- «Ehi, Mohammed, abbiamo messo su pancetta, eh?»
Chi l'ha visto, nella bruma del primo mattino, così deve averlo apostrofato, mentre si trascinava appresso una cassetta d'attrezzi e qualche chilo d'esplosivo, che quel che nascondeva non era, purtroppo, il pannicolo delle "maniglie dell'amore", come si dice di chi, dopo il matrimonio, mette su uno strato di pancetta, nel giro vita.
Il Game Mohammed era imbottito di polvere da sparo: come per gli emuli per categoria del dottor House o degli sbirri, alla Starsky e Hutch, pure lui si era invaghito dell'immagine idealizzata dell'eroe, magari stronzo, ma perfetto per la missione cui era chiamato.
Non stava più nella pelle...oddio, quasi pure per davvero, nel voler passare di qualità e lasciare segno di un passaggio, in una vita che riteneva altrimenti povera di contenuto, se non addirittura banale;
e allora, una botta e via: cosa c'è di meglio che far saltare in aria il prossimo?
Una famiglia, un grappolo di figli, un lavoro e regolare permesso di soggiorno: quanti, nelle sue condizioni, farebbero...carte false, pur di mettere tanto equilibrio nella propria vita;
magari usciti con le ossa rotte da persecuzioni, guerre, pestilenze, umiliazioni, bastonate, e trasporti, e sbarchi clandestini, dopo la pigiatura e il macero, tra sudore, piscio ed escrementi, sardine in tanta salsa, ma con speranza d'esistenza migliore.
La benevolenza di un Dio misericordioso l'aveva risparmiato di tanto, ma la mamma, quella degli imbecilli, sempre incinta e prolifica, gli aveva dato poppata e latte d'odio, ed altro dio era quello che voleva servire, e per nulla pietoso, ma alla ricerca perenne di tettarelle di sangue.
Mohammed, sei un cretino!
Dove trovare uno scimunito così, che il premio dello scemo più scemo questo se lo prende al volo;
anche il Nobel di Obama, a confronto, perde di smalto.
Mazziato e cornuto, il Mohammed: nessun danno rilevante a cose e persone, tranne lui, che si ritrova senza una mano e cieco.
- «Dio esiste!» mi sento di dire, felice dell'epilogo, e lo dica con nulla spirito cristiano e con tutto il disprezzo per il quarto di bue senza cervello;
e, Mohammed, ascolta me: ti è andata ancora di culo, che se perdevi pure l'altra mano, andavi al cesso con l'accompagnatore, mangiavi dalla ciotola del cane e cambiavi stazioni radio usando la lingua.
Già, dimenticavo, ora non ci vedi più.
Pazienza: la farai fuori della tazza, ti s'infilerà il naso nel piatto della minestra, ma pensa positivo: risparmierai sulle lampadine.
Caserma dell'esercito Santa Barbara di via Perrucchetti a Milano, sede del Primo Reggimento Trasmissioni e del Reggimento artiglieria a cavallo dell'esercito: che t'avevano fatto?
E Guido La Veneziana, caporale di 20 anni, che avvicinatosi ha rischiato di saltare in aria pure lui: che ti aveva fatto?
E quelli che ti stavano attorno, che centravano?
Pirla cammellato: entri in casa mia, mangi dal mio piatto e ne hai goduto ospitalità;
se ti stavamo sui coglioni, perché non sei tornato al paesello, e se proprio ti stava sul piloro la causa Afghana o di Canicattì, perché non sei andato a combattere dove ci si mena le mani, tra gente armata, e non in mezzo agli innocenti?
Beh, coraggio, che se fino ad ora ti avevamo dato...una mano, adesso ti mettiamo quella di Capitan Uncino.
"Nella notte sono stati fermati a Milano due suoi complici: un libico e un egiziano; il primo gli avrebbe dato il materiale esplosivo mentre l'altro - vicino di casa - lo avrebbe accompagnato davanti alla caserma".
- «Mohammed, t'hanno coglionato!»
Si susseguono le notizie:
"Aveva aperto una ditta individuale: muratore ed elettricista, lui che in Libia aveva studiato da ingegnere elettronico, qualcuno dice addirittura laureato".
Vista la figura barbina e l'epilogo, mi verrebbe di avvalorare solo che è un semplice manovale, apprendista del tubo, più che elettricista, ingegnere del menga, da come ha incartato la polvere pirica, e laureato come un comunista uscito con il sei politico, dall'università degli asini.
Aveva cercato di entrare nella caserma senza dare nell'occhio: non ce l'ha fatta, ma l'occhio l'ha lasciato, anzi, tutti e due!
Imbecille.
Giusto ad inquadrare il tipo, continuo a leggerne qualifica:
"La casa popolare, due locali senza bagno nel casermone di via Civitali, l'aveva occupata [...] forzando la porta-finestra del piccolo balcone [...] all'epoca la sua compagna aveva già due bambini, da una precedente relazione e già incinta del primo di Mohamed: l'avevano chiamato Islam. Tre anni dopo, un altro, di nome Omar. In sei, tutti stipati in quei due locali. Da abusivi. All'Aler, l'azienda milanese di edilizia popolare, la pratica era nota: erano morosi di 11mila euro».
Però, aveva imparato in fretta, il Mohammed, di come si sgomita e ci si piazza passando avanti alla fila, al grido di "Mors tua vita mea", la tua morte è la mia vita;
e questo ha cercato di metterlo in pratica sul serio, cercando di dinamitare la pelle d'altri.
'fanculo, stronzo; hai sputato controvento e c'hai il tuo catarro, di ritorno: chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
Oh, scusa, dimenticavo: per piangere ci vogliono gli occhi, non quelli di vetro.
Ancora in lettura, intravedo dove, quando e come la noce di cervello ha cominciato a sbiellare:
- «Ultimamente si erano aggravati i problemi di salute di Mohamed: soffriva di cuore e anche alla gola. Era convinto che la morte fosse vicina [...] Era da mesi che si era riavvicinato ad Allah. Era anche tornato a frequentare la moschea di viale Jenner [...] era molto, molto arrabbiato per i soldati che l'Italia ha inviato in Afghanistan», racconta il suo amico Israfil.
Eccola, la palude del fiele, quella moschea putrefatta di viale Jenner, discarica d'ogni pensiero fognario del talebanpensiero, lavanderia per centrifugazione di cervelli in gelatina.
Seppure in sei in una casa occupata, senza bagno - tanto che, per lavarsi dovevano andare da parenti od amici, come spiegava la moglie - riuscendo a mettere assieme un migliaio d'euro al mese, tiravano avanti, che ho conosciuto anziani soli, a raccattare gli avanzi del mercato, vedersela peggio, e senza più davanti la prateria della vita, da cui brucare.
L'Afghanistan, Allah, il profeta, il Jihad, centra nulla: il Mohammed era solo alla ricerca di riscattare e dar valore ad una vita, altrimenti fallimentare e trovare vigliacca e facile via d'uscita, in stile "Muoia Sansone con tutti i filistei", a poter rimarcare che "Mancò la fortuna non il valore".
No, il Mohammed Game non mi fa compassione:
Game boy: game over !
Io, secondo me...13.10.2009
martedì 13 ottobre 2009
lunedì 12 ottobre 2009
giovedì 8 ottobre 2009
mercoledì 7 ottobre 2009
Abbondianza
Ma non diciamo cazzate: la storia del "burqa-hard", il tendone con graticcio sugli occhi, o il "light", senza graticola, chiamato nijab, non deve portare a farisaiche ipocrisie, a bizantinismi, a far credere che il non volerlo a casa nostra è solo per colpa di un Regio Decreto del 1931, a cui sembra ci si deve inchinare, con fare piagnone, da cane bastonato, formato "madonnina infilzata" !!
- «Scusate, signori, se c'impicciamo degli affari vostri...sapete, avete tutta la nostra comprensione, che le donne sono come le conserve: stanno meglio sott'olio, sale o spirito; non vorremmo, ma lo impone una legge, approvata quando ancora c'erano le guerre puniche e quindi, almeno scoprite le facce», e si dice mostrando faccia mesta e tremebonda, alla Don Abbondio.
Come il Roby Cota, deputato della Lega Nord: "Non siamo razzisti, non abbiamo niente contro i musulmani, ma la legge deve essere uguale per tutti. La nostra proposta è assolutamente generale, come deve essere una legge".
"Abbondianza", l'arte de vivaista che coltiva l'erba gramigna del vil pensiero.
Quei teloni ambulanti sono segni di sottomissione, per chi li porta, e di dominanza per chi li impone, come quando metto il cane nel trasportino ma almeno, per il quadrupede, la costrizione dura solo il tempo di un viaggio!
"Not in my back yard", non nel mio giardino o dietro casa mia, che se loro hanno una sensibilità, la nostra non è altrettanto da meno e disprezzabile, rassicurati dall'essere ancora padroni nel e del proprio!
"Burqate" e infibulazioni sono forme di castrazione al femminile, umiliazioni e dimostrazioni di possesso, ma non di una cosa, ma di persone, perché le donne, anche se non sembra, un'anima pur'esse l'hanno, cretini!
L'avere - il volere - dimezzato, se non azzerato, la loro importanza, è solo matematica da somari, con somme tirate su carta da salumaio, e certo non di un dio, che altrimenti avrebbe da sè formato, attorno alla "fimmina", una crosta, con griglia oculare e intracosciale vagina "usa e getta"!
Incrostazioni tribali, e non sono io solo a dirlo;
anche Mohammed Said Tantawi, grande imam dell'università al Azhar - mica un semplice bau-bau micio-micio - certifica che:
"[...] burqa e niqab non sono simboli religiosi. Il velo integrale va abolito nelle classi anche in Egitto; è un'abitudine che non ha nulla a che fare con la religione", rimettendosi a posto le maniche, dopo aver sbattuto fuori una che indossava il sudario, rispondendo alle proteste con un "Io m'intendo di religione più di te e dei tuoi genitori", richiamando la sura più citata a questo proposito, la numero 33, versetto 59, che parla genericamente di mantelli (in arabo jilbab), ma per una mazza di mascherate e scafandri.
Tiè; prendi, incassa e porta a casa!
Immediata la levata di scudi dei giuristi radicali, che hanno fatto una cagnara infernale, minacciato di sommergerlo di merda.
- «Disonore, infamia, sacrilegio. Dopo tanto tempo, mettere in discussione la dominanza del pisello!»
E i Bin Nicolin Al Pasqual, neo convertiti o simpatizzanti:
- «ll'uommene nun se mettono scuorno 'e penzà schifezze!», gli uomini non si vergognano di pensare cose sporche.
La capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, commenta:
"Come può una legge parlare d'affiliazione religiosa? Ma stiamo scherzando? Come si può pensare di modificare una cultura con una norma? L'unico effetto sarebbe quello di segregare in casa le donne islamiche; è una legge cattiva contro gli immigrati, ma soprattutto è una legge razzista e una legge contro le donne".
Cultura il burqa? Legge razzista, contro le donne?
Vabbè, lasciamo stare che altrimenti, oltre a metterle sotto tenda, le sigillerebbero pure in casa!
A Doni, statte zitta, che se fossi tu sotto vuoto non saresti così cruda e cinica.
E non si dica che il divieto è anti-costituzionale, che la prigionia e la schiavitù vale peggio e le Ferranti hanno solo da salvare il cadreghino e servire il partito, non la dignità d'essere "libera donna in libero arbitrio", sia per Giustizia della Camera che per eguaglianza dei sessi, a meno che le signore di sinistra sono neutre e, come gli angeli, asessuate!
La Doni, gemella con l'altre:
"[...] esponenti del Pd, la senatrice Magda Negri e la compagna di partito Sara Paladini, per protestare contro la recente ordinanza del sindaco di Varallo Sesia (Vercelli), Gianluca Buonanno (parlamentare della Lega Nord), che vieta l'uso del costume indossato dalle donne musulmane in piscine, fiumi e torrenti della città, si sono immerse con il burqini, nelle acque del fiume Sesia".
Beh, lasciamo tempo al tempo: se queste son donne, fioriranno.
Prima dell'11 Settembre e dell'attentato alle Torri Gemelle, c'avevamo l'Islam che era come i cinesi e i filippini: faceva andare le manine, lavorava e non rompeva.
Facile capire i peggio;
chi sono, cosa vogliono e dove vogliono arrivare:alla sharia per i dhimmi, le regole per i cani!
Eurabia ad Abbondianza: sgabuzzini di zerbini.
Io, secondo me...07.10.2009
- «Scusate, signori, se c'impicciamo degli affari vostri...sapete, avete tutta la nostra comprensione, che le donne sono come le conserve: stanno meglio sott'olio, sale o spirito; non vorremmo, ma lo impone una legge, approvata quando ancora c'erano le guerre puniche e quindi, almeno scoprite le facce», e si dice mostrando faccia mesta e tremebonda, alla Don Abbondio.
Come il Roby Cota, deputato della Lega Nord: "Non siamo razzisti, non abbiamo niente contro i musulmani, ma la legge deve essere uguale per tutti. La nostra proposta è assolutamente generale, come deve essere una legge".
"Abbondianza", l'arte de vivaista che coltiva l'erba gramigna del vil pensiero.
Quei teloni ambulanti sono segni di sottomissione, per chi li porta, e di dominanza per chi li impone, come quando metto il cane nel trasportino ma almeno, per il quadrupede, la costrizione dura solo il tempo di un viaggio!
"Not in my back yard", non nel mio giardino o dietro casa mia, che se loro hanno una sensibilità, la nostra non è altrettanto da meno e disprezzabile, rassicurati dall'essere ancora padroni nel e del proprio!
"Burqate" e infibulazioni sono forme di castrazione al femminile, umiliazioni e dimostrazioni di possesso, ma non di una cosa, ma di persone, perché le donne, anche se non sembra, un'anima pur'esse l'hanno, cretini!
L'avere - il volere - dimezzato, se non azzerato, la loro importanza, è solo matematica da somari, con somme tirate su carta da salumaio, e certo non di un dio, che altrimenti avrebbe da sè formato, attorno alla "fimmina", una crosta, con griglia oculare e intracosciale vagina "usa e getta"!
Incrostazioni tribali, e non sono io solo a dirlo;
anche Mohammed Said Tantawi, grande imam dell'università al Azhar - mica un semplice bau-bau micio-micio - certifica che:
"[...] burqa e niqab non sono simboli religiosi. Il velo integrale va abolito nelle classi anche in Egitto; è un'abitudine che non ha nulla a che fare con la religione", rimettendosi a posto le maniche, dopo aver sbattuto fuori una che indossava il sudario, rispondendo alle proteste con un "Io m'intendo di religione più di te e dei tuoi genitori", richiamando la sura più citata a questo proposito, la numero 33, versetto 59, che parla genericamente di mantelli (in arabo jilbab), ma per una mazza di mascherate e scafandri.
Tiè; prendi, incassa e porta a casa!
Immediata la levata di scudi dei giuristi radicali, che hanno fatto una cagnara infernale, minacciato di sommergerlo di merda.
- «Disonore, infamia, sacrilegio. Dopo tanto tempo, mettere in discussione la dominanza del pisello!»
E i Bin Nicolin Al Pasqual, neo convertiti o simpatizzanti:
- «ll'uommene nun se mettono scuorno 'e penzà schifezze!», gli uomini non si vergognano di pensare cose sporche.
La capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, commenta:
"Come può una legge parlare d'affiliazione religiosa? Ma stiamo scherzando? Come si può pensare di modificare una cultura con una norma? L'unico effetto sarebbe quello di segregare in casa le donne islamiche; è una legge cattiva contro gli immigrati, ma soprattutto è una legge razzista e una legge contro le donne".
Cultura il burqa? Legge razzista, contro le donne?
Vabbè, lasciamo stare che altrimenti, oltre a metterle sotto tenda, le sigillerebbero pure in casa!
A Doni, statte zitta, che se fossi tu sotto vuoto non saresti così cruda e cinica.
E non si dica che il divieto è anti-costituzionale, che la prigionia e la schiavitù vale peggio e le Ferranti hanno solo da salvare il cadreghino e servire il partito, non la dignità d'essere "libera donna in libero arbitrio", sia per Giustizia della Camera che per eguaglianza dei sessi, a meno che le signore di sinistra sono neutre e, come gli angeli, asessuate!
La Doni, gemella con l'altre:
"[...] esponenti del Pd, la senatrice Magda Negri e la compagna di partito Sara Paladini, per protestare contro la recente ordinanza del sindaco di Varallo Sesia (Vercelli), Gianluca Buonanno (parlamentare della Lega Nord), che vieta l'uso del costume indossato dalle donne musulmane in piscine, fiumi e torrenti della città, si sono immerse con il burqini, nelle acque del fiume Sesia".
Beh, lasciamo tempo al tempo: se queste son donne, fioriranno.
Prima dell'11 Settembre e dell'attentato alle Torri Gemelle, c'avevamo l'Islam che era come i cinesi e i filippini: faceva andare le manine, lavorava e non rompeva.
Facile capire i peggio;
chi sono, cosa vogliono e dove vogliono arrivare:alla sharia per i dhimmi, le regole per i cani!
Eurabia ad Abbondianza: sgabuzzini di zerbini.
Io, secondo me...07.10.2009
martedì 6 ottobre 2009
lunedì 5 ottobre 2009
Carta canta
"Carta canta e villan dorme"...
gemella del più raffinato "Verba volant, scripta manent", le parole volano, gli scritti rimangono, insegna:
la carta porta lo scritto e pure il più semplice degli uomini può dormire tranquillo, che l'inchiostro rimane dove non le balle del marinaio.
Carta canta...il mio dire e riferire vuole essere al canto di un certo tipo di foglio, che non è quello bollato, di notabile o di codice, ma che spesso detta più legge, che tanto e tanti sono ad essere stati giudicati da questo piuttosto che da quelli, e non sempre il villan dorme sonni tranquilli perché anche sulla veste più candida, se gli si lancia merda, rimane macchia.
"...è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente. Niente.";
così Humphrey Bogart, nei panni del giornalista Ed Hutchinson, nel film "L'ultima minaccia" sul tema della libertà di stampa, ma lui era il buono, contro i cattivi.
La forza della carta stampata, il suo canto, è tutta in quella frase, ma non sempre sono i criminali a doverne avere paura, che il cattivo uso è come per il coltello da cucina, buono sia per tagliare la bistecca che una pancia!
Da qui c'azzecca, che "Ne uccide più la penna che la spada".
Di tanti crocefissi, inchiodati mani e piedi con i pennini, messi alla gogna seppur innocenti, ce ne sono stati e, quando capita accidentalmente, fa parte della legge dei grandi numeri, ma non se scientemente legati alla ruota del bersaglio per giocarci a freccette nelle rissose osterie Dipietrine o nel tirassegno di botteghe oscure.
Tanta libertà c'è che si è potuto dare del vile o del dormiente al Presidente della Repubblica, lanciar anatemi contro il Papa e lapidare ognuno che passasse a tiro...Di Pietro: dal sacro al profano, da Dio all'ultimo degli uomini, a nessuno è mancato sassi e sagoma.
Ho passato tempo in vacanza e se mutandine, culi e tette son mancati, più facile era in spiaggia che sui giornali.
Tornato, nulla è cambiato, che il tempo mio delle mele, l'acerba gioventù, mi si è trasformato in quello delle mignotte, chiamate oggi a dar lezione a classe loro: quella dei coglioni!
"...è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente. Niente.", mi si risponde.
Ebbene, si stampi: non si dica che la libertà l'è morta.
E invece no: se scaracchio, non rispondere, ma passa la mano, a spandere saliva sulla faccia e non fare gargarismi, a caricare la sputazza tua sulla faccia mia.
- «Ti denuncio, e che sia la legge a giudicar se nel giusto io!»
E no, così non va, o zotico, che noi siamo "senza dubbio la parte più acculturata del paese [...] gli italiani che leggono libri, che leggono i giornali [...] minoranza, ma è una minoranza che rappresenta la classe dirigente del paese, in tutti i campi".
Da tanta lesa maestà sale un urlo di dolore:
- «Questa denuncia è da regime di libertà vigilata, attentato all'informazione, rischio di nuovo fascismo, bavaglio alla stampa. In marcia, compagni, tutti a Roma, a far cagnara!»
Dove ho letto tutto questo, dove ho visto?
Ma dai giornali, dalla televisione, che nessuna purga o manganello ha mai zittito, anche se qualcuno denuncia quanto, scrivendolo in inglese, violentando quella grammatica come uso fare con quella italiana: dalle bestialità che ne sono uscite l'olio di ricino ha avuto ritorno di fiamma, sbagliando uscita di spurgo.
Il poverello si difende:
- «L'ho visdo in zogno: me l'ha bromesso: Du sei Pietro e su quesda piedra fonderò il mio bardido!»
Beh, anche uno così ha il suo spazio ma, più che bavaglio, dovrebbero mettergli il bavaglino e dare pacca sulla schiena, ad assorbire sbavature e ruttini.
- «Io a quello lo sfascio!»
Ecco, è meglio che mi allontani, che la pentola comincia a fischiare.
In televisione siamo passati dal film "L'albero degli zoccoli" all'albero delle zoccole, presentato in prima serata dal regista Santoro, della casa cinematografica Annozero: dalle mele, agli zoccoli, alle prugne;
non siamo caduti tanto in basso, ma un poco sotto l'ombelico si.
A sinistra, nessun giornale ha chiuso, nessuna rotativa è stata sfasciata, nessun giornalista e stato sprangato, nessuna manifestazione è stata dispersa o bandiere rosse bruciate, nessuna tromba, trombetta o trombone è silenziato.
Parlano Santoro, Travaglio, Lerner, Floris, la Bignardi, Fazio.
Non ho mai visto un regime più scassato di questo che dove esistiti o esistenti, si sente sempre e solo la voce del padrone.
E il Giorgio, che con quella Bocca può dire ciò che vuole, chiosa:
- «Come per il delitto Matteotti, arriverà il momento in cui questo governo si troverà nella necessità di sopprimere davvero la libertà di stampa.»
Boccadoro teme dover rimettere firma sul nuovo "Manifesto della Razza" dove, ad "ebrei", oggi si sostituisce "giornalisti".
Gli fa...Eco pure il Don, il Tony Sciortino, di Famiglia Cristiana:
- «La stampa non può essere lo zerbino del potere».
