martedì 27 luglio 2010
martedì 20 luglio 2010
sVENDOLA
Nel film western "Per un pugno di dollari", uno dei protagonisti afferma che "Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto";
un pistola con l'estintore non se la passa meglio.
Il piccolo teppistello, che cercava di linciare dei carabinieri, imprigionati in una camionetta andata a sbattere, c'ha lasciato la buccia, appunto perché era così scemo da credere che dall'altra parte si sarebbero fatti scassare la cervice dal bombolone, senza colpo ferire.
La convinzione, che l'arma dei carabinieri vanta tanti accoppati, sembra obbedire ad una legge fisica, come la caduta dei gravi o la forza di gravità, per cui a terra ci deve andare sempre il poliziotto;
il "Caramba" che non si lascia massacrare è un Bastian contrario, uno che non conosce e segue il galateo che lo vuole agnello sacrificale, eterno capro espiatorio, servo dello Stato e da scannare.
Dal povero Mario Placanica, racchiuso nella camionetta dei militi, sotto spranga, legni e manganelli, ci si attendeva l'"Ave, Carletto, morituri te salutant", l'ennesima versione del giroton...dino:
"Giro giro tondo, che ci faccio in questo mondo?
Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra;
vado giù per terra".
In quel 20 luglio 2001 durante il G8 di Genova, tra i delinquentelli, in cerca del poliziotto da disossare, c'era anche lui, il Carlo Giuliani, con il volto coperto dal classico passamontagna, a non farsi riconoscere qualora gli fosse riuscito di scassare il cranio e spegnere la fiamma sul cappello del milite.
Il Carletto era il classico ottuso, più portato al mestiere delle armi che a quelli del lavoro, dei tanti che si annoiavano perché la vita è monotona e la scarica d'adrenalina la si cerca negli spinelli o nello scassare i gemelli pubici al prossimo.
Vuoi mettere com'è più interessante lo sbattere la vecchietta sotto l'autobus piuttosto che farle attraversare la strada?!
Peccato che la vecchietta di turno c'avesse la pistola e, terrorizzata dall'essere fatta a pezzi, c'ha sparato, più che al coglione, al melone che quello aveva, sopra le spalle.
All'improvviso, tutti quelli come lui, attorno allo scannatoio su gomma, visto che dentro non c'erano più delle pecore, se la sono data a gambe, come conigli, quando scoperto che neppure fare branco garantiva un facile abbattimento del pollo.
Quando un uomo con l'estintore incontra un uomo con la pistola, quello con la bombola è un uomo morto!
Carlo Giuliani non era nessuno, se non un assassino mancato: lo sfigato tra la specie, il Fantozzi della categoria.
Se qualcuno ancora ne vorrebbe fare un eroe, in quel genere lo deve esaltare e non cercare nobiltà che non compete, a chi cercava di affinare l'arte dell'uccidere il prossimo suo.
Quelle immagini di macellai pronti a cavare sangue dei militi, assediati nella camionetta, sono ormai passate dalle mani della cronaca a quelle della storia: non ci sono ambiguità, nel riconoscere il diritto di difesa di chi era in procinto d'essere massacrato;
né ci sono dubbi di chi l'assalitore e di chi l'assalito.
Carlo Giuliani, a dire bene, era un cretino; a pensar male, un mancato omicida.
Vogliamo intitolargli una via? Una statua?
Ebbene, allora sia via dell'Estintore, e la statua: lanciato in avanti, non con la stampella che l'eroico fante Enrico Toti scagliò contro il nemico, ma con la bombola di schiumogeno sporca di sangue, con attaccato capelli e pezzi di cranio dell'uomo in divisa, che agonizza ai suoi piedi e il viso bene coperto, da un cappuccio prepuziale, a coprire la testa di quel che era il tipo.
