masochista che si pesta i coglioni con il martello, arriva a tanta orgasmica goduria.
Questo si, che è un maestoso pretone d’assalto: non quelli muffi, che ti davano il classico e incartapecorito santino!
Lino, ascoltammè, comincia a scaldare il ciclostile: passerà nulla che il Pisapia rispolvererà quel bene rifugio che è mattone...da Moschea, quartiere per quartiere, sotto la Madonnina di Milano.
Tè ci puoi andare a nozze: ti metti fuori di quelle e fai Testamento...il Nuovo, il Corano.
Del passato, mettici...una croce sopra.
Bin bin saladin...
Io, secondo me...02.09.2011
giovedì 1 settembre 2011
Base per altezza
“Al Qaeda, ego sum”.
La Libia “liberata” scopre il prezzemolo:
“[...] ruolo fondamentale, nella battaglia di Tripoli, di consistenti forze qaidiste: le prime a penetrare a Bab al Aziziyah, il compound di Gheddafi a Tripoli [...] a capo, un noto membro di al Qaida, Abd al Hakim Belhadj, veterano dell’Afghanistan [...] che si è autoproclamato Comandante del Consiglio Militare di Tripoli”.
Il tipino, per nulla raccomandabile, non lo manda a dire, quel che vorrebbe essere solo inizio di una bella purga: come principale obiettivo, l’uccisione di Gheddafi e lo sterminio della sua famiglia!
Mica scemo.
Con quello ancora vivo e la prole a respirare, quando dovesse passare la sbronza, tanti a cui stava stretto Gheddafi sarebbero poi a sentirsi soffocati, nel “collare a strozzo” dei redivivi “studenti coranici”, d’infausta afghana memoria;
magari per rimpiangere ed invocare il ritorno del vecchio leone, al grido di “Si stava meglio quando si stava peggio”.
L’occidente avrebbe fatto meglio - se proprio voleva e doveva proseguire nel cinismo e nell’ipocrisia - mirare a dividere a mezzo la Libia, lasciando una porta di sicurezza, una via di fuga in caso d’incendio e la possibilità di rendere reversibile quel che ora è solo un punto di non ritorno.
Tripoli è diventata un guazzabuglio di piccoli feudi, con aree occupate dalla più svariata fauna, ognuna che tenta di applicare e far capire da subito chi è il più forte, con precedenza sui pezzi migliori nel pastone per l’ingrasso.
Presto questi straccioni, poco più che briganti da strada, saranno a scannarsi, secondo elementare e tribale programma genetico loro infuso.
Nella mente di quella mezza cartuccia del Sarkozy, avrebbero solo dovuto fornire carne da macello, per la sua megalomane voglia di fregare il vasetto della marmellata.
Dovevano solo aprirgli la dispensa, a lui, che non ci arrivava in altezza: la natura lo ha creato nano, schiacciato alla base e privandolo di spessore, se non artificioso e posticcio, con zeppa sotto i tacchi.
È come se, tolto il tappo al fondo del mare, pensando di abbassarne il livello, ora s’accorge di non riuscire più a chiuderlo e rischia che si prosciughi.
I trenta denari, Il petrolio per l’”homunculus” gallico, al fin della fiera, sarà utile come la cicuta per Socrate.
Il quartino e il suo litro, l’Obama, sono come Gianni e Pinotto: fanno ridere.
Il mondo arabo non li capisce, li disprezza, ma ne comprende le mire e li considera alla stregua di dell’usa e getta.
Credono di manovrare perché sono sul treno e fanno “ciuff...ciuff” con la bocca, ma agli scambi ci sono i vari Abd al Hakim Belhadj.
Ben organizzati, ben preparati, ben equipaggiati, determinati e motivati da una fede incrollabile, avranno presto ragione della massa grufolante e ne delimiteranno alla svelta recinti e confini.
Non potevano non esserci.
Cercano “spazio vitale”, altro dar el harb, terra della guerra da coltivare, per farne dar el islam, terra dell'islam.
Troppo è il radicamento de “La Base” nella...base, tra i gangli nervosi dei tanti figli di Allah;
da sempre mi è convinzione ed ancora lo sono che, della tanto mitizzata “Primavera Araba”, di “spontaneo” c’è solo la necessità delle funzioni corporali: del rimanente, una tela fitta e abilmente alimentata di filo e matassa.
Che poi abbiano usato “La rete”, ovvero Internet, per il passaparola, non ne dubito, ma non che sia stata la magia di quel telefono senza fili ad avere innescato le cariche alla Bastiglia;
al massimo, con quella ci si ritrova al Bar Sport, al Rap o, meglio, ad un ”Arrap” party.
Quella è stato solo il tamburo, con cui si è chimata la tribù alle armi.
Con delle belle e spesse fette di salame sugli occhi, si può pure fare atto di fede e sposare la tesi dell’eroico popolo affamato in armi o di polli che improvvisamente decidono di occupare la fattoria.
Che assieme si siano sentiti più “Fratelli” e pure “Musulmani”, non ne dubito, ma che lo spirito di Al Qaeda trovi nel cranio loro perfetta botte per il travaso, non ci piove.
Certo meglio che con i proclami del “Nicolino” francese o del “Barackone” americano, talmente ottusi da non avere la più pallida idea delle conseguenze, nell’aprire il vaso di Pandora.
“Al Qaeda, ego sum”.
Bin Laden è morto, ed è diventato un’icona da combattimento.
Ormai era solo un simbolo: aveva seminato e tanto basta.
Uccidendolo si è solo tagliato la coda alla lucertola e solo quella è rimasta in mano.
Al Qaeda non è un uomo ma una moltitudine, divisa per compartimenti stagni;
ne buchi uno, due, tanti, ma la nave mai affonda.
Non è “qualcuno”: è “qualcosa”.
Non si combatte solo con le armi e i soldi: occorre contrapporre un’anima, una fede.
La mia vecchia maestra ripeteva che non si può sommare mele con pere altrimenti i conti non tornano...casomai, solo i tonti.
Al Qaeda è in campo.
L’occidente, per aria, tra le nuvole, con i suoi aeroplanini, ormai di carta.
Ancora una volta, c’hanno fottuto.
Passata primavera, l’unica certezza è che arriverà pure l’inverno. O l’inferno.
Base X altezza : 2...Sarkozy X Obama : 2 = area.
Depressa.
Io, secondo me...01.09.2011
mercoledì 31 agosto 2011
Scajlogna
Si chiamano o no “assegni circolari”?
«Circolare, circolare!» intima il vigile, quando ci si marmorizza in un posto troppo a lungo intralciando il normale tran tran.
Quindi desumo che l’etichetta stia ad indicare una necessaria funzione dinamica.
Non esistendo il moto perpetuo, le leggi della fisica impongono che, a tanto affanno, segua poi un periodo di riposo.
Anche per l’assegno circolare...o per ottanta.
Quando il sonno coglie, ogni materasso è buono, anche d’altri.
Sotto al suo, lo sfigato Claudio, lo Scajola s’è trovato quel gregge al pascolo, quasi più numeroso degli acari, che notoriamente tra quelle pieghe ci abitano abitualmente.
Che scalogna...anzi, che Scajlogna!
Poverino, c’è rimasto di una male...
Come la tizia della pubblicità del dentifricio, che si vede abbordare da uno che gli chiede se si è lavata i denti;
«Certo, come ogni mattina!» risponde con sicumera la passante.
Quello che deve essere discendente di san Tommaso, il discepolo diffidente, gli passa sulla dentiera un simil-contatore Geiger che, al passaggio, comincia a ticchettare impazzito.
Uno schermo panoramico consegna al pubblico ludibrio la panoramica di quella superficie, dove milioni di batteri ancora fanno festa, come bambini su uno scivolo.
Ecco, quelli del Claudio li hanno contati tutti: 900 mila euro!
Pare sia stato infettato, a sua insaputa, da un certo Diego Anemone.
Sempre così, quando si hanno rapporti non protetti.
Senza cappuccio sulla testa, quando grandina sono guai!