E già, lui lo sa: lui ha visto il diavolo ed ora fa l'esorcismo.
Io l'avevo detto, al buon diavolo:
- «Ascolta me, Lucy», che sta per Lucifero «Antonio non è cattivo, mettiti nei suoi panni...»
Troppo tardi mi sono accorto di aver commesso un errore.
- «Lucy, ti scongiuro, non volevo dire questo: in nome della nostra vecchia amicizia, ascoltami: esci dal Sciortino, che se no ti agiti, sudi, prendi freddo e poi muori.»
Ce l'ho quasi fatta: ora Don Sciortino è migliorato;
c'ha solo un diavolo per capello!
- «Antonio, guardami, io ti esorcizzo: vade retro, Satana!»
E voi, a casa, non provateci a farlo con l'altro Antonio, il Di Pietro: non funziona, perché non esce.
Io, secondo me...05.10.2009
gemella del più raffinato "Verba volant, scripta manent", le parole volano, gli scritti rimangono, insegna:
la carta porta lo scritto e pure il più semplice degli uomini può dormire tranquillo, che l'inchiostro rimane dove non le balle del marinaio.
Carta canta...il mio dire e riferire vuole essere al canto di un certo tipo di foglio, che non è quello bollato, di notabile o di codice, ma che spesso detta più legge, che tanto e tanti sono ad essere stati giudicati da questo piuttosto che da quelli, e non sempre il villan dorme sonni tranquilli perché anche sulla veste più candida, se gli si lancia merda, rimane macchia.
"...è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente. Niente.";
così Humphrey Bogart, nei panni del giornalista Ed Hutchinson, nel film "L'ultima minaccia" sul tema della libertà di stampa, ma lui era il buono, contro i cattivi.
La forza della carta stampata, il suo canto, è tutta in quella frase, ma non sempre sono i criminali a doverne avere paura, che il cattivo uso è come per il coltello da cucina, buono sia per tagliare la bistecca che una pancia!
Da qui c'azzecca, che "Ne uccide più la penna che la spada".
Di tanti crocefissi, inchiodati mani e piedi con i pennini, messi alla gogna seppur innocenti, ce ne sono stati e, quando capita accidentalmente, fa parte della legge dei grandi numeri, ma non se scientemente legati alla ruota del bersaglio per giocarci a freccette nelle rissose osterie Dipietrine o nel tirassegno di botteghe oscure.
Tanta libertà c'è che si è potuto dare del vile o del dormiente al Presidente della Repubblica, lanciar anatemi contro il Papa e lapidare ognuno che passasse a tiro...Di Pietro: dal sacro al profano, da Dio all'ultimo degli uomini, a nessuno è mancato sassi e sagoma.
Ho passato tempo in vacanza e se mutandine, culi e tette son mancati, più facile era in spiaggia che sui giornali.
Tornato, nulla è cambiato, che il tempo mio delle mele, l'acerba gioventù, mi si è trasformato in quello delle mignotte, chiamate oggi a dar lezione a classe loro: quella dei coglioni!
"...è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente. Niente.", mi si risponde.
Ebbene, si stampi: non si dica che la libertà l'è morta.
E invece no: se scaracchio, non rispondere, ma passa la mano, a spandere saliva sulla faccia e non fare gargarismi, a caricare la sputazza tua sulla faccia mia.
- «Ti denuncio, e che sia la legge a giudicar se nel giusto io!»
E no, così non va, o zotico, che noi siamo "senza dubbio la parte più acculturata del paese [...] gli italiani che leggono libri, che leggono i giornali [...] minoranza, ma è una minoranza che rappresenta la classe dirigente del paese, in tutti i campi".
Da tanta lesa maestà sale un urlo di dolore:
- «Questa denuncia è da regime di libertà vigilata, attentato all'informazione, rischio di nuovo fascismo, bavaglio alla stampa. In marcia, compagni, tutti a Roma, a far cagnara!»
Dove ho letto tutto questo, dove ho visto?
Ma dai giornali, dalla televisione, che nessuna purga o manganello ha mai zittito, anche se qualcuno denuncia quanto, scrivendolo in inglese, violentando quella grammatica come uso fare con quella italiana: dalle bestialità che ne sono uscite l'olio di ricino ha avuto ritorno di fiamma, sbagliando uscita di spurgo.
Il poverello si difende:
- «L'ho visdo in zogno: me l'ha bromesso: Du sei Pietro e su quesda piedra fonderò il mio bardido!»
Beh, anche uno così ha il suo spazio ma, più che bavaglio, dovrebbero mettergli il bavaglino e dare pacca sulla schiena, ad assorbire sbavature e ruttini.
- «Io a quello lo sfascio!»
Ecco, è meglio che mi allontani, che la pentola comincia a fischiare.
In televisione siamo passati dal film "L'albero degli zoccoli" all'albero delle zoccole, presentato in prima serata dal regista Santoro, della casa cinematografica Annozero: dalle mele, agli zoccoli, alle prugne;
non siamo caduti tanto in basso, ma un poco sotto l'ombelico si.
A sinistra, nessun giornale ha chiuso, nessuna rotativa è stata sfasciata, nessun giornalista e stato sprangato, nessuna manifestazione è stata dispersa o bandiere rosse bruciate, nessuna tromba, trombetta o trombone è silenziato.
Parlano Santoro, Travaglio, Lerner, Floris, la Bignardi, Fazio.
Non ho mai visto un regime più scassato di questo che dove esistiti o esistenti, si sente sempre e solo la voce del padrone.
E il Giorgio, che con quella Bocca può dire ciò che vuole, chiosa:
- «Come per il delitto Matteotti, arriverà il momento in cui questo governo si troverà nella necessità di sopprimere davvero la libertà di stampa.»
Boccadoro teme dover rimettere firma sul nuovo "Manifesto della Razza" dove, ad "ebrei", oggi si sostituisce "giornalisti".
Gli fa...Eco pure il Don, il Tony Sciortino, di Famiglia Cristiana:
- «La stampa non può essere lo zerbino del potere».
E già, lui lo sa: lui ha visto il diavolo ed ora fa l'esorcismo.
Io l'avevo detto, al buon diavolo:
- «Ascolta me, Lucy», che sta per Lucifero «Antonio non è cattivo, mettiti nei suoi panni...»
Troppo tardi mi sono accorto di aver commesso un errore.
- «Lucy, ti scongiuro, non volevo dire questo: in nome della nostra vecchia amicizia, ascoltami: esci dal Sciortino, che se no ti agiti, sudi, prendi freddo e poi muori.»
Ce l'ho quasi fatta: ora Don Sciortino è migliorato;
c'ha solo un diavolo per capello!
- «Antonio, guardami, io ti esorcizzo: vade retro, Satana!»
E voi, a casa, non provateci a farlo con l'altro Antonio, il Di Pietro: non funziona, perché non esce.
Io, secondo me...05.10.2009
sabato 3 ottobre 2009
Evacuazioni matematiche
- «Il caso Gelmini e il caso Garfagna sono stati un po l'inizio di queste discussioni sulla vita sessuale del premier» ossia, il Berlusca, sentenzia l'uomo di Odi, sulla santificazione della D'Addario delle Grazie, ora soltanto Beata.
Ecco che nel portafoglio, oltre a San Toro, san Travaglio e san Vauro, ci sta pure santa Patrizia.
Oggi c'ho voglia anche io di dare i numeri, di rispolverare i vecchi ricordi di scuola, la rassicurante matematica, che non è una opinione, e le di lei diramazioni, in assunti, teoremi, logiche, equivalenze ed equazioni;
dunque...facciamo due conti a matita:
Garfagna sta a Gelmini come D'Addario sta a X;
...il prodotto dei medi per quello degli estremi...Gelmini per D'Addario diviso Garfagna uguale...mignotte!
Mignotte?
Certo, mignotte, secondo la logica del calzolaio, maestro nel far le scarpe e trattar di zoccole.
Sicuro, come uno più uno fa due: non lo dico io, ma il PierG, dove G non sta per il punto femminile inteso come interruttore della di loro goduria e orgasmo, ma per Giorgio...Piergiorgio Odifreddi, valente e riconosciuto matematico che, dalla lavagna è passato ad applicare e dar di numero pure nel mischiare prugne e pere, arrivando alla frutta partendo dal prodotto degli estremi...dell'ombelico, inteso come pasta di donna alla puttanesca.
E già, perché il nostro eroe ha scoperto che le pere e la prugna della D'Addario sono facente parte della fisiologia femminile e quindi, come insegna il mercato ortofrutticolo, merce da banchetto, un tot al chilo.
Patty D'Addario è frutto dell'albero degli zoccoli e quindi pure il resto del femmineo deriva da stessa pianta.
Il nostro PierG si illumina d'immenso: le donne la danno via e quindi Garfagna sta a Gelmini come D'Addario sta a X...la sciura Maria sta alla vicina come la casalinga sta a X...il prodotto dei medi per quello degli estremi...e rieccoci, che la matematica non mente: mignotte!
Porca miseria, qualcosa non torna;
Garfagna e Gelmini, rispetto alle D'Addario, presentano più variabili: fatte pari pere e prugnetta, il cervello della Patty è grande come...una noce che, si sa, è frutto secco.
Sorge spontaneo un sospetto, ovvero che le Garfagne e le Gelmini e innesti simili, rispettano la legge dei grandi numeri, non solo per taglia di tette, e sono arrivate dove sono grazie ad una quinta dimensione, che il PierG non conosce: lunghezza, larghezza, altezza, tempo e merito.
Se è pur vero che le aspirazioni aiutano a far salire, quelle della Patty nulla hanno a che spartire con chi oltre alle gambe ha di più, preferendo far accrescere muscoli diversi, privilegiando il fare al dire, che per il primo occorre materia grigia mentre al secondo basta la bocca.
PierG, fai il tuo mestiere, che è si il dare i numeri, ma quelli d'equazione e non di evacuazione.
Te, Odi, ti sei frullato il cervello, che ragioni come i progettisti dell'ex Unione Sovietica, dove il bello non si coniuga con il partito perché lo si vedeva come Narciso, che continuamente era attento alla cura della propria bellezza invece che "A fa andà i manitt", a muovere le mani, a lavorare;
la fucina politica falcemartelluta da sempre versa dal crogiolo la forma liquida negli stampi suoi, dove la donna perde ogni femminilità per diventare come i carri armati: squadrata, spigolosa, massiccia, frontale schiacciato e forme gibbose, di ricco abbondante ai fianchi e soda di armamento, pronta per le campagne invernali, che assai di pelo aveva in dote, come per massa e spessore.
Di conseguenza, quelle prodotte dal nemico possono solo essere "Veline".
O Dio: c'è da ammettere comunque che, quando si tratta di darci dentro, pure i compagni preferiscono la Escort alla Zigulì e alle Trabant, come dimostrato in Puglia, nello scandalo sanità rossa, abbracciando carrozzerie D'Addario, piuttosto che scocca e scheletro Bindi-Hack.
La ricchezza distribuita alle masse, "Cchiù ppilu pè tutti!", più pelo per tutti, certo, ma morbido, di visone, non di setola porcina.
Dato per scontato che una forma angelica nasconde il diavolo e, alle donne in gamba, si preferiscono quelle con due, e ariose, ecco che risulta dimostrato la regola, l'equazione e l'evacuazione del PierG:
- «Il caso Gelmini e il caso Garfagna sono stati un po l'inizio di queste discussioni sulla vita sessuale del premier.»
Garfagna sta a Gelmini come D'Addario sta a X;
...il prodotto dei medi per quello degli estremi...Gelmini per D'Addario diviso Garfagna uguale...tutte mignotte!
Maestra, maestra mia adorata, guida alle certezze della mia lontana gioventù, tu così cara, m'hai ingannato:
- «Beppe, Beppe...pasticcione: non si possono sommare le pere alle mele!»
Maestra, mi perdoni, che bastava metterci le prugne alle mele, e l'ammucchiata ci sta, eccome, parola del compagno PierG!
Io, secondo me...03.09.2009
Ecco che nel portafoglio, oltre a San Toro, san Travaglio e san Vauro, ci sta pure santa Patrizia.
Oggi c'ho voglia anche io di dare i numeri, di rispolverare i vecchi ricordi di scuola, la rassicurante matematica, che non è una opinione, e le di lei diramazioni, in assunti, teoremi, logiche, equivalenze ed equazioni;
dunque...facciamo due conti a matita:
Garfagna sta a Gelmini come D'Addario sta a X;
...il prodotto dei medi per quello degli estremi...Gelmini per D'Addario diviso Garfagna uguale...mignotte!
Mignotte?
Certo, mignotte, secondo la logica del calzolaio, maestro nel far le scarpe e trattar di zoccole.
Sicuro, come uno più uno fa due: non lo dico io, ma il PierG, dove G non sta per il punto femminile inteso come interruttore della di loro goduria e orgasmo, ma per Giorgio...Piergiorgio Odifreddi, valente e riconosciuto matematico che, dalla lavagna è passato ad applicare e dar di numero pure nel mischiare prugne e pere, arrivando alla frutta partendo dal prodotto degli estremi...dell'ombelico, inteso come pasta di donna alla puttanesca.
E già, perché il nostro eroe ha scoperto che le pere e la prugna della D'Addario sono facente parte della fisiologia femminile e quindi, come insegna il mercato ortofrutticolo, merce da banchetto, un tot al chilo.
Patty D'Addario è frutto dell'albero degli zoccoli e quindi pure il resto del femmineo deriva da stessa pianta.
Il nostro PierG si illumina d'immenso: le donne la danno via e quindi Garfagna sta a Gelmini come D'Addario sta a X...la sciura Maria sta alla vicina come la casalinga sta a X...il prodotto dei medi per quello degli estremi...e rieccoci, che la matematica non mente: mignotte!
Porca miseria, qualcosa non torna;
Garfagna e Gelmini, rispetto alle D'Addario, presentano più variabili: fatte pari pere e prugnetta, il cervello della Patty è grande come...una noce che, si sa, è frutto secco.
Sorge spontaneo un sospetto, ovvero che le Garfagne e le Gelmini e innesti simili, rispettano la legge dei grandi numeri, non solo per taglia di tette, e sono arrivate dove sono grazie ad una quinta dimensione, che il PierG non conosce: lunghezza, larghezza, altezza, tempo e merito.
Se è pur vero che le aspirazioni aiutano a far salire, quelle della Patty nulla hanno a che spartire con chi oltre alle gambe ha di più, preferendo far accrescere muscoli diversi, privilegiando il fare al dire, che per il primo occorre materia grigia mentre al secondo basta la bocca.
PierG, fai il tuo mestiere, che è si il dare i numeri, ma quelli d'equazione e non di evacuazione.
Te, Odi, ti sei frullato il cervello, che ragioni come i progettisti dell'ex Unione Sovietica, dove il bello non si coniuga con il partito perché lo si vedeva come Narciso, che continuamente era attento alla cura della propria bellezza invece che "A fa andà i manitt", a muovere le mani, a lavorare;
la fucina politica falcemartelluta da sempre versa dal crogiolo la forma liquida negli stampi suoi, dove la donna perde ogni femminilità per diventare come i carri armati: squadrata, spigolosa, massiccia, frontale schiacciato e forme gibbose, di ricco abbondante ai fianchi e soda di armamento, pronta per le campagne invernali, che assai di pelo aveva in dote, come per massa e spessore.
Di conseguenza, quelle prodotte dal nemico possono solo essere "Veline".
O Dio: c'è da ammettere comunque che, quando si tratta di darci dentro, pure i compagni preferiscono la Escort alla Zigulì e alle Trabant, come dimostrato in Puglia, nello scandalo sanità rossa, abbracciando carrozzerie D'Addario, piuttosto che scocca e scheletro Bindi-Hack.
La ricchezza distribuita alle masse, "Cchiù ppilu pè tutti!", più pelo per tutti, certo, ma morbido, di visone, non di setola porcina.
Dato per scontato che una forma angelica nasconde il diavolo e, alle donne in gamba, si preferiscono quelle con due, e ariose, ecco che risulta dimostrato la regola, l'equazione e l'evacuazione del PierG:
- «Il caso Gelmini e il caso Garfagna sono stati un po l'inizio di queste discussioni sulla vita sessuale del premier.»
Garfagna sta a Gelmini come D'Addario sta a X;
...il prodotto dei medi per quello degli estremi...Gelmini per D'Addario diviso Garfagna uguale...tutte mignotte!
Maestra, maestra mia adorata, guida alle certezze della mia lontana gioventù, tu così cara, m'hai ingannato:
- «Beppe, Beppe...pasticcione: non si possono sommare le pere alle mele!»
Maestra, mi perdoni, che bastava metterci le prugne alle mele, e l'ammucchiata ci sta, eccome, parola del compagno PierG!
Io, secondo me...03.09.2009
venerdì 2 ottobre 2009
Uova...di Pasquale
- «Ma chi glielo ha detto?»
Questa la domanda che, nell'anno del Signore 2009, in quel primo d'Ottobre, all'Urban Center Milano, un meravigliato Magdi Cristiano Allam rivolge alla vulcanica Maria Luisa Chiara, alla mostra del di lei figlio, architetto Joseph di Pasquale, brillante e geniale progettista della nuova città di Jingwu, che sorgerà vicino a TianJin, in Cina.
Per un momento mi sono sentito come Gabriele Paolini, noto rompiscatole e disturbatore della tv, che lo trovi presente dietro ad ogni cronista, che cerca di portare a termine il proprio lavoro d'informatore o intervistatore.
Come il prezzemolo, te lo vedi dappertutto, che si agita come una marionetta o fa una delle sue tante battute e battutacce di sottofondo e, già la presenza, basta a farne disturbatore di professione.
- «L'ho invitato io», candidamente risponde la cara "Isichiara";
Il buon Cristiano, di nome e pur ormai di fatto, abbozza e incassa.
"Vabbè, mi tocca", avrà pensato, e rassegnato è tornato ad ascoltare il buon Joseph che, certamente conoscendo la buona ma a volte mal risposta fede della madre, aveva messo in conto un contrattempo e, imperterrito, ha continuato nell'illustrare opera sua.
- «Ho visto che ci ha parlato...lei lo conosce, Magdi?»
Così, tirandomi un poco di manica, mi apostrofa uno dei curiosi della mostra.
- «Di vista...»
Mi guarda un poco dubbioso ma, dato che nelle immediate vicinanze c'erano solo attente e massicce guardie del corpo, s'accontenta del surrogato, e parte con profluvio di domande, salvando i malcapitati dal subire continuazione della mia ingombrante presenza;
a mia volta, dall'improvvisato comizio che mi sono trovato a fare, mi ha salvato la caritatevole Isichiara che, in un momento di lucidità, deve avere compreso l'errore d'aver portato un campagnolo in città e, con i saluti, mi sgancia dall'amplesso oratorio che mi aveva abbottonato a quello che, non potendo avere il caffè, si era appagato con la cicoria.
Al pensiero del "Chi è causa del suo mal, pianga se stesso", eccola guidare il Beppe-Paolini in un tavolinetto di cantone, a lasciare ai veri protagonisti spazio e respiro.
Ah, le mamme: quanti dolori e disgrazie prendono su di se, pur di evitarli ai figli!
Messo così, all'angolo, come per i pugili suonati, mi sono trovato a fare il Paolini di me stesso, dando via al personale cazzeggio e centrifuga del pensiero, come i vecchi rimbambiti che parlano e si rispondono da soli.
"Quel ramo del lago di Como d'onde esce l'Adda e che giace fra due catene non interrotte di monti da settentrione a mezzogiorno...";
Sono i primi versi de "I Promessi Sposi" del del Lisander Manzon, o don Lisander, coma ch'el ciamen i Milanes, il Manzoni Alessandro, che mi riportano al nido dove sono nati e cresciuti i "pulcini" di Pasquale, covata di tre fratelli, che hanno raggiunto alte vette partendo già dall'alto delle spalle di due giganti: i loro genitori.
Buona schiusa, quelle uova...uova di Pasquale.
Como però è anche l'assurdo, una macchietta, la conferma del "Nessuno è profeta in patria", l'occhio guercio di un'amministrazione che ha cercato lontano quel che aveva sotto il naso: un architetto nato dai propri lombi, cosciente e conoscente di sua terra e gente, adatto alla bisogna e competente in forma e sostanza.
Di questi giorni è la notizia del famoso muro, quello che doveva salvare le case dall'esuberanza del lago suo, quando l'abbondanza d'acqua esce dalla bacinella.
Ma chi l'ha fatto: un muratore in pensione del posto?
Manco quello di Berlino faceva così schifo, nel togliere vista e dar impressione di soffoco.
"Il sindaco cede: via la barriera [...] l'orripilante muraglia costruita chissà perché sul lungolago di Como, che aveva l'unica funzione di privare la città di uno dei panorami più famosi del mondo, sarà abbattuta".
Ma come, mi chiedo: proprio lì c'è un di Pasquale e ci fanno una cacchiata mostruosa, per poi arrivare a sposare affermazione, cara a quel buon toscanaccio che era Bartali: «Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare!»
Tornando invece a Jingwu, Joseph raccontava così, della meraviglia per essere stato prescelto:
- «Si partecipava in diversi e accreditati professionisti; mai pensavo di vincere, perché nel gruppo ce n'era anche uno cinese.»
Abituati a casa nostra, si stenta a credere che i giochi di campanile, tessera o convenienza, avrebbero mai favorito l'avvento dello "straniero", per costruire pollaio per propri pennuti.
E già, ma siamo in Cina: forse abbonda il riso, ma non il ridicolo, e vogliono sostanza, assieme alla forma.
- «Mi scusi: ma questa è Milano?»
Il tizio che mi aveva appiccicato alla sua carta moschicida, per un momento aveva avuto anche questa forma di cortocircuito mentale.
In effetti, nel laghetto artificiale, sull'isoletta c'è una ruota che assomiglia a quella delle giostre dell'Idroscalo.
- «Magari!», ho risposto «è il progetto della genialità italiana, ma noi siamo in bolletta, e i cinesi no, e tutto quanto sarà a casa loro, che noi neppure per l'Expò ce la tiriamo fuori!»
Ritorno al Joseph-pensiero;
- «Gli elementi di partenza sono di tipo culturale e simbolico: l'asse verde si sviluppa attraverso tutta la città che, al suo interno, contiene un fiume artificiale.»
