lunedì 2 gennaio 2012

Fumo negli occhi

“Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto si da al popolo l'illusione di essere sovrano: l'aggettivo di sovrano applicato al popolo è una tragica burla. Il popolo delega, ma non può certo esercitare sovranità alcuna”.

Tema: Sangue, sudore e lacrime.
Periodo temporale: vigilia di Natale 2011.
Protagonista: la sciura Elsa.
La tipa, al mercatino ortofrutticolo rionale, in posa per i fotografi, sembra guardare l’apparizione della Madonna, mentre tiene, tra pollice e indice un fruttino, tra lo schifato e la paura di schiacciarlo e macchiarsi il vestitino bello;
quanto di più artefatto, falso e in posa non esiste, nel ritratto della “Sciura” Elsa mentre si fa immortalare in quell’atto insipido e insulso, da comune mortale.

Pazienza, è questione di attimi, il tempo di qualche scatto ad uso del popolino: finita la sceneggiata, i cesti di Natale arriveranno a bizzeffe alla “moglie del capo”, da tutti i “lecchini” e fornitori del circondario, a permettere dispensa e botte piena, senza bisogno di sporcarsi più le mani e mischiarsi al volgo.

Come per i Faraoni, messa la prima pietra, saranno gli altri a sgobbare, per innalzare le piramidi.
Titolone sui giornali: “Sceglie con cura la frutta, alla vigilia di Natale”.
Tanti saranno invece, quando il mercato sbaraccherà, a “ravanare”, a raccattare gli avanzi e gli scarti di frutta e verdura, che persino i mercanti disdegnano di raccogliere sia pure da dare a polli, conigli o maiali.

La “Sciura" intanto è servita per l’edulcorata “scena educativa”, al popolo brontolone e ingrato verso chi si fa un culo così per lui, per averne ritorno solo ingratitudine d’ignoranti.
Miopi insetti, che strisciando non possono vedere il fulgido mondo che li aspetta, se solo ubbidissero e seguissero le aquile che sopra volano.

Il “teatrino” del mercato è servito, a dar impressione che anche i grandi soffrono e piangono per i mali del mondo, mettendo in scena la trama e il copione del “vecchio Benny”.

Con la possente mascella quadrata, che aggressivamente “scarrellava” all’infuori quando voleva dar senso di forza, unito alla virile pelata da pretoriano, aveva capito subito quanto valore poteva avere l’immagine, sia pure proiezione di miraggio, a far credere d’essere invincibile, grande e grosso, solo al gonfiarsi d’aria il petto.

Il Benito era proprio un artista, un genio nell’usare l’arte di fare lo “sborone”, nella forma gergale che identificava l’esibizionista, fico e gradasso;
insomma: il “bauscia”, il bullo, spaccone e smargiasso.
Chi non ha mai visto il classico filmato del Mussolini, al balcone di Piazza Venezia, a Roma:
Impettito, inamidato, ritto come l’asta di una bandiera, che guarda dal sopra in giù le formiche sotto di lui, facendo perno sul collo taurino, ruotandolo ostentatamente, con studiata lentezza;
il classico “mentone” spostato in avanti, come il rostro delle antiche navi romane delle guerre puniche, a dare impressione di voler speronare ogni cosa gli si dovesse parare d'ostacolo.
Oggi si ride, come al vedere un aereo nostro a confronto di quelli di compensato, con le ali di tela, ma allora il Benny fu caposcuola, l’apripista del metodo per impastare e modellare la mente delle masse.
Subito a ruota lo imitò il nanerottolo tedesco, non meno di lui maestro di sceneggiata.
Benito sembrava un piccolo dio in miniatura: onnisciente, onnipresente e onnipotente
Eccolo ai comandi di tutti i mezzi a motore: autista, motociclista, aviatore;
ma anche muratore, contadino, camicia-nera, maestro, artista, burocrate, poliziotto, giornalista, dottore honoris causa, enciclopedico professore, presidente, operaio, spadaccino, cavallerizzo, sciatore e tantissimo altro.
Memorabile a torso villoso e nudo, mietere e trebbiare, per la “battaglia del grano”, campagna lanciata durante il regime, per promuovere l'autosufficienza produttiva di frumento dell'Italia.
Cosa gli riuscisse tanto e bene, di tutto questo, dubbio c’era, ma tant’è: importante era la “percezione” che il popolo bue doveva avere del proprio capo-branco, che doveva rassicurare, tranquillizzare, rasserenare gli animi nell’incombenza della lotta e degli scontri.
Se il duce è così, è esempio, si vorrà mica che gli altri siano da meno, no?
Tra il comico e ridicolo fu l’iniziativa di Starace, segretario del Partito Nazionale Fascista: se faceva sport il duce, lo dovevano fare anche i gerarchi.
Bello la scena di smilzi e panciuti, macilenti e attempati sottopancia, usi - come i nostri d’oggi - a poggiar chiappe su morbidi cuscini, alla Camera e al Senato, prenotati per prove di salto radente dal trampolino, nuoto ed equitazione, superati siepi, carri armati, cavalli isolati e in pariglia, salto nel caratteristico circolo formato dai moschetti con le baionette inastate e salto nel cerchio di fuoco.
Bella fregatura il motto ducesco del “Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se mi uccidono vendicatemi”.
Il tirarsi indietro prometteva male, se non per chi aveva tempra di martire, nell’opporre l’ultimo «Me ne frego!» confortati dal fatto che meglio era “vivere un giorno da leone, che cent'anni da pecora”.

