venerdì 25 novembre 2011

mercoledì 23 novembre 2011

lunedì 21 novembre 2011

giovedì 17 novembre 2011

mercoledì 16 novembre 2011

Snafu




La ricerca è spasmodica, che la stagione lo richiede;
non per catene da neve, ma mutande di ghisa.

ASAP.

Mario Monti, ne vorrebbe un paio, ben rinforzate, per affrontare quel che lo aspetta, per non fare la fine del predecessore che, per non offrire il fianco al nemico, aveva trascurato quel lato in ombra, che brucia di più quando colpito: il retro.
Ora che la presa è riuscita e il parafulmine Berlusconi è stato rimosso, ma la tempesta non accenna a diminuire, bisogna “precipitevolissimevomente” sostituirlo, a che un altro si prenda le immancabili saette in arrivo, per conto terzi.

ASAP.

Il capro espiatorio non ha mai da mancare: il catalizzatore delle colpe dell’umanità deve essere sempre, come il catino dell’acqua per Pilato.
Se è vero che ognuno ha la sua croce, non è detto che si debba finirci sopra quando, all’occasione, si riesce a scambiare la chiodatura di Gesù con quella di portantino, alla Simone di Cirene.

ASAP... As Soon As Possible, il prima possibile.

Il Mario non è del tutto scemo: vuole, nell’armata Brancaleone, anche dei politici.
Il giorno in cui ci fosse da tirare di conto, quando non basterà offrire alla “culona” e al bauscia di Francia l’immaginetta con il “santino MarioMonti” per garanzia, al lancio di pomodori e uova il nostro eroe - prima bocconiano poi boccaccesco - vorrebbe offrire al tiro anche altre facce, di bronzo e di tolla, su cui spiaccicare tanta abbondanza;
e teste, quando, al grido di «Maestà, il popolo ha fame e manca il pane», ancora ci sarà chi risponderà «Dategli delle brioches!»

SNAFU.

Al Marietto, giusto per convincerlo a levare le castagne dal fuoco, camminando a piedi nudi, sui carboni ardenti, l’hanno unto con balsamo ed unguento lenitivo;
una bella carica di Senatore a vita, e palate di palanche: venticinquemila “eurini” al mese.
Ci scappa già il primo paio di mutandoni rinforzati;
male che andrà, camperà lo stesso - lui - grazie a quell’aggiunta: “a vita”.

SNAFU.

Sangue, sudore, lacrime, pane e merda al popolo bue.
Pagnotte e companatico alla casta, che mai dovrà tirare cinghia, avendo il giro-vita a fisarmonica, onde adeguare contenitore di panza alla crescita.

SNAFU.

“Ogni mattina una gazzella si sveglia: sa che deve correre più in fretta del leone o sarà uccisa;
ogni mattina un leone si sveglia: sa che deve correre più della gazzella, o morire di fame;
non importa se tu sei il leone o la gazzella: corri!”.

Nell’Europa, dove l’aggiunta del termine ”Unita” indica solo l’ammucchiata, la parte del leone la fanno i banchieri:
il resto, sono gazzelle...siamo noi.
Pochi leoni, - e i loro sciacalli: Moody's, Standard & Poor's e Fitch - che il branco delle loro prede, per numero, potrebbe caricarli e calpestarli con facilità.
Ma sono a spostarsi litigando tra loro, troppo presi a mordersi deretano, groppone e collo per accorgersi che i più esterni stanno cadendo e presto saranno loro ad essere esposti.
Bastano pochi e spelacchiati leoni a fare strage - tra i litiganti, godono - che a spingere tra le fauci la polpa sono proprio quelli che la pelle se la dovrebbero salvare, lavorando di concerto e sulla forza del numero.
Cadono Irlanda e Grecia, traballano Spagna e Portogallo, in affanno pure la Francia, mentre i crucchi cantano, avendo - per ora - i garretti ancora buoni: saranno solo gli ultimi a stramazzare, quando soli a correre.
“Grandeur” e “Über Alles”, sono a vantare, anzi, pretendere, titolo di “Boss del quartierino”.
Ognuno, ad ammollare i propri calli.
Tra poco saranno a comandare...guardiani e reggitori di camposanto.

SNAFU.

“Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale.
Vengo anch'io. No, tu no.
Per vedere come stanno le bestie feroci
e gridare aiuto, aiuto è scappato il leone,
e vedere di nascosto l'effetto che fa.
Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Ma perché? Perché no”!

I leoni puntano l’Italia.
Le sale con i nostri (sic!) rappresentanti sono un caravanserraglio, uno stipo di bestie all’ingrasso, più attente alla greppia e al trogolo pieno che al resto della stalla, dove invece vacche magre.
Ruttano per l’ingordigia, a rasentare l’indigestione, mentre dal basso arriva il gorgoglio di stomaci in sofferenza.
“Culona” e “Bauscia” si sono guardati complici, con quel sorriso cretino, quando chiesto di noi.
La “Razza eletta” non considera il bestiame, che deve solo sfornar loro ovetto di giornata, latte da mungere e lana di stagione.
Non concertano, ma fanno duetto: nella disgrazia, quando le formiche cercano di salvare la comunità, sono a fare i grilli canterini.

“Si potrebbe poi sperare tutti in un mondo migliore.
Vengo anch'io. No, tu no.
Dove ognuno, sì, e' già pronto a tagliarti una mano
un bel mondo sol con l'odio ma senza l'amore
e vedere di nascosto l'effetto che fa.
Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Ma perché? Perché no”!

SNAFU.

Cadono Irlanda e Grecia, traballano Spagna e Portogallo, in affanno pure la Francia.
Le zanne ora sono negli stinchi dell’Italia.
I banchieri hanno voluto l’Europa.
“Unita”, perché fosse più facile raccogliere per la macellazione.
Per i tacchini poi, arriva il “Tanksgiving Day”, il “Giorno del Ringraziamento”.
Nel momento della spolpa e del ciucciare le ossa, il “Banchierleone” ruggisce.
Educato, ringrazia.
Ringrazia i polli che, nell’attesa del piatto, sempre più sono a credersi e fare i galli, nella gabbia.

“Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale.
Vengo anch'io. No, tu no.
Per vedere se la gente poi piange davvero
e capire che per tutti è una cosa normale
e vedere di nascosto l'effetto che fa.
Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Vengo anch'io. No, tu no.
Ma perché? Perché no”!

SNAFU...Situation Normal, All Fucked Up.

Nulla di nuovo, tutto a puttane!


Io, secondo me...16.11.2011

lunedì 14 novembre 2011

martedì 8 novembre 2011

lunedì 7 novembre 2011

PDi di marzo


Imodium di dire





Vivono di quei momenti.
In quello, ci navigano, come un surfista sulle onde.

Ronzano come quei mosconi cangianti, quelli che fanno contorni elaborati su cumuli tremolanti e fumanti di colore terreo e alito fetido.
Come quelli, cercano con ostinazione quel burroso escremento, contenti solo quando ci si possono infilare a capofitto e poi spanderlo, benedicenti.

Sono i segugi degli alati brusenti, quelli che si piccano di sentire puzza di bruciato quando ancora altri sono lungi dall’afferrarla e ti assediano, nel tentativo di aggiungerti all’allegra brigate;
ti tampinano, ti sfiancano, ti svuotano, ti prosciugano massacrando i maroni o scassando i cabbasisi, come direbbe un rappresentante d’eccellenza della specie: il Camilleri, l’Andrea.

Ripetono all’infinito gli stessi concetti, senza inflessioni, senza varianti, senza creatività o tentando di addolcire tanta crudezza e rozza sgrossatura, a falcetto e martello.
La cultura della goccia, che alfine ti buca persino la roccia più dura.
La razza è dei devastatori, dei demolitori, del provocare macerie, basta che sotto ci restino quelli che hanno demonizzato, indifferenti al fatto che, per ottenere tanto, la conta dei morti sia in terra grassa.
Sono come quei parassiti infestanti, che continuano a moltiplicare e crescere esponenzialmente la tanta carica batterica, sino ad ammazzare il corpo che li ospita e loro con quello.
Gliel’hanno scritto nei cromosomi, è insito, il caricare a testa bassa, al grido di:

«Io a quello lo sfascio!».

La barca c’ha dei buchi e uno c’infila le dita per tapparli, sperando che gli altri gli diano una mano, a galleggiare: ma quelli, nisba!
Giù mazzolate sul groppone, perché gli sta sulle palle e lo vogliono mazzolare, ora che non ha modo di rivolgere loro le unghie, troppo occupato a tenere timone, rotta ed emersione.

Sono talpe, che vedono lo scavo pochi centimetri di là dal loro naso e dalle poche diottrie: inutile credere e sperare siano mai in grado di una visione oltre.