Vero: dal plastico si vede questa passatoia che scorre, con contorcimenti flessuosi e sinuosi, facendo da specchio a quel che sta di qua e di là.
- «Una leggenda locale narra di due amanti divisi proprio da quel corso d'acqua. E noi, sulle sponde, abbiamo immaginato due edifici che si abbracciano e danno vita ad un'unica struttura, la Diamond Mansion; questo per interpretare l'identità culturale del luogo, rimodellandola in modo riconoscibile dalla gente che ci vive.»
Una marcia in più il nostro Joseph: oltre a squadra e righello, testa e cervello, pure il cuore, da lanciare oltre la barricata!
Una mondo incantato, con 75 mila respiri. Altro che la murella di Como!
Mi piace immensamente "la Ciambella", quella formella con il buco in centro, a cui si arriva percorrendo il fiume, con le tante torri e torrette sull'attenti che, come soldatini, ci accompagnano e, traguardando in quel foro, si ammira la ruota panoramica sul laghetto...dell'Idroscalo cinese.
Il nostro "Michelangiolo" comasco, novello Leonardo lariano, funambolico ed immaginifico Magister, perdonerà il mio maccheronico approccio all'architettura, che chiama Ciambella una margherita, un diamante di vetri e riflessi, dove mente grezza e ristretta, da villan terricolo decifra l'armonia di forme come sagome a mattoncini, sovrapposti, a sbalzo e in equilibrio: nelle campagne, da cui provengo, tanta grazia non l'avevo mai vista.
L'acqua, la vita, il liquido formare e deformare, l'acqua di casa sua: un poco del suo lago, del suo mondo, il Joseph l'ha trapiantato, in quel di Cina.
Jingwu...eco-town...eco-densità: mica quisquilie, bazzecole, pinzillacchere, sciocchezzuole, reboanti parole per riempirsi la bocca, effetti speciali o concetti sacerdotali, a far soggezione allo zotico, al volgo Beppo-vulgaris.
Eco sta per qualcosa a misura d'uomo, la soffice bambagia e il calore naturale della pelle e dell'amore di una mamma, che da piccolo ti protegge e ti scalda: la natura genitrice di tutto il vivente, dal cui ventre siamo venuti e dalle cui mammelle abbiamo succhiato il latte della vita.
Jingwu vuole essere questo, ma anche raccogliere la quantità, oltre che la qualità, a vedere il numero non come un affollamento caotico, "mandrianesco", raffazzonato, raccogliticcio, compromesso del compresso, alla sardine da scatolame.
- «Densificare un territorio, dal punto di vista abitativo, consente di mitigare l'impatto ambientale: per esempio, preservando altre porzioni dello stesso territorio; ma anche per un risparmio economico ed energetico generale. Pensiamo solo a cosa significa poter fare la spesa a piedi [...] Se tutti sono vicini serve meno energia [...] più funzioni e relazioni, nessun rischio di quartieri-alveare [...] si moltiplicano i rapporti sociali, i valori identitari, come nella città medioevale, povera di verde, ma non disumana, ove il simile cercava e trovava il proprio simile [...] trovo più alienante una periferia rarefatta, divisa per zone stagne - qui si dorme, là si produce - che una densamente abitata ma con una molteplicità di funzioni integrate.»
Oltre al cuore, ecco che Joseph ci ha buttato anche l'anima, di là dal muro...non dalla murella comasca.
- «Signora, il dottore vorrebbe salutarla», avvisa lo spallato angelo custode di Cristiano.
Ciao, Magdi, non ti rompo oltre con la mia presenza, che ormai io mi sento valore aggiunto, ma come i chili di troppo per chi già abbonda di ciccia.
Per un momento mi sono sentito illuminato di luce riflessa e, tra Joseph e lui, mi son detto fortunato, d'aver preso...due piccioni con una fava :-))
Ai di Pasquale e al caro Magdi, il saluto del Beppe...il Beppe-Paolini, con l'augurio che la benevolenza del buon destino continui a poggiare sulla loro fronte il serto d'alloro!
Io, secondo me...02.10.2009
Questa la domanda che, nell'anno del Signore 2009, in quel primo d'Ottobre, all'Urban Center Milano, un meravigliato Magdi Cristiano Allam rivolge alla vulcanica Maria Luisa Chiara, alla mostra del di lei figlio, architetto Joseph di Pasquale, brillante e geniale progettista della nuova città di Jingwu, che sorgerà vicino a TianJin, in Cina.
Per un momento mi sono sentito come Gabriele Paolini, noto rompiscatole e disturbatore della tv, che lo trovi presente dietro ad ogni cronista, che cerca di portare a termine il proprio lavoro d'informatore o intervistatore.
Come il prezzemolo, te lo vedi dappertutto, che si agita come una marionetta o fa una delle sue tante battute e battutacce di sottofondo e, già la presenza, basta a farne disturbatore di professione.
- «L'ho invitato io», candidamente risponde la cara "Isichiara";
Il buon Cristiano, di nome e pur ormai di fatto, abbozza e incassa.
"Vabbè, mi tocca", avrà pensato, e rassegnato è tornato ad ascoltare il buon Joseph che, certamente conoscendo la buona ma a volte mal risposta fede della madre, aveva messo in conto un contrattempo e, imperterrito, ha continuato nell'illustrare opera sua.
- «Ho visto che ci ha parlato...lei lo conosce, Magdi?»
Così, tirandomi un poco di manica, mi apostrofa uno dei curiosi della mostra.
- «Di vista...»
Mi guarda un poco dubbioso ma, dato che nelle immediate vicinanze c'erano solo attente e massicce guardie del corpo, s'accontenta del surrogato, e parte con profluvio di domande, salvando i malcapitati dal subire continuazione della mia ingombrante presenza;
a mia volta, dall'improvvisato comizio che mi sono trovato a fare, mi ha salvato la caritatevole Isichiara che, in un momento di lucidità, deve avere compreso l'errore d'aver portato un campagnolo in città e, con i saluti, mi sgancia dall'amplesso oratorio che mi aveva abbottonato a quello che, non potendo avere il caffè, si era appagato con la cicoria.
Al pensiero del "Chi è causa del suo mal, pianga se stesso", eccola guidare il Beppe-Paolini in un tavolinetto di cantone, a lasciare ai veri protagonisti spazio e respiro.
Ah, le mamme: quanti dolori e disgrazie prendono su di se, pur di evitarli ai figli!
Messo così, all'angolo, come per i pugili suonati, mi sono trovato a fare il Paolini di me stesso, dando via al personale cazzeggio e centrifuga del pensiero, come i vecchi rimbambiti che parlano e si rispondono da soli.
"Quel ramo del lago di Como d'onde esce l'Adda e che giace fra due catene non interrotte di monti da settentrione a mezzogiorno...";
Sono i primi versi de "I Promessi Sposi" del del Lisander Manzon, o don Lisander, coma ch'el ciamen i Milanes, il Manzoni Alessandro, che mi riportano al nido dove sono nati e cresciuti i "pulcini" di Pasquale, covata di tre fratelli, che hanno raggiunto alte vette partendo già dall'alto delle spalle di due giganti: i loro genitori.
Buona schiusa, quelle uova...uova di Pasquale.
Como però è anche l'assurdo, una macchietta, la conferma del "Nessuno è profeta in patria", l'occhio guercio di un'amministrazione che ha cercato lontano quel che aveva sotto il naso: un architetto nato dai propri lombi, cosciente e conoscente di sua terra e gente, adatto alla bisogna e competente in forma e sostanza.
Di questi giorni è la notizia del famoso muro, quello che doveva salvare le case dall'esuberanza del lago suo, quando l'abbondanza d'acqua esce dalla bacinella.
Ma chi l'ha fatto: un muratore in pensione del posto?
Manco quello di Berlino faceva così schifo, nel togliere vista e dar impressione di soffoco.
"Il sindaco cede: via la barriera [...] l'orripilante muraglia costruita chissà perché sul lungolago di Como, che aveva l'unica funzione di privare la città di uno dei panorami più famosi del mondo, sarà abbattuta".
Ma come, mi chiedo: proprio lì c'è un di Pasquale e ci fanno una cacchiata mostruosa, per poi arrivare a sposare affermazione, cara a quel buon toscanaccio che era Bartali: «Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare!»
Tornando invece a Jingwu, Joseph raccontava così, della meraviglia per essere stato prescelto:
- «Si partecipava in diversi e accreditati professionisti; mai pensavo di vincere, perché nel gruppo ce n'era anche uno cinese.»
Abituati a casa nostra, si stenta a credere che i giochi di campanile, tessera o convenienza, avrebbero mai favorito l'avvento dello "straniero", per costruire pollaio per propri pennuti.
E già, ma siamo in Cina: forse abbonda il riso, ma non il ridicolo, e vogliono sostanza, assieme alla forma.
- «Mi scusi: ma questa è Milano?»
Il tizio che mi aveva appiccicato alla sua carta moschicida, per un momento aveva avuto anche questa forma di cortocircuito mentale.
In effetti, nel laghetto artificiale, sull'isoletta c'è una ruota che assomiglia a quella delle giostre dell'Idroscalo.
- «Magari!», ho risposto «è il progetto della genialità italiana, ma noi siamo in bolletta, e i cinesi no, e tutto quanto sarà a casa loro, che noi neppure per l'Expò ce la tiriamo fuori!»
Ritorno al Joseph-pensiero;
- «Gli elementi di partenza sono di tipo culturale e simbolico: l'asse verde si sviluppa attraverso tutta la città che, al suo interno, contiene un fiume artificiale.»
Vero: dal plastico si vede questa passatoia che scorre, con contorcimenti flessuosi e sinuosi, facendo da specchio a quel che sta di qua e di là.
- «Una leggenda locale narra di due amanti divisi proprio da quel corso d'acqua. E noi, sulle sponde, abbiamo immaginato due edifici che si abbracciano e danno vita ad un'unica struttura, la Diamond Mansion; questo per interpretare l'identità culturale del luogo, rimodellandola in modo riconoscibile dalla gente che ci vive.»
Una marcia in più il nostro Joseph: oltre a squadra e righello, testa e cervello, pure il cuore, da lanciare oltre la barricata!
Una mondo incantato, con 75 mila respiri. Altro che la murella di Como!
Mi piace immensamente "la Ciambella", quella formella con il buco in centro, a cui si arriva percorrendo il fiume, con le tante torri e torrette sull'attenti che, come soldatini, ci accompagnano e, traguardando in quel foro, si ammira la ruota panoramica sul laghetto...dell'Idroscalo cinese.
Il nostro "Michelangiolo" comasco, novello Leonardo lariano, funambolico ed immaginifico Magister, perdonerà il mio maccheronico approccio all'architettura, che chiama Ciambella una margherita, un diamante di vetri e riflessi, dove mente grezza e ristretta, da villan terricolo decifra l'armonia di forme come sagome a mattoncini, sovrapposti, a sbalzo e in equilibrio: nelle campagne, da cui provengo, tanta grazia non l'avevo mai vista.
L'acqua, la vita, il liquido formare e deformare, l'acqua di casa sua: un poco del suo lago, del suo mondo, il Joseph l'ha trapiantato, in quel di Cina.
Jingwu...eco-town...eco-densità: mica quisquilie, bazzecole, pinzillacchere, sciocchezzuole, reboanti parole per riempirsi la bocca, effetti speciali o concetti sacerdotali, a far soggezione allo zotico, al volgo Beppo-vulgaris.
Eco sta per qualcosa a misura d'uomo, la soffice bambagia e il calore naturale della pelle e dell'amore di una mamma, che da piccolo ti protegge e ti scalda: la natura genitrice di tutto il vivente, dal cui ventre siamo venuti e dalle cui mammelle abbiamo succhiato il latte della vita.
Jingwu vuole essere questo, ma anche raccogliere la quantità, oltre che la qualità, a vedere il numero non come un affollamento caotico, "mandrianesco", raffazzonato, raccogliticcio, compromesso del compresso, alla sardine da scatolame.
- «Densificare un territorio, dal punto di vista abitativo, consente di mitigare l'impatto ambientale: per esempio, preservando altre porzioni dello stesso territorio; ma anche per un risparmio economico ed energetico generale. Pensiamo solo a cosa significa poter fare la spesa a piedi [...] Se tutti sono vicini serve meno energia [...] più funzioni e relazioni, nessun rischio di quartieri-alveare [...] si moltiplicano i rapporti sociali, i valori identitari, come nella città medioevale, povera di verde, ma non disumana, ove il simile cercava e trovava il proprio simile [...] trovo più alienante una periferia rarefatta, divisa per zone stagne - qui si dorme, là si produce - che una densamente abitata ma con una molteplicità di funzioni integrate.»
Oltre al cuore, ecco che Joseph ci ha buttato anche l'anima, di là dal muro...non dalla murella comasca.
- «Signora, il dottore vorrebbe salutarla», avvisa lo spallato angelo custode di Cristiano.
Ciao, Magdi, non ti rompo oltre con la mia presenza, che ormai io mi sento valore aggiunto, ma come i chili di troppo per chi già abbonda di ciccia.
Per un momento mi sono sentito illuminato di luce riflessa e, tra Joseph e lui, mi son detto fortunato, d'aver preso...due piccioni con una fava :-))
Ai di Pasquale e al caro Magdi, il saluto del Beppe...il Beppe-Paolini, con l'augurio che la benevolenza del buon destino continui a poggiare sulla loro fronte il serto d'alloro!
Io, secondo me...02.10.2009
mercoledì 30 settembre 2009
Obamalucco
"La donzelletta vien dalla campagna...
e reca in mano un mazzolin di rose e viole,
onde, siccome suole, ornare ella si appresta
...il petto e il crine".
Oddio, "le phisique du role", il fisico adatto al ruolo ce l'ha, il bell'abbronzato, l'Obama;
lungo, lungo, secco, secco, asciutto...difetta un poco di tetta, ma non di crine e, se usa il pelo come fosse velcro, i fiorellini ci stanno attaccati, come gli insetti sulla carta moschicida.
E già, pechè è sicuramente cosi che lo vede Ahmadinejad, l'Hossein Salami, comandante delle forze aeree dei Guardiani della Rivoluzione, l'Ali Larijani, presidente del Parlamento iraniano, Hassan Qashqavi, portavoce del ministero degli Esteri, il ministro della Difesa, Ahmad Vahidi e Mohsen Fakrizadeh - lo scienziato iraniano al quale il governo ha affidato il compito di progettare la testata atomica, da installare sul prepuzio del missile - e cosi via, fino a percorrere, in lungo e in largo, tutta la gerarchia missil-nucleare, che il Mahmud si porta appeso, come un albero le sue pere.
Che grasse risate e battute girano, da quando hanno sostituito George "dabliu" Bush con il Barak.
A casa sua, sa di fresco: profuma come il bucato appena steso, messo ad asciugare;
basta con quel sentore d'umido, di muffa e stantio, il pane biscottato e duro del giorno prima: l'America ha cambiato marcia, e si presenta con le rughe spianate dal botulino.
Come far entrare un fighetto nel penitenziario!
Similmente ad un passero in tempo di cacciagione, ecco l'implume svolazzare, con un rametto d'ulivo nel becco, nella riserva di caccia.
- «Ehi, Hossein: lo si impiomba con il Shahab 3 o proviamo Sajil?»
Mahmud doveva proprio avere le lacrime agli occhi dal ridere, mentre domandava al fido Salami quale supposta infilare all'ingenuo pollastro che, per la prima volta, usciva dalla sua riserva abituale;
infatti Obama non sa 'na mazza di politica estera, che per lui è un vergine buco nero ancora da esplorare.
Svolazza di fiore in fiore, gentil farfalletta, che a chi l'incontra non par vero tanta fortuna, di trovare un bocconcino così tenero da ingoiare, senza la fatica della lotta.
- «Pace, pace: pane, amore e fantasia», farnetica il nostro pulcino, svolazzando tra sciami d'avvoltoi.
Dal Bin Laden all'Ahmadinejad, dal boss degli Hezbollah libanesi, Sayyed Hassan Nasrallah ad Hamas, si brinda alla fortuna sfrontata:
- «Cumpà: chillo è fessacchiott, e pure 'nu poco scemo!»
"Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vò; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave".
Ma, sant'Iddio: sto mammalucco, anzi, Obamalucco, proprio adesso doveva spuntare?
Una volta si diceva che "Quando il gioco si fa duro, i duri entrano in campo", e noi invece andiamo a presentare 'o capatosta, uno zuccone che, per fargli capire che lo stanno fregando ce ne vuole, che vale la regola del mio amico meneghino, el Giuann che, nella sua sintesi e semplicità contadina, afferma che:
- «Sa fa pusé a svelta a picaghel in del cu, che a metighel in del cò!»,
di come e dove più facile infilare un concetto, piuttosto che nella zucca dell'allocco.
Obamalucco è come la pubblicità del vecchio Carosello, di quando noi, bambini, una volta finito, si andava tutti a letto: a dormire, proprio come fa lui.
"Si vis pacem, para bellum", se vuoi la pace, prepara la guerra, dicevano i nostri scafati antenati, forgiati nell'acciaio dell'esperienza;
Il nostro, invece, recita un maccheronico "Si vis pacem, para cessum", se vuoi la pace, prepara il cesso, che c'hanno dato la purga.
- «Obama: hanno scoperto nuove centrifughe!»
Occhio vispo, da pesce lesso, pronta risposta:
- «Orca boia: dico subito a Michelle di portare la roba in lavanderia!»
Missili e bombarde, pestar di pugni e bausciate, bulli e nanerottoli sono ad appestare l'intero scacchiere politico mondiale: qualsiasi stronzetto di moscerino si sente legittimato a prendere per i fondelli l'elefante, tanto è risaputo che...
sa fa pusé a svelta a picaghel in del cu, che a metighel in del cò!
Io, secondo me...30.09.2009
e reca in mano un mazzolin di rose e viole,
onde, siccome suole, ornare ella si appresta
...il petto e il crine".
Oddio, "le phisique du role", il fisico adatto al ruolo ce l'ha, il bell'abbronzato, l'Obama;
lungo, lungo, secco, secco, asciutto...difetta un poco di tetta, ma non di crine e, se usa il pelo come fosse velcro, i fiorellini ci stanno attaccati, come gli insetti sulla carta moschicida.
E già, pechè è sicuramente cosi che lo vede Ahmadinejad, l'Hossein Salami, comandante delle forze aeree dei Guardiani della Rivoluzione, l'Ali Larijani, presidente del Parlamento iraniano, Hassan Qashqavi, portavoce del ministero degli Esteri, il ministro della Difesa, Ahmad Vahidi e Mohsen Fakrizadeh - lo scienziato iraniano al quale il governo ha affidato il compito di progettare la testata atomica, da installare sul prepuzio del missile - e cosi via, fino a percorrere, in lungo e in largo, tutta la gerarchia missil-nucleare, che il Mahmud si porta appeso, come un albero le sue pere.
Che grasse risate e battute girano, da quando hanno sostituito George "dabliu" Bush con il Barak.
A casa sua, sa di fresco: profuma come il bucato appena steso, messo ad asciugare;
basta con quel sentore d'umido, di muffa e stantio, il pane biscottato e duro del giorno prima: l'America ha cambiato marcia, e si presenta con le rughe spianate dal botulino.
Come far entrare un fighetto nel penitenziario!
Similmente ad un passero in tempo di cacciagione, ecco l'implume svolazzare, con un rametto d'ulivo nel becco, nella riserva di caccia.
- «Ehi, Hossein: lo si impiomba con il Shahab 3 o proviamo Sajil?»
Mahmud doveva proprio avere le lacrime agli occhi dal ridere, mentre domandava al fido Salami quale supposta infilare all'ingenuo pollastro che, per la prima volta, usciva dalla sua riserva abituale;
infatti Obama non sa 'na mazza di politica estera, che per lui è un vergine buco nero ancora da esplorare.
Svolazza di fiore in fiore, gentil farfalletta, che a chi l'incontra non par vero tanta fortuna, di trovare un bocconcino così tenero da ingoiare, senza la fatica della lotta.
- «Pace, pace: pane, amore e fantasia», farnetica il nostro pulcino, svolazzando tra sciami d'avvoltoi.
Dal Bin Laden all'Ahmadinejad, dal boss degli Hezbollah libanesi, Sayyed Hassan Nasrallah ad Hamas, si brinda alla fortuna sfrontata:
- «Cumpà: chillo è fessacchiott, e pure 'nu poco scemo!»
"Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vò; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave".
Ma, sant'Iddio: sto mammalucco, anzi, Obamalucco, proprio adesso doveva spuntare?
Una volta si diceva che "Quando il gioco si fa duro, i duri entrano in campo", e noi invece andiamo a presentare 'o capatosta, uno zuccone che, per fargli capire che lo stanno fregando ce ne vuole, che vale la regola del mio amico meneghino, el Giuann che, nella sua sintesi e semplicità contadina, afferma che:
- «Sa fa pusé a svelta a picaghel in del cu, che a metighel in del cò!»,
di come e dove più facile infilare un concetto, piuttosto che nella zucca dell'allocco.
Obamalucco è come la pubblicità del vecchio Carosello, di quando noi, bambini, una volta finito, si andava tutti a letto: a dormire, proprio come fa lui.
"Si vis pacem, para bellum", se vuoi la pace, prepara la guerra, dicevano i nostri scafati antenati, forgiati nell'acciaio dell'esperienza;
Il nostro, invece, recita un maccheronico "Si vis pacem, para cessum", se vuoi la pace, prepara il cesso, che c'hanno dato la purga.
- «Obama: hanno scoperto nuove centrifughe!»
Occhio vispo, da pesce lesso, pronta risposta:
- «Orca boia: dico subito a Michelle di portare la roba in lavanderia!»
Missili e bombarde, pestar di pugni e bausciate, bulli e nanerottoli sono ad appestare l'intero scacchiere politico mondiale: qualsiasi stronzetto di moscerino si sente legittimato a prendere per i fondelli l'elefante, tanto è risaputo che...
sa fa pusé a svelta a picaghel in del cu, che a metighel in del cò!