Ora, non c'è nulla di più osceno quanto il cercare di farne un eroe, quando chiaro fosse uno dei tanti che vanno in cerca di teste da spaccare, come allo stadio o dovunque ci sia modo, mezzo ed occasione di fare il prepotente, il bullo, il bauscia e credersi grande e potente quando si decide della pelle d'altri, quando l'onnipotenza di avere tra le mani la vita e la morte...o un estintore.
Giuliani era tutto questo, non più evoluto del troglodita con la clava, maestro solo nel maneggio dell'attrezzo cui la selezione della specie lo aveva dotato, quanto un dente o un artiglio per chi deve solo operare da predatore e quindi con un programma alquanto semplificato e una struttura modellata solo all'offesa.
Gli è andata male, punto e basta, come per lo sciacallo infilato dal corno della gazzella.
Avrebbero mai cercato di intitolare, qualora a parti inverse, qualcosa alla memoria di un Mario Placanica?
Di questi giorni è il rimestare nel cassonetto dell'ennesimo politicante in cerca di rimasugli e avanzi, per vedere di impastare qualcosa simile ad una polpetta;
addirittura presenta il macinato di Giuliani come paragonabile al miglior filetto, a dar valore pari al Carletto come ai giudici Falcone e Borsellino, assassinati dalla mafia.
Peccato che loro il prossimo lo volevano salvare, non prendere a mazzate.
Il Nichi Vendola, che quando parla pare Paperino e modula vocina allo sputacchio, tromboneggia:
- «Fono qui a fcompaginare la finftra, a fparigliare i giochi. Botte a deftra, via Berlufconi! Vincere per le donne e gli eroi dei noftri giorni, come Falcone, Borfellino...e Carlo Giuliani, l'eroe ragaffino, ucciso da un carabiniere a Genova, quando una generafione perfe l'innocenfa e fece i suoi conti con la morte!»
Caro Nichi, ti rimbecco con l'affettuoso dire, in uso nella mia bella metropoli meneghina, quando si richiama chi ha appena detto una minchiata:
- «Ma và da via i ciapp!»
Senza offesa, a te e al tuo "eroe ragaffino"!
Io, secondo me...20.07.2010
un pistola con l'estintore non se la passa meglio.
Il piccolo teppistello, che cercava di linciare dei carabinieri, imprigionati in una camionetta andata a sbattere, c'ha lasciato la buccia, appunto perché era così scemo da credere che dall'altra parte si sarebbero fatti scassare la cervice dal bombolone, senza colpo ferire.
La convinzione, che l'arma dei carabinieri vanta tanti accoppati, sembra obbedire ad una legge fisica, come la caduta dei gravi o la forza di gravità, per cui a terra ci deve andare sempre il poliziotto;
il "Caramba" che non si lascia massacrare è un Bastian contrario, uno che non conosce e segue il galateo che lo vuole agnello sacrificale, eterno capro espiatorio, servo dello Stato e da scannare.
Dal povero Mario Placanica, racchiuso nella camionetta dei militi, sotto spranga, legni e manganelli, ci si attendeva l'"Ave, Carletto, morituri te salutant", l'ennesima versione del giroton...dino:
"Giro giro tondo, che ci faccio in questo mondo?
Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra;
vado giù per terra".
In quel 20 luglio 2001 durante il G8 di Genova, tra i delinquentelli, in cerca del poliziotto da disossare, c'era anche lui, il Carlo Giuliani, con il volto coperto dal classico passamontagna, a non farsi riconoscere qualora gli fosse riuscito di scassare il cranio e spegnere la fiamma sul cappello del milite.
Il Carletto era il classico ottuso, più portato al mestiere delle armi che a quelli del lavoro, dei tanti che si annoiavano perché la vita è monotona e la scarica d'adrenalina la si cerca negli spinelli o nello scassare i gemelli pubici al prossimo.
Vuoi mettere com'è più interessante lo sbattere la vecchietta sotto l'autobus piuttosto che farle attraversare la strada?!