Come un formicaio, un termitaio o un alveare, sono specializzati nel fare una cosa sola: curare le uova, o fare a botte, lo stallone per la regina o buchi nella terra e nel legno.
Tanti, nell’acqua.
Vallo a dire, a quello addetto al trapano, che non sta bene bucare verso il basso, quando sei su una zattera;
o a quello addestrato a menare le mani, che la baracca brucia, mentre fai a cazzotti.
Lasciando stare chi del prossimo se ne fotte, prendendo pure per i fondelli!

Per il bene del paese, ovviamente.

Sono pericolosi, perché sono presuntuosi, prepotenti, invadenti, sgomitano ed offendono.
Parlano di democrazia, quando lo zuccherino è loro;
regime, quando la conta dei voti gli è contro.

Ma qui, rasentano l’assurdo, invocando cambio di regole e gioco, giustificando e approvando come lecito ogni mezzo per sovvertire quanto non li ha appagati per vanità, quando lo specchio delle urne non ha riflesso Narciso.
Sono minoranza, ma di qualità, in confronto al "popollame" bue, con abbondanza di sola quantità.
Sono la crema, figli del Palmiro, conosciuto non per nulla come “Il Migliore”;
i più intelligenti, quelli che leggono libri e giornali, che si addormentano leggendo Kant... Emmanuel, il filosofo, non Eva, la donna di Diabolik.
Mica con il paginone centrale con la gnocca biotta, di Playboy!
La massa che gli ha rotto il giocattolo, la “gioiosa macchina da guerra”, andrebbe “rieducata”;
bastonata e purgata, ma con misura: tante pecore danno comunque buona lana e polli ottime uova.
Non è una scheda che li fa sentire “eletti”, ma l’”unto del Soviet”, di cui si sentono cresimati e figli prediletti.

eredi di una dottrina che nel mondo ha fatto vagonate, milioni e milioni di morti, dove chi c’era sotto doveva tenere coda e orecchie abbassate e lingua a posto, pena la cancellazione fisica;
eccoli a ragliare senza freno, volendo far credere di vivere sotto il tallone di quel che è stato più storia di loro derivato e deriva.

Un Pol Pot, un Mao, uno Stalin, ma pure un Mussolini o un Hitler, avessero latrato come oggi, li avrebbero trasformati in fertilizzante.
Questi invece insultano, offendono, umiliano, “pomponeggiano” e pontificano indisturbati, incancreniti, cisti, radicati nel tessuto che vorrebbero invece far credere li voglia fagocitare.
Non sono abituati a confrontarsi con gli anticorpi, a credere mai esistere un organismo che li può rifiutare, combattere, isolare, contenere.

Ignoranti o falsi, Giuda e bugiardi, mistificatori e illusionisti, sono a predicare persino l’assurdo, facendosi poi credere madonnine infilzate.

«Ai miei tempi, sotto il fascismo, si era molto più liberi d’oggi» tuona il Camilleri.

Certo: se le cose le pensavi senza dirle, da che parti stavi e con che velocità riuscivi a rivoltare la camicia, quando l’aria cambiava.

L’Italia berlusconiana sarebbe “illiberale”, secondo l’Andrea.
Nostalgia di gioventù, Andreino, dove si stava meglio quando si stava peggio?

L’età e il tremolio gliela fatta fare fuori del vasino, ritenendo non solo che il paese sia razzista ma:

«Rispetto alle leggi razziali fasciste molto è addirittura mutato in peggio, nell’atteggiamento degli italiani.»

Una provocazione...un modo di dire?

No: un...Imodium di dire;
per incontinenti: gioventù del Littorio.


Io, secondo me...07.11.2011

venerdì 4 novembre 2011

mercoledì 2 novembre 2011

giovedì 27 ottobre 2011

Un giorno d’ordinaria tristezza




“Non chiedere per chi suoni la campana. Essa suona per te”.

E la campana suona.
Si entra nell’ampio e lungo corridoio, dove misere lampade con luce di un bianco sporco vorrebbero essere imitazione del sole, che in quel luogo non ci sarà mai;
e non solo per quel giorno d’autunno, dove la pallida stella si nasconde nel grigiore e nelle nuvole, che s’apprestano alla pioggia.
Lì, sempre è notte, anche se le ampie vetrate vorrebbero invitare l’astro ad entrare.
Non può: lì nulla è più come prima.
I fili di luce si sono interrotti, sono stati strappati, così come la trama del tempo e dello spazio, dove esiste solo un immenso buco nero, che tutto cattura, tutto cancella, senza più rilasciare;
è un universo parallelo, ma con scintille, che via via si estinguono, una dopo l’altra.
Il cuore si stringe, la mente migliore vacilla, il dolore di chi arriva dall’universo di luce strazia, nel cercare un varco tra quelle tenebre.

La lunga passerella di piastrelle rilucenti riverbera quella luce innaturale e fredda, mentre i muri di un giallo pallido e le porte di un azzurro tenue vorrebbero imitare il sole e il cielo, nel dare calore e sollievo ad anime ormai stanche, secche, prosciugate.
Fuori delle stanze, allineate ordinatamente, porta dopo porta, eccole, le poverelle: aspettano, in un mondo in cui anche il tempo è rallentato, legato come grano di rosario ad un filo, che si potrebbe spezzare da un momento all’altro.

“Nessun uomo è un’isola,
completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto”.

Eppure, il maglio del destino ha frantumato il legame, lanciando e lasciando piccoli frammenti d’umanità alla deriva.
Sono i non morti.
Ma neppure più vivi.

Da un lato come dall’altro, le carrozzine con quei corpi piegati e piagati, formano una lunga fila, che si perde per tutta la lunghezza di quel condotto, rimpicciolendo sempre più, tanto quanto si sforza di arrivare lo sguardo, sino a perdersi, in fondo dove s’indovina il muro;
dove finisce lo spazio, orfano di secondi, minuti, ore, giorni, mesi ed anni.

“Se anche solo una nuvola
venisse lavata via dal mare,
l’Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa”.

Con un senso di vertigine, noi, i “vivi”, cerchiamo il nostro “non morto”, come a scegliere la propria bicicletta nell’insieme di tante esposte sulla rastrelliera.
Eccoli: sono i nostri padri o madri, per altri, i nonni o le nonne;
per i più sfortunati, i compagni, le compagne o, peggio, i figli.

Non sono più in sè, oppure lo saranno per poco: quel tanto che basta al malefico buco nero che si è formato nella loro testa, per risucchiare tutti i pensieri, i ricordi e, alla fine, ogni minima coscienza di sè, dell’essere, della propria personalità, dell’Io esistente.
Ogni cosa sarà inghiottita da un tarlo famelico, che porterà a consumazione lo spirito e la carne, fino a che una nera signora passerà, pietosa, a terminare lo scempio, la corrosione e il disfacimento, rubando l’ultimo soffio, come il sagrestano, quando spegne la candela sull’altare, a messa finita.

“La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell’umanità”.

Ma dov’è la vita?

«Rosa...Rosa...mamma» sussurra una figlia, a quella donna stesa su quella carriola a rotelle.
Rosa, la mamma, ha gli occhi chiusi, la bocca perennemente aperta vuota d’ogni mordente;
un pertugio che pare il dove l’essere suo si è sfilato dal corpo, per lasciare un guscio vuoto.
Dov’è Rosa?

E Sebastiano, dov’è, che passa avanti e indietro, in un continuo strascicare di piedi:
le mani abbandonate sui fianchi, fisso lo sguardo, con gli occhi che non sono più specchio d’anima.

Il temporale scoppia all’improvviso e l’acqua portata dal vento sembra una mano che schiaffeggia i vetri, quasi volesse violare anche quella dimora di sofferenza.
Le luci, per un attimo, si abbassano per poi riprendere vigore, quasi orgogliose di brillare di luce propria, non più in competizione con quella palla di fuoco che, nel cielo terso, altrimenti le oscurerebbe.
Qualcuna si fulmina.
Come quegli sfortunati, ormai fantasmi, anche se rimane la carne.

Guardo le foglie trasportate dall’impeto della tempesta: anch’esse, una volta verdeggianti, nel fulgore e nella bellezza della giovinezza, ora sono in balia d’ogni avversità.
Impossibile non prevedere stessa sorte, per le mie anime morte.
Non so in che paese ora stanno e se il buon Dio ha già reclamato quei figli suoi, lasciando ancora a noi di contemplare quella carne abbandonata.

“E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te”.
E la campana ancora suona.

Le infermiere improvvisamente riappaiono, con la frenesia e la laboriosità di formiche o api operaie, che riprendono la cura di quello a loro affidato.
Ogni carrozza ritorna al suo posto, dopo che tante mani hanno accarezzato quelle guance, quelle teste ormai svuotate, quelle mani ormai abbandonate, quelle ginocchia che, quando si era piccoli, ci tenevano sopra, mentre loro ci raccontavano le fiabe del focolare.

Un’angoscia cocente ancora spreme il cuore, come pugno il limone.
Si passa vicino al salone, dove i pochi che ancora tengono un barlume di consapevolezza, guardano la televisione.
Sono ammucchiati: tante carrozzine avvicinate, tanto da sembrare ingorgo sulle strade più battute.
Come un sol uomo, tutti si girano, guardando noi che usciamo.
Loro no...mai più, da vivi.