Io, secondo me...30.09.2009
giovedì 24 settembre 2009
mercoledì 23 settembre 2009
Santanchè subito
Reagiscono a soli due stimoli, del tipo acceso-spento, on-off, bianco-nero, 0-1;
Sono arrivati con la valigia di cartone, chiusa con lo spago, ma al posto di pane e caciocavallo c'hanno tirato fuori il sacro libercolo, che li rassicura di quanto sono bravi e belli, le istruzioni per l'uso del filo - non interdentale, ma della lama - quattro regolette, elementari quanto loro, da seguire ed imporre "Urbi et orbi", alla città e al mondo, al rimanente di quelli che sono infedeli, cani, scimmie e porci.
Arrivano da noi - nel Nuovo Mondo - e cominciano la distribuzione di specchietti e collanine, l'unica illuminazione che credono noi si capisca;
Con i fogli del regolamento di condominio che gli abbiamo dato c'hanno fatto strati di morbidezza, da portare nel gabinetto di guerra.
Ci hanno restituito il loro, la sharia, il giornalino della parrocchia di provenienza, che vuole riscrivere tutto, partendo addirittura dalla storia del mondo, che la vogliono riveduta e corretta, secondo nuovo editore e edizione.
Sono brutali, volgari, irrispettosi, altezzosi, "sboroni", come dicono a Bologna, ovvero, gradassi, portatori di bullismo da branco.
Prendiamo l'esempio del burqa, il velo integrale: da noi è sgradito e sgradevole, assolutamente estraneo alle abitudini di casa, prigione mobile, ergastolo ambulante, umiliazione unilaterale; insomma: 'na chiavica!
Da noi non ci deve stare, fa schifo, sa di tribù bingo-bongo.
In un mare di vigliacca indifferenza e passiva rassegnazione, c'è chi non si piega alla vaselina e reagisce.
Daniela Santanchè, donna e sommamente attenta ai diritti delle stesse, aveva indetto, a Milano, una manifestazione per la libertà delle donne musulmane e contro il burqa, davanti a quel teatro Ciak, all'interno dell'ex Fabbrica del Vapore dove, a fine '800, si costruivano materiali per le ferrovie, oggi centro culturale e spazio per mostre.
Zotici quanto sono, i più scalmanati "taleban-barbudos" hanno pensato che, alle loro femmine, ci volevano togliere il velo per lasciarle senza buccia, nude come mamma le ha fatte, tant'è che uno, infiammato come uno zolfanello passato sul ruvido, sincopato che pareva un pomodoro maturo, urlava a...squarciagola:
- «Non toccate le nostre donne!»
E che, se gli si toglie anche questo segno di dominanza e prepotente potere, dietro di loro il nulla: con la testa alle stelle, si trovano nelle stalle, ad essere il culo, negli opposti valori della crescita dell'Homo Sapiens Sapiens.
Per trovare dei maestri dell'imballo come loro, si deve andare lontano nel tempo; almeno al tempo dei Faraoni, quando si confezionavano le mummie, avvolgendole nell'equivalente del burqa: ma almeno, gli insaccati, erano già morti, belle che stecchiti.
Qui no: con il lavoro si portano avanti, che ancora la poveretta respira.
Gli imbalsamatori moderni sono gli squinternati di Binallah, la "barbamuffa" sul formaggio andato a male, l'acido del latte rancido, fiaccato dal troppo tempo all'aperto, opprimenti e soffocanti, come la forfora sul capello o il cuscino sulla faccia.
"E qui comando io e questa e casa mia, ogni dì voglio sapere, ogni dì voglio sapere; e qui comando io e questa è casa mia, ogni dì voglio sapere chi viene e chi va", così faceva un vecchio ritornello, ma se è vero che comandano, non sono a casa loro, cazzo!
Il rapporto che quei burini hanno con le donne è come quello del "ragno-beduino" con la mosca: una volta prigioniera, la paralizza con il veleno e poi l'avvolge in un bel bozzolo, avviluppante e "burqoso";
sospesa in quel limbo di vita-non-vita, la poveretta attende rassegnata la fine dei giorni, invecchiando in quel coma vigile, a meno che sia consumata prima, secondo i capricci del ragno.
Sono esseri bipedi, all'aspetto somiglianti all'uomo ma, oltre la cotica, c'è il budello con la merenda genetica che un taccagno destino c'ha consegnato, che se guardi meglio ci trovi la crosta con scaglie e squame, callosità formate in quattordici secoli di retromarcia evolutiva.
Alla Santanchè non c'hanno risposto con il muscolo grigio-gelatinoso, ma con il bilanciere tra le gambe:
spintoni, insulti, minacce, e un bel pugno al torace, prima che la polizia bloccasse la mandriallah, impedendo sicuramente tentativi di linciaggio.
Questo in casa nostra, ad invocare rispetto per l'uso delle nostre cose e case, terra, storia e radici, per nostrane e indigene leggi e abitanti;
senza contare considerazione per la "sensibilità", elargita magra a noi e abbondante per gli altri.
Se io vado a casa loro devo mettere la tovaglia in testa a mia moglie, e qui mancherà poco debba fare lo stesso, visto che ci sono state scemette nostre che hanno protestato perché non si vuole il burqini, il tendone da bagno da far indossare, in piscina o in spiaggia, alle donne di proprietà dei talebani importati.
E via il Presepe; e via il Crocefisso; e silenzio alle campane; e a metter in croce le rane e preservativi in testa alla Madonna; attenti a dileggiare il Papa ma prudenti, a non far eguale per il maometto; e a sopportare occupazioni di sprezzanti bovi, che occupano piazze e strade, offrendo fondello e terga in dispetto al nostro sacro, minaccia...velata e possente prova muscolare, a farci prevedere quali sconquassi ci sarebbero qualora decidessero di far sul serio, se non abbassiamo coda e cresta.
L'Istituto culturale islamico di viale Jenner ha denunciato Daniela Santanchè per "turbativa di funzione religiosa autorizzata".
L'azione legale è stata firmata dal direttore del centro, Abdel Shaari, che l'aveva definita "fascista", arrivando alla sparata finale:
- «Non rappresenta nessuno, con me ci sono un milione di musulmani.»
E già, li ha liofilizzati e ridotti ad un dado: se li ributta in acqua ritornano a gonfiarsi in volume, come le sue balle!
Ma il verminaio-Jenner è famoso per l'allevamento di lombrichi.
A far da contrappasso alla schiumarola, ecco la Casa della cultura islamica di Via Padova, un centro moderato che da molti anni opera con iniziative sociali e interreligiose, di cui leggo:
- «Siamo contro ogni violenza», ha detto Mohammed Danova, della direzione della moschea «noi non c'eravamo [...] l'onorevole Santanchè manifestava contro la segregazione delle donne e contro il burqa. Su questo siamo d'accordo e dunque ha la nostra solidarietà [...] poteva venire da noi e può farlo: sarà l'occasione per rimediare a quest'incidente con un dialogo più costruttivo.»
Vediamo di tener separato il grano dal loglio. dall'erbe spinose e dalla tenace gramigna.
Dalle donne di sinistra, silenzio di tomba, ma la talebanizzazione somiglia troppo alla dottrina dei loro nonni e padri politico-ideologici: loro sono asessuate e il burqa l'hanno indossato per un secolo, con le fette di salame sugli occhi, sacrificando ogni femminilità per una rivoluzione, poi abortita nel ventre dell'utopia, fumo d'oppio e cimitero di popoli.
Santanchè - santa - subito!
E al resto di simili bipedi, mi metto la camicia...Brunetta e gli urlo:
- «Annate a morì ammazzati!»
Io, secondo me...23.09.2009
Sono arrivati con la valigia di cartone, chiusa con lo spago, ma al posto di pane e caciocavallo c'hanno tirato fuori il sacro libercolo, che li rassicura di quanto sono bravi e belli, le istruzioni per l'uso del filo - non interdentale, ma della lama - quattro regolette, elementari quanto loro, da seguire ed imporre "Urbi et orbi", alla città e al mondo, al rimanente di quelli che sono infedeli, cani, scimmie e porci.
Arrivano da noi - nel Nuovo Mondo - e cominciano la distribuzione di specchietti e collanine, l'unica illuminazione che credono noi si capisca;
Con i fogli del regolamento di condominio che gli abbiamo dato c'hanno fatto strati di morbidezza, da portare nel gabinetto di guerra.
Ci hanno restituito il loro, la sharia, il giornalino della parrocchia di provenienza, che vuole riscrivere tutto, partendo addirittura dalla storia del mondo, che la vogliono riveduta e corretta, secondo nuovo editore e edizione.
Sono brutali, volgari, irrispettosi, altezzosi, "sboroni", come dicono a Bologna, ovvero, gradassi, portatori di bullismo da branco.
Prendiamo l'esempio del burqa, il velo integrale: da noi è sgradito e sgradevole, assolutamente estraneo alle abitudini di casa, prigione mobile, ergastolo ambulante, umiliazione unilaterale; insomma: 'na chiavica!
Da noi non ci deve stare, fa schifo, sa di tribù bingo-bongo.
In un mare di vigliacca indifferenza e passiva rassegnazione, c'è chi non si piega alla vaselina e reagisce.
Daniela Santanchè, donna e sommamente attenta ai diritti delle stesse, aveva indetto, a Milano, una manifestazione per la libertà delle donne musulmane e contro il burqa, davanti a quel teatro Ciak, all'interno dell'ex Fabbrica del Vapore dove, a fine '800, si costruivano materiali per le ferrovie, oggi centro culturale e spazio per mostre.
Zotici quanto sono, i più scalmanati "taleban-barbudos" hanno pensato che, alle loro femmine, ci volevano togliere il velo per lasciarle senza buccia, nude come mamma le ha fatte, tant'è che uno, infiammato come uno zolfanello passato sul ruvido, sincopato che pareva un pomodoro maturo, urlava a...squarciagola:
- «Non toccate le nostre donne!»
E che, se gli si toglie anche questo segno di dominanza e prepotente potere, dietro di loro il nulla: con la testa alle stelle, si trovano nelle stalle, ad essere il culo, negli opposti valori della crescita dell'Homo Sapiens Sapiens.
Per trovare dei maestri dell'imballo come loro, si deve andare lontano nel tempo; almeno al tempo dei Faraoni, quando si confezionavano le mummie, avvolgendole nell'equivalente del burqa: ma almeno, gli insaccati, erano già morti, belle che stecchiti.
Qui no: con il lavoro si portano avanti, che ancora la poveretta respira.
Gli imbalsamatori moderni sono gli squinternati di Binallah, la "barbamuffa" sul formaggio andato a male, l'acido del latte rancido, fiaccato dal troppo tempo all'aperto, opprimenti e soffocanti, come la forfora sul capello o il cuscino sulla faccia.
"E qui comando io e questa e casa mia, ogni dì voglio sapere, ogni dì voglio sapere; e qui comando io e questa è casa mia, ogni dì voglio sapere chi viene e chi va", così faceva un vecchio ritornello, ma se è vero che comandano, non sono a casa loro, cazzo!
Il rapporto che quei burini hanno con le donne è come quello del "ragno-beduino" con la mosca: una volta prigioniera, la paralizza con il veleno e poi l'avvolge in un bel bozzolo, avviluppante e "burqoso";
sospesa in quel limbo di vita-non-vita, la poveretta attende rassegnata la fine dei giorni, invecchiando in quel coma vigile, a meno che sia consumata prima, secondo i capricci del ragno.
Sono esseri bipedi, all'aspetto somiglianti all'uomo ma, oltre la cotica, c'è il budello con la merenda genetica che un taccagno destino c'ha consegnato, che se guardi meglio ci trovi la crosta con scaglie e squame, callosità formate in quattordici secoli di retromarcia evolutiva.
Alla Santanchè non c'hanno risposto con il muscolo grigio-gelatinoso, ma con il bilanciere tra le gambe:
spintoni, insulti, minacce, e un bel pugno al torace, prima che la polizia bloccasse la mandriallah, impedendo sicuramente tentativi di linciaggio.
Questo in casa nostra, ad invocare rispetto per l'uso delle nostre cose e case, terra, storia e radici, per nostrane e indigene leggi e abitanti;
senza contare considerazione per la "sensibilità", elargita magra a noi e abbondante per gli altri.
Se io vado a casa loro devo mettere la tovaglia in testa a mia moglie, e qui mancherà poco debba fare lo stesso, visto che ci sono state scemette nostre che hanno protestato perché non si vuole il burqini, il tendone da bagno da far indossare, in piscina o in spiaggia, alle donne di proprietà dei talebani importati.
E via il Presepe; e via il Crocefisso; e silenzio alle campane; e a metter in croce le rane e preservativi in testa alla Madonna; attenti a dileggiare il Papa ma prudenti, a non far eguale per il maometto; e a sopportare occupazioni di sprezzanti bovi, che occupano piazze e strade, offrendo fondello e terga in dispetto al nostro sacro, minaccia...velata e possente prova muscolare, a farci prevedere quali sconquassi ci sarebbero qualora decidessero di far sul serio, se non abbassiamo coda e cresta.
L'Istituto culturale islamico di viale Jenner ha denunciato Daniela Santanchè per "turbativa di funzione religiosa autorizzata".
L'azione legale è stata firmata dal direttore del centro, Abdel Shaari, che l'aveva definita "fascista", arrivando alla sparata finale:
- «Non rappresenta nessuno, con me ci sono un milione di musulmani.»
E già, li ha liofilizzati e ridotti ad un dado: se li ributta in acqua ritornano a gonfiarsi in volume, come le sue balle!
Ma il verminaio-Jenner è famoso per l'allevamento di lombrichi.
A far da contrappasso alla schiumarola, ecco la Casa della cultura islamica di Via Padova, un centro moderato che da molti anni opera con iniziative sociali e interreligiose, di cui leggo:
- «Siamo contro ogni violenza», ha detto Mohammed Danova, della direzione della moschea «noi non c'eravamo [...] l'onorevole Santanchè manifestava contro la segregazione delle donne e contro il burqa. Su questo siamo d'accordo e dunque ha la nostra solidarietà [...] poteva venire da noi e può farlo: sarà l'occasione per rimediare a quest'incidente con un dialogo più costruttivo.»
Vediamo di tener separato il grano dal loglio. dall'erbe spinose e dalla tenace gramigna.
Dalle donne di sinistra, silenzio di tomba, ma la talebanizzazione somiglia troppo alla dottrina dei loro nonni e padri politico-ideologici: loro sono asessuate e il burqa l'hanno indossato per un secolo, con le fette di salame sugli occhi, sacrificando ogni femminilità per una rivoluzione, poi abortita nel ventre dell'utopia, fumo d'oppio e cimitero di popoli.
Santanchè - santa - subito!
E al resto di simili bipedi, mi metto la camicia...Brunetta e gli urlo:
- «Annate a morì ammazzati!»
Io, secondo me...23.09.2009
lunedì 21 settembre 2009
giovedì 17 settembre 2009
mercoledì 16 settembre 2009
mente malSanaa
E te pareva che mancasse l'ennesimo scarto di fabbrica: sgozzallah, come la madre amorevole degli imbecilli, produce in serie pezzi intercambiabili e buoni per ogni macellazione del suo premiato mattatoio;
certi personaggi te li trovi raccolti assieme, per sostanza e contenuto: cambia solo il colore della sacca della raccolta differenziata, ma sempre immondizia ci trovi, in quel budello, che di uomo si fregia immeritato titolo.
Questa volta si va a rovistare nella carcassa putrida di El Ketawi Dafani, padre di Sanaa; ieri era Mohammed Saleem, il "padrone" di Hina ma, visto uno visti tutti, gli adoratori del nuovo dio sgozzallah.
Spesso di derivazione intellettuale bovara o pecoreccia, questi personaggi hanno una paura boia delle donne: coscienti della propria nullità e incapacità a gestire un mondo che, correndo, se li è lasciati alle spalle, non accettano la naturale selezione, che all'estinzione destina appunto i capi inutili, e sono a motivare il proprio attaccamento all'esistenza nell'affrancamento in una dottrina che ne legittima superiorità e conseguente diritto di supremazia;
le donne, in tante culture e nello scorrere dei tempi, sono state scippate di un diritto paritario, ma i più hanno superato lo scoglio e, non per nulla hanno fatto ammenda, ed oggi chiamano la propria compagna con un tenero appellativo: l'altra metà del cielo.
Ancora tante scorie galleggiano in superficie, intossicando il tessuto sociale, ma sono alla berlina, indicati al pubblico disprezzo, sempre più destinati a diventare come l'acqua della lavatrice, quando se ne esce dallo scarico con lo sporco.
E la legge prevede e provvede alla livella;
e le donne, sempre più, sono a risalire la china che per tanto le ha viste sul fondo.
Non abbiamo la perfezione, ancora: ma la perfettibilità è sempre al lavoro.
Gli sgozzallah invece, no: il suo campione col pisello, già dall'avere quel batacchio tra le gambe si sente diritto di menarlo come un bastone;
pure il più scemo tra gli scemi pretende primeggiare, solo perché fa la pipì con la cannuccia!
Fosse solo il sistema idraulico, a farci migliori, allora il dio sgozzallah, che cazzo ha fatto esemplari senza la prolunga: che dio dei miei stivali è, se c'ha fatto la ciambella con il buco e s'è poi accorto che avrebbe preferito il cono gelato?
Da un deficiente simile, è ovvio che i suoi lombi erano destinare a riempire i villaggi, di scemi.
Come Mohammed Saleem.
Come El Ketawi Dafani.
Questi Bingo-bongo arrivano dalla tribù a noi, e vorrebbero continuare a fare in casa d'altri i padroni, come abituati nella propria;
ci disprezzano, per nostri usi e costumi, ci sopportano, meditano vendette e punizioni, e il prossimo loro ha sembianze da pecora, che obbedisce e si scanna alla bisogna; e attendono, pazientemente, subdolamente, incarniti come un'unghia, ma pronti a formare branco e cacciare, appena se ne presenta l'occasione.
Sono quelli che sciamano, occupano e bloccano marciapiedi e strade, perché devono pregare, e lo devono fare proprio tra i coglioni nostri;
oppure, composta la mandria, mostrano maschia virilità, occupando piazze dove, l'odiato che li ospita ha cattedrali che si affacciano, a dimostrazione del proprio, di religione e credo.
Importa una mazza: quando cambierà il vento, sapranno bene cosa farci;
intanto fanno le prove, saggiano l'avversario, ne tastano il ventre, per capire quanto è molle e, quando la massa burrosa lo permette, affondano i colpi.
Beninteso: sto sempre parlando dei figli di sgozzallah, che sono quelli a cui dobbiamo spuntare le unghie e limare i denti.
Cervelli grippati dalla sabbia del deserto, scuciono la gola senza esitazione alle proprie figlie;
- «Lo meritano; non seguono i precetti di dio, frequentano gli infedeli, gli impuri: scimmie, cani e porci!»
No, stronzi: sono l'esempio di una crescita, evoluzione ed integrazione che ogni dio, che sia veramente "Padre" e non "padrone", vorrebbe dai propri figli: altrimenti, sarebbe solo un deuccio da quattro soldi, creato ad immagine e somiglianza di esseri primitivi e involuti, alla Mohammed Saleem o El Ketawi Dafani.
"Amore" è parola che non conoscono, non comprendono, a saper coniugare solo «Il padrone sono me!»
Sanaa come Hina, e quante le hanno precedute e seguiranno, sono la speranza, il futuro, soffocate in culla dalla bestiale ignoranza, figlia di madre sempre incinta e degli sgozzallah.
I Mohammed Saleem e gli El Ketawi Dafani non sono buoni neppure per fare il pastone ai maiali.
Tanto più quando escono dai confini della tribù dei Binngo-bongo.
El Ketawi Dafani: una mente malata, putrida...malSanaa.
Io, secondo me...16.09.2009
certi personaggi te li trovi raccolti assieme, per sostanza e contenuto: cambia solo il colore della sacca della raccolta differenziata, ma sempre immondizia ci trovi, in quel budello, che di uomo si fregia immeritato titolo.
Questa volta si va a rovistare nella carcassa putrida di El Ketawi Dafani, padre di Sanaa; ieri era Mohammed Saleem, il "padrone" di Hina ma, visto uno visti tutti, gli adoratori del nuovo dio sgozzallah.
Spesso di derivazione intellettuale bovara o pecoreccia, questi personaggi hanno una paura boia delle donne: coscienti della propria nullità e incapacità a gestire un mondo che, correndo, se li è lasciati alle spalle, non accettano la naturale selezione, che all'estinzione destina appunto i capi inutili, e sono a motivare il proprio attaccamento all'esistenza nell'affrancamento in una dottrina che ne legittima superiorità e conseguente diritto di supremazia;
le donne, in tante culture e nello scorrere dei tempi, sono state scippate di un diritto paritario, ma i più hanno superato lo scoglio e, non per nulla hanno fatto ammenda, ed oggi chiamano la propria compagna con un tenero appellativo: l'altra metà del cielo.
Ancora tante scorie galleggiano in superficie, intossicando il tessuto sociale, ma sono alla berlina, indicati al pubblico disprezzo, sempre più destinati a diventare come l'acqua della lavatrice, quando se ne esce dallo scarico con lo sporco.
E la legge prevede e provvede alla livella;
e le donne, sempre più, sono a risalire la china che per tanto le ha viste sul fondo.
Non abbiamo la perfezione, ancora: ma la perfettibilità è sempre al lavoro.
Gli sgozzallah invece, no: il suo campione col pisello, già dall'avere quel batacchio tra le gambe si sente diritto di menarlo come un bastone;
pure il più scemo tra gli scemi pretende primeggiare, solo perché fa la pipì con la cannuccia!
Fosse solo il sistema idraulico, a farci migliori, allora il dio sgozzallah, che cazzo ha fatto esemplari senza la prolunga: che dio dei miei stivali è, se c'ha fatto la ciambella con il buco e s'è poi accorto che avrebbe preferito il cono gelato?
Da un deficiente simile, è ovvio che i suoi lombi erano destinare a riempire i villaggi, di scemi.
Come Mohammed Saleem.
Come El Ketawi Dafani.
Questi Bingo-bongo arrivano dalla tribù a noi, e vorrebbero continuare a fare in casa d'altri i padroni, come abituati nella propria;
ci disprezzano, per nostri usi e costumi, ci sopportano, meditano vendette e punizioni, e il prossimo loro ha sembianze da pecora, che obbedisce e si scanna alla bisogna; e attendono, pazientemente, subdolamente, incarniti come un'unghia, ma pronti a formare branco e cacciare, appena se ne presenta l'occasione.