«Sono sereno. Sarà chiarita la mia estraneità!»
Roma, via Fagutale 2: duecento metri quadri con vista sul Colosseo.
«Costerebbe una cifra tanto ma, visto che è lei, Claudio, facciamo 610 mila euro!»
Non deve essere parso vero al “Claude”, d’aver gabbato Papa, in quel 6 luglio 2004.
Sicuramente si sarà sentito baciato dalla fortuna...Benedetto, ecco!
Papa...le sorelle Papa: che personcine squisite.
Tin...tin...tin...tin...alle sorelle Papa il registratore di cassa continuava a trillare gioioso;
da 610 mila a 700...800...900...1000...uno scampanellio che pareva di sentire le campane di un paese in festa.
Il campanaro si chiamava Zampolini, “sagrestano” di “Don” Diego Anemone.
Ottanta scampanellate della cassa: pacchi di qualche decina di migliaia di Eurini spalmati come la Nutella sulla fetta di pane.
Papa incassa 1,7 milioni di spiccioletti. Sicuramente avrà acceso un cero in san Pietro.
«Non ne sapevo nulla» risponde incazzato lo Scajola «tutto è stato fatto a mia insaputa!»
Ci credo: deve essere capitato come quando qualcuno carica il cellulare, comunicando per errore il numero di un altro, che si trova - incolpevole - sul groppone una inaspettata ma provvidenziale ricchezza.
Si può chiamare proprio una bella distrazione...di fondi.
Alzi la mano chi non vorrebbe avere tanta...Scajlogna!
Io, secondo me...30.08.2011
Falce e borsello
Dalla “docta ignorantia” di Socrate, con il suo “So di non sapere", alla “Io non sapevo, ma se c’ero, dormivo” del “Piergiggi”, il Bersani.
Il primo, piace pensare “Volle così testimoniare il dovere di obbedire alle leggi dello Stato, anche se ingiustamente applicate”...e giù, un bel beverone di cicuta!
Il secondo, coevo nostro, solo gli riuscisse, vorrebbe darla noi a bere: non la pozione venefica, forse, ma invocare alibi d’innocenza e candore in veste di beata ignoranza.
La volpe, che vorrebbe dare ad intendere sia il pollo il colpevole, che gli si è infilato in bocca mentre, nel sonno, stava sbadigliando.
Invero, più che volpe, il nostro pare il modello usato per “mizaru”, “kikazaru” e “iwazaru”, le tre scimmiette, guardiane simboliche del mausoleo dello Shogun Tokugawa Ieyasu a Nikko, che rappresentano l’omertoso per natura: non vedo, non sento e non parlo, sono a voler dire, coprendosi a turno gli occhi, le orecchie e la bocca.
Gigetto nostro, vecchio arnese, “aparatcnik“, grigio - anzi, rosso - funzionario di oscure botteghe, “non sapeva” ‘na beata fava, di quel che gli stava borbottando nel pancino.
Lucida testa di diamante di una classe di dinosauri, scampati alle più turbolente catastrofi politiche, giunti con stesse carcasse dalla notte dei tempi e di ere geologiche, è a farci credere che il tanto spirito di sopravvivenza - che li ha scampati persino da sconvolgimenti, che hanno portato ad estinzione altri meno attrezzati - non è bastato a far prevenzione, nel distinguere per tempo le uova di vipera da quelle di specie propria.
Il Filippo Penati gli è cresciuto in seno, senza che il mentore suo avesse mai sentito la puntura dei dentini veleniferi, che di serpe ne dava avviso.
Tenero giuggiolone.
Quasi che essere ignoranti sia preferibile a...compagni;
anzi, è peggio, perché genera sospetti, come andrò a dar seguito.
Persino il più sprovveduto parroco di paese s’accorgerebbe della cresta sulle elemosine, figuriamoci quando non spiccioli, ma milioni di Euro - e sull’unghia - sono a far sentire consistenza e profumo, saltellando da un compare di merende all’altro!
Lui, e tutte le incrostazioni di vecchia data, scampati, riciclati e panni rivoltati, che ancora appestano la politica italiana, sono come ai tempi di “mani pulite” e dell’apertura della fogna della “Prima Repubblica”: una testa che continua a negare di sapere quel che fa il corpo su cui poggia.
Vergini, il cui imene presenta assidui passaggi, come porta da Saloon di vecchio Far West.
Filippo, l’orsacchiotto di “Giggino”, faceva da scambio, come il deviatore dei binari, che smista i treni, in una direzione o nell’altra;
il giro di quattrini seguiva un filo rosso che, chi voleva far affari nella Milano del Filippo, allora sul trono, doveva sborsare, se voleva aggiudicarsi la torta.
Poi seguiva i binari, per scaricare alla stazione giusta e nutrire il feroce appetito di un apparato sempre più famelico, convinto pure d’essere immortale e intoccabile, visto le dimensioni e la sicumera della propria forza, dopo essere scampato pure ad una “purga”, che disgregò invece l’antagonista più temuto.
Come il tariffario delle puttane, che stava in bella vista, nei bordelli d’altri tempi, chi voleva fottere il prossimo sapeva quel da pagare per togliersi le voglie.
Esporre il menù non significa lavarsele, avere “mani pulite” e coscienza pure, solo per avere messo alla cassa una tenutaria a farne amministrazione.
Ora si vorrebbe liberarsi di quella, lasciando però il baraccone, per metterci altre marionette e teatrino, una volta passata la bufera.
Il Penati mostrò tanto di faccione suo, nella competizione per la poltrona: era "vento che cambia"!
Più che del PD, forse assomigliava alla...PDue.
Mica era un quaraquaquà qualunque, il Filippo;
e Milano, neppure una frazioncina alpina, dove faceva cassa solo il bar, il lattaio, il panettiere, l’alberghetto e l’offertorio della chiesetta.
Giravano “danee”, che parevano l’imbottitura dei paninazzi del Mc Donald's.
Vogliamo che un partitone, con tutti i suoi capoccioni e la perfetta organizzazione di scuola moscovita non sia stato all’altezza di scoprire la mano che gli “ravanava” e gli faceva trovare le saccocce piene?
E dovremmo dare a questi, un domani, gestire del nostro?
«LUI non sapeva, altrimenti...»
Questa frase l’ho sentita alcune volte, un quarto di secolo fa, da alcuni vecchi e nostalgici del “quando c’era lui, caro lei”: il Benito, riferendosi ai tanti gerarchi intrallazzatori e corrotti.
Era la coda di vecchi “fascistoni”, seppelliti dalla malinconia di un passato mai rinnegato, di una gioventù del Littorio sì, ma intrepida e piena d’energia;
prima della tumulazione anche fisica, queste erano le parole con cui - ci credessero o no - cercavano l’alibi per una vita spesa per il signor “M”.
Vedo che i colori cambiano, le casacche idem, la tessera anche, ma l’alibi dello gnorri, mai.
Spero ancora non dover dare ragione al vecchio Valerio Massimo che, secoli fa, ebbe a profetare:
« Lex est araneae tela, quia, si in eam inciderit quid debile, retinetur; grave autem pertransit tela rescissa.»
La legge è come una ragnatela: se vi cade qualcosa di leggero essa lo trattiene, mentre ciò che è pesante la rompe e scappa via.
Io, secondo me...29.08.2011
venerdì 26 agosto 2011
...e chi non la pensa come me
L'ipocrisia degli anti-Gheddafi...
…che otto anni fa esultavano per l’analoga fine di Saddam. I guerrafondai di ieri pacifisti di oggi, una delle marce indietro più risibili che abbia mai visto. I patti con la Libia furono uno schiaffo inimmaginabile a quei poveri cristi nostri connazionali che dal beduino si videro rapinare tutto. Alcuni finirono a fare i barboni sotto i ponti, alcuni si suicidarono. Interessa? No.