“Viator Viator, quod tu es, ego fui. Quod nunc sum, et tu eris”...

Pellegrin che guardi a me, io ero come te, un bel dì sarai com'io, pellegrin Addio Addio.


Io, secondo me...27.10.2011

mercoledì 26 ottobre 2011

r€gime


San Rafale




Ride, il bischero...

“Bah! sei tu forse un uom? / Tu sè Pagliaccio!
Vesti la giubba e la faccia infarina.
La gente paga e rider vuole qua /.../ ridi, Pagliaccio...e ognun applaudirà!”.

Sulle note e sulla voce dell’opera lirica di Ruggero Leoncavallo, ecco i “Pagliacci” entrare in scena ma, diversamente da quelli, i nostri abbandonano la maschera e si mostrano per quel che sono.

Ecco il re, di loro, il “Nicolino” Sarkoszy, Monsieur le Président de la République Française.
A seguire, il codazzo del gran Circo, dal ministro della Difesa Gerard Longuet a Pierre Lellouche, segretario di stato agli affari Europei ma, soprattutto, al commercio estero.
Nicola, Gerardo e Pierino...la mazza e le palle, per un gioco elaborato dall’unico cervello del gruppo: l’intellettuale Bernard Henri Lèvy, che ha dato la battuta al primo per poi far girare il resto.

«Libya delenda est...Delenda Libya!» la Libia dev'essere distrutta, concludeva ostinatamente il Bernardo ogni sua orazione, come il vecchio Catone per Cartagine.

E già, tutto quanto si distrugge, alla fine deve essere ricostruito: più macerie, più lavoro, più salario.

Diversamente che per la storica Cartagine, qui non si cospargeranno le rovine di sale, per rendere sterile il terreno, a che più nulla possa risorgere dalle ceneri.
Sull’anticipo, sull’uscita di quattrini per far piazza pulita, ora è il momento di battere cassa: oltre a quella per inchiodare dentro il vecchio padrone di casa, anche per quella dei denari.
Anche liquidi vanno bene: è meglio fare il bagno nel petrolio che nel latte d’asina, anche se, nel e per olio nero, si rischia di lasciarcela, più che lisciarsela, la pelle!

«La Francia si sforzerà con la Libia di svolgere il ruolo di un PARTNER PRINCIPALE, in un paese in cui i dirigenti SANNO che ci DEVONO MOLTO!» dice un bellicoso “Gerardino” Longuet.

Ancora non si è seccato il sangue nelle vene, al vecchio padrone del vapore...e petrolio, e gas, il Muammar Gheddafi, che gli avvoltoi sono scesi dai “Rafale”, con i motori ancora roventi e fare la pisciatina che marca e delimita quel che si ritiene di diritto un proprio spazio.

Giusto per rendere chiaro i veri motivi di tanta cagnara, ecco anche l’avvertimento ai “Compagni di merende”, lesti o tardivi, che si sono attaccati al tram, costretti a sedersi a stessa tavola, che ormai le uova erano rotte e la frittata da fare.

«I paesi della coalizione cercheranno probabilmente di [...] trarne vantaggio.»

Tradotto: cercheranno di fregarci l’osso e i pezzi migliori.

«Non saremo né gli ultimi né i più volgari. Non ci siamo impegnati in modo tardivo, mediocre e incerto!»

Il classico grasso e grosso maiale che, scacciato il vecchio dal trogolo, ora difende il meglio della sbobba, i bocconcini più sugosi e il diritto del “Jus primae noctis”, a deflorare per primo la sposa d’altri.
L’importante è fottere.
Prima il mercato africano dell’Italia, che in Libia ci marciava bene;
ma anche a quelli che hanno dato appoggi, droni, basi, bombarde e navi, per aiutarli a tenere immobilizzato e compiere lo stupro.

Nicola, Pierino e Gerardo, ancora con i pantaloni abbassati, sono all’ipocrisia:

«Alle persone che ci mandano un S.o.S per la libertà, indipendenza e sicurezza NON INVIAMO NESSUNA FATTURA.»

Commovente.

Vorrà forse dire che lavoreranno in nero, tutte le parti economiche che entreranno in causa, coordinate da Pierre Lellouche.
Ubifrance e la Egis International, per la finanza;
Afex per gli architetti che andranno a ricostruire case e cose, piuttosto che Air France con la flotta libica rottamata;
Total, Entrepose Contracting e Gecol, per la benza e le centrali elettriche;
Alcatel Lucent per le comunicazioni, Sofrecom per i servizi di telefonia , Nexans per le linee ad alta tensione.
Hill-Rom per la sanità, per ricostruire il Centro Medico di Bengasi e Soufflet, nell’agro-alimentare.
Nicola, Gerardo e Pierino...forza gente, sono arrivati i Babbi Natale!.

«Venghino, siore e siori: non siamo qui per vendere ma per regalare!»

Alle persone che ci mandano un S.o.S per la libertà...
vedremo di far pervenire richieste d’aiuto anche dalla Siria o dallo Yemen o in Iran: il mondo è pieno di gente che grida «Aiuto! Aiuto!» soffocata da regimi dispotici o dittatoriali.
Appena sapranno che la Francia menerà le mani per loro - e “agratis”, senza presentare fattura - manderanno raccomandate con ricevuta di ritorno, con S.o.S a “Gerardino” e compagni.

Chissà se anche a loro metterà a disposizione la “Santabarbara”, signora delle polveri, dell’Eliseo o, ancor meglio...san Rafale.

Certo che la figura, il Libia, è stata barbina: otto mesi per piegarne la resistenza, nonostante “Er mejo” della ferraglia occidentale;
colpa degli straccioni, di quell’accozzaglia di briganti che avevano attivato sul campo, per scardinare il vecchio regime e far credere movimento di ribellione “spontaneo”.
‘Na chiavica.
Più che sparare ai piccioni e farsi fotografare con il telefonino, non sapevano fare, che un conto è rubare alle carovane, un altro portare avanti una battaglia.
Hanno dovuto inframmezzare a quelli, “consiglieri” di professione, che li raggruppassero in un qualche cosa che assomigliasse ad un’armata, seppur Brancaleone.
Il regime non era marcio: nonostante l’incessante e impressionante pioggia di fuoco dei coalizzati occidentali, i fedeli del Raiss hanno combattuto fino all’ultimo.
E questo non è tipico nè dei mercenari, nè di nessun soldato o uomo che non abbia fede nel proprio condottiero.
Che ha mantenuto parola di farsi ammazzare, piuttosto del classico “armiamoci e partite”.

Ma doveva essere accoppato.
Mai ci fu intenzione di prenderlo vivo e processarlo, sia perché poteva rivelare relazioni imbarazzanti e compromettenti dei “coalizzati occidentali”, sia per non essere santificato come eroe contro quelli che - presto, molto presto - saranno additati come “crociati”.
Appena sarà messa in opera la Sharia, "la via da seguire", che converge con l’”occidentepensiero” come i binari del treno, ovvero mai, cominceranno i guai.
Aspettiamo, quando i ladroni saranno a voler dividere e pretendere la loro parte di bottino.
Anche questi diranno che i dirigenti - i più, voltagabbana - del sedicente Consiglio nazionale di transizione:
«SANNO che ci DEVONO MOLTO. Non saremo né gli ultimi né i più volgari. Non ci siamo impegnati in modo tardivo, mediocre e incerto!»
La resa dei conti non si farà con i guanti bianchi.
Le bestie che hanno liberato sono ora fuori dalle gabbie, ad infilare bastoni nel culo al vecchio leone e farsi immortalare accanto al suo cadavere, freddato dopo averlo oltraggiato e torturato.
Pezzenti in cristalleria, mai potranno accettare, pur’essi, che gli si sfili l’osso allo spolpamento.

Il malefico nanerottolo gallico si permette ora di sogghignare, con la crucca, dell’italico paese.
Non è, non sono messi meglio, ma si ritengono migliori, imbastarditi tra “La grandeur” e l’”über alles”.
Con i trenta denari della Libia vorrebbero rattoppare le pezze che hanno al culo.
Che gli vada di strozzo...o di stronzo.

Nicola, Pierino e Gerardo...mandanti ed esecutori: dove sta la differenza con Gheddafi?
Forse solo nel fatto che non si sporcano le mani, ma lasciano ad altri il farlo.

O a san Rafale, bombardone tuttofare!!


Io, secondo me...25.10.2011

lunedì 24 ottobre 2011

venerdì 21 ottobre 2011

martedì 18 ottobre 2011

Gilad Shalit, bentornato a casa, tra gli umani !!

Giustro il cambio: uno di Israele per mille di Hamas;

mille bestie in cambio di un essere umano...è giusta legge e misura di natura.

black bloccacca


Il maglio e la trebbia




“Batti e ribatti si piega anche il ferro/con il fuoco si piega anche il ferro”...