Sono quelli che sciamano, occupano e bloccano marciapiedi e strade, perché devono pregare, e lo devono fare proprio tra i coglioni nostri;
oppure, composta la mandria, mostrano maschia virilità, occupando piazze dove, l'odiato che li ospita ha cattedrali che si affacciano, a dimostrazione del proprio, di religione e credo.
Importa una mazza: quando cambierà il vento, sapranno bene cosa farci;
intanto fanno le prove, saggiano l'avversario, ne tastano il ventre, per capire quanto è molle e, quando la massa burrosa lo permette, affondano i colpi.
Beninteso: sto sempre parlando dei figli di sgozzallah, che sono quelli a cui dobbiamo spuntare le unghie e limare i denti.
Cervelli grippati dalla sabbia del deserto, scuciono la gola senza esitazione alle proprie figlie;
- «Lo meritano; non seguono i precetti di dio, frequentano gli infedeli, gli impuri: scimmie, cani e porci!»
No, stronzi: sono l'esempio di una crescita, evoluzione ed integrazione che ogni dio, che sia veramente "Padre" e non "padrone", vorrebbe dai propri figli: altrimenti, sarebbe solo un deuccio da quattro soldi, creato ad immagine e somiglianza di esseri primitivi e involuti, alla Mohammed Saleem o El Ketawi Dafani.
"Amore" è parola che non conoscono, non comprendono, a saper coniugare solo «Il padrone sono me!»
Sanaa come Hina, e quante le hanno precedute e seguiranno, sono la speranza, il futuro, soffocate in culla dalla bestiale ignoranza, figlia di madre sempre incinta e degli sgozzallah.
I Mohammed Saleem e gli El Ketawi Dafani non sono buoni neppure per fare il pastone ai maiali.
Tanto più quando escono dai confini della tribù dei Binngo-bongo.
El Ketawi Dafani: una mente malata, putrida...malSanaa.
Io, secondo me...16.09.2009
martedì 15 settembre 2009
Rèmore
Dicasi rèmora quel motivo d'indugio e scrupolo, che accompagna chi porta un certo rispetto al prossimo suo e si chiede quanto le proprie azioni possano nuocere o no ai simili.
- «Quel che sto facendo è giusto? Non sto approfittando troppo di lavoro, opere e missioni di altri, a cui per nulla ho contribuito, non partecipando a formare valore aggiunto?»
Quelli di cui andrò a sparlare, non hanno nulla di tutto ciò, perché l'impronta genetica che li caratterizza li ha immunizzati, addestrati ad applicare una sola regola, legge e stile di vita:
"Mors tua vita mea", la tua morte è la mia vita.
Scartata quella classificazione e delicatezza di vita, ecco una che meglio li qualifica: nome comune e genere di pesci provvisti di una ventosa con cui si attaccano al ventre d'altri pesci o alla chiglia delle imbarcazioni: diffusi nelle acque calde e temperate di tutto il mondo.
Bingo: Sono loro!
Ancora non si è al parassitismo, ma ad accontentarsi di stare ai margini e vivere degli avanzi di tavole principesche.
Un antico e poetico retaggio li ricorda e vuole gruppo etnico originario dell'India nord occidentale, poi sciamati il Medio Oriente, in Europa e nell'Africa settentrionale;
evocazione del bel selvaggio, conducono vita nomade: gli uomini esercitando attività come il commercio di cavalli, la lavorazione e la riparazione di oggetti di rame; le donne, la chiromanzia e l'accattonaggio.
Ormai, di cavalli hanno solo quelli nel cofano motore dei loro mezzi gommati e l'unico rame che lavorano è quello che fregano dove trovano.
Rubano, ma è colpa delle occasioni che, si sa, fanno l'uomo ladro;
ma questo non si dice, non è politicamente corretto: si sussurra, si bisbiglia e si mormora, talvolta si borbotta.
Si impreca e si bestemmia, lanciando anatemi e maledizioni solo quando sei tu a subirne le conseguenze di una casa svaligiata, ma guai a dirlo ad alta voce: si è razzisti e xenofobi; al meglio: intolleranti.
Andate a dirlo a quelli che si trovano i terreni occupati da questi, che alla partenza se li ritrovano come a "Ground Zero", dopo la caduta delle torri gemelle!
E anche i moralisti, ipocrite tombe imbiancate, si guardano bene dal non dare tutte le mandate alla serratura della porta blindata, a quella delle inferriate, attivare gli allarmi, ostacolare con Cavalli di Frisia e campi minati e liberare il molossoide dalla museruola, prima di allontanarsi da casa quando, nelle vicinanze, il tam-tam avvisa della tribù ostile alle porte.
Non prendiamoci per i fondelli: i cavalli non li compra più nessuno e il calderaio, che riparava il culo delle pignatte, è scomparso da un pezzo: di che altro campano?
Il passo, dalla rèmora che si attacca e ciba dei rimasugli del pasto dell'animale cui si affranca, è stato a divenire sanguisuga, che gli sono spuntati i dentini per affondare nella carne e ciucciare dal sistema idraulico di chi se li trova addosso.
Allo squillo di tromba si sono mossi in massa, come gli spagnoli di Cortez verso le fantasiose città d'oro degli Aztechi.
Solo che l'Eldorado, luogo leggendario dove si dice vi fossero immense quantità d'oro e pietre preziose, era l''Italia nostra.
Cadute le frontiere, a tanti non è parso vero di liberarsi dalle zecche, a dar da intendere che il nostro pelo era il migliore, e il sangue buono, su cui attaccarsi.
- «In Italia, in Italia! Se beve, se magna e se campa senza fà fatica!»
Come in ogni famiglia che si rispetti, anche quelli si trascinano i parenti poveri, che dal catalogo Ikea dei disperati si portavano in scatole di montaggio casetta e mobilia, fatte di lamiere, sacchi di tela, pietre, mattonelle e legni raccolti nelle discariche, ondulati in plexiglass e quanto di più raccogliticcio e posticcio lo scarto potesse offrire.
I blasonati tra quelli, sono al "Take away" che, più che prendi e porta a casa si legga prendi e torna a casa, che è dovunque, basta che sia spazzolabile;
come i nostri vecchi quando, per non impoverire la terra con uno sfruttamento troppo intensivo, applicavano la tecnica della rotazione: lasciar riposare il suolo, al fine di favorirne di nuovo l'ingrasso e ricominciare a spolpare, all'osso.
Ancora cavalli da mercanteggiare e pignatte di rame da rabberciare, nell'immaginario pubblico.
Altri, i più sfigati, con una vita della consistenza del cartone, tenuta assieme dallo spago di stenti e stracci, hanno solo spostato la miseria.
Per liberarsi di loro c'hanno promesso e dato da intendere che il nostro fosse il paese del bengodi e poi, appena usciti, bam! Gli hanno sbattuto la porta dietro il culo, prima che si accorgessero di essere stati gabbati e scaricati, che nulla era cambiato...o quasi;
e già, perché una differenza c'è: noi siamo fessi!
Ci dobbiamo preparare campi attrezzati, con acqua corrente e servizi adeguati, che costano un occhio a tenerli perché la cultura della cura dell'altrui cosa, dell'ordine e della pulizia è simile a quella degli Unni di Attila, che frollavano la carne da mangiare tenendola tra le proprie chiappe e la schiena del cavallo: il fermarsi e il socializzare duravano il tempo di riempire la sacca degli ori e a che il puledro avesse il tempo per fare la popò.
Qualcuno che campa su di loro però c'è anche qui: tante associazioni che prendono un tot al chilo, per ognuno di quelli, per un'assistenza che assorbe ma spurga meno di tanto che amministra, per quelle galline ovaiole.
Una politica, che aveva ben presente l'opportunità di farsi l'ovetto ogni mattina, ne aveva facilitato l'ingresso, con pari umanità che si ha per un tacchino, sotto la festività del Natale, o per un capretto di Pasqua.
Saggezza avrebbe altrimenti voluto che, per impedire il collasso del sistema, si consentisse l'ingresso solo a chi poteva dimostrare una ragionevole possibilità di mantenersi, con mezzi e produttività propria, non solo a fare lo stagnino da pignatte, marmitte, padelle e tegami, chiromanzia e accattonaggio.
Ma l'indotto che deriva dall'assistenza giustifica un lucroso mercato di un far politica altrimenti fallimentare.
Sempre chiedersi: a chi giova?
Come per i cessi da strada del vecchio imperatore romano Vespasiano, anche qui, nelle baraccopoli e nel degrado, "Pecunia non olet", il denaro non puzza!
Ogni cosa si faccia loro e per loro, porta a movimenti di denaro, che scorre come l'acqua dal cocuzzolo del monte: parte torrente, poi fiume, fiumiciattolo, rio, ruscello, rivolo per arrivare a misera pozza stagnate.
Un finto buonismo attiva le tette del latte, come il mordicchiare del vitello sotto la mammella, ma altri scremano la panna e la poppata.
Dato per scontato che anche dalla miseria si può trarre palanche, ecco dimostrato che ancora non si può cavar sangue dalle rape, ma dalle teste di rapa del "fighettobuonismo", questo sì.
Milano per tutti, Milano docet, insegna.
"[...] Due milioni di euro da stanziare per incoraggiare i Rom a passare dai campi nomadi alla casa in affitto: una media di diecimila euro a testa".
Mi ricorda un vecchio motivetto, già sentito, che pressappoco suonava così:
- «Ehi, Rom: se prendi baracca e burattini e smammi dal mio comune o te ne torni da dove sei venuto, ti offro soldini sonanti.»
Della serie: vai a rompere i coglioni a qualcun altro.
Ovvio che, mostrandoci ricattabili, tanti altri pitocchi sono a piombare in un simile paese dei balocchi.
Diecimila euro...quanti poveri nostri vecchietti sognano un contributo simile, per passare da uno sgabuzzino ad un locale che merita un simile nome; quanti a vivere di pane (poco) e cipolla nei giorni di festa, per arrivare alla fine del mese con la misera pensione?
Quanti, anche nelle case del Comune, appena ricoverati per un acciacco, si sono trovati occupati la casa e, seppur legittimati, niente e nessuno più riesce a far loro riottenere un diritto?
E io, minchione di un contribuente, dovrei scucire baiocchi a chi mai ha dato nulla al mio paese ed ora batte cassa?
Ma il bello è che hanno rifiutato!
"[...] assolutamente troppo pochi", risponde Maurizio Pagani, dell'Opera Nomadi di Milano.
Pochi? Ma chi ci deve mangiare con quei quattrini, oltre agli "immibriganti"?
Cazzo, ma se ho visto pensionati raccattare avanzi di verdura e frutta, dopo che il mercato ha levato le tende, come fanno i topi tra scarti e avanzi, e quelli non li considera nessuno!!
Sono pochi?
Ogni numero, sopra lo zero assoluto, è già troppo, troppo!!!
E questi sgomitano, passando in testa alla coda, ciurlandosi pure la mazzetta?
C'ho le palle piene di vedere pie carampane preoccuparsi per il povero importato e tonache preoccupate di dare spazio al beduino senza tetto per il predicozzo, in manifestazioni di fighettaggio esotico, a fare credere di saper andare oltre al campanilismo di provincia, credendo con ciò di diventare cittadini del mondo!
Come se la pianta si sentisse vergognosa delle proprie radici, credendo meglio le gambe dei boscaioli.
L'aiuto non si nega a nessuno, ma il nostro fare il buon Samaritano non deve pensare pari l'offrire sangue al bisognoso invece che ad una mignatta.
E non si faccia finta di leggere queste mie righe ignorando volutamente che parlo di gramigna e non di foraggio.
Qualcuno, chi che fosse arrivato alla fine di questa mia, potrà odiarmi, ma il fioretto non è l'arma con cui amo tirar di scherma;
e poi, oltre che in testa, non ho peli neppure sulla lingua.
Di più: non ho...remore di sorta nel parlar fuori dai denti.
Chi poi l'avesse da presentare, uno di quelli ancora lo trova, che ricordando l'antica arte dei padri lo prende...per il fondello, che magari non sarà più di rame ma la faccia loro è sempre quella: di bronzo!
Io, secondo me...15.09.2009
- «Quel che sto facendo è giusto? Non sto approfittando troppo di lavoro, opere e missioni di altri, a cui per nulla ho contribuito, non partecipando a formare valore aggiunto?»
Quelli di cui andrò a sparlare, non hanno nulla di tutto ciò, perché l'impronta genetica che li caratterizza li ha immunizzati, addestrati ad applicare una sola regola, legge e stile di vita:
"Mors tua vita mea", la tua morte è la mia vita.
Scartata quella classificazione e delicatezza di vita, ecco una che meglio li qualifica: nome comune e genere di pesci provvisti di una ventosa con cui si attaccano al ventre d'altri pesci o alla chiglia delle imbarcazioni: diffusi nelle acque calde e temperate di tutto il mondo.
Bingo: Sono loro!
Ancora non si è al parassitismo, ma ad accontentarsi di stare ai margini e vivere degli avanzi di tavole principesche.
Un antico e poetico retaggio li ricorda e vuole gruppo etnico originario dell'India nord occidentale, poi sciamati il Medio Oriente, in Europa e nell'Africa settentrionale;
evocazione del bel selvaggio, conducono vita nomade: gli uomini esercitando attività come il commercio di cavalli, la lavorazione e la riparazione di oggetti di rame; le donne, la chiromanzia e l'accattonaggio.
Ormai, di cavalli hanno solo quelli nel cofano motore dei loro mezzi gommati e l'unico rame che lavorano è quello che fregano dove trovano.
Rubano, ma è colpa delle occasioni che, si sa, fanno l'uomo ladro;
ma questo non si dice, non è politicamente corretto: si sussurra, si bisbiglia e si mormora, talvolta si borbotta.
Si impreca e si bestemmia, lanciando anatemi e maledizioni solo quando sei tu a subirne le conseguenze di una casa svaligiata, ma guai a dirlo ad alta voce: si è razzisti e xenofobi; al meglio: intolleranti.
Andate a dirlo a quelli che si trovano i terreni occupati da questi, che alla partenza se li ritrovano come a "Ground Zero", dopo la caduta delle torri gemelle!
E anche i moralisti, ipocrite tombe imbiancate, si guardano bene dal non dare tutte le mandate alla serratura della porta blindata, a quella delle inferriate, attivare gli allarmi, ostacolare con Cavalli di Frisia e campi minati e liberare il molossoide dalla museruola, prima di allontanarsi da casa quando, nelle vicinanze, il tam-tam avvisa della tribù ostile alle porte.
Non prendiamoci per i fondelli: i cavalli non li compra più nessuno e il calderaio, che riparava il culo delle pignatte, è scomparso da un pezzo: di che altro campano?
Il passo, dalla rèmora che si attacca e ciba dei rimasugli del pasto dell'animale cui si affranca, è stato a divenire sanguisuga, che gli sono spuntati i dentini per affondare nella carne e ciucciare dal sistema idraulico di chi se li trova addosso.
Allo squillo di tromba si sono mossi in massa, come gli spagnoli di Cortez verso le fantasiose città d'oro degli Aztechi.
Solo che l'Eldorado, luogo leggendario dove si dice vi fossero immense quantità d'oro e pietre preziose, era l''Italia nostra.
Cadute le frontiere, a tanti non è parso vero di liberarsi dalle zecche, a dar da intendere che il nostro pelo era il migliore, e il sangue buono, su cui attaccarsi.
- «In Italia, in Italia! Se beve, se magna e se campa senza fà fatica!»
Come in ogni famiglia che si rispetti, anche quelli si trascinano i parenti poveri, che dal catalogo Ikea dei disperati si portavano in scatole di montaggio casetta e mobilia, fatte di lamiere, sacchi di tela, pietre, mattonelle e legni raccolti nelle discariche, ondulati in plexiglass e quanto di più raccogliticcio e posticcio lo scarto potesse offrire.
I blasonati tra quelli, sono al "Take away" che, più che prendi e porta a casa si legga prendi e torna a casa, che è dovunque, basta che sia spazzolabile;
come i nostri vecchi quando, per non impoverire la terra con uno sfruttamento troppo intensivo, applicavano la tecnica della rotazione: lasciar riposare il suolo, al fine di favorirne di nuovo l'ingrasso e ricominciare a spolpare, all'osso.
Ancora cavalli da mercanteggiare e pignatte di rame da rabberciare, nell'immaginario pubblico.
Altri, i più sfigati, con una vita della consistenza del cartone, tenuta assieme dallo spago di stenti e stracci, hanno solo spostato la miseria.
Per liberarsi di loro c'hanno promesso e dato da intendere che il nostro fosse il paese del bengodi e poi, appena usciti, bam! Gli hanno sbattuto la porta dietro il culo, prima che si accorgessero di essere stati gabbati e scaricati, che nulla era cambiato...o quasi;
e già, perché una differenza c'è: noi siamo fessi!
Ci dobbiamo preparare campi attrezzati, con acqua corrente e servizi adeguati, che costano un occhio a tenerli perché la cultura della cura dell'altrui cosa, dell'ordine e della pulizia è simile a quella degli Unni di Attila, che frollavano la carne da mangiare tenendola tra le proprie chiappe e la schiena del cavallo: il fermarsi e il socializzare duravano il tempo di riempire la sacca degli ori e a che il puledro avesse il tempo per fare la popò.
Qualcuno che campa su di loro però c'è anche qui: tante associazioni che prendono un tot al chilo, per ognuno di quelli, per un'assistenza che assorbe ma spurga meno di tanto che amministra, per quelle galline ovaiole.
Una politica, che aveva ben presente l'opportunità di farsi l'ovetto ogni mattina, ne aveva facilitato l'ingresso, con pari umanità che si ha per un tacchino, sotto la festività del Natale, o per un capretto di Pasqua.
Saggezza avrebbe altrimenti voluto che, per impedire il collasso del sistema, si consentisse l'ingresso solo a chi poteva dimostrare una ragionevole possibilità di mantenersi, con mezzi e produttività propria, non solo a fare lo stagnino da pignatte, marmitte, padelle e tegami, chiromanzia e accattonaggio.
Ma l'indotto che deriva dall'assistenza giustifica un lucroso mercato di un far politica altrimenti fallimentare.
Sempre chiedersi: a chi giova?
Come per i cessi da strada del vecchio imperatore romano Vespasiano, anche qui, nelle baraccopoli e nel degrado, "Pecunia non olet", il denaro non puzza!
Ogni cosa si faccia loro e per loro, porta a movimenti di denaro, che scorre come l'acqua dal cocuzzolo del monte: parte torrente, poi fiume, fiumiciattolo, rio, ruscello, rivolo per arrivare a misera pozza stagnate.
Un finto buonismo attiva le tette del latte, come il mordicchiare del vitello sotto la mammella, ma altri scremano la panna e la poppata.
Dato per scontato che anche dalla miseria si può trarre palanche, ecco dimostrato che ancora non si può cavar sangue dalle rape, ma dalle teste di rapa del "fighettobuonismo", questo sì.
Milano per tutti, Milano docet, insegna.
"[...] Due milioni di euro da stanziare per incoraggiare i Rom a passare dai campi nomadi alla casa in affitto: una media di diecimila euro a testa".
Mi ricorda un vecchio motivetto, già sentito, che pressappoco suonava così:
- «Ehi, Rom: se prendi baracca e burattini e smammi dal mio comune o te ne torni da dove sei venuto, ti offro soldini sonanti.»
Della serie: vai a rompere i coglioni a qualcun altro.
Ovvio che, mostrandoci ricattabili, tanti altri pitocchi sono a piombare in un simile paese dei balocchi.
Diecimila euro...quanti poveri nostri vecchietti sognano un contributo simile, per passare da uno sgabuzzino ad un locale che merita un simile nome; quanti a vivere di pane (poco) e cipolla nei giorni di festa, per arrivare alla fine del mese con la misera pensione?
Quanti, anche nelle case del Comune, appena ricoverati per un acciacco, si sono trovati occupati la casa e, seppur legittimati, niente e nessuno più riesce a far loro riottenere un diritto?
E io, minchione di un contribuente, dovrei scucire baiocchi a chi mai ha dato nulla al mio paese ed ora batte cassa?
Ma il bello è che hanno rifiutato!
"[...] assolutamente troppo pochi", risponde Maurizio Pagani, dell'Opera Nomadi di Milano.
Pochi? Ma chi ci deve mangiare con quei quattrini, oltre agli "immibriganti"?
Cazzo, ma se ho visto pensionati raccattare avanzi di verdura e frutta, dopo che il mercato ha levato le tende, come fanno i topi tra scarti e avanzi, e quelli non li considera nessuno!!
Sono pochi?
Ogni numero, sopra lo zero assoluto, è già troppo, troppo!!!
E questi sgomitano, passando in testa alla coda, ciurlandosi pure la mazzetta?
C'ho le palle piene di vedere pie carampane preoccuparsi per il povero importato e tonache preoccupate di dare spazio al beduino senza tetto per il predicozzo, in manifestazioni di fighettaggio esotico, a fare credere di saper andare oltre al campanilismo di provincia, credendo con ciò di diventare cittadini del mondo!
Come se la pianta si sentisse vergognosa delle proprie radici, credendo meglio le gambe dei boscaioli.
L'aiuto non si nega a nessuno, ma il nostro fare il buon Samaritano non deve pensare pari l'offrire sangue al bisognoso invece che ad una mignatta.
E non si faccia finta di leggere queste mie righe ignorando volutamente che parlo di gramigna e non di foraggio.
Qualcuno, chi che fosse arrivato alla fine di questa mia, potrà odiarmi, ma il fioretto non è l'arma con cui amo tirar di scherma;
e poi, oltre che in testa, non ho peli neppure sulla lingua.
Di più: non ho...remore di sorta nel parlar fuori dai denti.
Chi poi l'avesse da presentare, uno di quelli ancora lo trova, che ricordando l'antica arte dei padri lo prende...per il fondello, che magari non sarà più di rame ma la faccia loro è sempre quella: di bronzo!
Io, secondo me...15.09.2009
venerdì 11 settembre 2009
giovedì 10 settembre 2009
mercoledì 9 settembre 2009
martedì 8 settembre 2009
Il buio oltre la Negri
- «Qui sono io che porto i pantaloni!»