Nel 2008 ebbi modo di parlare con una italiana cacciata dalla Libia. Donna di centrodestra, in quel momento avrebbe cavato gli occhi al satrapo di Arcore, al traditore dei liberali, al cane di tutti i dittatori arabi (già lo denunciò Oriana Fallaci ne “La Rabbia e l’Orgoglio”.Patti con al Walid. Ma noi, fessi, abbiamo continuato a dargli il voto).
Dopo i baciamano, le lezioni di Corano, i “liberali” (liberali dove? Dove? A parole) che non vedevano l’ora di appendere Saddam proni dinanzi ad un uomo peggiore di Saddam, i millemila miliardi per danni coloniali, gli italiani cacciati trattati come patetici rompiscatole che non portano “danee”, non posso che provare una gioia feroce nel vedere quel criminale rovesciato dalla sua stessa gente, fuggito nella stessa maniera ignobile con la quale tentò la fuga Mussolini (da lui usato in maniera propagandistica per dire che gli italiani sono “tutti fascisti”).
Inostri politicanti possono essere definiti col medesimo termine spregiativo col quale Napoleone definì gli inglesi “Bottegai”. Altro che destra, altro che Prezzolini, Montanelli, Mishima, senso dell’onore… “bottegai”. Oggi imputano a Sarkozy le bombe, quando otto anni fa davano del pacifinto a Chirac e inneggiavano alle bombe americane. Quindi ci va un’aggiunta “bottegai ipocriti”. Otto anni fa i “pacifinti” erano amici del dittatore. E ora? Ci sono dittatori che vanno bene e altri che vanno meno bene (tra l’altro, Aisha Gheddafi difese Saddam come avvocato. Tra l’altro, il tanto esecrato Chavez resta, assieme ai berlusconiani, l’ultimo a difendere Gheddafi)?I dittatori meritano tutti la stessa fine. Certo,mi piacerebbe vedere anche i mandarini di Pechino o il nuovo Soviet di Mosca fare questa fine, purtroppo sono forti (anche se la fine di Gheddafi li indebolisce). Ma ora guardatela, la vostra realpolitik.
Gheddafi minacciava di islamizzare l’Europa, Saddam no. L’ipocrita massone “difensore delle radici cristiane” avrebbe tranquillamente eretto minareti a San Pietro in nome dei suoi “danèe”. Ha lasciato tranquillamente che catechizzasse delle ragazze che, essendo precarie (grazie per quello che avete fattoper i giovani, vecchi delinquenti), erano costrette per racimolare due lire, a “prostituirsi” al nuovo Maometto.
Ma il mio pensiero va sopreattutto a quegli italiani distrutti da Gheddafi, ignorati per ragioni economiche. Siete vendicati, alla faccia degli Agnelli con la evve moscia, dei bottegai di Arcore, degli antislamisti a intermittenza (cioé Hamas e gli immigrati sono bestie perché non hanno “danée”, Gheddafi va bene perché ha i “danèe”) e di tutti quegli gnomi che hanno fornicato con questo satrapo terrorista e col suo clan delinquenziale. Sarò pieno di odio. Sì, odio Gheddafi, e odio tutti coloro che gli hanno permesso di essere,per qualche anno,l’effettivo padrone del nostro Paese.
Andrea Sartori
24 agosto 2011
…che otto anni fa esultavano per l’analoga fine di Saddam. I guerrafondai di ieri pacifisti di oggi, una delle marce indietro più risibili che abbia mai visto. I patti con la Libia furono uno schiaffo inimmaginabile a quei poveri cristi nostri connazionali che dal beduino si videro rapinare tutto. Alcuni finirono a fare i barboni sotto i ponti, alcuni si suicidarono. Interessa? No.
Nel 2008 ebbi modo di parlare con una italiana cacciata dalla Libia. Donna di centrodestra, in quel momento avrebbe cavato gli occhi al satrapo di Arcore, al traditore dei liberali, al cane di tutti i dittatori arabi (già lo denunciò Oriana Fallaci ne “La Rabbia e l’Orgoglio”.Patti con al Walid. Ma noi, fessi, abbiamo continuato a dargli il voto).
Dopo i baciamano, le lezioni di Corano, i “liberali” (liberali dove? Dove? A parole) che non vedevano l’ora di appendere Saddam proni dinanzi ad un uomo peggiore di Saddam, i millemila miliardi per danni coloniali, gli italiani cacciati trattati come patetici rompiscatole che non portano “danee”, non posso che provare una gioia feroce nel vedere quel criminale rovesciato dalla sua stessa gente, fuggito nella stessa maniera ignobile con la quale tentò la fuga Mussolini (da lui usato in maniera propagandistica per dire che gli italiani sono “tutti fascisti”).
Inostri politicanti possono essere definiti col medesimo termine spregiativo col quale Napoleone definì gli inglesi “Bottegai”. Altro che destra, altro che Prezzolini, Montanelli, Mishima, senso dell’onore… “bottegai”. Oggi imputano a Sarkozy le bombe, quando otto anni fa davano del pacifinto a Chirac e inneggiavano alle bombe americane. Quindi ci va un’aggiunta “bottegai ipocriti”. Otto anni fa i “pacifinti” erano amici del dittatore. E ora? Ci sono dittatori che vanno bene e altri che vanno meno bene (tra l’altro, Aisha Gheddafi difese Saddam come avvocato. Tra l’altro, il tanto esecrato Chavez resta, assieme ai berlusconiani, l’ultimo a difendere Gheddafi)?I dittatori meritano tutti la stessa fine. Certo,mi piacerebbe vedere anche i mandarini di Pechino o il nuovo Soviet di Mosca fare questa fine, purtroppo sono forti (anche se la fine di Gheddafi li indebolisce). Ma ora guardatela, la vostra realpolitik.
Gheddafi minacciava di islamizzare l’Europa, Saddam no. L’ipocrita massone “difensore delle radici cristiane” avrebbe tranquillamente eretto minareti a San Pietro in nome dei suoi “danèe”. Ha lasciato tranquillamente che catechizzasse delle ragazze che, essendo precarie (grazie per quello che avete fattoper i giovani, vecchi delinquenti), erano costrette per racimolare due lire, a “prostituirsi” al nuovo Maometto.
Ma il mio pensiero va sopreattutto a quegli italiani distrutti da Gheddafi, ignorati per ragioni economiche. Siete vendicati, alla faccia degli Agnelli con la evve moscia, dei bottegai di Arcore, degli antislamisti a intermittenza (cioé Hamas e gli immigrati sono bestie perché non hanno “danée”, Gheddafi va bene perché ha i “danèe”) e di tutti quegli gnomi che hanno fornicato con questo satrapo terrorista e col suo clan delinquenziale. Sarò pieno di odio. Sì, odio Gheddafi, e odio tutti coloro che gli hanno permesso di essere,per qualche anno,l’effettivo padrone del nostro Paese.
Andrea Sartori
24 agosto 2011
Le bombe del bamba
«Ehi, Cristina, mi porti i Popcorn e la Coca Cola, per il rutto libero?»
Bello spaparanzato sulla poltrona buona, quella con il poggino per i piedi, mutandoni ascellari, ciabattine aperte e canotta arrotolata sull’ombelico, eccomi in postazione;
telecomando in una mano, il simbolo del potere casalingo, il tramezzino nell’altra e il ventilatore piazzato, che spara a soffitto e spande l’aria sulla cocuzza pelata...ecco: accendo il mostro, che oziava con la lucina rossa ammiccante e il ronzio di sottofondo che pare fusa, brontolio di gatto;
quello risponde e si dichiara pronto, con un breve e squillante “bling-blong”.
Spalanca l’occhione suo, sbatte, s’aggiusta i colori e apre la finestra sul mondo.
«Dai, moglie, svelta, che comincia e non voglio perdermi lo spettacolo!»
Agito i fianchi e la pancetta per meglio assestare la ciccia, tra cuscinetto e schienale.
Bum bum! Ratatatatam...patasbim, patasbem...pum, pum!
«E abbassa il volume, accidenti! Ma c’hai proprio il cervello in frolla: sempre a guardare film di guerra!», mi rampogna la compagna.