Peccato che la vecchietta di turno c'avesse la pistola e, terrorizzata dall'essere fatta a pezzi, c'ha sparato, più che al coglione, al melone che quello aveva, sopra le spalle.
All'improvviso, tutti quelli come lui, attorno allo scannatoio su gomma, visto che dentro non c'erano più delle pecore, se la sono data a gambe, come conigli, quando scoperto che neppure fare branco garantiva un facile abbattimento del pollo.
Quando un uomo con l'estintore incontra un uomo con la pistola, quello con la bombola è un uomo morto!
Carlo Giuliani non era nessuno, se non un assassino mancato: lo sfigato tra la specie, il Fantozzi della categoria.
Se qualcuno ancora ne vorrebbe fare un eroe, in quel genere lo deve esaltare e non cercare nobiltà che non compete, a chi cercava di affinare l'arte dell'uccidere il prossimo suo.
Quelle immagini di macellai pronti a cavare sangue dei militi, assediati nella camionetta, sono ormai passate dalle mani della cronaca a quelle della storia: non ci sono ambiguità, nel riconoscere il diritto di difesa di chi era in procinto d'essere massacrato;
né ci sono dubbi di chi l'assalitore e di chi l'assalito.
Carlo Giuliani, a dire bene, era un cretino; a pensar male, un mancato omicida.
Vogliamo intitolargli una via? Una statua?
Ebbene, allora sia via dell'Estintore, e la statua: lanciato in avanti, non con la stampella che l'eroico fante Enrico Toti scagliò contro il nemico, ma con la bombola di schiumogeno sporca di sangue, con attaccato capelli e pezzi di cranio dell'uomo in divisa, che agonizza ai suoi piedi e il viso bene coperto, da un cappuccio prepuziale, a coprire la testa di quel che era il tipo.
Ora, non c'è nulla di più osceno quanto il cercare di farne un eroe, quando chiaro fosse uno dei tanti che vanno in cerca di teste da spaccare, come allo stadio o dovunque ci sia modo, mezzo ed occasione di fare il prepotente, il bullo, il bauscia e credersi grande e potente quando si decide della pelle d'altri, quando l'onnipotenza di avere tra le mani la vita e la morte...o un estintore.
Giuliani era tutto questo, non più evoluto del troglodita con la clava, maestro solo nel maneggio dell'attrezzo cui la selezione della specie lo aveva dotato, quanto un dente o un artiglio per chi deve solo operare da predatore e quindi con un programma alquanto semplificato e una struttura modellata solo all'offesa.
Gli è andata male, punto e basta, come per lo sciacallo infilato dal corno della gazzella.
Avrebbero mai cercato di intitolare, qualora a parti inverse, qualcosa alla memoria di un Mario Placanica?
Di questi giorni è il rimestare nel cassonetto dell'ennesimo politicante in cerca di rimasugli e avanzi, per vedere di impastare qualcosa simile ad una polpetta;
addirittura presenta il macinato di Giuliani come paragonabile al miglior filetto, a dar valore pari al Carletto come ai giudici Falcone e Borsellino, assassinati dalla mafia.
Peccato che loro il prossimo lo volevano salvare, non prendere a mazzate.
Il Nichi Vendola, che quando parla pare Paperino e modula vocina allo sputacchio, tromboneggia:
- «Fono qui a fcompaginare la finftra, a fparigliare i giochi. Botte a deftra, via Berlufconi! Vincere per le donne e gli eroi dei noftri giorni, come Falcone, Borfellino...e Carlo Giuliani, l'eroe ragaffino, ucciso da un carabiniere a Genova, quando una generafione perfe l'innocenfa e fece i suoi conti con la morte!»
Caro Nichi, ti rimbecco con l'affettuoso dire, in uso nella mia bella metropoli meneghina, quando si richiama chi ha appena detto una minchiata:
- «Ma và da via i ciapp!»
Senza offesa, a te e al tuo "eroe ragaffino"!