Il ritornello di una vecchia canzone di Rosanna Fratello pare il giusto sottofondo.
Ecco il trucco: prima si picchietta con ostinazione, poi in crescendo, modellando e dando forma alla lama;
poi lo si usa per falciare, separando l’utile dallo scarto: il martello e la falce, per arrivare a trebbia e raccolta.
Il maglio alfine piega, come la goccia buca anche la roccia più dura: è solo questione di costanza e tempo.

Davanti, le marionette;
dietro, la peggio gioventù del Littorio: cuori neri in camicia rossa.
“La meglio gioventù” ad essere braccio, per quelli ormai sono a senile pannolone, con orizzonte e tramonto ormai prossimo e la prateria alle spalle;
pure inaciditi, nel resoconto deficitario del fallimento di un’intera vita, a cui l’hanno data a bere, in avvelenata fonte e pascolo, quando poi visto, caduto il muro, com’era più verde l’erba del vicino.
E che il sol non era dell’avvenire ma da venire, avessero solo sbirciato sopra la murella, invece di fidarsi del descritto di chi avevano innalzato sopra.

Ora, oggi, a voler riscatto da infamia, eccoli:
loro ad alzare il braccio e dare la spinta;
loro a lanciare un estintore, una bottiglia di benzina con lo stoppino alla fiamma, loro a battere di manganello, a scassinare con il grimaldello:
loro a rompere vetrate, a carbonizzare automobili e case, a lanciare vernice e sassi;
loro a cercare il morto, meglio se in divisa, ma sarebbe andato bene qualunque tipo di carne, tanto che, una volta tritata, poco importa la qualità dell’impasto, ma l’averne fatto polpetta.

“Batti e ribatti si piega anche il ferro/con il fuoco si piega anche il ferro”...

L’Andrea Camilleri, con l’estintore;
L’Eco Umberto, con la benza e la focaia;
Il Giorgio Bocca, il Furio Colombo, L’Alberto Asor Rosa, il Paolo Flores D’Arcais, il Di Pietro: ognuno con l’arma sua, a sprangare, al brucio e alla carbonella, al porfido e al manganello, all’imbratto e allo sconcio, all’appicco e all’arrosto, a cercare costine da soffritto.

Loro, il ripieno di tante cozze altrimenti ariose;
a muovere i fili e soffiare in testa e pancia, ed animare burattini altrimenti sgonfi d’aria e boria.
I teatrini, magazzini e caserme, da cui trarre tanti obbedienti e inquadrati gioppini, sono sempre quelli: i centri sociali, ufficio di collocamento di tanti “nati con la cannetta”, come solevano dire i nostri vecchi, di quelli con nulla voglia di lavorare perché con quella, invece che con la spina dorsale, si sostenevano.

A Roma! A Roma!

Ecco i devastatori, le cavallette, le piaghe dell’umanità, uscire dalle tane e dare il meglio del peggio di razza loro.
Il tam-tam selvaggio era da tempo alla battuta;

«Potere alle avanguardie operaie» dice uno;
«Da che mondo è mondo, le vere rivoluzioni sono un bagno di sangue» risponde il “gemello”;
la verga, nel mezzo, ritto, a fustigare gli indecisi:
«Diffondiamo la violenza organizzata. Basta dire che bisogna manifestare in modo pacifico: faremo un bordello! Chi non se la sente, si faccia da parte: via senza palle e bambini!»
Amenità simili si sprecavano: canti di guerra per attizzare animi pugnaci.

Dietro c’era la legittimazione, la santificazione, la benedizione alla “Deus lo vult!”, Dio lo vuole, i sacerdoti, “maitre-à-penser”, i "formador de opinión", le eminenze grigie.
Mostrando il sacro estintore, eccoli ad eccitare la mandria:
«In hoc signo vinces!» con questo segno vincerai.
Le centrifughe del lavaggio di cervelli.

L’avversario era già stato per tempo demonizzato, spalmato di grasso e pece, pronto per esser fatto carbonella.

«Quello di Berlusconi è un metodo che appartiene al cartello di Medellin, dei narcos della Colombia!» tuonava un Tabucchi;
rispondeva, pieno di Furio, un Colombo, non di pace:
«Quello assomiglia ad un despota!»
e la Bocca di Giorgio, a caccia del drago da trafiggere, ribatteva che:
«Questa destra è peggio del fascismo: disgrega e saccheggia!»
«Rappresenta senza ombra di dubbio il punto più basso della storia dell’Italia dall’Unità in poi» cantilenava l’Alberto Asor Rosa, forse riferendosi all’Unità della carta straccia sua, sicuramente ben utile per le decisioni prese nel personale gabinetto di guerra.
«Sotto il fascismo ero più libero di quanto lo siano i giovani d’oggi» tromboneggia il Camilleri Andrea.
‘azzarola...forse perché se ne stava zitto zitto, per aver schivato manganello e olio di ricino, che altrimenti non avrebbe mai scansato nerbo e purga!

Infine non poteva mancare il pappagallo, a far...Eco:
«Berlusconi uguale a Mubarak e Gheddafi? Il paragone intellettualmente parlando, potrebbe essere fatto con Hitler: anche lui giunse al potere con libere elezioni.»
Già.
Peccato che, fosse così, a quelli come lui, il baffo teutonico l’avrebbe gasato nei campi di concentramento e poi infilato in un bel fornetto Krupp.
Invece eccolo - e altri come lui - a poter impunemente sputare in faccia al “despota”.

Non poteva far difetto, tra tanti ululati d’“Intellighenzia”, il raglio del somaro, quel che mai dirà:
«Vado a letto tardi, ma perché leggo Kant» visto che ci sono poche o nulla figure.
Chiude il sipario l’Antonio che deve aver preso la laurea alla vecchia scuola per corrispondenza “Radio Elettra”, dei miei lontani tempi, dell’età della...Di Pietro.
Il suo sunto è...stringato, nel condensare il Berlusca:
Nerone-Hitler-Mussolini-Franco-Pinochet-Videla-Noriega-capo dei capi, stupratore della democrazia, pappone.
Chi più ne ha, più ne metta: di tutto, di più.
Il Silvio, in sostanza, è un indemoniato, a cui fare l’esorcismo con la sacra formula per scacciare i demoni:
«Io a quello lo sfascio!»

Ecco, in piazza sono andati qualche centinaio di “Purgatores”, bovidi mossi dagli incitamenti al sangue di questi “fuochisti”, che appiccano fiamma e poi turano la valvola di sfogo della pentola a pressione.

Il pirlotto che s’è fatto fotografare al lancio dell’estintore o a bruciare il furgone con dentro militi da soffriggere, è solo riflesso condizionato e braccio armato, emanazione di questi peti che se n’escono con la puzzetta, per poi negare d’esser stati loro a produrne il marcio.

Altri ci provarono, ad evocare e sperar nella venuta di un salvatore, per “Copà el porseo”, per accoppare il porco.
Fu un dirigente modenese del Partito Democratico, che ebbe a dire:
«Ma, santo cielo! Possibile che nessuno sia in grado di ficcare una pallottola in testa a Berlusconi!»
Ci si andò vicino, quando gli ruppero una statuetta del Duomo di Milano in testa.
Sopravvisse, ma la “gioiosa macchina da guerra” continua a far buchi, anche a costo di affondare la nave su cui galleggiano.
Ma, per costoro, c’è speranza di non affogare.
Lo ha detto anche una di loro, la Rosy Bindi:

«Questi stronzi sono così stronzi che galleggiano pure senz’acqua!»

Se lo dice lei, galleggiante dell’annegata Democrazia Cristiana, suo scafo madre...

Onore, rispetto e merito a tutti quelli che invece si sono mossi pacificamente, dimostrando del giusto loro;
quelli che ora stanno mandando alla polizia i filmini girati con il telefonino, ad immortalare e denunciare i pochi delinquenti vestiti di nero, armati per far male ed uccidere.

La parte sana del paese è sfilata nella piazza, mostrando - loro sì - la meglio gioventù, non le metastasi di un cancro che cresce e si nasconde, mentre ammorba il corpo dei suoi filamenti.

Speriamo che, sotto il maglio, alla fine ci restino le loro di dita: dei suggeritori, dei “messaggisti subliminali”, dei sobillatori e dei sibillatori.

E sia l’avvento della trebbia, per questi, che portano benzina al fuoco.

Io, secondo me...18.10.2011

mercoledì 12 ottobre 2011

martedì 4 ottobre 2011

Ballon d'essai



Vent’anni per venirne a capo, quando già da subito la pappa era pronta.

Avessero avuto anche una misera porziuncola dello zelo d’oggi, nello sbobinare intercettazione, l’avrebbero acchiappato subito, il filippino Manuel Winston Reyes, di professione domestico e, all’occasione, assassino.
L’evidenza era lì, che li guardava, a prova di scemo...ma non del superlativo di tal classe.