Non c'è più religione; non è più come ai bei tempi quando, davanti ad un'affermazione così maschia, la donna abbassava le orecchie e si accucciava, con la coda tra le gambe, addomesticata, obbediente e sottomessa.
Lascio prudentemente il campo, nel momento in cui la moglie si tira su le maniche, che non sono tanto sicuro che lo faccia solo per strizzare lo strofinaccio nel secchio, nella posa plastica accentuata dalle curve disegnate dai pantaloncini, in tela di cotone scuro.
A distanza di sicurezza, incasso il colpo basso nell'amor proprio e cambio marcia:
- «Parliamone!?»
Ahi, ahi, ahi!
Mi accorgo subito che mi sono giocato quel poco d'autorità che volevo illudermi ancora di avere.
Visto dalla parte di una Società per Azioni, mi è parso subito chiaro di essere diventato socio di minoranza, che parla da solo intanto che l'altra metà stende il verbale di chiusura dell'assemblea.
Non è stata una buona idea quella di giocarmi la maschia predominanza puntando sulla muffita frase dei nonni sul potere del pantalone e del suo abitante, visto che non più il primato spetta al villoso omone e il vecchio armamentario della supremazia mascolina c'ha ormai la ruggine.
- «Tiè! Prendi straccio e spazzolone e fammi i pavimenti, che io c'ho da stirare.»
Guardo avvilito le belle pantofoline vicino al divano e il giornale d'oggi, che leggerò domani, dopo aver lucidato la vasca e il lavandino, le scarpe, preparato il vestire per il giorno dopo, aver accomodato nell'armadio i capi stirati, vuotato la pattumiera, fatto la spesa e riposto in modo corretto i vari prodotti, nel frigorifero, nella dispensa o negli armadietti dei detersivi.
Insomma: l'ora di cena arriva, i telegiornali imperversano e il bel quotidiano, in attesa sul morbido cuscino della poltrona, ormai è come il giallo, di cui ti hanno svelato precocemente chi è l'assassino.
Beh, posso consolarmi: peggio è andata ai miei pari sesso di Khartoum, in quel del Sudan, in terra d'Africa;
gli incartapecoriti difensori del diritto a senso unico, che delle donne predica servitù, se non schiavitù, hanno incassato dei bei cazzotti dalla Lubna Ahmed Hussein, la nuova Rosa Parks.
Rosa, attivista afroamericana, nel 1955 rifiutò di cedere il posto ad un uomo bianco su un pullman, dando avvio e forza al movimento di boicottaggio anti-apartheid.
Fino ad allora, Rosa Parks era una delle tante donne che erano costrette a fare chilometri a piedi per andare al lavoro o a servizio nelle case dei bianchi;
viveva in un tempo in cui i mezzi pubblici erano riservati ai bianchi e lei si ribellò a quella alla prepotenza, all'arroganza, alla prevaricazione e all'ingiustizia di un superbo razzista lattiginoso: troppi e villani pretendenti, per un posto solo a sedere!
Lubna ha deciso di mettere i pantaloni, i braghettoni dal simbolo fallico, ennesima forma di disprezzo verso un giusto ed eguale rispetto dei sessi.
Fiera di portare le braghe al pari di un uomo, sfidando le regole del buoncostume islamico, continua una battaglia che potrebbe segnare una svolta nella difesa dei diritti delle donne: il tribunale di Khartoum l'ha infatti condannata al pagamento di una multa o ad un mese di carcere, qualora la donna non volesse pagare l'ammenda.
Una bella concessione visto che, per pari provocazione, prima di lei vergate, bastonate e frustate si erano abbattute su migliaia di donne che avevano trasgredito il principio assoluto dei "signori del pisello".
Visto la cagnara mediatica che aveva sollevato il caso, le mummie beduine avevano deciso per la stagione dei saldi:
- «Lubna, non ti diamo le canoniche quaranta frustate: paga e vai fuori dalle palle, che ci fai fare una figura barbina.»
Un modo per non perdere la faccia, ma la nostra eroina aumenta il fuoco dei fornelli:
- «Non me ne frega niente, e non pago: piuttosto la galera!»
Incriminato è l'articolo 152 del codice penale sudanese del 1991, che prevede nerbate per chiunque compia "atti indecenti";
scandalosa Lubna: era stata arrestata all'inizio di luglio dalla polizia, in un ristorante di Khartoum, perché indossava pantaloni larghi e una lunga blusa.
Ma, per una che in alto sale, un altra precipitevolissimevolmente scende.
Do uno sbircio al titolo di giornale:
"Bagno nel Sesia con il burqini, il Pd sfida la Lega".
Smetto per un attimo di tirar di ramazza, contravvenendo alle direttive della moglie allo stiro e, cercando non essere tradito dal frusciare dei fogli, mi abbevero generosamente alla fonte di notizie.
"[...] esponenti del Pd, la senatrice Magda Negri e la compagna di partito Sara Paladini, per protestare contro la recente ordinanza del sindaco di Varallo Sesia (Vercelli), Gianluca Buonanno (parlamentare della Lega Nord), che vieta l'uso del costume indossato dalle donne musulmane in piscine, fiumi e torrenti della città, si sono immerse con il burqini, nelle acque del fiume Sesia".
Da Lubna alla Negri; ma il peggio ha da venire.
"[...] abbiamo scelto un bel posto per contestare una brutta ordinanza, palesemente anti-costituzionale [...] per difendere i diritti individuali di cui ognuno deve godere, e sia ritirata l'ordinanza che va contro i diritti e le libertà delle donne musulmane".
E già: secondo le due paperelle in acqua, le donne musulmane godono di diritti, che il nostro regredito e barbaro paese vorrebbe cancellare;
Sai che goduria, l'abbronzatura al burqini, e stare con quaranta gradi con il tendone addosso;
però...vuoi vedere che non hanno tutti i torti, le nostre befane: quaranta gradi non sono quaranta frustate.
Deve essere mancata per un momento la luce: eccoci al buio...il buio oltre la Negri.
Io, secondo me...08.09.2009
Non c'è più religione; non è più come ai bei tempi quando, davanti ad un'affermazione così maschia, la donna abbassava le orecchie e si accucciava, con la coda tra le gambe, addomesticata, obbediente e sottomessa.
Lascio prudentemente il campo, nel momento in cui la moglie si tira su le maniche, che non sono tanto sicuro che lo faccia solo per strizzare lo strofinaccio nel secchio, nella posa plastica accentuata dalle curve disegnate dai pantaloncini, in tela di cotone scuro.
A distanza di sicurezza, incasso il colpo basso nell'amor proprio e cambio marcia:
- «Parliamone!?»
Ahi, ahi, ahi!
Mi accorgo subito che mi sono giocato quel poco d'autorità che volevo illudermi ancora di avere.
Visto dalla parte di una Società per Azioni, mi è parso subito chiaro di essere diventato socio di minoranza, che parla da solo intanto che l'altra metà stende il verbale di chiusura dell'assemblea.
Non è stata una buona idea quella di giocarmi la maschia predominanza puntando sulla muffita frase dei nonni sul potere del pantalone e del suo abitante, visto che non più il primato spetta al villoso omone e il vecchio armamentario della supremazia mascolina c'ha ormai la ruggine.
- «Tiè! Prendi straccio e spazzolone e fammi i pavimenti, che io c'ho da stirare.»
Guardo avvilito le belle pantofoline vicino al divano e il giornale d'oggi, che leggerò domani, dopo aver lucidato la vasca e il lavandino, le scarpe, preparato il vestire per il giorno dopo, aver accomodato nell'armadio i capi stirati, vuotato la pattumiera, fatto la spesa e riposto in modo corretto i vari prodotti, nel frigorifero, nella dispensa o negli armadietti dei detersivi.
Insomma: l'ora di cena arriva, i telegiornali imperversano e il bel quotidiano, in attesa sul morbido cuscino della poltrona, ormai è come il giallo, di cui ti hanno svelato precocemente chi è l'assassino.
Beh, posso consolarmi: peggio è andata ai miei pari sesso di Khartoum, in quel del Sudan, in terra d'Africa;
gli incartapecoriti difensori del diritto a senso unico, che delle donne predica servitù, se non schiavitù, hanno incassato dei bei cazzotti dalla Lubna Ahmed Hussein, la nuova Rosa Parks.
Rosa, attivista afroamericana, nel 1955 rifiutò di cedere il posto ad un uomo bianco su un pullman, dando avvio e forza al movimento di boicottaggio anti-apartheid.
Fino ad allora, Rosa Parks era una delle tante donne che erano costrette a fare chilometri a piedi per andare al lavoro o a servizio nelle case dei bianchi;
viveva in un tempo in cui i mezzi pubblici erano riservati ai bianchi e lei si ribellò a quella alla prepotenza, all'arroganza, alla prevaricazione e all'ingiustizia di un superbo razzista lattiginoso: troppi e villani pretendenti, per un posto solo a sedere!
Lubna ha deciso di mettere i pantaloni, i braghettoni dal simbolo fallico, ennesima forma di disprezzo verso un giusto ed eguale rispetto dei sessi.
Fiera di portare le braghe al pari di un uomo, sfidando le regole del buoncostume islamico, continua una battaglia che potrebbe segnare una svolta nella difesa dei diritti delle donne: il tribunale di Khartoum l'ha infatti condannata al pagamento di una multa o ad un mese di carcere, qualora la donna non volesse pagare l'ammenda.
Una bella concessione visto che, per pari provocazione, prima di lei vergate, bastonate e frustate si erano abbattute su migliaia di donne che avevano trasgredito il principio assoluto dei "signori del pisello".
Visto la cagnara mediatica che aveva sollevato il caso, le mummie beduine avevano deciso per la stagione dei saldi:
- «Lubna, non ti diamo le canoniche quaranta frustate: paga e vai fuori dalle palle, che ci fai fare una figura barbina.»
Un modo per non perdere la faccia, ma la nostra eroina aumenta il fuoco dei fornelli:
- «Non me ne frega niente, e non pago: piuttosto la galera!»
Incriminato è l'articolo 152 del codice penale sudanese del 1991, che prevede nerbate per chiunque compia "atti indecenti";
scandalosa Lubna: era stata arrestata all'inizio di luglio dalla polizia, in un ristorante di Khartoum, perché indossava pantaloni larghi e una lunga blusa.
Ma, per una che in alto sale, un altra precipitevolissimevolmente scende.
Do uno sbircio al titolo di giornale:
"Bagno nel Sesia con il burqini, il Pd sfida la Lega".
Smetto per un attimo di tirar di ramazza, contravvenendo alle direttive della moglie allo stiro e, cercando non essere tradito dal frusciare dei fogli, mi abbevero generosamente alla fonte di notizie.
"[...] esponenti del Pd, la senatrice Magda Negri e la compagna di partito Sara Paladini, per protestare contro la recente ordinanza del sindaco di Varallo Sesia (Vercelli), Gianluca Buonanno (parlamentare della Lega Nord), che vieta l'uso del costume indossato dalle donne musulmane in piscine, fiumi e torrenti della città, si sono immerse con il burqini, nelle acque del fiume Sesia".
Da Lubna alla Negri; ma il peggio ha da venire.
"[...] abbiamo scelto un bel posto per contestare una brutta ordinanza, palesemente anti-costituzionale [...] per difendere i diritti individuali di cui ognuno deve godere, e sia ritirata l'ordinanza che va contro i diritti e le libertà delle donne musulmane".
E già: secondo le due paperelle in acqua, le donne musulmane godono di diritti, che il nostro regredito e barbaro paese vorrebbe cancellare;
Sai che goduria, l'abbronzatura al burqini, e stare con quaranta gradi con il tendone addosso;
però...vuoi vedere che non hanno tutti i torti, le nostre befane: quaranta gradi non sono quaranta frustate.
Deve essere mancata per un momento la luce: eccoci al buio...il buio oltre la Negri.
Io, secondo me...08.09.2009
lunedì 7 settembre 2009
giovedì 3 settembre 2009
Porcavacca
Ormai è ufficiale, tutte le telescriventi del mondo battono all'impazzata la drammatica notizia;
Israele ha invaso ancora il Libano: è iniziata l'operazione Porcavacca!
Le informazioni stanno arrivando alla spicciolata, si accavallano e prepotentemente provano al mondo quello che sin qui era solo voce di sottofondo, ora prova provata, la famosa pistola fumante;
l'entità sionista inizia il cammino che dovrà portarla a realizzare il sogno d'ogni ebreo, da sempre gelosamente custodito, ma mai abbandonato: la conquista del mondo, il possesso dell'intero globo terracqueo, il dominio su ogni cosa tragga respiro!
Gli eroici combattenti di Hamas, le gloriose squadre Hezbollah, l'avevano sempre denunciato ma, un mondo guercio e orbato, li considerava terroristi, mai capendo fino in fondo che, quelle provvidenziali schiere, erano invece i figli della salvazione, i protettori della fede.
La massa di penetrazione nel territorio sembra avere la sua massima virulenza attorno allo stagno di Kfarshouba nella regione libanese dell'Arkoub, che è subito risultato inquinato, oggetto d'attacco batteriologico.
Sembra che i primi ad essere intervenuti, nel tentativo di tamponare la falla, siano stati i Caschi blu di nazionalità spagnola, inquadrati nella missione di peacekeeping Unifil II (United Nations Interim Force in Lebanon), dispiegati nelle immediate vicinanze;
la National News Agency di Beirut spiega:
"[...] questa opera degli uomini di Unifil, non espressamente prevista nelle regole d'ingaggio, è stata accordata dal comando dei caschi blu su richiesta dell'amministrazione di Kfarshouba con l'assenso dell'esercito libanese".
Buone speranze che si riesca a scacciare i "perfidi giudii", ancora una volta arriva dalla lungimiranza di Hezbollah, che da sotto le brande, dai congelatori, dai cessi da campo, dal fondo dei barili di farina e zucchero delle razioni alimentari dei Caschi Blu, ha tratto le nascoste armerie: bombarde, bombardini, spingarde, razzi, razzetti, missili e petardi, tric-trac e bombe a mano, che aveva pazientemente raccolto dietro le spalle degli sprovveduti e ignari soldatini, che avevano sempre mostrato loro terga, e occhi rivolti verso le terre occupate dagli sporchi ebrei.;
ora, tanto ben di dio, è come manna, dono della provvidenza.
Il tempo per questi di rimontare tutto l'armamentario, mentre i soldati Unifil, marca Spagna, hanno già provveduto a stendere recinti di filo spinato.
Da tutte le genti del Libano offeso, un grido sorge dalle moltitudini, in direzione della massa d'origine israelitica, che preme alla frontiera:
- «Cornuti, bestie, animali: tornatevene a casa!»
A dire il vero, gli strani elmetti delle forze giudee, appaiono all'orizzonte, che pare di rivedere l'invasione dei Vichinghi, dal tipico copricapo con corna ai lati;
il suolo trema al passaggio, come allo zoccolare delle mandrie di milioni di zebre, gnu e gazzelle, durante il periodo della migrazione, alla ricerca di pascoli e acqua, nel parco di Serengeti, in Africa.
Ma...ma...un momento: quel che vedo son proprio vacche, non quelle tipo "Escort", di casa nostra, ma mucche: comuni bovini ruminanti, fattrici da latte!
'azzarola!
Quel che pareva un bollettino di Vittorio Veneto, alfine si rivela per quel che è: l'ennesima e miserrima figuraccia del contingente di pace in Libano, in atto di servilismo e leccaculaggine.
Leggo meglio:
"[...] il lavoro dei militari punta ad impedire che le mucche israeliane, che pascolano libere nell'area, inquinino le acque dello stagno situato nei pressi del confine. I militari stanno costruendo dei pali in cemento, un processo che li impiegherà per tre giorni, alla fine del quale il recinto sarà completato con il filo spinato per tenere alla larga le mucche".
E già, Unifil: United Nations Interament Fessacchiott in Lebanon.
Porca vacca!
Io, secondo me...03.09.2009
Israele ha invaso ancora il Libano: è iniziata l'operazione Porcavacca!
Le informazioni stanno arrivando alla spicciolata, si accavallano e prepotentemente provano al mondo quello che sin qui era solo voce di sottofondo, ora prova provata, la famosa pistola fumante;
l'entità sionista inizia il cammino che dovrà portarla a realizzare il sogno d'ogni ebreo, da sempre gelosamente custodito, ma mai abbandonato: la conquista del mondo, il possesso dell'intero globo terracqueo, il dominio su ogni cosa tragga respiro!
Gli eroici combattenti di Hamas, le gloriose squadre Hezbollah, l'avevano sempre denunciato ma, un mondo guercio e orbato, li considerava terroristi, mai capendo fino in fondo che, quelle provvidenziali schiere, erano invece i figli della salvazione, i protettori della fede.
La massa di penetrazione nel territorio sembra avere la sua massima virulenza attorno allo stagno di Kfarshouba nella regione libanese dell'Arkoub, che è subito risultato inquinato, oggetto d'attacco batteriologico.
Sembra che i primi ad essere intervenuti, nel tentativo di tamponare la falla, siano stati i Caschi blu di nazionalità spagnola, inquadrati nella missione di peacekeeping Unifil II (United Nations Interim Force in Lebanon), dispiegati nelle immediate vicinanze;
la National News Agency di Beirut spiega:
"[...] questa opera degli uomini di Unifil, non espressamente prevista nelle regole d'ingaggio, è stata accordata dal comando dei caschi blu su richiesta dell'amministrazione di Kfarshouba con l'assenso dell'esercito libanese".
Buone speranze che si riesca a scacciare i "perfidi giudii", ancora una volta arriva dalla lungimiranza di Hezbollah, che da sotto le brande, dai congelatori, dai cessi da campo, dal fondo dei barili di farina e zucchero delle razioni alimentari dei Caschi Blu, ha tratto le nascoste armerie: bombarde, bombardini, spingarde, razzi, razzetti, missili e petardi, tric-trac e bombe a mano, che aveva pazientemente raccolto dietro le spalle degli sprovveduti e ignari soldatini, che avevano sempre mostrato loro terga, e occhi rivolti verso le terre occupate dagli sporchi ebrei.;
ora, tanto ben di dio, è come manna, dono della provvidenza.
Il tempo per questi di rimontare tutto l'armamentario, mentre i soldati Unifil, marca Spagna, hanno già provveduto a stendere recinti di filo spinato.
Da tutte le genti del Libano offeso, un grido sorge dalle moltitudini, in direzione della massa d'origine israelitica, che preme alla frontiera:
- «Cornuti, bestie, animali: tornatevene a casa!»
A dire il vero, gli strani elmetti delle forze giudee, appaiono all'orizzonte, che pare di rivedere l'invasione dei Vichinghi, dal tipico copricapo con corna ai lati;
il suolo trema al passaggio, come allo zoccolare delle mandrie di milioni di zebre, gnu e gazzelle, durante il periodo della migrazione, alla ricerca di pascoli e acqua, nel parco di Serengeti, in Africa.
Ma...ma...un momento: quel che vedo son proprio vacche, non quelle tipo "Escort", di casa nostra, ma mucche: comuni bovini ruminanti, fattrici da latte!
'azzarola!
Quel che pareva un bollettino di Vittorio Veneto, alfine si rivela per quel che è: l'ennesima e miserrima figuraccia del contingente di pace in Libano, in atto di servilismo e leccaculaggine.
Leggo meglio:
"[...] il lavoro dei militari punta ad impedire che le mucche israeliane, che pascolano libere nell'area, inquinino le acque dello stagno situato nei pressi del confine. I militari stanno costruendo dei pali in cemento, un processo che li impiegherà per tre giorni, alla fine del quale il recinto sarà completato con il filo spinato per tenere alla larga le mucche".
E già, Unifil: United Nations Interament Fessacchiott in Lebanon.
Porca vacca!
Io, secondo me...03.09.2009
martedì 1 settembre 2009
Mistero...Boffo
La canicola agita la coda, agonizzante ma non vinta e mena gli ultimi schiaffi di un'estate friggente;
inevitabile il giramento di pale, dei tanti ventilatori, spanditori, d'aria fresca, molto fritta, spesso ammorbata, in una mescolanza di profumi, puzze e merda.
Friggitoria e spalatori gliel'hanno messi i giornali, ognuno a buttare fialette piene di tanfo, miasmi ed esalazioni, le più pestifere, nel campo dell'avversario, ad ostentare "zerbinaggio", ognuno al padrone di propria stalla.
L'economia crolla, chiudono banche e fabbriche;
- «Ma il Berlusca, la Noemi se l'è trombata?», chiede il foglio repubblichino, abbassandosi, con contenuti e testata, a quello di "spetteguless", carta da portineria di un tanto il chilo, che s'accontenta del morboso, del pruriginoso, dell'orgasmo fai-da-te.
Posti di lavoro che svaniscono, violenza, prepotenze, famiglia allo sfascio e scuola che va a puttane, con ragazzine che la danno via per una ricarica da cellulare o un vestitino firmato;
- «E come ce l'ha: lungo, affusolato, tozzo, stecco? E a letto, com'è: ritmico, focoso, ardente o da sveltina, una botta e via, o costante come un orologio con movimento al quarzo?»
Guerra di qua, attentati di là, barconi che si ribaltano, con carne che diventa mangime per pesci;
- «Guarda le foto, con il Topolanek con il pistolino al vento - piccolino però - e la gnocca che passeggia per i giardini o si bagna in acqua, con solo una cordicella a coprire le pudende.»
Il caldo dà alla testa, e cominciano le mattanze: figli che ammazzano i genitori, genitori che fanno la pelle ai figli, quello che t'accoppa per una lite condominiale o per il posto macchina, perché c'hai troppo lumato la morosa o la moglie o così, perché gli andava di farlo;
- «Ohè, hai visto la Patrizia, la D'Addario, la sciura "Daghela no ch'el fa un magutt", niente grazie ai manovali: la vende a peso d'oro, ben conscia che "Al tira pusè un pel da figa che un car da bò!", a magnificare la forza traino di un pelo del triangolo inguinale che un intero carro di buoi. La navigata ha fatto fesso il Silvio, che gli è entrata in casa filmando con il telefonino e portandosi un registratore dove appoggia mutanda, più vicini possibili a provar maestria nell'uso degli attrezzi del mestiere.»