Io, secondo me...20.07.2010
mercoledì 14 luglio 2010
domenica 11 luglio 2010
Cazzata siciliana
Cazzata siciliana
"Chi muore giace, chi resta si da pace";
questo si usa dire quando, con rassegnazione, i sopravvissuti debbono soffrire con dignità, senza fare chiassate, dare in escandescenze, lamentarsi o arrivare ai piagnistei: se propri si deve, sia almeno in silenzio, composti, sussurrando, controllati nelle geremiadi e nel gocciolatoio dell'occhio.
Insomma: con stile e, soprattutto, defilati, lontani da finestre mediatiche, da dove tutti possono sbirciare e vedere quanti panni sporchi ci stanno dietro.
Quel che giace è la salma del maresciallo dei carabinieri Antonio Lombardo, che si sparò nel '95.
- «Ecco, si sparò; e allora, che ce ne fotte! Scelta sua, roba vecchia e lo spettacolo va avanti!» risponderebbe Leo.
E già perché lui fotte e se ne fotte, anche se la pallottola prese avvio non da una combinazione di polvere da sparo, ma dalla merda; e il Leo, di quella, ne ha riempito secchi, per lubrificare la camera di scoppio della rivoltella del povero Antonio.
Approfittando del predellino, della zeppa da sotto i piedi, che l'occasione gli aveva dato, il Leo Cascio subito se ne avvantaggiò, cercando di sembrare più grande di quel che fosse, come a proiettare l'ombra del nano sul telo, dove anche le movenze di un verme parrebbero contorsioni di drago.
Samarcanda, si chiamava la lampada magica, che amplificava la trombetta, a farla diventare trombone: direttore di tanta orchestra era allora il Santoro, presentatore e conduttore televisivo, detto anche Michele.
L'uno e l'altro ci guadagnarono in ascolti e notorietà, dove la verità vera è quella gridata, dove "Chi vusa pusè la vaca l'è sua", ovvero "chi urla di più ottiene la proprietà della mucca".
Leo, era Leoluca Orlando Cascio, avvocato e figlio di tale, che fu consigliere e poi sindaco di Palermo e, su su, da predellino a predellino, da zeppe in zeppa, da gradino a gradino, fino a divenire parlamentare e poi, da esportazione, come europarlamentare, oggi gemellato nell'Italia Dei Veleni - ops! Dei valori - del sciur paròn, Tony Di Pietro, protettore dei fabbricanti di manette.
Terra terra, la "sparata" del Leo fu:
- «Antonio è pappa e ciccia con la mafia!»
No, non l'Antonio amico suo di oggi, ma il Lombardo.
Praticamente sputtanò, in mondovisione, quel poveretto, usando la tromba più assordante esistente: la televisione;
e che non fu di bocca, la si vede solo oggi, ormai tardi per ridare onore e dignità a chi diede le dimissioni a modo suo, svergognato da uno che cercava di far rumore per emergere dal "se non fai casino non ti caga nessuno", detto nel volgare dell'uomo di strada.
Beh, Cascio c'aveva già provato ad attirare l'attenzione: prima entrando in polemica con Leonardo Sciascia, che di antimafia c'aveva gli attributi migliori del Leo e pure con il giudice Falcone, quello che alla mafia rompeva proprio gli zebedei, tanto che, per toglierselo dalle palle, lo fecero esplodere con tutta la scorta.
Il Cascio diceva che teneva le indagini nel cassetto, pure lui con macchie sulla camicia immacolata.
- «Eeeeeeh...errori di gioventù: ora sono pulito, anzi, "onorevole"!» direbbe il Leo.
Vero e, come quello che ti invita al Bar. a prendere un caffè, lui non paga mai!
Chi muore giace, chi resta si da pace;
Ovetto fresco di giornata, è la notizia che un altro tritato è riuscito ad uscire dalle pale del ventilatore, quello manovrato dagli "épandeur de merde", dove le macchie del loro prodotto rimangono a lungo, così come l'odore.