Ignoro l’impudente entrata a gamba tesa e la fastidiosa litania.
Affondo la mano nel pentolone del riso soffiato, come la benna di uno scavatore nel terreno; abbranco una manciata di quella pastura e ingoio dilatando le guance come quelle del pitone, quando ingoia qualcosa più grande della bocca.
Badabam...badabum...badabin, pem, pem pem!
Le canne dei mitragliatori sparano fumo e fiamme, le bombe piallano, scoperchiano, frammentano, sbriciolano interi muri, mentre qua e la cenci fumanti segnano il posto dove prima ci stava chi li indossava.
Sparo di mio un rutto pazzesco, che anche lui si riverbera e fa tremare i muri.
«Moglie, tu non capisci: non è un film. Questa è roba vera, sangue a fontanella, frattaglie e sbrindellamenti a gogò, dal vivo...beh, no...diciamo dal vero; è la battaglia di Tripoli, dove i rivoltosi di Libia hanno sfondato e stanno con il fiato addosso al Gheddafi...è cominciata la mattanza!»
La sento di spalle, che mi si affianca, abbassa gli occhialini sul naso e mette a fuoco.
«Quelli non mi sembrano raccomandabili e neppure hanno l’aria sveglia, di quanto sarebbe il nuovo che avanza e dovrebbe portare democrazia e stabilità.»
Lontano dal nemmeno sembrare decenti, le facce da galera e gli occhi da invasato, di quelli che passano davanti alle telecamere, non fanno presagire niente di buono, per quello che andrà a venire.
Di la dagli occhi coperti dalle fette di salame, di quelli che hanno creduto alla baggianata della rivolta “spontanea”, sempre più, t’accorgi che sono accozzaglie di banditi, quelli che sono a passare sotto la spianata delle bombe del Sarkozy e compagni di merende;
Le bombe del bamba.
Da soli non sarebbero riusciti neppure ad andare al gabinetto a fare pipì.
Se gli si provava a dare qualche arma oltre allo schioppetto, rischiavano di spararsi addosso per ignoranza, imbracciandola dalla parte dello sparo.
Hanno più l’aspetto di battaglioni tribali, al momento tenuti insieme con lo sputo, per eliminare il nemico, quello grosso, per poi venire ai ferri corti ed applicare la selvaggia legge della selezione naturale e la regola di “Highlander” dove “Alla fine ne rimarrà soltanto uno”.
L’impressione è che il nanerottolo megalomane di Francia abbia aperto l’ennesimo vaso di Pandora, fonte di tanti guai, disgrazie e iatture.
Dapprima convinto d’essere una piccola volpe, come il velocissimo Rommel, che lo era del deserto, non gli è riuscito il “Blitzkrieg”, la guerra lampo, che pensava alla portata dei suoi complici, quelli che i suoi servizi segreti avevano aizzato alla rivolta, convinto che avrebbero cavato le castagne dal fuoco per lui e che avrebbe poi potuto far fessi a piacimento.
Non avesse scatenato l’inferno con i suoi e - purtroppo - complici bombardoni e bombardieri, la consorteria barbonaccia dei pari in terra di Libia, emeriti straccioni da brigantaggio, sarebbero ancora a scaccolarsi il naso sul nastro di partenza.
Il galletto “Nicoleone”, il Nicolas, pensava di usare quell’armata Brancaleone e nel contempo di fottere i cugini d’oltralpe: quegli italioti talmente addormentati che non si sarebbero accorti da subito che gli stava fregando la borsa della spesa sotto il naso, scippando le lucrose commesse petrolifere che avevano - quasi in esclusiva - con quel paese e il Gheddafi.
I veri crimini contro l’umanità li ha fatti lui, con le sue mire da bauscia, che sembrano parte integrante di tutti i tappi che, come quelli delle bottiglie, se troppo agitati saltano con facilità.
Il disegno era ed è talmente scoperto, manifesto e spudorato, che ancora ci si meraviglia di quanti ancora siano a credere ai suoi aiuti umanitari” che, invece d’essere a forma di pacchi di pasta o farina, erano polvere da sparo, bombarde e cariche dinamitarde.
Come per Giuda con Gesù, dopo averci mangiato a tavola, ha accoltellato il beduino Muammar ed ora pure gli riuscirà di “suicidarlo”.
Nonostante l’inferno di fuoco, l’esercito di Gheddafi non si è squagliato, come farebbe qualunque armata che non credesse nel proprio condottiero.
Segno che non era per nulla vero che un intero popolo avesse preso le armi contro il tiranno di turno.
Ora, probabilmente, tanti faranno come i nostri fascisti dei tempi neri che, in prossimità della sconfitta, rivoltarono la camicia presentando il sopra rosso e nascondendo la vecchia fodera nera di sotto.
Le folle oceaniche, davanti al pericolo di evaporare, si rimescolano alla svelta.
Quanti morti ha fatto il “Nicolino” Sarkozy?
Non ce lo diranno, non lo sapremo mai.
Ma sono certamente un numero pazzesco, ma presto sepolti dalle bombe o polverizzati dalle medesime.
Quella che si deve chiamare guerra, e non aiuto umanitario, è arrivata nel momento peggiore della crisi economica che ha colpito a livello globale l’occidente.
La battaglia del Nicola ne ha acuito le conseguenze, i dolori e le pene.
Al piccoletto, scarso di comprendonio e di capacità tattico-strategiche, ancora non ha capito quel che ha combinato, troppo concentrato nel voler diventare padre-padrone di un’Europa quanto mai disunita e senz’anima.
«Ma dai, Beppe, non essere il solito menagramo: guarda quei poveri ragazzi, quante ne hanno passate, per avanzare fino ad abbattere il dittatore...sono sul campo da una vita: tanti c’hanno di quelle barbe così lunghe...»
Già, è vero...dove ne ho già visti di così?
Io, secondo me...23.08.2011
Ombre rosse
Come i bisnonni, tali i pronipoti: appena mettono le chiappe sul cadreghino, cominciano i deliri, le allucinazioni e i disturbi del pensiero.
Si sentono isolati, accerchiati, sotto assedio, come quegli animali con il fiato sul collo e il morso sui calcagni del predatore di turno.
Comincia la fifa, che altrimenti si direbbe blu ma, visto l’appartenenza loro, è rossa.
Le ombre sembrano prendere forma, consistenza e materia, paiono grandi, incombenti e ostili;
anche il vicino di branco sembra cambiare forma, quasi che sotto la cotica si nasconde il lupo per l’agnello.
La mania di persecuzione prende sempre più piede, la sensazione d’essere sempre sotto attacco diventa così acuta da provocare angoscia e senso di soffocamento;
L’adrenalina entra in circolo con la stessa violenza di un torrente in piena, che sommerge gli argini: il cuore s’accartoccia e poi si gonfia freneticamente i bronchi, la pupilla ed i vasi sanguigni dei muscoli del sistema coronarico vibrano, fibrillano si rigonfiano e gemono con scricchiolii preoccupanti.
Ogni muscolo del corpo si tende, come corda di violino; lo stomaco si contrae come un palloncino che si fora, mentre i vasi sanguigni cutanei e periferici diventano stretti come il collo di uno strangolato mentre la pressione arteriosa s’avvicina al fenomeno del vapore con la valvola della pentola a pressione turata.
Gli strati superiori del cervello, ultima acquisizione in termini di evoluzione, entrano in catalessi, per lasciare campo libero al primitivo rettiliano: estremamente reattivo e per niente riflessivo.
Pericolo, pericolo, pericolo!
Le mani si aprono ad artiglio, il viso diventa paonazzo, i denti digrignano e gli occhi diventano a palla.
Ecco pronti, ad affrontare i nemici: quei “poteri occulti, che tramano nell’ombra, che non vogliono apparire direttamente, che non si espongono”.
Lo schizzato ha solo certezze;
«I poteri forti ci sono, non ho alcun dubbio!»
Il “Giulietto” Pisapia, da pochi mesi signorotto di Milano, come gli antenati suoi, comincia a vedere i fantasmi, che ai tempi dei dinosauri chiamavano “controrivoluzionari”.
