lunedì 7 novembre 2011

Imodium di dire





Vivono di quei momenti.
In quello, ci navigano, come un surfista sulle onde.

Ronzano come quei mosconi cangianti, quelli che fanno contorni elaborati su cumuli tremolanti e fumanti di colore terreo e alito fetido.
Come quelli, cercano con ostinazione quel burroso escremento, contenti solo quando ci si possono infilare a capofitto e poi spanderlo, benedicenti.

Sono i segugi degli alati brusenti, quelli che si piccano di sentire puzza di bruciato quando ancora altri sono lungi dall’afferrarla e ti assediano, nel tentativo di aggiungerti all’allegra brigate;
ti tampinano, ti sfiancano, ti svuotano, ti prosciugano massacrando i maroni o scassando i cabbasisi, come direbbe un rappresentante d’eccellenza della specie: il Camilleri, l’Andrea.

Ripetono all’infinito gli stessi concetti, senza inflessioni, senza varianti, senza creatività o tentando di addolcire tanta crudezza e rozza sgrossatura, a falcetto e martello.
La cultura della goccia, che alfine ti buca persino la roccia più dura.
La razza è dei devastatori, dei demolitori, del provocare macerie, basta che sotto ci restino quelli che hanno demonizzato, indifferenti al fatto che, per ottenere tanto, la conta dei morti sia in terra grassa.
Sono come quei parassiti infestanti, che continuano a moltiplicare e crescere esponenzialmente la tanta carica batterica, sino ad ammazzare il corpo che li ospita e loro con quello.
Gliel’hanno scritto nei cromosomi, è insito, il caricare a testa bassa, al grido di:

«Io a quello lo sfascio!».

La barca c’ha dei buchi e uno c’infila le dita per tapparli, sperando che gli altri gli diano una mano, a galleggiare: ma quelli, nisba!
Giù mazzolate sul groppone, perché gli sta sulle palle e lo vogliono mazzolare, ora che non ha modo di rivolgere loro le unghie, troppo occupato a tenere timone, rotta ed emersione.

Sono talpe, che vedono lo scavo pochi centimetri di là dal loro naso e dalle poche diottrie: inutile credere e sperare siano mai in grado di una visione oltre.

Come un formicaio, un termitaio o un alveare, sono specializzati nel fare una cosa sola: curare le uova, o fare a botte, lo stallone per la regina o buchi nella terra e nel legno.
Tanti, nell’acqua.
Vallo a dire, a quello addetto al trapano, che non sta bene bucare verso il basso, quando sei su una zattera;
o a quello addestrato a menare le mani, che la baracca brucia, mentre fai a cazzotti.
Lasciando stare chi del prossimo se ne fotte, prendendo pure per i fondelli!

Per il bene del paese, ovviamente.

Sono pericolosi, perché sono presuntuosi, prepotenti, invadenti, sgomitano ed offendono.
Parlano di democrazia, quando lo zuccherino è loro;
regime, quando la conta dei voti gli è contro.

Ma qui, rasentano l’assurdo, invocando cambio di regole e gioco, giustificando e approvando come lecito ogni mezzo per sovvertire quanto non li ha appagati per vanità, quando lo specchio delle urne non ha riflesso Narciso.
Sono minoranza, ma di qualità, in confronto al "popollame" bue, con abbondanza di sola quantità.
Sono la crema, figli del Palmiro, conosciuto non per nulla come “Il Migliore”;
i più intelligenti, quelli che leggono libri e giornali, che si addormentano leggendo Kant... Emmanuel, il filosofo, non Eva, la donna di Diabolik.
Mica con il paginone centrale con la gnocca biotta, di Playboy!
La massa che gli ha rotto il giocattolo, la “gioiosa macchina da guerra”, andrebbe “rieducata”;
bastonata e purgata, ma con misura: tante pecore danno comunque buona lana e polli ottime uova.
Non è una scheda che li fa sentire “eletti”, ma l’”unto del Soviet”, di cui si sentono cresimati e figli prediletti.

eredi di una dottrina che nel mondo ha fatto vagonate, milioni e milioni di morti, dove chi c’era sotto doveva tenere coda e orecchie abbassate e lingua a posto, pena la cancellazione fisica;
eccoli a ragliare senza freno, volendo far credere di vivere sotto il tallone di quel che è stato più storia di loro derivato e deriva.

Un Pol Pot, un Mao, uno Stalin, ma pure un Mussolini o un Hitler, avessero latrato come oggi, li avrebbero trasformati in fertilizzante.
Questi invece insultano, offendono, umiliano, “pomponeggiano” e pontificano indisturbati, incancreniti, cisti, radicati nel tessuto che vorrebbero invece far credere li voglia fagocitare.
Non sono abituati a confrontarsi con gli anticorpi, a credere mai esistere un organismo che li può rifiutare, combattere, isolare, contenere.

Ignoranti o falsi, Giuda e bugiardi, mistificatori e illusionisti, sono a predicare persino l’assurdo, facendosi poi credere madonnine infilzate.

«Ai miei tempi, sotto il fascismo, si era molto più liberi d’oggi» tuona il Camilleri.

Certo: se le cose le pensavi senza dirle, da che parti stavi e con che velocità riuscivi a rivoltare la camicia, quando l’aria cambiava.

L’Italia berlusconiana sarebbe “illiberale”, secondo l’Andrea.
Nostalgia di gioventù, Andreino, dove si stava meglio quando si stava peggio?

L’età e il tremolio gliela fatta fare fuori del vasino, ritenendo non solo che il paese sia razzista ma:

«Rispetto alle leggi razziali fasciste molto è addirittura mutato in peggio, nell’atteggiamento degli italiani.»

Una provocazione...un modo di dire?

No: un...Imodium di dire;
per incontinenti: gioventù del Littorio.


Io, secondo me...07.11.2011