L'uomo che Paolo Borsellino - anche lui "esploso" dalla mafia - chiamava fratello, il carabiniere Carmelo Canale, è stato assolto in via definitiva dall'accusa di essersi venduto alla mafia;
Antonio Lombardo era suo cognato.
Se mai qualcuno dovrebbe fregiarsi del titolo di "Onorevole", questi sono proprio loro: onesti servitori dello Stato, a cui lo sputo dei serpenti ha, a uno tolto la vita, all'altro, l'ha avvelenata.
Quando la mafia non riusciva a togliersi dai coglioni quelli che la impensierivano, alle bombe preferiva il "pentito" di turno, quello che si faceva acchiappare apposta per poi avvelenare o intossicare dal di dentro chi lo ospitava.
Ecco che si toglieva d'attorno un pericoloso avversario senza colpo ferire, dove magari la fortuna favoriva pure i delinquenti, che della parola vergogna non ne conoscono declinazione, mentre per altri armava la rivoltella che si puntavano alla tempia.
Se poi c'era qualche Cascio nei paraggi, pure quello era valore aggiunto, che non era importante la trincea da dove sparava, basta che fosse uno dei suoi a cadere, vittima di quel che in guerra si chiama fuoco amico.
Anche un re si umiliò, a Canossa, cospargendosi il capo di cenere e chiedendo perdono per i propri errori;
ma i re, si sa, sono nobili: a noi rimangono ormai solo delle scartine, pochi e miserabili "onorevoli", da contrapporre.
"Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoci 'o passato..."
Io, secondo me...11.07.2010
"Chi muore giace, chi resta si da pace";
questo si usa dire quando, con rassegnazione, i sopravvissuti debbono soffrire con dignità, senza fare chiassate, dare in escandescenze, lamentarsi o arrivare ai piagnistei: se propri si deve, sia almeno in silenzio, composti, sussurrando, controllati nelle geremiadi e nel gocciolatoio dell'occhio.
Insomma: con stile e, soprattutto, defilati, lontani da finestre mediatiche, da dove tutti possono sbirciare e vedere quanti panni sporchi ci stanno dietro.
Quel che giace è la salma del maresciallo dei carabinieri Antonio Lombardo, che si sparò nel '95.
- «Ecco, si sparò; e allora, che ce ne fotte! Scelta sua, roba vecchia e lo spettacolo va avanti!» risponderebbe Leo.
E già perché lui fotte e se ne fotte, anche se la pallottola prese avvio non da una combinazione di polvere da sparo, ma dalla merda; e il Leo, di quella, ne ha riempito secchi, per lubrificare la camera di scoppio della rivoltella del povero Antonio.
Approfittando del predellino, della zeppa da sotto i piedi, che l'occasione gli aveva dato, il Leo Cascio subito se ne avvantaggiò, cercando di sembrare più grande di quel che fosse, come a proiettare l'ombra del nano sul telo, dove anche le movenze di un verme parrebbero contorsioni di drago.
Samarcanda, si chiamava la lampada magica, che amplificava la trombetta, a farla diventare trombone: direttore di tanta orchestra era allora il Santoro, presentatore e conduttore televisivo, detto anche Michele.
L'uno e l'altro ci guadagnarono in ascolti e notorietà, dove la verità vera è quella gridata, dove "Chi vusa pusè la vaca l'è sua", ovvero "chi urla di più ottiene la proprietà della mucca".
Leo, era Leoluca Orlando Cascio, avvocato e figlio di tale, che fu consigliere e poi sindaco di Palermo e, su su, da predellino a predellino, da zeppe in zeppa, da gradino a gradino, fino a divenire parlamentare e poi, da esportazione, come europarlamentare, oggi gemellato nell'Italia Dei Veleni - ops! Dei valori - del sciur paròn, Tony Di Pietro, protettore dei fabbricanti di manette.
Terra terra, la "sparata" del Leo fu:
- «Antonio è pappa e ciccia con la mafia!»