«Devo piazzare un piccolo tesoro: un girocollo in oro giallo, un paio d’orecchini ed un anello con brillante» dice Manuel ad un connazionale, chiedendogli consiglio per sbarazzarsi di merce che scotta;

quegli ori erano sudati: per averli aveva dovuto accoppare la padrona, la contessa Alberica Filo Della Torre, nella sua bella villetta all’Olgiata, alle porte di Roma.
Eccola lì, la “pistola fumante”, la prova provata e regina, sgravio di fatiche per ogni investigatore cui piace “vincere facile”.
Manuel, un criminale nel merito, ladro di polli per capacità delinquenziale, praticamente l’aveva gridato ai quattro venti:

«Eccomi, sono qui: l’Alberica l’ho accoppata io!»

Troppo impegnati - come oggi - a presentare il profilo migliore, a rifarsi la scriminatura o coprire la pelata con il riporto, davanti alle telecamere, oppure a fare i fighetti dinanzi all’intervistatore di turno, criminologi da operetta, periti da piccolo chimico, divise da circo ed operetta e toghe in sfilata di moda, altro avevano a pensare che leggere ponderose e noiose trascrizioni di spiate telefoniche su chiacchiere di potenziali colpevoli.
C’è voluto la tenacia di un marito e l’attacco ai fianchi dei suoi avvocati, per la riaprire e studiare con più attenzione muffi e polverosi fascicoli, dimostrando quanto dilettantismo, superficialità, faciloneria e menefreghismo ci fu, da parte d’uomini di legge, ci misero nel mestiere loro.

Oggi non siamo messi meglio, visto che i dilettanti allo sbaraglio, i “tuttologi” un tanto il chilo, i ciarlatani, ancora impestano il tubo catodico e aprono le code di pavone su tutti i mezzi d’informazione;

lasciamo stare i giudici “incontinenti”, che si lasciano scappare dal pannolone tante di quelle cose - cazzate, perlopiù, penalmente irrilevanti ma altamente sputtananti - da essere imbarazzati di quanto spurgo ci sia dai loro gabinetti di giustizia.

Il...fatto quotidiano ormai è la puttanella, il letto e la mutanda, ben meglio spendibili per il “mercato del prurito”, d’assatanati priapici, dove la tendenza mira più all’applicazione del pene che del penale.
Intanto che si spende e si spande tanto, altro sfugge e sfuma, nelle mani di chi cerca parte d’attore e non di comparsa.

Quello t’ammazza la moglie, perché ormai di femmine ne ha un vivaio, nella caserma dove è istruttore; dai, facciamo un poco di cagnara, quel tanto di benzina sul fuoco per lucciole, per brillare quel tanto che basta per poi scegliere la via più breve e scontata: sbattere in cella il marito che, come il maggiordomo, è sempre colpevole.

la ragazzina c’ha il suo bruto che la voleva violentare, che la porta via dalla palestra e te la fa ritrovare poco distante, agonizzante, a portata di mano ma distante dall’attenzione di chi, troppo abbagliato dai flash e dai riflettori, non riesce a vedere quel che sta sotto il naso.
Ritrovata ormai fredda, nel campo ci vanno tutti, cani e porci, prima che, chi ancora doveva spulciare di suo, mettesse nastri per delimitare la zona da indagare, ormai martirizzata dalle mandrie.

Senza contare l’altra povera vittima, ennesima occasione di passerella per il circo Barnum, sia per mostra di vanità come d’incapacità di venirne a capo, foss’anche dove sicuramente colpevole esiste, ma mischiato nel bussolotto, che ancora non si riesce a capire se l’esecutore dell’accoppata è lo zio o la cugina e, sua madre, se complice a frittata fatta o assieme, a rompere l’uovo.

Il gran finale, con tanto di fuochi d’artificio, tric-trac e stelle filanti, è la sceneggiata alla Mario Merola:
«Amanda Knox è innocente: abbiamo scherzato!»

La poveretta non c’entra una beata fava con l’omicidio, a colpi di coltellaccio, della studentessa inglese Meredith Kercher, del novembre di quattro anni fa.
E anche Raffaele Sollecito, suo “compagno di merende”, esce dalla gabbia.

«Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare» sarebbe a dire, come il “Ginaccio Bartali”, toscanaccio, gran signore e campione del pedale d’altri tempi.

Anche qui, abbondanza di “Primedonne”, di sfilate di maestri e maestà, spacciati per esimi luminari dell’arte loro.
Alla prova dei fatti «Solo chiacchiere e distintivo, chiacchiere e distintivo!» come diceva Robert De Niro, nella parte di Al Capone, nel film “Gli Intoccabili”.
Seguendo la traccia di DNA sul reggipetto della povera Meredith, si sarebbe dovuto mettere in galera anche il perito, la Carla Vecchiotti: c’era anche il suo, a dimostrare con quanta sciatteria era stato manipolato il reperto.
In un filmato, uno degli investigatori faceva bella posa mostrandolo, usando guanti di lattice invece di una pinzetta sterile monouso, altrimenti il rischio era di trasportare con quelli anche materiale ambientale inquinante.

Dilettanti.

Anche nel caso delle Marta Russo, la studentessa freddata da un colpo di pistola all’Università La Sapienza, a Roma, tanta ridicola professionalità fu esposta a pubblica irrisione;
dall’impossibilità di seguire la traiettoria del proiettile - perché il cranio di chi cammina ha molteplici possibilità di movimento, rotazione ed inclinazione - alla “grattata” del davanzale, dove poi si scoprì che la polvere trovata non era da sparo ma frutto di deposito di particelle di ferodo, quello dei freni delle auto, di cui l’aria di città ne è ricca, causa il traffico di veicoli a motore.

Incompetenti e principianti.

Lanciare una monetina per aria è più razionale che avere responso da “Luminari” di tal fatta.
Quanti in galera, innocenti, sono a causa di queste caricature di “Peritinvestigatori” da quattro soldi?
Si facesse come in altri paesi, dove quando scoperto cappellate simili, tutti i precedenti di questi figuri sono rimessi in discussione e sotto la lente, forse si libererebbero posti nelle congestionate prigioni; altro che indulti ed amnistie!
Basterebbe una bella scremata, per riequilibrare le ammucchiate.
Salvo poi ritrovarsele piene se, al loro posto, si dovessero metter dentro quelli che, per propria incompetenza, le hanno stipate con chi non c’entrava nulla, se non vittima di tanta stupidità.

E se, quando li vediamo in fotografia o scorrere nei fotogrammi, tronfi sulle cattedre mediatiche, a darci lezioni con tanta pompa e petto tacchinesco, provassimo a vederli non per fotogenia, stazza o biondazzo con labbra a gommone, ma per argomentatori da Bar Sport, tanto ci andremmo vicino nel giudicarli per quel che sono e valgono.

Per il pregresso e legge dei grandi numeri, per il più, c’azzeccheremmo!!

Cialtroni.

Io, secondo me...04.10.2011

Esorcismi


Benedetti angeli


venerdì 30 settembre 2011

soluzione...Radicale


Lavoro nero


DestRabilizzazione




Fronte scoscesa, labili tracce di capigliatura, bocca esigua, occhi a capocchia di spillo, naso adunco, zigomi marcati e lobo dell’orecchio sospetto...non mi posso fare illusioni: c’è tutto, è scritto lì, nel volto.
La moglie passa alle spalle, mi vede specchiato e non riesce a trattenere impietoso giudizio:
«Dai, lascia stare: l’importante è essere belli dentro!»
Come se non bastasse, anche lei ci si mette.
«Quel che mi preoccupa è il lato Lombroso.»
Lei rimane perplessa, davanti a quel che ritiene un esemplare maschio d’imbranato.
«Accendi la luce, sopra lo specchio.»
Mi cascano le braccia; rinuncio a ribattere che ho detto Lombroso, non l’ombroso: nulla a che fare con il lato oscuro del faccione, ma l’analisi criminologa dell’esimio dottor Cesare, Lombroso.
Secondo gli studi suoi, io ho nell’aspetto tutto quanto denuncia un poco di buono, che va dal bruto all’assassino, dal pervertito al troglodita, un subumano tutto istinto e nulla sapere.
Praticamente, “gnurant”...uno zotico.
Attualizzato, rientro perfettamente nel ramo in estinzione dell’”Homo Berlusconensis”, il vero anello di congiunzione tra il tipo e la bestia, diversamente da quell’evoluto, emanazione diretta invece di atto divino.
Il giudizio, inappellabile, mica arriva da un bingo-bongo qualunque.
Lo dice la “Pantera di Goro”, la Milva, che se la tira e la canta:

«L’italiano che vota Berlusconi è un povero idiota!»

Fosse la sola, me ne farei un baffo: “lombrosamente” parlando, al tratto e ritratto servirla, solo a scarabocchio, rientra nei parametri della “Pantegana”, sempre di Goro.

Se n’esce pure il Giorgio Bocca, con l’acidità della scemenza, più che senescenza, liquidando la maggioranza votante, ma di lui diverso parere e pensiero, come:

«La prevalenza del cretino!»