Il sol dell’avvenire non vide mai la luce;
Il “vento nuovo” rischia di nascere già con peto di bonaccia.
«I poteri forti tramano nell’ombra. Lavorano contro la novità della svolta politica e amministrativa che le elezioni ci hanno consegnato.»
Ciumbia!
Che strano però, come questi poteri “forti” si siano dimostrati tanto impotenti, quando potevano strangolare il Giuliano in fasce e hanno aspettato ora per tentare di farlo, quando già con il deretano ben aderente al seggiolone di regnante;
meglio sarebbe stato applicare la regola d’Erode e prevenire, invece di curare.
Forse che gli si era fulminata la lampadina e tanto quei poteri erano poco avveduti, da rimanere tanto nell’ombra da restare vittima del loro stesso scuro?
O magari non si erano ricordati di caricare la sveglia e, al risveglio, si sono accorti del ritardo e che la volpe era già nel pollaio?
«I poteri che contano [...] sono quelli storici della finanza, delle banche, dell’editoria, certi immobiliaristi e costruttori che hanno sempre fatto quello che hanno voluto e [...] temono per i loro interessi [...] adesso devono riposizionarsi, ma non vogliono perdere affari e profitti.»
‘azzarola!
Guarda tè quanta gente, durante la scalata del Pisapia, stava al mare, invece che curare l’orticello!
«Milano dà un segno di cambiamento enorme [...] le scelte che la mia amministrazione prenderà avranno un’incidenza forte sulla città e sulla rete d’interessi consolidati.»
Moschee distribuite a pioggia, a coprire quartiere per quartiere;
Centri Sociali nobilitati, da nido di pidocchi a benemerite sanguisughe da salasso;
Introduzione dell’addizionale Irpef;
“Ecopass” selvaggio, balzello per entrare nelle sacre mura meneghine: botta secca, indipendentemente dall’inquinare o meno, incuranti del sacrificio che tanti hanno fatto, per cambiare auto e permettersi la circolazione.
«Vado a piedi...!»
Aumento del biglietto del tranvai: mazziati e cornuti;
Milano applica la regola del “'ndo cojo cojo”: sparo con ampia rosa di pallettoni nel mezzo dei tordi, basta riempire il carniere.
Poteri forti? Poteri occulti?
Credo non ci voglia molto a capire l’antifona, e che la sollevazione presto monta dal basso, dove forse la gente normale e incazzata è in ombra e “occulta” solo perché il Giuliano non si cura di calpestare delle formichine.
«Certo, lo vedo chiaramente [...] obiettivo è denigrare la mia figura, come uomo, come politico e come amministratore [...] di accentuare, strumentalizzare le posizioni politiche, la dialettica che stanno dentro la mia giunta e la mia maggioranza. C’è una ricerca esasperata del contrasto anche quando non esiste. Io sono favorevole al confronto aperto, anche aspro con i miei alleati, ma una certa stampa gioca all’invenzione e questo non va bene.»
Povera stella, ce l’hanno proprio a morte con lui.
Ecco allora il solito armamentario della scuderia moscovita:
«I problemi più gravi restano quelli della città, degli effetti della crisi, dell’impoverimento di ceti sociali [...] La MANOVRA DEL GOVERNO taglieggia i bilanci delle amministrazioni locali e la mia principale preoccupazione è di dare un segnale forte di cambiamento, di giustizia, di solidarietà. Ho sempre detto [...] che ritenevo il bilancio dell’amministrazione precedente non veritiero, ma dobbiamo far fronte alle difficoltà mettendoci la faccia e assumendoci le nostre responsabilità. Questa scelta trova conforto nell’apprezzamento chiaro dei cittadini, soprattutto di chi soffre più duramente gli effetti della crisi e dei tagli del governo.»
La colpa è sempre degli altri; c’ho i buchi nelle braghe, piango per le mie pecore, ma le devo tosare comunque, perché arriva l’inverno e non c’ho il maglione pesante.
Però le pecore sono contente: adesso che ancora fa caldo, restare pelate gli da ristoro dalla calura...in inverno, si accalchino assieme, che ne avranno benefico tepore.
«L’impoverimento di Milano lo vedo [...] ci sono molte persone, cittadini che a causa della crisi, della perdita del lavoro, di una disgrazia, di una separazione, hanno perso tutto, che vanno a mangiare alla mensa e magari non hanno un posto per dormire [...] lavoratori dipendenti ridotti in povertà.»
Che culo: della macchina ne faranno a meno e, per risparmiare sul biglietto del tram, andranno al refettorio o all’ufficio di collocamento a piedi: faranno salutare movimento, che fortifica il fisico, il cuore e abbassa la pressione!
Però...c’è un però:
«Milano mostra livelli di ricchezza enormi, ci sono molti [...] che sono diventati ancora più ricchi. Ci sono in giro certi macchinoni, ci sono fortune enormi che emergono da un giorno all’altro nel commercio [...] Da dove vengono tutti questi soldi? Sono infiltrazioni mafiose? Un maggior controllo su certi fenomeni sarebbe necessario.»
E te pareva: eccola lì, la “sindrome del Savonarola”, la voglia, la frenesia della purga.
Invece che portare chi sta in basso a crescere, si usa la livella, sì, ma per fare del ricco un povero poi, nella merda si nuoterà, gomito a gomito, da buoni amici.
Una volta, la gente sua era nelle fabbriche, vicino ai lavoratori, ai “proletari”, al “poppolo”.
Allora c’avevano tutte le formule giuste, per aggiustare il vapore, per raddrizzare le schiene dei riottosi, per presentare il miracolo come azione comune, solo ad affidare nelle giuste mani la stanza dei bottoni;
quando e dove l’hanno avuta, si sono accorti quanto sia difficile fare i “conti della massaia”.
Dagli zoccoli alle scarpe di vacchetta, dal salvagente alla barchetta a vela, dalle salamelle alle ostriche; ora, se fanno quello di prima, gli vengono le vesciche ai piedi, il mal di mare con il materassino e l’orticaria con le costine delle belle feste dell’Unità.
Il culetto è diventato roseo e la pelle di velina, come quella dei neonati, e ci vuole la polvere di Fissan, per fargli passare il rossore, se la poltrona non ha l’imbottitura.
Hanno rivoltato il vestito, ma l’animaccia è rimasta quella, nel segno e nella tradizione dei bisnonni: quelli che “fecero l’impresa” novanta e passa anni fa.
Quando le ombre e i poteri forti si combattevano con un sano purgante.
Oggi, a quelli della “generazione Pisapia”, rimane solo la lucina da notte, quando vanno a nanna.
Per scacciare l’uomo nero, niente di meglio che...ombre rosse.
Io, secondo me...22.08.2011
lunedì 15 agosto 2011
martedì 9 agosto 2011
giovedì 4 agosto 2011
martedì 2 agosto 2011
m’Hama, non m’Hama
E mò, Nicolino: che famo?
Dei tuoi giochini di guerra t’avanza qualcosa?
Che so...un Rafale”, un “Mirage”, un elicotterino”;
bombe e missili no: lo so che sei alla canna del gas e, se non chiudi per tempo, quel che arriverà potrebbe - me lo auguro - essere il tuo “Settembre nero”.
Come Cesare, per te che ti credi Napoleone, spero che arrivino le fatidiche Idi: non di marzo...magari l’11...di Settembre.
No, non sono così carogna da augurarmi che ti facciano la pelle, come lo vorresti tu, per il povero Mu'ammar Abu Minyar al-Qadhdhafi...il Gheddafi, tanto per capirci.
Spero che ti ridimensionino - ancora più di quanto sei tappo - nella misura in cui sei megalomane e convinto d’essere il nuovo Napoleoncino: che ti cancellino politicamente.
Vedi, mi stai sulle palle.
Sei un vermicello odioso, un guerrafondaio imprudente e impudente, un approfittatore, un filibustiere, che cerca addirittura di far le scarpe a dei cugini d’oltralpe: un poco ciula, lo riconosco ma, in fondo, buoni. Troppo.