S'insinua sospetto: «Bottana era? Zoccola fu? Scostumata? Donna di facili costumi? Prostituta; squillo, sgualdrinella? Forse troia?»
Oracolo, sibilla risponde, con il fare suo, sibillino, appunto: «Escort!»
Non so perché, ma mi soccorre quanto insegnato a scuola: Invertendo l'ordine dei fattori, il risultato non cambia!
Scoppia un treno, incendi devastano le nostre foreste e abbrustoliscono le nostre genti, rapine, furti donne violentate, a destra e manca, ma vogliamo mettere il mistero buffo e intrigante, gli sviluppi e le contorsioni del cobra, sotto le altrui lenzuola?
- «Ma il Cavaliere - come titolo vorrebbe - la Patrissia, l'ha poi zompata?»
Bene: tutto ciò, il passato recente;
per...l'Avvenire?
Mistero: mistero...Boffo.
Un disoccupato, a Regio Emilia, martella moglie e figli, e pure la disgraziata padrona di casa, che da venti anni li ospitava. Come si dice: ha dato di matto.
- «Ullallà, il Dino s'è fatto il moroso e, alla di lui moglie, che rompeva i coglioni, sembra ci abbia spazzolato le orecchie: "Donna, tra moglie e marito non ci mettere il dito, che basta il mio: smamma!"»
Altro giro, altro premio: nuova badilata tra le eliche del ventilatore; se alimentata e con pari vitalità della passata, ce ne avremo per altrettanti mesi.
Unica novità: toccherà agli inquisitori andare sotto processo, a mostrare i propri, di scheletri nell'armadio.
Ecco l'ennesimo barcone di disperati: Malta gli da qualche salvagente e una tanica d'acqua e poi - Oplà! - una bella spinta in direzione delle coste italiane: macaroni, mò sò cazzi vostri!
"La Commissione europea è a conoscenza del respingimento, e invierà una richiesta d'informazioni ai due paesi interessati, Italia e Malta, per poter valutare la situazione".
Informazioni?...ipocriti, incapaci parassiti: comprate un giornale o guardate la televisione, che sapete bene come stanno le cose, che ormai quella, più che cotta, è carne stufata!
Ora l'Europa si sveglia, da quando l'Italia non è più la Cenerentola del Mediterraneo, a tenere sulle proprie spalle i lavori più sporchi, che nessun altro paese vuole condividere, tanto che hanno adottato leggi ben più severe e usato pure i fucili, come ben insegna la Spagna, a Ceuta e Melilla - fronte Marocco - che il reato d'immigrazione illegale l'hanno risolto a fucilate!
La commissione europea vuole informazioni?
'fanculo!
Ma questa è parentesi da poco, se la nostra informazione ancora si abbevera nella palude del "Sex and the city";
Per Boffo, così per Berlusconi, dei cazzi loro - è proprio il caso di dirlo - mi frega nulla, che non è valore aggiunto il sapere degli ardori di un arzillo vecchietto o degli scoppi di gelosia di un lui, verso la moglie del suo "gayo" amore.
Certo m'incazzo, se questi, come per la Patrizia, poi sale in cattedra, a dar insegnamenti di morale, a "Urbi et Orbi", alla città e al mondo, che neppure le sottane papaline bastano a coprire il ruffo.
Una volta ci s'interrogava sull'intrigante arcano: Chi sono, da dove vengo, dove vado?";
oggi siamo a cercare di risolvere un mistero più miserrimo: quello Boffo.
Io, secondo me...01.09.2009
inevitabile il giramento di pale, dei tanti ventilatori, spanditori, d'aria fresca, molto fritta, spesso ammorbata, in una mescolanza di profumi, puzze e merda.
Friggitoria e spalatori gliel'hanno messi i giornali, ognuno a buttare fialette piene di tanfo, miasmi ed esalazioni, le più pestifere, nel campo dell'avversario, ad ostentare "zerbinaggio", ognuno al padrone di propria stalla.
L'economia crolla, chiudono banche e fabbriche;
- «Ma il Berlusca, la Noemi se l'è trombata?», chiede il foglio repubblichino, abbassandosi, con contenuti e testata, a quello di "spetteguless", carta da portineria di un tanto il chilo, che s'accontenta del morboso, del pruriginoso, dell'orgasmo fai-da-te.
Posti di lavoro che svaniscono, violenza, prepotenze, famiglia allo sfascio e scuola che va a puttane, con ragazzine che la danno via per una ricarica da cellulare o un vestitino firmato;
- «E come ce l'ha: lungo, affusolato, tozzo, stecco? E a letto, com'è: ritmico, focoso, ardente o da sveltina, una botta e via, o costante come un orologio con movimento al quarzo?»
Guerra di qua, attentati di là, barconi che si ribaltano, con carne che diventa mangime per pesci;
- «Guarda le foto, con il Topolanek con il pistolino al vento - piccolino però - e la gnocca che passeggia per i giardini o si bagna in acqua, con solo una cordicella a coprire le pudende.»
Il caldo dà alla testa, e cominciano le mattanze: figli che ammazzano i genitori, genitori che fanno la pelle ai figli, quello che t'accoppa per una lite condominiale o per il posto macchina, perché c'hai troppo lumato la morosa o la moglie o così, perché gli andava di farlo;
- «Ohè, hai visto la Patrizia, la D'Addario, la sciura "Daghela no ch'el fa un magutt", niente grazie ai manovali: la vende a peso d'oro, ben conscia che "Al tira pusè un pel da figa che un car da bò!", a magnificare la forza traino di un pelo del triangolo inguinale che un intero carro di buoi. La navigata ha fatto fesso il Silvio, che gli è entrata in casa filmando con il telefonino e portandosi un registratore dove appoggia mutanda, più vicini possibili a provar maestria nell'uso degli attrezzi del mestiere.»
S'insinua sospetto: «Bottana era? Zoccola fu? Scostumata? Donna di facili costumi? Prostituta; squillo, sgualdrinella? Forse troia?»
Oracolo, sibilla risponde, con il fare suo, sibillino, appunto: «Escort!»
Non so perché, ma mi soccorre quanto insegnato a scuola: Invertendo l'ordine dei fattori, il risultato non cambia!
Scoppia un treno, incendi devastano le nostre foreste e abbrustoliscono le nostre genti, rapine, furti donne violentate, a destra e manca, ma vogliamo mettere il mistero buffo e intrigante, gli sviluppi e le contorsioni del cobra, sotto le altrui lenzuola?
- «Ma il Cavaliere - come titolo vorrebbe - la Patrissia, l'ha poi zompata?»
Bene: tutto ciò, il passato recente;
per...l'Avvenire?
Mistero: mistero...Boffo.
Un disoccupato, a Regio Emilia, martella moglie e figli, e pure la disgraziata padrona di casa, che da venti anni li ospitava. Come si dice: ha dato di matto.
- «Ullallà, il Dino s'è fatto il moroso e, alla di lui moglie, che rompeva i coglioni, sembra ci abbia spazzolato le orecchie: "Donna, tra moglie e marito non ci mettere il dito, che basta il mio: smamma!"»
Altro giro, altro premio: nuova badilata tra le eliche del ventilatore; se alimentata e con pari vitalità della passata, ce ne avremo per altrettanti mesi.
Unica novità: toccherà agli inquisitori andare sotto processo, a mostrare i propri, di scheletri nell'armadio.
Ecco l'ennesimo barcone di disperati: Malta gli da qualche salvagente e una tanica d'acqua e poi - Oplà! - una bella spinta in direzione delle coste italiane: macaroni, mò sò cazzi vostri!
"La Commissione europea è a conoscenza del respingimento, e invierà una richiesta d'informazioni ai due paesi interessati, Italia e Malta, per poter valutare la situazione".
Informazioni?...ipocriti, incapaci parassiti: comprate un giornale o guardate la televisione, che sapete bene come stanno le cose, che ormai quella, più che cotta, è carne stufata!
Ora l'Europa si sveglia, da quando l'Italia non è più la Cenerentola del Mediterraneo, a tenere sulle proprie spalle i lavori più sporchi, che nessun altro paese vuole condividere, tanto che hanno adottato leggi ben più severe e usato pure i fucili, come ben insegna la Spagna, a Ceuta e Melilla - fronte Marocco - che il reato d'immigrazione illegale l'hanno risolto a fucilate!
La commissione europea vuole informazioni?
'fanculo!
Ma questa è parentesi da poco, se la nostra informazione ancora si abbevera nella palude del "Sex and the city";
Per Boffo, così per Berlusconi, dei cazzi loro - è proprio il caso di dirlo - mi frega nulla, che non è valore aggiunto il sapere degli ardori di un arzillo vecchietto o degli scoppi di gelosia di un lui, verso la moglie del suo "gayo" amore.
Certo m'incazzo, se questi, come per la Patrizia, poi sale in cattedra, a dar insegnamenti di morale, a "Urbi et Orbi", alla città e al mondo, che neppure le sottane papaline bastano a coprire il ruffo.
Una volta ci s'interrogava sull'intrigante arcano: Chi sono, da dove vengo, dove vado?";
oggi siamo a cercare di risolvere un mistero più miserrimo: quello Boffo.
Io, secondo me...01.09.2009
lunedì 31 agosto 2009
venerdì 28 agosto 2009
giovedì 27 agosto 2009
Scartabilia
Capisco che quel che andrò a scrivere è puro cazzeggio, delirio di una notte di mezza estate, bazzecole, quisquilie e pinzillacchere, tanto che vorrei mettere la classica scritta "Scemo chi legge" ma, comincia per me l'età in cui sempre più spesso mi sorprendo a parlare da solo, ad alta voce.
Onore a chi riuscirà a seguire i miei voli pindarici, sostenuti da oppiacee correnti ascensionali.
Scartabilia...Scartabilia non esiste, è un luogo di fantasia, tanto per dare un nome al posto che voglio descrivere: somiglia al cimitero degli elefanti, dove i grandi pachidermi, carichi di lune, finiscono i propri giorni;
oppure a Ragnarok, l'Apocalisse del mito nordico dove pure gli dei sono destinati a morire.
Ecco il macero, la mirabilia della carta stampata: Sic transit gloria mundi, così passa la gloria di questo mondo.
Il giornale esce dalla sua rotativa, depone le notizie e muore finendo, prima dell'imbrunire, nella pattumiera o ad incartare scarpe o pesce, dal calzolaio o in pescheria;
è un amico che mi spiace veder finire, ma è razione quotidiana, ovetto di giornata, da consumarsi fresco.
Diversa è l'agonica o prematura fine di un libro, al macello delle carte.
Scartabilia è il ventre che fagocita le tante uova di salmone, sfornate a milioni per permettere, almeno a poche, di sopravvivere e adempiere alla funzione della continuazione della specie.
Quanto ci soffro, maledizione!
Io, che sento stiletti infilati nel costato, quando vedo angoli di pagina piegati ad orecchio, tante per ogni intervallo in cui hanno fatto da segnalibro;
oppure coste strappate, da chi manipola il sacro e prezioso volume estraendolo dal gruppo usando l'indice, come al macello si sposta la carne con l'uncino: tirando, strattonando e strappando quella fragile costola;
senza contare chi lo spalanca nel mezzo, disarticolando fino alla massima apertura, a mostrare la cucitura ormai smagliata;
e le sottolineature a penna, gli scarabocchi indelebili, sfregi e cicatrici malevole, che schifano per la propria grossolanità.
Quel ricettacolo di pagine per me è amico, che m'accompagna nel mio cammino di vita e come tale merita rispetto, cura, amore, attenzioni.
Ognuno ha un profumo proprio, una personalità, un che da dare, un'anima.
Al ricevere o dare quel prezioso compagno, nell'offrirlo come nel ritirarlo, è bello leggerne i segni di chi lo ha avuto prima, vederlo invecchiare come e con noi, segnare e annotare con una matita dal tratto leggero; così le note, impalpabili ma visibili, come il fumo e la nebbia.
Ancor di più: al contenuto segue la voce del compagno, e le storie diventano due...o tre, quattro: ecco che, attraverso quella carta, io posso decifrare anche il mio prossimo, chi c'è passato, tra quei fogli.
Il libro, come una spugna, che s'impregna degli umori di chi l'ha usato.
Ecco chi ha notule secche e sintetiche, nervose, asciutte e magre, ma toniche, essenziali;
altrove, lettere rotonde e ben definite, segno di un ordinato modo di riporre e disporre della propria vita: un darsi disciplina e ritmo;
ecco il tocco della sartina, che cuce assieme concetti, sottolineando con un leggero filo di matita, e un numero a fare imbastitura, a legare richiamo in punti più avanti, quasi ad indicare scorciatoie per percorsi più veloci;
ecco il fiorellino secco ma ancor colorito, in genere cuore di donna, tenerezza di segnalibro;
o anche un piccolo e rigido biglietto del tram, talvolta un santino, uno scontrino, o un intermezzo dedicato a quella funzione.
Penso allo scrittore, quando riceve l'avviso del lutto, la lettera intestata della casa editrice:
"Oggetto: macero parziale di...", seguito dal numero di copie, titolo e autore "nell'ambito della revisione periodica del magazzino, abbiamo rilevato una giacenza eccessiva del titolo in oggetto";
a tanto, segue bolla di condanna a morte: "Vi informiamo pertanto della decisione di eliminare una parte delle rimanenze. Cordiali saluti...".
In gergo, le chiamano "Copie guastate dalla movimentazione", un modo elegante per anticipare l'epurazione che seguirà, quando, al "guastate" si sostituirà "avanzate".
Per lo più, sono sbagli di valutazione: atti di fede mai seguiti da processioni d'acquirenti e quindi, al "Visto si stampi" si sostituisce il "Visto si maceri";
la legge dell'evoluzione in questo caso è la sopravvivenza e la continuità del "Magazzino", l'organismo che non deve soffrire e soccombere a quel mostro onnivoro, che si chiama "Costi".
La formichina deve sparire, se ciò serve a mantenere l'equilibrio dell'intera comunità cui fa parte.
Ed allora, quando resa non significa rendita, ma restituzione d'invenduto, ecco il rogo: Scartabilia.
Come salme di un olocausto, ben impilati ed allineati, i nostri amici di carta aspettano d'essere cancellati;
l'abbiamo fatto anche per intere genti, anch'essi fogli da macero: cosa sarà mai a confronto, un misero pugno di pagine?
Eppure fa male, veder scomparire così la nostra valigia dei sogni, il tappeto volante dei nostri viaggi fantastici, l'aver camminato a fianco di Annibale, Alessandro Magno, Cesare, Napoleone, Aristotele, Socrate, essere entrati nelle loro case, negli accampamenti, nelle battaglie, nelle scuole.
- «Vi prego, risparmiateli. Donateli, vendeteli ad un tot al chilo, alle bancarelle, alle piccole catene dell'usato.»
L'occhio truce dell'editore mi guarda sprezzante, infastidito, come si fa per un moscerino noioso e facile da schiacciare sotto il pollice.
- «Beppe, sei un ignorante in materia: movimentare un tale commercio ha costi, che non portano benefici o rendite tali da giustificare queste scelte; morto un libro, se ne fa un altro. Il prestigio, signor Fontana, vale pure la lacca con cui si tira a lucido un catalogo con tanti titoli, a dar smalto e prestigio alla bottega! Alla fine, ancora fanno effetto speciale braccialetti, specchietti e collanine e lei, se lo lasci dire, è ormai un dinosauro del mercato.»
Qualcuno mi sa indicare la direzione per il cimitero degli elefanti?
Io, secondo me...27.08.2009
Onore a chi riuscirà a seguire i miei voli pindarici, sostenuti da oppiacee correnti ascensionali.
Scartabilia...Scartabilia non esiste, è un luogo di fantasia, tanto per dare un nome al posto che voglio descrivere: somiglia al cimitero degli elefanti, dove i grandi pachidermi, carichi di lune, finiscono i propri giorni;
oppure a Ragnarok, l'Apocalisse del mito nordico dove pure gli dei sono destinati a morire.
Ecco il macero, la mirabilia della carta stampata: Sic transit gloria mundi, così passa la gloria di questo mondo.
Il giornale esce dalla sua rotativa, depone le notizie e muore finendo, prima dell'imbrunire, nella pattumiera o ad incartare scarpe o pesce, dal calzolaio o in pescheria;
è un amico che mi spiace veder finire, ma è razione quotidiana, ovetto di giornata, da consumarsi fresco.
Diversa è l'agonica o prematura fine di un libro, al macello delle carte.
Scartabilia è il ventre che fagocita le tante uova di salmone, sfornate a milioni per permettere, almeno a poche, di sopravvivere e adempiere alla funzione della continuazione della specie.
Quanto ci soffro, maledizione!
Io, che sento stiletti infilati nel costato, quando vedo angoli di pagina piegati ad orecchio, tante per ogni intervallo in cui hanno fatto da segnalibro;
oppure coste strappate, da chi manipola il sacro e prezioso volume estraendolo dal gruppo usando l'indice, come al macello si sposta la carne con l'uncino: tirando, strattonando e strappando quella fragile costola;
senza contare chi lo spalanca nel mezzo, disarticolando fino alla massima apertura, a mostrare la cucitura ormai smagliata;
e le sottolineature a penna, gli scarabocchi indelebili, sfregi e cicatrici malevole, che schifano per la propria grossolanità.
Quel ricettacolo di pagine per me è amico, che m'accompagna nel mio cammino di vita e come tale merita rispetto, cura, amore, attenzioni.
Ognuno ha un profumo proprio, una personalità, un che da dare, un'anima.
Al ricevere o dare quel prezioso compagno, nell'offrirlo come nel ritirarlo, è bello leggerne i segni di chi lo ha avuto prima, vederlo invecchiare come e con noi, segnare e annotare con una matita dal tratto leggero; così le note, impalpabili ma visibili, come il fumo e la nebbia.
Ancor di più: al contenuto segue la voce del compagno, e le storie diventano due...o tre, quattro: ecco che, attraverso quella carta, io posso decifrare anche il mio prossimo, chi c'è passato, tra quei fogli.
Il libro, come una spugna, che s'impregna degli umori di chi l'ha usato.
Ecco chi ha notule secche e sintetiche, nervose, asciutte e magre, ma toniche, essenziali;
altrove, lettere rotonde e ben definite, segno di un ordinato modo di riporre e disporre della propria vita: un darsi disciplina e ritmo;
ecco il tocco della sartina, che cuce assieme concetti, sottolineando con un leggero filo di matita, e un numero a fare imbastitura, a legare richiamo in punti più avanti, quasi ad indicare scorciatoie per percorsi più veloci;
ecco il fiorellino secco ma ancor colorito, in genere cuore di donna, tenerezza di segnalibro;
o anche un piccolo e rigido biglietto del tram, talvolta un santino, uno scontrino, o un intermezzo dedicato a quella funzione.
Penso allo scrittore, quando riceve l'avviso del lutto, la lettera intestata della casa editrice:
"Oggetto: macero parziale di...", seguito dal numero di copie, titolo e autore "nell'ambito della revisione periodica del magazzino, abbiamo rilevato una giacenza eccessiva del titolo in oggetto";
a tanto, segue bolla di condanna a morte: "Vi informiamo pertanto della decisione di eliminare una parte delle rimanenze. Cordiali saluti...".
In gergo, le chiamano "Copie guastate dalla movimentazione", un modo elegante per anticipare l'epurazione che seguirà, quando, al "guastate" si sostituirà "avanzate".
Per lo più, sono sbagli di valutazione: atti di fede mai seguiti da processioni d'acquirenti e quindi, al "Visto si stampi" si sostituisce il "Visto si maceri";
la legge dell'evoluzione in questo caso è la sopravvivenza e la continuità del "Magazzino", l'organismo che non deve soffrire e soccombere a quel mostro onnivoro, che si chiama "Costi".
La formichina deve sparire, se ciò serve a mantenere l'equilibrio dell'intera comunità cui fa parte.
Ed allora, quando resa non significa rendita, ma restituzione d'invenduto, ecco il rogo: Scartabilia.
Come salme di un olocausto, ben impilati ed allineati, i nostri amici di carta aspettano d'essere cancellati;
l'abbiamo fatto anche per intere genti, anch'essi fogli da macero: cosa sarà mai a confronto, un misero pugno di pagine?
Eppure fa male, veder scomparire così la nostra valigia dei sogni, il tappeto volante dei nostri viaggi fantastici, l'aver camminato a fianco di Annibale, Alessandro Magno, Cesare, Napoleone, Aristotele, Socrate, essere entrati nelle loro case, negli accampamenti, nelle battaglie, nelle scuole.
- «Vi prego, risparmiateli. Donateli, vendeteli ad un tot al chilo, alle bancarelle, alle piccole catene dell'usato.»
L'occhio truce dell'editore mi guarda sprezzante, infastidito, come si fa per un moscerino noioso e facile da schiacciare sotto il pollice.
- «Beppe, sei un ignorante in materia: movimentare un tale commercio ha costi, che non portano benefici o rendite tali da giustificare queste scelte; morto un libro, se ne fa un altro. Il prestigio, signor Fontana, vale pure la lacca con cui si tira a lucido un catalogo con tanti titoli, a dar smalto e prestigio alla bottega! Alla fine, ancora fanno effetto speciale braccialetti, specchietti e collanine e lei, se lo lasci dire, è ormai un dinosauro del mercato.»
Qualcuno mi sa indicare la direzione per il cimitero degli elefanti?
Io, secondo me...27.08.2009
domenica 23 agosto 2009
sGASati
Dai, su, non meniamo il can per l'aia e piantiamola di fare come il nobile decaduto, che tiene etichetta e facciata, ma c'ha le pezze sul culo e mangia pane e cipolla;
Ci tiene per le palle, e se stringe ci fa ululare alla luna, il Gheddafi.
Siamo ridotti alla canna del gas e pure a quella della benza, senza contare che una miriade di nostre aziende si troverebbero con il popò per terra, se il colonnello dovesse ritirare commesse, appalti, concessioni e contratti.
Con la grande madre Russia, che d'inverno ci manda miscela e metano a intermittenza perché litiga con il suo vicino, che gli fa frega parte del prezioso nettare che vi transita, noi abbiamo bisogno di avere un altro rubinetto a cui attingere, in tempi di vacche magre;
e non dimentichiamo che, nel 1976, il tipo e la sua Grande Jamahiriya Araba di Libia Popolare e Socialista, con la provvidenziale iniezione di petrodollari salvò la nostra Fiat dal diventare una fabbrica di biciclette, altro che automobili e carrozzeria varia!