Ciumbia, che fonte di canuta saggezza!

Sotto lo scarso lumicino che illumina l’area dello specchio, continuo l’analisi dello scempio di natura, che un destino crudele mi ha lasciato in dote: occhio spento, da pesce lesso, spumoso e vitreo;
se tanto è specchio dell’anima, sono al “vuoto a rendere”.

Sono figlio di un dio minore, il Berlusca, che «Grazie alla televisione ha creato un’involuzione di Homo Sapiens a sua immagine e somiglianza. Un essere che rifiuta la cultura e l’intelligenza!», tromboneggia l’Andrea, il Camilleri;
lui invece - con pedigree - figlio dell’Intellighenzia o intelligencija, genitrice migliore dell’altra, la “Mater ignota”...la mignotta, come vuole storpiatura popolare.

Trombati alle elezioni, ecco il Max “Baffino” D’Alema girare frittata:
«[...] è vero che il centrosinistra è minoranza, ma è il primo partito tra gli italiani che leggono libri, che leggono i giornali.»
E già: io, quelli come me, invece, li usano al cesso, invece che la morbida carta igienica.

Sono una fallito: devo ricordarmi di non rinnovare l’abbonamento a Topolino.
«L’Homo Sapiens Sapiens va a letto tardi, perchè legge Immanuel Kant», non Paperinik, cosa che richiede maggior sforzo che scorrere le figure.
Cita...zione di Umberto, l’Eco.

Il Cavalier Silvio è stato definito, di volta in volta, Mussolini, Hitler, Franco, Pinochet, Videla, Noriega, pappone, puttaniere, perverso, pedofilo, psiconano, nano bavoso, mafioso, fiancheggiatore della strategia della tensione e quanto altro si possa immaginare.
Se lo frequenti e non lo eviti, sei un untore, un appestato che ne spandi mefitici e malefici miasmi.

I suoi giannizzeri, non ottengono appellativi migliori.
Fiamma Nirenstein diventa Fiamma Frankenstein;
Renato Brunetta “miniministro” o “energumeno tascabile”;
Sandro Bondi è “cantatrice calva” e “pallore gonfiato”;
Maurizio Belpietro, “Via col mento” mentre Alessandro Sallusti diventa “Zio Tobia”;
Mariastella Gelmini «Di sicuro non è un essere umano. Dovremmo chiamare i professori di chimica per capire cos’è», scoreggia di nuovo Camilleri;
Giulio Tremonti, “il Morbido dalla voce disossata”;
di Renato Schifani, dice Travaglio «Se dopo De Nicola, Pertini e Fanfani ci troviamo lui, sono terrorizzato del dopo: le uniche forme di vita residue sono il lombrico e la muffa!»

«Milioni di italiani non hanno mai smesso di essere fascisti...hanno bisogno dell’uomo forte [...] servi di un potere incarnato da un despota anziano e fuori di testa» dice il Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica”.

«Da questa pena si esce soltanto con una rivoluzione!», dice.
E daje, con sto cazzo di rivoluzione.

«Berlusconi ha commesso negli ultimi anni un vero e proprio “genocidio culturale”; Basta questo a marchiarlo d’infamia a vita, assieme a quelli che lo votano, incapaci di comprendere la realtà e reagire» sbotta la cocorita, la Concita De Gregorio, direttrice fallimentare dell’Unità, quotidiano comunista da lei portato ai livelli editoriali più bassi e per questo buttata fuori.
«Gli uomini vicini al Premier e i giornalisti sono servi del padrone, valvassori, utensili.
Praticamente, oggetti, cose, da utilizzare a piacimento; figure e figuri decerebrati, trastulli del capo.

«I ragazzini più piccoli leggono i quotidiani come fossero giornaletti porno [...] li portano in bagno e li leggono come fossero una prima lezione d’educazione sessuale» dice Cocò.

‘mazzate oh!
Quanti ciechi ci saranno a breve, dopo tanto andare di manetta e di selvaggia masturbazione?

Poveri teneri, innocenti bambolotti di Concita.
Già, i bambini della sinistra.
Come quelli di Hamas: usati come scudo, per attaccare il nemico;
come quello di tredici anni, che hanno usato sul palco del Palasharp: “il più giovane amico di Libertà e Giustizia”.
Si gratta la cozza e si domanda:
«Perché il Presidente del Consiglio pensa solo a fare i festini ad Arcore [...] perché se ne frega dell’Italia e alla scuola pubblica taglia i fondi?»
Ecco a chi pensa la Coccodè: se gli rovinano questi e si fanno pippe, gli ammalorano il vivaio!
Senza contare quelli della “Kid revolutions”, che hanno esordito in Internet, con l’artistico brano musicale “Il country del Cavaliere nano”, con tanto di sala d’incisione, maestro di coro e telecamere.

“Siam stufi di vederti tutti i giorni [...] sei ricco e prepotente [...] hai il cuore di un serpente [...] col vecchio parrucchino, la plastica e il cerone, tu sembri il manichino di un imbroglione [...] tua moglie ti ha lasciato perché dici le bugie e poi che sei malato e fai le porcherie...»

Ma il bello ha da venire, con il ritornello:

«Fai la cacca in una mano e poi datti una sberla / faccia di merda / faccia di merda / sei un buffone!»

Cara Cocò, se questi sono i tuoi virgulti in fiore, ebbene: preferibile è il sano lavoro manuale e il rischio d’orbati, piuttosto che far da marionette e altoparlanti delle vostre porcate e porcherie.
Preferibile sia sfogo orgasmico per le femminee forme del gineceo berlusconiano, che per le sinistre Natalie “transpisellate” del tuo amico Marrazzo, quel che dice sono «i transessuali le donne all’ennesima potenza, che esercitano una capacità d’accudimento straordinario.»
Meglio che i bimbi si portino in bagno i quotidiani che raccontano le gnocche silviesche, piuttosto che armadi con il pelo, i batacchi e il pendolo, alla Natalie.

E imparate il vivere civile, il rispetto della Democrazia, del voto e del volere popolare.
L’unico legittimato a dare veto e voto.
Tutta l’accozzaglia che segui e ti segue, impari l’umiltà, di non credersi migliori e al di sopra di vizi, corruttele, egoismi, intrallazzi, supponenza e megalomania.
E non insultate quel popolo, che considerate sovrano quando serve e bue quando ha servito!

Oggi il maggior pericolo siete voi, che a confronto la “destRabilizzazione” è niente, davanti a tanta sinistroide destabilizzazione.

E gentaglia simile, con l’”arnese di Natalie” la si deve votare!

Mamma mia, come sono giallognolo, spigoloso, il viso prognato e il dorso delle a strusciare terra durante la camminata...proprio un tipo losco...Lombroso.


Io, secondo me...29.09.2011

Martellum Maleficarum


il signor NO


martedì 27 settembre 2011

Padanimalia


OSCARrafone




«Se il PARLAMENTO è POVERO e PEZZENTE come oggi, c’è da dubitare che ci sia democrazia!»

Classe 1918, qualche problema di tenuta è normale che la presenti, anche se uno stato di grazia lo ha preservato dal travaso in altro mondo, che si vuole sia sempre migliore, non in braghe di tela come il nostro;
di “una desolazione gravissima”, da doverci stare giocoforza, ma con sommo schifo.

A suo tempo “parcheggiato” nel Palazzo del Quirinale, estratto dal bussolotto della lotteria e non certo dall’urna del voto popolare, si ritrovò vestito da festa, nell’abito di "Presidente Emerito della Repubblica".
Oscar Luigi Scalfaro, fino alla fine, evidenzia e ripropone l’innata arte della “Pontificazione”, quella del divino parto dello “scalfarotto” pensiero, della tromba dell’Altissimo;
di ritenersi “Er mejo fico der bigonzo”, il miglior frutto nel cestino della merenda del buon Dio.

Aristocratico per censo divino, a poter affermare - a confronto nostro - con sicumera, con tanto blasone:

«Perché io sò io e voi nun siete un cazzo!»

Oscar, il “Pontifex maximus”, giudice e boia, alla pari del «In verità, in verità vi dico...»

Magari meglio, visto che quello, “Salvatore”, rimase secco a solo trentatre anni, mentre l’Oscar, con sessant’anni di più, ancora predica al prossimo, raccomandandogli di stare accorto, altrimenti “Sudi...ti viene il mal di gola e muori”, povero e pezzente, in una “desolazione gravissima”.

Bello e paciarotto, ben pasturato all’ingrasso, non mi pare se la cavi maluccio, come tanti pari suoi, che parlano, parlano, parlano, sputano, sputano, sputano, sputtanano, sputtanano, sputtanano, denunciando Stato di Polizia e a “conduzione famigliare”, alla Videla, alla Franco, alla Hitler, alla sFascio-Mussolini e poi mettono ciccia e continuano a borbottare come Borlotti, papposi fagioli sempre in bollitura.
Il più disgraziato di questi prende in un mese quanto un operaio in qualche anno, senza contare che, al culo a ventosa sulla poltrona, tanti associano mani tipo carta moschicida, dove - com’è, come non è - tanta carta moneta della “Res Publica” ci rimane invischiata.
Salvo poi scoprire che anche io, povero pirla di mezzemaniche, c’ho il ”debito pubblico”.