La primavera araba ti ha fatto male.
Il cambio di stagione ti ha visto al risveglio come uno che ha sbagliato dosi di Viagra.
Ti è venuta voglia d’in...di trombare qualcuno;
uno sguardo d’attorno - et voilà! - due piccioni con una fava: gli italioti, cui fregare le commesse di gas e petrolio, e il di loro grossista, il beduino tripolino.
Quello che, tanto per capirci, avevi abbracciato e ricevuto con tutti gli onori, con tanto di tenda e sabbia del deserto nel bel mezzo del giardino dell'hotel de Marigny, la residenza degli ospiti d'onore dell'Eliseo, il quel dicembre del 2007;
pur di fare marchette, ti stava bene il tipo: allora si provò con le buone, con le lusinghe, decisi a far approfittare le imprese francesi dei rapporti privilegiati instaurati con Tripoli.
Peggio di Giuda con Gesù, che i denari erano ben più di trenta: bastava che firmasse pacchi d’accordi economici "pour la grandeur de la France";
e c’era in ballo anche la costruzione di un impianto per produrre acqua dolce dall'acqua di mare, alimentato da un reattore nucleare, oltre che contratti in materia d’armamenti e aeronautica.
Un pacco di quattrini alto così.
Era una vita che il cammelluto comandava in casa sua e ben già si sapeva chi e cosa era, come gestiva il potere e il suo controllo.
In un contesto tribale, dove la legge del più forte era - e rimane - la regola, certo non usava i guanti.
Basta guardare quelli che oggi sono in campo, sobillati dalle manovre del Nicolino: “rivoltosi” che peggio straccioni non sono, con la sola regola del branco e del saccheggio, con l’unico obiettivo di arrivare ad affondare il muso nel trogolo del pastone.
Senza l’artiglieria del “Nicoleone”, neppure sarebbero riusciti a rubare ad un paralitico.
Nel bene come nel male però, la realtà della “sua” Libia era delle meno peggio di quanti gli stavano d’attorno: niente a paragonare la qualità di vita con quella dei vicini.
Il pane c’era, non come nella Tunisia di Ben Alì;
le palanche giravano e i lavori più schifosi lo facevano gli immigrati delle altre realtà limitrofe, più sofferenti, quando non agonizzanti.
Dai barconi che arrivavano, dei profughi dell’Africa, non vedevi un libico che fosse uno.
“Nicoleone” ha cercato il ribaltone, credendo che il castello di carte sarebbe crollato, dopo i primi bombardamenti dell’eroica armata dei galletti.
Poi i “rivoltosi”, li avrebbe sistemati, come si usa per dei mercenari: con una bella mancia.
La demonizzazione dell’avversario partì immantinente: tutti poi a fare il coretto dei cretinetti, a dagli man forte;
dall’incapace spilungone americano, assolutamente incompetente di politica estera, all’imbranato inglese, e via a seguire, fu tutto un andare dietro, di tanti tirati per la giacchetta, a levare castagne dal fuoco per il piccolo macellaio, affetto da nanismo fisico ma di ego smisurato.
Le scuse?
Delle più puerili: non perché del tutto infondate, ma perché più di mezzo mondo versa in quelle condizioni, dove spesso sono piccoli e grandi dittatori a fare il bello e cattivo tempo.
Che famo: dichiariamo guerra all’intero globo terracqueo?
Non scherziamo, siamo seri.
Non lo si è fatto per il genocidio in Rwanda, per i ragazzi dell’onda verde, in Iran o per l’occupazione cinese del Tibet...e nemmeno con Assad, in Siria, lo si farà, nonostante si stia dimostrando peggio del Gheddafi.
“Nicoleone” è bravo solo a fare il forte con i deboli, ma sta alla larga da quello: dietro c’ha un buon protettore, piccoletto pure lui ma armato di missili peggio che un istrice di aculei e quasi con la bomba atomica.
Con l’Ahmadinejad, il Mahmud, non si scherza.
Non sarebbe un tiro al piccione, come in Libia.
Gli aeroplanini del Nicolino rischierebbero il culo e tanti non tornerebbero a casa.
E poi, siamo al ridicolo: hanno vomitato sulla Libia un arsenale bestiale, assolutamente sproporzionato alla bisogna;
come prendere il cannone per una zanzara.
Ad oggi, il castello regge e le carte pure.
Il “dittatore” non era tanto odiato, se c’è chi ancora combatte per lui, nonostante il diluvio di bombarde.
Spero, per l’ipocrisia e i presupposti che hanno scatenato l’inferno, che Gheddafi tenga duro;
Mi auguro che la Francia perda la faccia e il suo condottiero botolo lo si veda senza le zeppe sotto le scarpe.
Intanto gli eroici insorti sono arrivati a cannibalizzarsi, riuscendo a levare la cotica pure a Younes, il loro capo.
Forse non erano d’accordo sulla spartizione del bottino.
Intanto piove, sul deserto.
Razzi a non finire.
La gioiosa macchina da guerra del Sarkozy vuol farci credere di usare “missili intelligenti”, che ti arrivano da dietro, ti battono sulla spalla e, se non sei bersaglio, si scusano e se ne vanno.
Non sempre: come in ogni famiglia c’è quello più tonto.
Ad una delle bombe intelligenti gli riesce di accoppare il figlio più giovane del Colonnello...e tre nipoti, di appena tre anni.
Beh...effetti collaterali: il gioco vale la candela.
Toppa del tutto invece l’altro petardo, probabilmente del tipo “n'do cojo cojo”.
Bab al Aziziyah, una delle tante cittadelle di Gheddafi: il corpo dell’uomo era avvolto in una coperta, con il braccio che penzolava sugli occhi, come a non voler guardare in faccia la morte.
Era l’uomo delle pulizie.
Avevano colpito la zanzara.
“Napoleoncino”, sei un criminale di guerra.
Dai, continua a giocare con la tua Barbie, quella...Bruni.
Magari sfoglia la margherita...”m’Hama, non m’Hama...”.
Maledetto nanerottolo assassino!
Io, secondo me...02.08.2011
Vite spezzate
Sembrerebbe, ma non è il vero dramma.
Quando la vecchia signora rincorre e passa nel gruppo, sconvolgendone e decimando il numero, è come vedere il predatore che s’insinua tra il branco e azzanna il più indifeso, il più debole o l’incauto.
Prima di riempire il vuoto e serrare la saccheggiata fila, lo smarrimento è grande, così come il dolore.
Senti il freddo nelle ossa, quando la brezza sollevata dal suo manto ti sfiora, colpendo appena un palmo dopo;
vedi cadere la persona amata, chi ti ha seguito per una vita, l’amico più caro, chi ti accompagna, donne e uomini che ti porti nel cuore, con cui hai condiviso ideali, sogni, progetti.
“Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo”.
In principio fu il Fato, ad indicare;
sulla tavola degli dei, dove sembianze dell’essere erano a muoversi, come su una scacchiera: erano quelli a decidere il tempo della caduta, secondo quanto disposto per l’uomo.
Venne poi Destino, che si voleva conoscere da subito la storia e l’invano sforzo per sfuggirne presa.
“C'è un tempo per ridere e un tempo per piangere...un tempo per nascere e un tempo per morire”.
Già: come una volpe inseguita dai cani e dai cacciatori, la cui fine era certa; al massimo, solo ritardata.
Un continuo correre, dal punto di partenza, dove insignificante pareva la direzione presa, che tanto in una buca si va ad abitare.
“Tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna nella polvere”.
Perché allora non sposare la fatalità, l’ineluttabile, accettare passivamente, cercando solo il midollo della vita, gustarne quando possibile il meglio per riscattare il tempo del poi, quando la sofferenza sarà abbondante, quando meno il respiro?
“Tutto è vanità. Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno per cui fatica sotto il sole? Mangia con gioia il tuo pane, bevi il tuo vino con cuore lieto. In ogni tempo le tue vesti siano bianche e il profumo non manchi sul tuo capo”.