No, non l'Antonio amico suo di oggi, ma il Lombardo.
Praticamente sputtanò, in mondovisione, quel poveretto, usando la tromba più assordante esistente: la televisione;
e che non fu di bocca, la si vede solo oggi, ormai tardi per ridare onore e dignità a chi diede le dimissioni a modo suo, svergognato da uno che cercava di far rumore per emergere dal "se non fai casino non ti caga nessuno", detto nel volgare dell'uomo di strada.
Beh, Cascio c'aveva già provato ad attirare l'attenzione: prima entrando in polemica con Leonardo Sciascia, che di antimafia c'aveva gli attributi migliori del Leo e pure con il giudice Falcone, quello che alla mafia rompeva proprio gli zebedei, tanto che, per toglierselo dalle palle, lo fecero esplodere con tutta la scorta.
Il Cascio diceva che teneva le indagini nel cassetto, pure lui con macchie sulla camicia immacolata.
- «Eeeeeeh...errori di gioventù: ora sono pulito, anzi, "onorevole"!» direbbe il Leo.
Vero e, come quello che ti invita al Bar. a prendere un caffè, lui non paga mai!
Chi muore giace, chi resta si da pace;
Ovetto fresco di giornata, è la notizia che un altro tritato è riuscito ad uscire dalle pale del ventilatore, quello manovrato dagli "épandeur de merde", dove le macchie del loro prodotto rimangono a lungo, così come l'odore.
L'uomo che Paolo Borsellino - anche lui "esploso" dalla mafia - chiamava fratello, il carabiniere Carmelo Canale, è stato assolto in via definitiva dall'accusa di essersi venduto alla mafia;
Antonio Lombardo era suo cognato.
Se mai qualcuno dovrebbe fregiarsi del titolo di "Onorevole", questi sono proprio loro: onesti servitori dello Stato, a cui lo sputo dei serpenti ha, a uno tolto la vita, all'altro, l'ha avvelenata.
Quando la mafia non riusciva a togliersi dai coglioni quelli che la impensierivano, alle bombe preferiva il "pentito" di turno, quello che si faceva acchiappare apposta per poi avvelenare o intossicare dal di dentro chi lo ospitava.
Ecco che si toglieva d'attorno un pericoloso avversario senza colpo ferire, dove magari la fortuna favoriva pure i delinquenti, che della parola vergogna non ne conoscono declinazione, mentre per altri armava la rivoltella che si puntavano alla tempia.
Se poi c'era qualche Cascio nei paraggi, pure quello era valore aggiunto, che non era importante la trincea da dove sparava, basta che fosse uno dei suoi a cadere, vittima di quel che in guerra si chiama fuoco amico.
Anche un re si umiliò, a Canossa, cospargendosi il capo di cenere e chiedendo perdono per i propri errori;
ma i re, si sa, sono nobili: a noi rimangono ormai solo delle scartine, pochi e miserabili "onorevoli", da contrapporre.
"Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoci 'o passato..."
Io, secondo me...11.07.2010
lunedì 5 luglio 2010
domenica 4 luglio 2010
Cazzazione
- «Non fa male...non fa male!»
La tipa saltellava come un grillo, attorno al più possente e tarchiato marito.
A vederli, pareva la serie di Rocky Balboa, il famoso pugile interpretato dall'attore Silvester Stallone, dove usava la propria faccia per intercettare i colpi dell'avversario, più che il pugno;
il povero Rocky ne usciva sempre vincitore, più per sfinimento di chi lo affrontava che per doti agonistiche proprie.
Con la faccia come una bistecca passata al tritacarne, scoraggiava quel che lo pestava con la famosa frase, appunto:
«Non fa male...Non fa male!»
A quello, prima o poi, cascavano le braccia e - beng! - gli arrivava la mazzata finale di quel che, fino ad allora, le aveva buscate incessantemente.
- «Fatto niente, fatto niente: ciccabù, ciccabù!»