Eppoi, dai, Oscar, fatti la tua bella colazione, con latte e biscotti;
un bel pancottino con aletta di pollo lesso a pranzo e, la sera, per stare leggeri, solo risi e bisi.
Durante la giornata, per ammazzare il tempo, un bel giretto con l’auto blu (tua o quella della figlia, se non l’hanno tolta), una puntatina al parco, a portare granaglie ai piccioni e a guardare il lavoro dei cantieri, assieme ai tuoi coscritti.

Come disse un tuo pari, di un annetto più “giovane” di te: l’importante è tirare a campare, invece che le cuoia!

Alla tua veneranda età, se ti agiti troppo, sudi, ti viene il mal di gola...

Parlamento è povero e pezzente... dubitare che ci sia democrazia...
Ma va a ciapà i ratt...cambia aria, vai a perder tempo altrove!

C’hai i capelli bianchi, dovresti aver monetizzato le tante primavere, aver acquisito saggezza e buon senso.
Mi pari invece la bella fiammiferaia, che continua ad accendere zolfanelli vicino alla polveriera.
Usa almeno un lessico più articolato, meno greve e rozzo, tagliato con la roncola, per esprimere il dissenso.
Non sei all’osteria, tra avvinazzati e storditi.
Sii all’altezza e degno, riconoscente alla Provvidenza, a quel colpo di culo che il destino ti ha regalato, nonostante meriti ridotti al lumicino, da cercare con il lanternino, se mai ce ne sono.

Sono io a dirti « Non ci sto!», al tuo giochetto al massacro, ex Presidente Emerito della Repubblica e mantenuto Senatore a vita.

Non è tanto il Parlamento, che ti sta stretto: sono i tempi.
Quelli belli, di quando, invece di scegliere la pericolosa vita di montagna, a far la Resistenza, preferisti la più tranquilla posizione di Magistrato civile a Novara, a distribuire pena di morte, pur con “ profondo travaglio intimo e personale, per alcuni responsabili fascisti.
Alla faccia dei tuoi “Princìpi cristiani”, che tra i comandamenti, al quinto di dieci, hai preferito quello del codice di guerra, invece che dare buca e cambiare mestiere.
Ma, senza quel trampolino di lancio, col cavolo che saresti entrato nel carrozzone di quelli che si sarebbero spartiti le vesti dell’Italia, come i centurioni i panni di Gesù: lasciato la toga, nel 1946, ecco il salto della quaglia, eletto a Torino, fra i più giovani nelle file della Democrazia Cristiana.
Da allora, di quel che emerse durante “Mani pulite”, degli intrallazzi e delle tangenti, non si accorse di nulla;
il “Padre della Patria” non vide le marachelle della creatura sua.

e già: lui era solo casa e chiesa...e impacchi di fette di salame sugli occhi, a voler ben pensare e nulla malignare.
3 novembre 1993...memorabile quell’anno, quando improvvisamente si sveglio dal coma, perché lo tirarono in ballo.
Scandalo servizi segreti del SISDE: una gestione di fondi riservati che aveva tutta l'aria di aver visto abbondanti “distrazioni di fondi”.
Uno degli indagati, Riccardo Malpica, ex direttore del servizio, affermò che Mancino e Scalfaro gli avrebbero imposto di mentire; di più: il SISDE avrebbe versato ai ministri dell'interno 100 milioni di lire ogni mese.
Svegliato da profondo letargo, si fiondò in televisione e, a reti unificate, interrompendo la partita di Coppa Uefa tra Cagliari e la squadra turca del Trabzonspor, esordi con un bel «Non ci sto!».
Era tutto un “gioco al massacro", una rappresaglia della classe politica, travolta da Tangentopoli, nei suoi confronti.
Povera stella.

I tempi, i tempi, sono questi che ti fregano, Oscar;
tu come le mummie dei Faraoni: hai preso ormai una brutta piega.

Stenditi al sole, vai al mare...no, meglio la montagna, visto i precedenti.
Non vorrei ti ritrovassi un altra Edith Mingoni, con il prendisole, a mostrare le spalle nude.

Ti potrebbe scappare ancora il tormentone, a dover rimproverare ancora la peccaminosa:
«È uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di coprirsi!»
Addirittura gira ancora insistentemente un altra versione: che tu l’abbia anche schiaffeggiata, l’impudica.


Come in tempo di guerra, a sancire la morte, sempre a voler comandare, anche sulla e della vita degli altri.

Lo confesso: quelli come te li disprezzo;
mi verrebbe voglia oggi di lanciare il guanto, come fece l’allora padre, e pure il marito della “svergognata”, quando ti sfidò in singolar tenzone.

Ma non lo facesti allora, men che meno ora: “badrone ordina, venerdi obbedisce”.
Le mani...pulite.
A te, basta dare l’ordine di castrazione, per ogni cosa sfugga al tuo comprendonio.
Ai sicari, andar di cesoia.

Consolati: a qualcuno piacerai pure;

In fondo, è pur vero che...ogni Oscar...rafone è bello a mamma soja!
Foss’anche “povero e pezzente”.

Io, secondo me...27.09.2011

ABU amMAZEN


giovedì 22 settembre 2011

Thanksgiving Day


Gioppino




Ma che ci stiamo a fare ancora con questo gioppino?

Bravi tutti, cani e porci, ma l’Italia no, anche se le basi per gli scatolozzi volanti, le bombarde spaziali, gliele abbiamo date, aggiungendo pure nel novero qualche volatile dei nostri.
E ci siamo sobbarcati pure di scafisti e “scappisti”, ovvero quelli che dalla Libia in fiamme sono fuggiti, per approdare alle italiote sponde.
Quelli, tanto per intenderci, che erano “profughi” a Lampedusa e poi “clandestini” al valico di Ventimiglia, al momento di voler migrare nelle terre e rigettati dalle orde galliche.
Baci e abbracci per tutti: “Regno Unito, Francia, Danimarca e Norvegia” in primis ma, un successone “grazie al contributo di molte nazioni”.
Giusto perché è in orgasmo, ci mette pure la Lega Araba, Tunisia ed Egitto, per gli “sforzi umanitari”.
Bamba!
Più che successo, è sul cesso che il carboncino ha dato il meglio degli “sforzi” e delle spinte sue.
Che minchia ci stiamo a fare in Afghanistan a crepare o a renderci ridicoli in Libano, dove guardavamo a Israele mentre Hezbollah si riempiva gli arsenali di missileria dietro le nostre terga?
Via, subito a casa.
Che ci restino Regno Unito, Francia, Danimarca e Norvegia e ci rimpiazzino con Lega Araba, Tunisia ed Egitto.
Anzi, tanto che ci siamo, si prenda i suoi accampati in casa nostra e se li riporti alla Casa Bianca, così potrà continuare a giocare ai soldatini.
Il perticone, in politica estera, ha fatto figura del “Grand e gross e ciula”: grande, grosso e fesso.
Non lo prende più sul serio nessuno.
Ahmadinejad gli fa pernacchie; Hezbollah e Hamas hanno tric-trac e bombe a mano che ne coprono voce chioccia; Assad se ne fa un baffo e i talebani “moderati” li vede solo lui, nei libri di favole che legge, mentre gli altri, gli riuscisse di prenderlo, gli faarebbero fare il “femminiello”.
Tutti fanno quel che vogliono, alla faccia di questo patetico gioppino con le braghe a stelle e strisce.
Assad, in Siria, sta tritando peggio del macinato che, si voleva, fosse appannaggio del Gheddafi.
Altro che “sforzi umanitari”.
Al tempo, il giuggiolone “iuessei” ha lasciato che in piazza, a Teheran, i ragazzi dell’”Onda Verde” appassissero, sotto i colpi di spranga, fucile e corda del nanerottolo bauscia iraniano.
Non ha fatto un bè...certamente tanti, di bèèèè-bèèèè-bèèè!
Gongola come un tontolone per Tunisia ed Egitto, ma tutti hanno visto quanto sia rimasto imbambolato e con il ciuccio in bocca, quando i ribaltoni sono accaduti.
Salvo poi cercare di far buon viso a cattivo gioco ed allinearsi, rassegnato, che a tanto terremoto e relativo bradisismo, lui ha contrapposto vigoroso bradipismo.
Come il Pisolo dei sette nani, dorme che è un piacere.
Sarkozy mette la zeppa sotto i piedi, si erge in tutta la sua bassezza, gonfia il petto e parte in quarta, mettendo tutti davanti al fatto compiuto nel fare una guerra in piena regola;
degno dei migliori pirati dei Caraibi, assaltando i pozzi di petrolio e gas della Libia, con la scusa di cacciarne l’amministratore e fregarne il posto, per poi sfrattarlo e soffiagli le pompe benzinaie.
L’Obama, con il pollicione a succhiotto in bocca e l’orsetto a spalla, ci va a rimorchio.
Ancora, come sempre, fuori tempo e gioco.
In Egitto e Tunisia premono ora i Fratelli Musulmani, mentre in Libia cellule organizzate, in odore quaidista, stanno mettendo radici, anche se il Sarkozy e la sua “signora”, il Cameron, sono andati a “marcare” il territorio.
Staremo a vedere, se non si stava meglio quando si stava peggio.
Comunque vada, il perticone non ne ha mai azzeccata una, facendo ora da palo, ora da gregario.
Con i suoi cazzi di “subprime”, ha intossicato il mondo;
quando cominciò a sgonfiarsi la bolla immobiliare statunitense e, contemporaneamente, molti possessori di mutui divennero insolventi a causa del rialzo dei tassi d’interesse, c’impestò quanto mai, che ancora oggi siamo a pagarne le conseguenze.
Senza contare che c’ha le palle legate con il cordino alla Cina, suo principale creditore.
Ora è pure “incaprettato”, che un Erdogan da “mamma, lì turchi!” lo avvolge come un salame, costringendolo al guinzaglio, se vuole mantenere quelle basi tanto vitali, nella terra sua, del Recep Tayyip.
Il Barack...l’Obamba: la peggior sbronza del mondo occidentale, che da subito gli ha firmato cambiali...in bianco, anticipandogli addirittura un Nobel per la pace, prima ancora che mettesse i dentini da latte e cominciasse a gattonare.
Ecco come s’è ridotto: ad un maestro di cerimonie, con tanto di galloni dorati e brillanti, a far la lucciola ad un universo infinitamente vuoto.
Giusto ormai gli rimane il “phisique du role”, il fisicaccio del cane da riporto.