Pare l’inno alla consumazione, il cantico della decomposizione, quasi l’inutilità dell’azione, qualunque sia, tanto “Una generazione va, una generazione viene, ma la terra resta sempre la stessa”.
Altri dissero in modo diverso, ma con eguale sostanza:
“Quant'è bella giovinezza, che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia: di doman non c'è certezza”.
Se non della fossa.
E il massimo della disperazione, il colpo di grazia arriva, a far sospettare l’inutilità della vita, se non vista come un noioso, crudele e cruento disfacimento d’ogni illusione, che già si avrebbe a dire, ai nascituri:
“Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate”.
Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà;
non c'è niente di nuovo sotto il sole.
Ebbene, no.
Come l’acqua che scorre, che non è mai la stessa: e l’uomo, sotto il sole, neppure.
Quel che sta tra l’inizio e la fine non ha meno valore degli opposti.
C’è il male ma anche il bene, il tormento ma anche la gioia, l’egoismo con l’altruismo, l’odio ma pure l’amore, il passivo e l’attivo.
Dio - o la natura, per chi non crede - ha dato per certo due punti: un inizio e una fine;
in parte, gestibili dall’uomo, tramite il libero arbitrio, che può scegliere di interrompere il primo ed allontanare il secondo, ma mai cancellarne del tutto il tempo che ci sta nell’intervallo.
Ma è lì la differenza: d’intramezzo, ci sta il FARE, le azioni, che mai hanno pari causa per uguale effetto.
Si condividono emozioni, sogni, progetti, speranze.
E quando più, nulla e nessuno potrà mai cancellare il vissuto, nella mente e nel cuore di chi provvisoriamente rimane.
Siamo a piangere chi è rimasto indietro, nella corsa; chi, azzannato al polpaccio dalla morte è caduto nella polvere, per divenirne parte.
Ma, sant’Iddio: per un attimo di dolore, quanta gioia ci ha dato!!
"La vita, la morte...il vero dramma sarebbe stato il non avere mai vissuto".
Come nella toccante poesia di Ungaretti:
“Nel cuore nessuna croce manca. È il mio cuore il paese più straziato”.
Perché dimenticare: c’è tanto di quello spazio, in quel muscolo pulsante.
Per chi non c’è più ma, con lui, il vero dramma sarebbe stato il non avere mai vissuto.
«E non finisce qui!» avrebbe esclamato, a questo punto, il compianto presentatore, Corrado Mantoni.
Io, secondo me...01.08.2011
sabato 30 luglio 2011
giovedì 28 luglio 2011
La Gioiosa
Achille scese in campo, con tutta la “gioiosa” macchina da guerra a dargli man forte, ma gli “mancò il tallone, non il coraggio”.
Non fu Paride a centrare con una freccia avvelenata l’Achille, nel calcagno destro, l’unico vulnerabile e sconfiggerlo;
fu un semplice Silvio e colpì la sinistra del garretto, ma ottenne il medesimo risultato: azzoppare la macchina, ingolfare il motore ed inceppare la “Gioiosa”.
Non il Pelide, ma l’Occhetto fu il trombato Achille che, nel tentativo di gioco di sponda, affondò e il PCI naufragò sulle sponde del PDS, rimanendo all’umido: né carne, né pesce, “imbastardito” e zavorrato dai tanti profughi, reduci dal terremoto “tangentizio”, che fece macerie di tanti partiti e partitelli dediti al “magna-magna”, che è peggio del “bunga-bunga”, perché ad essere presi per i fondelli sono i cittadini e la “res publica”, non le “Escort”, nel privato.
I nuovi innesti portarono agli indigeni non specchietti e collanine, ma “valore” aggiunto: il come smistare bustarelle.
Chi s’accompagna allo zoppo, impara a zoppicare;
poi, finisce che ci si prende gusto, una ciliegia...una bustarella tira l'altra e il disturbo diventa ossessivo compulsavo e se ne acquista dipendenza e una pera tira l’altra, ti entra in vena e non se ne può più fare a meno.
Ma il vero Comunista, come la gramigna, non muore mai, così come l’addestramento e l’imparato, alla scuola di Mosca, che in fatto di come macinare l’avversario, non ha eguali.
I “rossi” dentro, quelli veri, non si estinguono - gli estintori li usano per gli altri, in testa - neppure se cade un altro meteorite: questi dinosauri sono tosti.
Hanno il vantaggio di essere standardizzati, intercambiabili, clonabili all’infinito, confezionati su un modello normotipo, quasi universale, stile “aparatchik“.
Come per i Papi, morto uno se ne fa un altro.
Il Bersani è come l’abito della Facis o della Lebole, uguale a quelli che lo hanno preceduto: insipido, inodore, insapore ma, differentemente dall’acqua, assolutamente non indispensabile.
Se li conosci, li eviti.
Prendiamo pure un D’Alema: non cambia ‘na beata fava.
La corteccia cerebrale è la stessa: circonvoluzioni appallottolate in un gheriglio di noce.
Tutti reagiscono per riflesso condizionato, come i cani di Pavlov, quelle povere bestiole la cui salivazione - la famosa “acquolina in bocca” - era stimolata non più alla vista del cibo, ma al solo sentire il suono di una campanella.
I “cagnoni” d’oggi, non salivano: alla bocca c’hanno la bava.
Alla campanella, hanno sostituito la “vox critica”, il sonoro del dito puntato su chicchessia del branco.
I figli del “Migliore”, non possono che ritenersi tali a loro volta.
Sono presuntuosi e permalosi.
Perdono le elezioni ed eccoli, a dire che hanno la qualità e la quantità che ha decretato sconfitta è pancia, e non cervello;
quasi tutti a tenere tracce di fascismo nel corredo genetico, che andrebbero rieducati...purgati di tanto groppo intestinale.
Quando pescati con le mani nel sacco e la bocca sporca di marmellata, impossibilitati a dimostrare tanta grana in busta per la sola vendita di salamelle, sono a reagire con unghiate e morsi.
Anche i ladri, o presunti tali, da loro, sono diversi dagli altri: veri o falsi che siano, pretendono di essere considerati come Maria di Nazareth: vergini, anche se hanno figliato a...mazzette.
Per le casse di risonanza e i tromboni del regime loro, dal giornale “Repubblica” di Ezio Mauro si arriva all’inverosimile: “Dal 1993, dal giorno della discesa in campo di Silvio Berlusconi. Anche a sinistra il peso dei soldi in politica è diventato decisivo e il bisogno di finanziamenti è stata un’urgenza sempre più evidente”.
E te pareva, che le Marie Goretti non fossero state violentate dal solito bruto!
Fare di necessità virtù...il fine giustifica i mezzi...il tintinnio delle monetine del “Berluska” hanno bacato, corrotto e portato al marcio la bella frutta dell’intero cesto...bella ciao!
Din...din...din...e il compagno sbava, gli vien fame e ficca pure lui il muso nel trogolo.
Bersani, lucido in testa, ma meno sotto, si fa su le maniche e infila il sigaro, in un’imitazione non di Cristo ma a mezzo, tra Obama e Che Guevara, caricatura patetica che non s’avvicina, né in statura, né in grandezza.
«Lo dico alle macchine del fango che iniziano a girare: se sperano di intimorirci si sbagliano di grosso.»
“Piergiggi” si riferisce alle critiche mosse al suo partito dai giornali sulle vicende di Tedesco e Penati, ma può andare bene anche per precedente, presente e futuro, il fu e l’andrà a venire, perché ormai è corruttela: frego, oggi più di ieri, meno di domani!
Attingendo dal Vangelo: “La destra non sappia quel che fa la sinistra”.
Non basta un giro di casacca, un cambio di nome, una tessera a screditare la verità dell’”abito che non fa il monaco”.
La “Fattoria degli animali” continuerà a dimostrare che “Chi va al mulino s'infarina” di che colore non importa.