La femmina continuava l'incontro, nonostante il naso ridotto a gnocco, gli occhi tumefatti, gli zigomi violacei, gli incisivi spezzati, il contorno occhi dell'orsetto Panda, le labbra gonfie come canotti, le capsule dentali saltate, la mandibola sghemba e cascante, le dita fratturate e i capelli arruffati.
- «Non mi fai paura, marameo!!»
Il gancio le arrivò dal lato scoperto, mentre un montante devastante le schiacciò i denti, gli uni sugli altri, mandandoli in frantumi;
Il colpo allo stomaco la piegò in due, come un libro rinchiuso di botto, mentre i polmoni si sgonfiarono d'un fiato, come una gomma forata dal chiodo.
Il colpo basso le fece vibrare tutto l'apparato riproduttivo, dove ormai quel che stava sopra ora era sotto e viceversa.
- «Tutto qui, non sai fare di meglio?»
a dire il vero, questa frase è stata interpretata più dalla mimica che dalla lettura del labiale, che ormai la bocca era attaccata al naso, a formare un tutt'uno.
L'uomo la finì con lo sgabello, il martello del gong e il secchio, dove stava in ammollo la spugna.
Alla vista dei carabinieri, avvertiti dai vicini di casa della coppia, allarmati dalle urla bestiali, di rabbia e dolore, si presentò uno spettacolo tremendo, quando i portantini della lettiga deposero i pezzi della donna sulla tela, avendo l'accortezza di numerarli, per dar modo poi di ricomporre i tanti ossicini spezzati, i lembi di carne striata e i tendini che assomigliavano a stringhe slacciate o spaghetti scotti;
la donna, con la migliore delle dita maciullate riuscì ancora a tracciare, con il suo sangue, una riga sul pavimento
- «Non fa male...non fa male!»
Ad uno dei militi scappò detto, con ammirazione e dopo aver ammanettato il manesco marito:
- «'azzarola; quella è proprio una donna con le palle!»
Dopo aver raccolto i coriandoli corporali più minuti con lo scopino e l'aspirapolvere, i volontari della croce rossa sgommarono quanto più in fretta possibile, a sirene spiegate e con la massima celerità.
- «[...] una con le palle, per nulla intimorita dal consorte, manesco e offensivo; pertanto, questo tribunale assolve l'imputato perché ritiene che ingiurie e botte non possano essere considerate sopraffazione esercitata dall'accusato, visto che la moglie è una tigre, per nulla spaventata dalla brutale virilità del suo King Kong!»
Bam! Bam! Bam!
Il martelletto batté inesorabile, sottolineando l'atto di giustizia, mentre i signori togati se ne andarono alla spicciolata, tronfi e ringalluzziti, dopo aver telefonato a casa: «Maria, butta la pasta, che sto arrivando!»
Le tante Marie, mogli di questi della Cassazione, Suprema Corte di illuminati, sicuramente avranno fatto tesoro del neanche tanto velato messaggio: credere, obbedire e tacere, altrimenti, se mostrate gli attributi - io sono omo! - c'è licenza di raddrizzarvi a legnate!
Prese per i capelli e trascinate nella caverna, c'hanno tagliato le unghie, alle ribelli, quei maschioni della...Cazzazione.
King Kong, scimmione di Livigno, condannato dalla corte di Sondrio e pure, in appello, in quella di Milano, altri parrucconi l'hanno fatto uscire dalla gabbia: tribunale che vai, legge che trovi, che non è vero sia uguale per tutti.
Io, secondo me...04.07.2010
La tipa saltellava come un grillo, attorno al più possente e tarchiato marito.
A vederli, pareva la serie di Rocky Balboa, il famoso pugile interpretato dall'attore Silvester Stallone, dove usava la propria faccia per intercettare i colpi dell'avversario, più che il pugno;
il povero Rocky ne usciva sempre vincitore, più per sfinimento di chi lo affrontava che per doti agonistiche proprie.