“Egli insegna così agli Italiani a non essere mai secondi, a raggiungere quella perfezione fisica e morale che Egli possiede. Il raggiungimento di questa meta dovrà essere ora, per ogni buon fascista, somma aspirazione, per il proprio bene personale e per quello collettivo della Nazione”.

L'individuo non esiste, se non in quanto é nello Stato e subordinato alle necessità dello Stato. Man mano che la civiltà assume forme sempre più complesse, la libertà dell'individuo sempre più si restringe.

A precedere il “Teatrino Elsa Antonioli”, ci fu quello del di lei marito: il Marietto.
Monti, per la casata e il blasone.

«Io allo stipendio di presidente del Consiglio e ministro dell’Economia rinuncio!»

All’annuncio, mi sono cadute le braghe al bagno: dove si trova uno che rinunzia a decina di migliaia di Euro, di questi tempi, dove gli “Onorevoli” hanno fatto falange, chiusi a riccio nel difendere stipendio da Creso?
Per un momento, ho avuto ammirazione, ricordando un ritratto che, la propaganda di regime pennellò sul ritratto del Benny:

“Egli insegna così agli Italiani a non essere mai secondi, a raggiungere quella perfezione fisica e morale che Egli possiede. Il raggiungimento di questa meta dovrà essere ora somma aspirazione, per il proprio bene personale e per quello collettivo della Nazione”.

Davanti a tanto, e alla moglie sua, accomunati ai comuni infelici terreni, mi venne da vergognare del mio eterno borbottio da pentola di fagioli, verso questi poveri cristi, come noi condannati alla disgrazia del tirare cinghia.

Possibile che gli altri della cricca abbiano lasciato la possibilità a qualcuno di darsi una zappata così sui piedi?
Poi gratto la crosta e vengo a sapere:
non si può rinunciare allo stipendio, che spetta alle cariche degli “Onorevoli”.
Si è “costretti” ad incassare lo stesso.
Poi, ognuno ne farà quel che vuole.
Già...ma il Marietto non disse che li avrebbe dati via: solo che “rinunciava”.
Giocoforza poi “piegarsi” alle barbare leggi, che lo costringono ad ingoiare tanto grasso rospo.

Caro Benny, tu sì, che facesti scuola!

L'individuo non esiste, se non in quanto é nello Stato e subordinato alle necessità dello Stato[...] la libertà sempre più si restringe [...] il popolo delega, ma non può certo esercitare sovranità alcuna”.


Cambia solo una cosa, dal Benito ai Monti: prima olio di ricino...oggi, vaselina!

Io, secondo me...02.01.2012

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