«Le critiche le accettiamo ma le aggressioni no, le calunnie no, il fango no. Da oggi iniziano a partire le querele [...] la possibilità di fare una class action da parte di tutti gli iscritti al Pd, perché il partito è una proprietà indivisa [...] c'è un insulto a ciascuno dei suoi componenti.»
Fango...insulti...calunnie: dovunque ci sono i resti del loro pasteggiare, con questi intingoli;
in sovrappiù, “compiacenti” compagni di merende, nel caso dei demonizzati avversari, hanno fatto filtrare in maniera indegna e vergognosa, monumentali trascrizioni d’intercettazioni, piene di nulla, penalmente irrilevanti, ma bastanti a stroncare immagine, credibilità e macchiare innocenza e candore di tanti, colpevoli solo di aver fatto da contorno al porcellino, cui si voleva mettere mela in bocca e spiedo nel c...popò, per cuocerlo a fuoco lento.
Qui, sicuramente, a dimostrare quante toghe sono nere, non solo nell’abito ma nell’animo, nulla andrà perduto e i sigilli terranno.
“la Gioiosa” dei bei tempi, si è trasformata: oggi è “la Fangosa” macchina da guerra.
Solo la scoperta della tolla e del bronzo ha permesso al Piero di metterci la faccia...
«Lo dico alle macchine del fango che iniziano a girare...iniziano a partire le querele [...] la possibilità di fare una class action» e, tanto che ci siamo, anche le purghe...tiè!!
“Sparagli Piero/sparagli ora/e se si rialza/sparagli ancora” dai, “Piergiggi”, canta con me...facciamo di tutta l’erba un fango!
Io, secondo me...28.07.2011
martedì 26 luglio 2011
Cristialebano
Patate e meloni non rendono più come una volta, neppure se gli metti sopra tonnellate di fertilizzante;
forse il difetto era nel manico, dove non ci s’improvvisa fattore da un giorno all’altro e neppure basta una pistola o un fucile, ad allontanare i corvi che beccano le sementi.
Sarà perché la terra è bassa e bisogna piegare la schiena, sarà che fare il contadino non permette di cambiare il mondo ne rende ricchi, sarà che stare troppo sotto il sole prende la testa e che nella quotidianità non si vince sempre, come nei giochi di guerra;
sarà...ma forse no: Anders era storto di suo.
I meloni marcivano e le patate buttavano...e dove cavolo le metti sei tonnellate di concentrato di nitrato d'ammonio?
E il fucile...la pisola?
Il bel biondino dagli occhi azzurri c’ha un’idea grandiosa: con il primo ci fabbrica una bomba e gli altri due poi, per dare il tocco finale e battere ogni record, al miglior gioco di guerra che gli sia mai venuto, in barba alla monotonia di quelli virtuali, sulla noiosa "Playstation" con cui gli riusciva d'ammazzare solo il tempo.
Andar per quaglie era troppo scontato, che quelle ormai, come ogni cosa di riserva, sono talmente rimbambite che gli viene un colpo solo a fare «Bum!» con la bocca!
Come gli eroi di carta, di celluloide e della “Game Boy”, c’è sempre un cattivo da sparare, “atti atroci ma necessari” per salvare il mondo, nell’essere motivati, che “Una persona con un credo è forte come centomila, mosse solo dall’interesse”.
«Ciao mamma, ciao papà: sono contento di essere arrivato uno; ci vuole un fisico bestiale e io modestamente lo ebbi!», avrà detto il nostro “Terminator”, caduto sulla terra per fare l’Angelo Sterminatore.
Una bella bombetta ad Oslo, giusto per aprire le danze e cominciare con i fuochi pirotecnici, per dare l’avvio alla goduria, e poi via, ad entrare nel...vivo della festa!
La Norvegia è un bel paese: civile, educato, disciplinato, quasi da favola, dove i diritti sono tutelati all’inverosimile.
Vive come da noi ai bei tempi andati, quando i vecchi, con nostalgia, narravano di porte mai chiuse a chiave, che mai ci fu chi approfittò di tanta fiducia.
Dai pollai, i ladri di galline presto si accorsero che era da stupidi fregare uova e pennuti, quando da spennare c’era di meglio.
Dopo qualche casa svaligiata, presto ci si accorse che santa persona era il fabbro del villaggio, che sapeva mettere assieme grate e inferriate robuste.
Peccato che oggi, in casa, c’è entrato un assassino.
Sull’isola di Utoya, un qualunque Anders Behring Breivik, frangetta biondiccia e limpidi occhi azzurro mare, che assomiglia più al Principe Azzurro delle fiabe che ad un macellaio, invece che al piccione o al piattello, comincia a mirare alla nutrita schiera di ragazzi, che là si erano radunati in una sorta di “campus” estivo di rappresentanza laburista.
Ce n’erano a frotte: belle tortorelle da impallinare.
Anders, Il cavaliere solitario, che al posto dell’armatura indossava una divisa da poliziotto, inizia la mattanza: colpo in canna, carica, mira e spara... colpo in canna, carica, mira e spara... colpo in canna, carica, mira e spara.
Avanti così, per decine e decine di volte, in una defatigante tirata ai birilli che dura - indisturbata - un’oretta buona.
Ah, la Norvegia...cosa mai potrebbe succedere, in una società così perfetta, appagata, coccolata, in un mondo così paradisiaco...
Vorremo mica mettere un antiestetico presidio armato a guardia dell’ovile, nell’incantato e fiabesco mondo?
Sessanta minuti in cui il lupo ha fatto quel cazzo che voleva, semplicemente perché si pensava bastasse uno spaventapasseri o una sagoma di cartone a fare da deterrente.
La stupidità e l’imperizia hanno avuto più responsabilità nella conta dei morti, di chi li ha effettivamente freddati.
Non importa cosa o chi è Anders Behring Breivik: svitati e sbiellati come lui - purtroppo - sono universali, apolidi e spalmati in ogni dove: non sono niente, ma indossano uniforme del posto dove hanno scavato la tana.
La loro follia è ad orologeria, l’innesco, al fulmicotone.
Il cervello, una poltiglia, dove c’è di tutto e il suo contrario: Anders sogna un ritorno al cristianesimo rigido e ingessato delle origini, ma non disdegna la Massoneria, che a quello sta come il diavolo per l’acquasanta;
odia l’aggressività del suo opposto, quella del radicalismo islamico, ma ne scimmiotta le mosse e i modi, dove ritiene che la nazione non abbia palle per farlo e quindi costretto a compiere “atti atroci ma necessari” a causa di quell’impotenza;
ammira quelli che sono stati acerrimi nemici del nazismo, da Winston Churchill all’eroe combattente norvegese Max Manus.
Ma è tale e quale spiaccicato, anche nei tratti, all’aitante ed atletico - oltrechè spietato - Reinhard Tristan Eugen Heydrich, stupendo esemplare ariano della seconda guerra mondiale, governatore del Protettorato di Boemia e Moravia...il “Boia”.
Un apprendista, forse: un garzone di bottega magari, ma se n’avesse avuto il tempo...sicuramente a non sfigurare, a guadagnarsi pure lui la qualifica del “Magister” teutonico.
Forse le seghe mentali se l'è fatte da solo, forse s’è fumato il cervello in compagnia, ma è solo un povero pirla che non ha capito perché tante mosche gli volano attorno e che non sono loro a puzzare;
è solo questione di proporzioni, di misure e di grandezze: come Himmler, agronomo fallito o “mezzemaniche” mancato, che purtroppo trovò appoggio e una leva per sollevare il mondo e diventare sterminatore.
Anders Behring Breivik ha avuto la sfiga che patate e meloni della sua fattoria non hanno dato frutti per sentirsi appagato del suo fare.
Solo la mediocrità lo ha fatto agire in quel modo: per non sentirsi ed essere quel fallito che invece è.
Avrebbe voluto comparire in aula indivisa e trasformare il banco d’imputato in cattedra da predicatore.
Solo le mosche potranno apprezzarne sostanza, che quelle nella merda ci sguazzano.
Per il rimanente, è solo un povero esaltato “Cristialebano”.
Io, secondo me...26.07.2011
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