Con la faccia come una bistecca passata al tritacarne, scoraggiava quel che lo pestava con la famosa frase, appunto:
«Non fa male...Non fa male!»
A quello, prima o poi, cascavano le braccia e - beng! - gli arrivava la mazzata finale di quel che, fino ad allora, le aveva buscate incessantemente.
- «Fatto niente, fatto niente: ciccabù, ciccabù!»
La femmina continuava l'incontro, nonostante il naso ridotto a gnocco, gli occhi tumefatti, gli zigomi violacei, gli incisivi spezzati, il contorno occhi dell'orsetto Panda, le labbra gonfie come canotti, le capsule dentali saltate, la mandibola sghemba e cascante, le dita fratturate e i capelli arruffati.
- «Non mi fai paura, marameo!!»
Il gancio le arrivò dal lato scoperto, mentre un montante devastante le schiacciò i denti, gli uni sugli altri, mandandoli in frantumi;
Il colpo allo stomaco la piegò in due, come un libro rinchiuso di botto, mentre i polmoni si sgonfiarono d'un fiato, come una gomma forata dal chiodo.
Il colpo basso le fece vibrare tutto l'apparato riproduttivo, dove ormai quel che stava sopra ora era sotto e viceversa.
- «Tutto qui, non sai fare di meglio?»
a dire il vero, questa frase è stata interpretata più dalla mimica che dalla lettura del labiale, che ormai la bocca era attaccata al naso, a formare un tutt'uno.
L'uomo la finì con lo sgabello, il martello del gong e il secchio, dove stava in ammollo la spugna.
Alla vista dei carabinieri, avvertiti dai vicini di casa della coppia, allarmati dalle urla bestiali, di rabbia e dolore, si presentò uno spettacolo tremendo, quando i portantini della lettiga deposero i pezzi della donna sulla tela, avendo l'accortezza di numerarli, per dar modo poi di ricomporre i tanti ossicini spezzati, i lembi di carne striata e i tendini che assomigliavano a stringhe slacciate o spaghetti scotti;
la donna, con la migliore delle dita maciullate riuscì ancora a tracciare, con il suo sangue, una riga sul pavimento
- «Non fa male...non fa male!»
Ad uno dei militi scappò detto, con ammirazione e dopo aver ammanettato il manesco marito:
- «'azzarola; quella è proprio una donna con le palle!»
Dopo aver raccolto i coriandoli corporali più minuti con lo scopino e l'aspirapolvere, i volontari della croce rossa sgommarono quanto più in fretta possibile, a sirene spiegate e con la massima celerità.
- «[...] una con le palle, per nulla intimorita dal consorte, manesco e offensivo; pertanto, questo tribunale assolve l'imputato perché ritiene che ingiurie e botte non possano essere considerate sopraffazione esercitata dall'accusato, visto che la moglie è una tigre, per nulla spaventata dalla brutale virilità del suo King Kong!»
Bam! Bam! Bam!
Il martelletto batté inesorabile, sottolineando l'atto di giustizia, mentre i signori togati se ne andarono alla spicciolata, tronfi e ringalluzziti, dopo aver telefonato a casa: «Maria, butta la pasta, che sto arrivando!»
Le tante Marie, mogli di questi della Cassazione, Suprema Corte di illuminati, sicuramente avranno fatto tesoro del neanche tanto velato messaggio: credere, obbedire e tacere, altrimenti, se mostrate gli attributi - io sono omo! - c'è licenza di raddrizzarvi a legnate!
Prese per i capelli e trascinate nella caverna, c'hanno tagliato le unghie, alle ribelli, quei maschioni della...Cazzazione.
King Kong, scimmione di Livigno, condannato dalla corte di Sondrio e pure, in appello, in quella di Milano, altri parrucconi l'hanno fatto uscire dalla gabbia: tribunale che vai, legge che trovi, che non è vero sia uguale per tutti.
Io, secondo me...04.07.2010
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