Una per tutte, la frase del sciur Agnelli, il Gianni, l'avvocato, come ci riporta il bravo Claudio Borghi, de “Il Giornale”:
- «Un'azienda non fa politica: si preoccupa del suo sviluppo; il nostro dovere è di prendere il denaro dove c'è!»
E, giusto per non andare tanto lontanoe rimanere ai giorni nostri, non si disprezzi le tante palanche del nostro beduino, che hanno fornito sangue fresco a ad una svenata Unicredit, una delle nostre banche più grandi, che con i suoi avventati cazzeggi finanziari ha rischiato di mandare a carte quarantotto gli accantonamenti di tanti nostrani risparmiatori.
Certo che non l'ha fatto per la nostra bella faccia: come si usa dire per il cane, anche lui non mena la coda per nulla, ma noi abbiamo un disperato bisogno che ci riporti almeno qualche osso che, anche così, di rogne da grattare ce ne restano comunque.
Certo che non ci smena, ma non sono i nostri soldi a cui mira, che è come se il barbone volesse dare spicci al ricco, ma molto di più e di più prezioso: la dignità.
Siamo la sua passatoia, lo zerbino su cui fare la marcia trionfale.
Oggi gli stiamo costruendo una autostrada, e pure gli abbiamo scucito qualche sacchettino di ori, per ripagare il suo paese dei danni di guerra, quella coloniale, alla ricerca di quello spazio vitale tanto cercato e caro al Mussolini, il duce Benito.
Inezie, quisquilie, pinzillacchere: con i lucrosi ordini, gli sconti sugli idrocarburi e i lavori dati alle nostre imprese, quel che ci costerà sarà abbondantemente coperto, azzerato e superato da ciò che riscuoteremo.
Quello era solo la gogna, l'esposizione al pubblico delle nostre vergogne, il segno di sottomissione, il riconoscere l'autorità del maschio dominante, l'aver marcato il territorio di modo che tutti potessero vedere l'abbassar d'orecchi e la cosa in mezzo alle gambe.
Così come la questione delle carrette del mare, della tratta dei disperati che fuggono da tutte le miserie dell'Africa e che il nostro cammelliere usa come arma di ricatto, usando il bastone e la carota:
- «Anche per questi c'ho il rubinetto dalla parte del manico: ballate alla musica del mio organetto o vi trovate le spiagge peggio di quelle durante lo sbarco in Normandia!»
Come l'asino alla macina, giù la testa e "tiremm innanz", andiamo avanti, o meglio, come amava ripetere lo scafato Andreotti, "L'importante è tirare a campare".
Alla prima occasione presenteremo le nostre "Vibrate proteste" o "Dure rimostranze" ma, dall'altra parte, basterà lasciare filtrare qualche barcone in più che, prontamente, ci zittiremo.
Ma dai, non siamo ridicoli: l'Eurabia è da un pezzo che se la fa addosso, rinnega le proprie origini e non difende la propria identità, il ricordo, il sangue, l'insegnamento , le esperienze e il rispetto dei propri padri.
Meglio un uovo oggi che la gallina domani, ed eccoci a mangiare il vitello in pancia alla vacca, come dicevano i nostri avi, ad indicare che il preferire il "poco, maledetto e subito", non darà neppure il tempo alle cose di dare i giusti frutti, secondo le stagioni.
Non allestiamo più i Presepi, così come cerchiamo di scalzare o accantonare i Crocefissi, si zittiscono le campane e si cambiano le leggi per non urtare la "suscettibilità" degli altri che, non dimentichiamolo, sono ospiti in casa nostra.
La classica arte dei compromessi e dei bizantinismi, che potevano funzionare quando giocavamo tra noi, ma ormai superati da gente che se ne sbatte di provocare, intasando strade per la preghiera o, peggio, spudoratamente e prepotentemente "okkupare" la piazza dove sorge il Duomo meneghino, espressione della nostra cristianità, scalzando dal selciato i cittadini e le poche forze dell'ordine presenti.
Ed eccoci a redarguire un povero cristo alla biglietteria del museo di Cà Rezzonico, a Venezia: ligio alle regole, non ha voluto far passare una deficiente intabarrata nel burqa che, impipandosene delle norme di chi la ospita, voleva ad ogni costo imporre del suo e passare lo stesso;
fino alla sceneggiata del burkini, la variante del burqa, quel tendone con la grata sulla faccia, che ora vorrebbero vedere indossato alle loro donne quando e qualora volessero andare sulle spiagge o in piscina.
Che cazzo credete: di paragonare quello straccio al solare a protezione totale?
Provocazioni ad arte, malizie da portinaia per dare impressione che noi siamo cattivoni, razzisti, xenofobi, a ribaltare la frittata e addivenire al classico piagnisteo: lacrima e maschera subito abbandonati quando sono a poter applicare la forza del numero e del branco.
Ormai coscienti di avere a che fare con giganti dai piedi d'argilla, al "chiediamo" hanno sostituito il "vogliamo";
ed eccoci a rimuovere i segni del nostro, a gestire mense secondo il loro e rivoluzionare le regole della sicurezza e salute, nella società e sul lavoro, per uniformarci al ramadan, alla sharia e a dover cambiare arredamento di casa perché a quelli non piace questo o quello.
E non menate il torrone nel classico "Non sono tutti così: quelli cattivi sono una minoranza".
Motivo di più per togliere la gramigna da subito, prima che diventi più numerosa dell'erba del campo.
Il mondo dell'estremismo arabo vive di sceneggiate, di "percepito" più che dell'evidente: i "segni" sono importanti, l'apparenza più della sostanza.
Anche il topolino, se si sente forte, può spaventare l'elefante, se questi si bagna nelle proprie paure.
Piantare una tenda a Parigi o a Roma come il farsi attendere da altri, non deve far credere che si ha a che fare con un tipo vanitoso o bizzarro, una macchietta o un simil-ridolini: quel che per noi pare comico o irrilevante per il popol bue è debolezza e ci vedono come la gallina spennacchiata, quella che, nel pollaio, è reietta e beccata da tutti.
E di quella, e della figura del pollo, tutta l'Eurabia oggi ne porta i sintomi e conseguenze.
Ebbene, basta...gheddafinirla, una volta per tutte!
Io, secondo me...23.08.2009
Ci tiene per le palle, e se stringe ci fa ululare alla luna, il Gheddafi.
Siamo ridotti alla canna del gas e pure a quella della benza, senza contare che una miriade di nostre aziende si troverebbero con il popò per terra, se il colonnello dovesse ritirare commesse, appalti, concessioni e contratti.
Con la grande madre Russia, che d'inverno ci manda miscela e metano a intermittenza perché litiga con il suo vicino, che gli fa frega parte del prezioso nettare che vi transita, noi abbiamo bisogno di avere un altro rubinetto a cui attingere, in tempi di vacche magre;
e non dimentichiamo che, nel 1976, il tipo e la sua Grande Jamahiriya Araba di Libia Popolare e Socialista, con la provvidenziale iniezione di petrodollari salvò la nostra Fiat dal diventare una fabbrica di biciclette, altro che automobili e carrozzeria varia!
Una per tutte, la frase del sciur Agnelli, il Gianni, l'avvocato, come ci riporta il bravo Claudio Borghi, de “Il Giornale”:
- «Un'azienda non fa politica: si preoccupa del suo sviluppo; il nostro dovere è di prendere il denaro dove c'è!»
E, giusto per non andare tanto lontanoe rimanere ai giorni nostri, non si disprezzi le tante palanche del nostro beduino, che hanno fornito sangue fresco a ad una svenata Unicredit, una delle nostre banche più grandi, che con i suoi avventati cazzeggi finanziari ha rischiato di mandare a carte quarantotto gli accantonamenti di tanti nostrani risparmiatori.
Certo che non l'ha fatto per la nostra bella faccia: come si usa dire per il cane, anche lui non mena la coda per nulla, ma noi abbiamo un disperato bisogno che ci riporti almeno qualche osso che, anche così, di rogne da grattare ce ne restano comunque.
Certo che non ci smena, ma non sono i nostri soldi a cui mira, che è come se il barbone volesse dare spicci al ricco, ma molto di più e di più prezioso: la dignità.
Siamo la sua passatoia, lo zerbino su cui fare la marcia trionfale.
Oggi gli stiamo costruendo una autostrada, e pure gli abbiamo scucito qualche sacchettino di ori, per ripagare il suo paese dei danni di guerra, quella coloniale, alla ricerca di quello spazio vitale tanto cercato e caro al Mussolini, il duce Benito.
Inezie, quisquilie, pinzillacchere: con i lucrosi ordini, gli sconti sugli idrocarburi e i lavori dati alle nostre imprese, quel che ci costerà sarà abbondantemente coperto, azzerato e superato da ciò che riscuoteremo.
Quello era solo la gogna, l'esposizione al pubblico delle nostre vergogne, il segno di sottomissione, il riconoscere l'autorità del maschio dominante, l'aver marcato il territorio di modo che tutti potessero vedere l'abbassar d'orecchi e la cosa in mezzo alle gambe.
Così come la questione delle carrette del mare, della tratta dei disperati che fuggono da tutte le miserie dell'Africa e che il nostro cammelliere usa come arma di ricatto, usando il bastone e la carota:
- «Anche per questi c'ho il rubinetto dalla parte del manico: ballate alla musica del mio organetto o vi trovate le spiagge peggio di quelle durante lo sbarco in Normandia!»
Come l'asino alla macina, giù la testa e "tiremm innanz", andiamo avanti, o meglio, come amava ripetere lo scafato Andreotti, "L'importante è tirare a campare".
Alla prima occasione presenteremo le nostre "Vibrate proteste" o "Dure rimostranze" ma, dall'altra parte, basterà lasciare filtrare qualche barcone in più che, prontamente, ci zittiremo.
Ma dai, non siamo ridicoli: l'Eurabia è da un pezzo che se la fa addosso, rinnega le proprie origini e non difende la propria identità, il ricordo, il sangue, l'insegnamento , le esperienze e il rispetto dei propri padri.
Meglio un uovo oggi che la gallina domani, ed eccoci a mangiare il vitello in pancia alla vacca, come dicevano i nostri avi, ad indicare che il preferire il "poco, maledetto e subito", non darà neppure il tempo alle cose di dare i giusti frutti, secondo le stagioni.
Non allestiamo più i Presepi, così come cerchiamo di scalzare o accantonare i Crocefissi, si zittiscono le campane e si cambiano le leggi per non urtare la "suscettibilità" degli altri che, non dimentichiamolo, sono ospiti in casa nostra.
La classica arte dei compromessi e dei bizantinismi, che potevano funzionare quando giocavamo tra noi, ma ormai superati da gente che se ne sbatte di provocare, intasando strade per la preghiera o, peggio, spudoratamente e prepotentemente "okkupare" la piazza dove sorge il Duomo meneghino, espressione della nostra cristianità, scalzando dal selciato i cittadini e le poche forze dell'ordine presenti.
Ed eccoci a redarguire un povero cristo alla biglietteria del museo di Cà Rezzonico, a Venezia: ligio alle regole, non ha voluto far passare una deficiente intabarrata nel burqa che, impipandosene delle norme di chi la ospita, voleva ad ogni costo imporre del suo e passare lo stesso;
fino alla sceneggiata del burkini, la variante del burqa, quel tendone con la grata sulla faccia, che ora vorrebbero vedere indossato alle loro donne quando e qualora volessero andare sulle spiagge o in piscina.
Che cazzo credete: di paragonare quello straccio al solare a protezione totale?
Provocazioni ad arte, malizie da portinaia per dare impressione che noi siamo cattivoni, razzisti, xenofobi, a ribaltare la frittata e addivenire al classico piagnisteo: lacrima e maschera subito abbandonati quando sono a poter applicare la forza del numero e del branco.
Ormai coscienti di avere a che fare con giganti dai piedi d'argilla, al "chiediamo" hanno sostituito il "vogliamo";
ed eccoci a rimuovere i segni del nostro, a gestire mense secondo il loro e rivoluzionare le regole della sicurezza e salute, nella società e sul lavoro, per uniformarci al ramadan, alla sharia e a dover cambiare arredamento di casa perché a quelli non piace questo o quello.
E non menate il torrone nel classico "Non sono tutti così: quelli cattivi sono una minoranza".
Motivo di più per togliere la gramigna da subito, prima che diventi più numerosa dell'erba del campo.
Il mondo dell'estremismo arabo vive di sceneggiate, di "percepito" più che dell'evidente: i "segni" sono importanti, l'apparenza più della sostanza.
Anche il topolino, se si sente forte, può spaventare l'elefante, se questi si bagna nelle proprie paure.
Piantare una tenda a Parigi o a Roma come il farsi attendere da altri, non deve far credere che si ha a che fare con un tipo vanitoso o bizzarro, una macchietta o un simil-ridolini: quel che per noi pare comico o irrilevante per il popol bue è debolezza e ci vedono come la gallina spennacchiata, quella che, nel pollaio, è reietta e beccata da tutti.
E di quella, e della figura del pollo, tutta l'Eurabia oggi ne porta i sintomi e conseguenze.
Ebbene, basta...gheddafinirla, una volta per tutte!
Io, secondo me...23.08.2009
venerdì 7 agosto 2009
giovedì 6 agosto 2009
Cima di rapa
Ho dovuto correre al bagno, che me la stavo facendo proprio addosso;
"è l'età", dirà qualcuno "la vescica non tiene più come una volta e il pannolone per l'anziano è dietro l'angolo e l'incontinenza va a braccetto con la demenza senile".
Calma e gesso: ancora le tubature reggono, anche se si avvicinerà il tempo in cui dovrò declamare la vecchia pubblicità del cacio, che canticchiava "Se c'è la goccia è Gim!", indimenticabile e mitico richiamo alla cremosità di quel formaggio, che aveva e dava in quella lacrima la propria garanzia di freschezza.
No, la spremuta mi veniva dal troppo sbellicar di risa, così come il mal di stomaco per i ridanciani singhiozzi, e le lacrime agli occhi per l'estremo umorismo della situazione.
Colpa della Patty, che non è mia moglie, ma neppure la morosa di scorta o l'amante tradizionale;
la Patty è la Patrizia. D'Addario.
La "escort", quella di Berlusconi; non la macchina di fordiana memoria, ma la bipede femmina, quello che una volta si diceva "signorina dai facili costumi" e chissà perché, visto che il suo lavoro lo svolge esclusivamente con il vestitino con cui l'ha fatto mamma: la pelle, il pelo sullo stomaco e poco sotto, e basta.
Per chi ancora - anima candida - non capisce, Patty è della categoria delle "accompagnatrici": le paghi e ti portano in camera da letto, ma non per fare le pulizie, che la parola "scopare" intende sì l'uso di un manico, ma non di ramazza.
Beh, insomma: paghi, e invece di andare a "seghe e gazzosa", viaggi a "donne e champagne".
Il mio amico napoletano, a questo punto, sbotterebbe con un bel "Allora è 'na baldracca!"
E no, Nicolino: qui si sente che ti manca l'informazione e lo studio, che hai voluto troppo presto lasciare la scuola;
se la donna ti cornifica, è una sgualdrina, se ti "lavora" per pochi spicci è una troia, per un centone è una puttana, protagonista di un'orgia, per un filmino a luci rosse, è attrice, se la da al regista o al produttore è artista, e a salire, fino a fagocitare il tuo stipendio di mesi o dell'intero anno, caro Nicolino mio, vuol dire che rotta ad ogni trattativa, abile a venire a Patty...scusate, volevo dire: a patti;
a quelle altezze c'è la santificazione del prodotto e del mestiere, tanto che la categoria può...aspirare persino ad ottenere riconoscimenti altisonanti, tipo "cavalla" del lavoro.
In genere hanno una visione ristretta: più che a trecentosessanta, a novanta gradi, ma tanto basta per dire che la cosa non ha preso una brutta...piega.
Proprio il caso di dire "cazzi loro!", non fosse che poi arriva sempre quella che si monta.
La testa.
Patrizia docet.
- «Ho avuto in passato altre esperienze con uomini d'affari che chiedevano di lavorare con i politici, di destra come di sinistra».
Dov'è la novità: forse che le manovre e i cambi di mano le hanno fatto venire l'infiammazione al polso per sindrome del tunnel carpale?
Vabbè: si sa che in tempo di crisi bisogna andare di bocca buona ed ingoiare quel che si trova nel piatto.
La nostra eroina poi, la Patrizia, nel caso specifico lamenta anche promesse da marinaio:
- «Dopo essere stata» è il caso di dirlo«introdotta al premier da Giampaolo Tarantini, sono stata» oh, ritorno alle origini «degradata: da candidata alle elezioni europee a quelle regionali, dopo la decisione della moglie del premier, Veronica Lario, di chiedere il divorzio».
Ussignur com'è caduta in basso, poverina: degradata sul campo...rella.
- «C'è malcostume; il sistema è così: tutta l'Italia funziona così. Sono l'unica che ha detto la verità. Se altri dicono la verità forse c'è speranza che il sistema possa cambiare; se nessuno parla, chi cambierà il sistema?»
E già, che malcostume adamitico: meglio coprirsi, magari con una foglia di...fica.
Ecco che ancora un bue da del cornuto all'asino.
Anzi, no: è l'asina che la da al bue.
Mi rivolgo al caro Giuàn, amico meneghino di vecchia data:
- «Hai sentito la D'Addario, la barese con la cima di rapa, che ci da lezioni d'etichetta e galateo. Che gli rispondiamo?»
Giuàn mi guarda, incazzato nero:
- «Vada via el cù, Patrissia!»
- «Giuàn, ti ho detto di rispondere, di controbattere, di argomentare, non di farle un complimento!»
Io, secondo me...06.08.2009
"è l'età", dirà qualcuno "la vescica non tiene più come una volta e il pannolone per l'anziano è dietro l'angolo e l'incontinenza va a braccetto con la demenza senile".
Calma e gesso: ancora le tubature reggono, anche se si avvicinerà il tempo in cui dovrò declamare la vecchia pubblicità del cacio, che canticchiava "Se c'è la goccia è Gim!", indimenticabile e mitico richiamo alla cremosità di quel formaggio, che aveva e dava in quella lacrima la propria garanzia di freschezza.
No, la spremuta mi veniva dal troppo sbellicar di risa, così come il mal di stomaco per i ridanciani singhiozzi, e le lacrime agli occhi per l'estremo umorismo della situazione.
Colpa della Patty, che non è mia moglie, ma neppure la morosa di scorta o l'amante tradizionale;
la Patty è la Patrizia. D'Addario.
La "escort", quella di Berlusconi; non la macchina di fordiana memoria, ma la bipede femmina, quello che una volta si diceva "signorina dai facili costumi" e chissà perché, visto che il suo lavoro lo svolge esclusivamente con il vestitino con cui l'ha fatto mamma: la pelle, il pelo sullo stomaco e poco sotto, e basta.
Per chi ancora - anima candida - non capisce, Patty è della categoria delle "accompagnatrici": le paghi e ti portano in camera da letto, ma non per fare le pulizie, che la parola "scopare" intende sì l'uso di un manico, ma non di ramazza.
Beh, insomma: paghi, e invece di andare a "seghe e gazzosa", viaggi a "donne e champagne".
Il mio amico napoletano, a questo punto, sbotterebbe con un bel "Allora è 'na baldracca!"
E no, Nicolino: qui si sente che ti manca l'informazione e lo studio, che hai voluto troppo presto lasciare la scuola;
se la donna ti cornifica, è una sgualdrina, se ti "lavora" per pochi spicci è una troia, per un centone è una puttana, protagonista di un'orgia, per un filmino a luci rosse, è attrice, se la da al regista o al produttore è artista, e a salire, fino a fagocitare il tuo stipendio di mesi o dell'intero anno, caro Nicolino mio, vuol dire che rotta ad ogni trattativa, abile a venire a Patty...scusate, volevo dire: a patti;
a quelle altezze c'è la santificazione del prodotto e del mestiere, tanto che la categoria può...aspirare persino ad ottenere riconoscimenti altisonanti, tipo "cavalla" del lavoro.
In genere hanno una visione ristretta: più che a trecentosessanta, a novanta gradi, ma tanto basta per dire che la cosa non ha preso una brutta...piega.
Proprio il caso di dire "cazzi loro!", non fosse che poi arriva sempre quella che si monta.
La testa.
Patrizia docet.
- «Ho avuto in passato altre esperienze con uomini d'affari che chiedevano di lavorare con i politici, di destra come di sinistra».
Dov'è la novità: forse che le manovre e i cambi di mano le hanno fatto venire l'infiammazione al polso per sindrome del tunnel carpale?
Vabbè: si sa che in tempo di crisi bisogna andare di bocca buona ed ingoiare quel che si trova nel piatto.
La nostra eroina poi, la Patrizia, nel caso specifico lamenta anche promesse da marinaio:
- «Dopo essere stata» è il caso di dirlo«introdotta al premier da Giampaolo Tarantini, sono stata» oh, ritorno alle origini «degradata: da candidata alle elezioni europee a quelle regionali, dopo la decisione della moglie del premier, Veronica Lario, di chiedere il divorzio».
Ussignur com'è caduta in basso, poverina: degradata sul campo...rella.
- «C'è malcostume; il sistema è così: tutta l'Italia funziona così. Sono l'unica che ha detto la verità. Se altri dicono la verità forse c'è speranza che il sistema possa cambiare; se nessuno parla, chi cambierà il sistema?»
E già, che malcostume adamitico: meglio coprirsi, magari con una foglia di...fica.
Ecco che ancora un bue da del cornuto all'asino.
Anzi, no: è l'asina che la da al bue.
Mi rivolgo al caro Giuàn, amico meneghino di vecchia data:
- «Hai sentito la D'Addario, la barese con la cima di rapa, che ci da lezioni d'etichetta e galateo. Che gli rispondiamo?»
Giuàn mi guarda, incazzato nero:
- «Vada via el cù, Patrissia!»
- «Giuàn, ti ho detto di rispondere, di controbattere, di argomentare, non di farle un complimento!»
Io, secondo me...06.08.2009
mercoledì 5 agosto 2009
martedì 4 agosto 2009
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