«Obamba, dai, su: vai a prendere il legnetto!»

Pistola di un “iuessei”!

Io, secondo me...22.09.2011

carta moschEicida


martedì 20 settembre 2011

giovedì 15 settembre 2011

Fiaschi e Buttiglioni




MI perdonerà il buon Dio se, per parlare del mio, lo scomodo, ricordando quando fu al centro della partita “Epicurei contro Stoici”, dove due scuole di pensiero filosofico se lo contesero:

“[…] o non vuole togliere i mali o non può, o può e non vuole, o non vuole ne può o vuole e può. Se vuole e non può è impotente. Se può e non vuole è invidioso, il che non è da lui. Se non vuole ne può è invidioso e impotente. Se vuole e può, da che cosa deriva l'esistenza dei mali e perché non li toglie?”.

Arrovellarsi su tanto, non portò ai contendenti nessuna risposta esaustiva: praticamente se la cantarono e se la suonarono, senza venirne a capo.
Fu un fiasco, come si usa dire quando qualcosa porta a nulla di fatto.

Oggi noi abbiamo tolto la coda di paglia, rimanendo con solo con un vuoto a rendere: col…Buttiglione.

«Berlusconi passi la mano, lasci il governo e i suoi processi saranno bloccati!»

Questa è un’affermazione di una gravità pazzesca, ma nessuno ha fatto cagnara più di tanto;
eppure, sganghera uno dei cardini essenziali di un paese che si dichiara civile e democratico, ridicolizzando il bilancino con sotto il sacro scritto, che si rivelerebbe la più grande baggianata di tutti i tempi, ovvero che “La legge è uguale per tutti”.
La confessione dimostrerebbe che la stadera è tarocca e i pesi fessi.

Neppure un cervello elementare è riuscito a elaborare un concetto terra-terra, del tipo:
“O prima non voleva togliere le zecche dal pelo o non poteva, o poteva e non volle, o non volle ne poteva o volle e poteva. Se volle e non poteva, è impotente. Se poteva e non volle è insidioso. Se non volle ne poteva è insidioso e impotente. Se vuole e può, Giuda a confronto è santo”.

E la giustizia retta, dritta e reale come il famoso binario nove e tre quarti, della nota “fantasaga” di Harry Potter.

Per aver ruttato un tale venticello, il tipo deve avere le spalle coperte, che non bastano i muscoli suoi ad abbattere i pilastri delle toghe partigiane.
Deve per forza esserci una concertazione, delle reti fognarie sotterranee ben ramificate, dove scorre più merda che fango, pronto a essere canalizzato dove occorre.
Oltre alle condotte, anche le botteghe devono essere oscure, perché son quelle che c’hanno il guinzaglio e ordinano al cane dove azzannare o di portare l’osso - le intercettazioni - al mercato, per essere messe in piazza.
O Buttiglione s’è bevuto il cervello e ha dato fondo del suo, o è stato il portatore sano, come i ratti che trasmisero la peste.
L’hanno imbottigliato perché poi desse la stura a quanto vi avevano travasato, perché distribuito al consumatore.
Se un indizio non fa una prova, due cominciano a chiuder il cerchio e tre ne fanno la quadratura.

«Deve essere chiaro che, da parte nostra, non ci sarà proposito di ritorsioni» gli fa eco il Rutelli.

Se questa la tromba, risponde la campana:

«Ci aspettiamo dal premier un grande gesto di generosità: non ci saranno vendette» ci fa il Bocchino.

L’Italo deve aver chiesto lumi al duce suo, che si ricorda i salami appesi per i piedi, a piazzale Loreto.
Silvio, come un solo fortunato tacchino, nell’americano Giorno de Ringraziamento, il “Thanksgiving Day”, vince la grazia di non essere infornato, come tradizione.
Per una volta non si accoppa il maiale.
Manica di bambocci…o di Bombacci!

Scalfari c’è rimasto malissimo: lui che in “Dino Grandi Pisanu” aveva trovato il Bruto, per dare la prima pugnalata all’odiato “Berluscocesare”, magari al grido di “Veni…IDI, Vici”.

Se mai qualcuno ancora esiste, con le fette di salame sugli occhi e la convinzione che le toghe di Milano o Napoli sono “imparziali”, vergini vestali e neutre come gli svizzeri, pazienza: probabilmente fanno parte di chi scrive ancora la lettera a Gesù Bambino, aspetta Babbo Natale e mette il calzino accanto al camino, in attesa della Befana.

Fossimo in floridezza, ad avere, come si dice, solo “fastidi grassi”, passi.
Ma stiamo affrontando una crisi economica che fa tremare i mercati di tutto il mondo, come il terremoto la forma di budino.
La nave imbarca acqua, e c’è chi fa altri buchi, sperando di diventarne capitano, credendo di poter galleggiare sugli altri.
Sicari armati di mazze, bombe carta e Molotov escono dai Centri Sociali - caserme rosse - per spaccare, pestare, fare macerie a comando, razziare e rubare con licenza di “esproprio proletario”.
Li abbiamo ad assediare la Val di Susa, contro i cantieri dell’alta velocità che dovrebbero completare e collegare la Torino-Lione con il resto del mondo.
Cavall e biroc…cavallo e carretto; a questi parassiti basta il primo perché ha un bel pelo da “okkupare”, e l’altro per portarli a spasso.
Questi i devastatori;
giudici allineati e compiacenti a fare i guastatori, a scavare le gallerie per mettere le mine sotto le fondamenta;
un meccanismo politico giurassico che ciuccia il latte del paese, abbarbicato come l’edera che soffoca la pianta.

Proprio un bel quadretto, un bel salto: dal Quarto Stato sono passati al Sesto…san Giovanni.
Fanno proprio...Penati.

Quando il più pulito c'ha la rogna, Il "peggiore " di essi andrebbe sospeso, con le budella del…"Migliore".

Il teatrino ha visto i topi fuggire: La Bindi, con Fassino e D’Alema fanno a gara, per lasciare in fuorigioco il Gigetto Bersani e questi dice che non sapeva ‘na beata fava, della piattola che si portava sotto.
Come i nonni facevano, con quelli caduti in disgrazia, eccoli a ritoccare le fotografie: Il Filippo in disgrazia s’è visto castrato dal vicino simbolo del partito e anche il” Giggino” suo s’è fatto ritagliare dalle foto ricordo, il tutto nell’intento di allontanare il più possibile il lebbroso.

Bisogna tagliare al più presto il ramo secco prima che, trovandone saldatura, si scoprano altri, attaccati a un tronco, e questo con profonde radici.

E poi siamo al ridicolo di invitare un Berlusconi ad andarsene con grazia ricevuta, per aver solo colto delle "prugnette", mentre c’è chi ha succhiato sangue.

Dal fiasco al Buttiglione: la disfatta è completa.


Io, secondo me...15.09.2011

lunedì 5 settembre 2011

Bin bin saladin




«Sim sim sala bim!»

Era presto diventato un tormentone, la formula magica dell’Aldo, dove gli effetti speciali erano contorno dell’onesto prestigiatore.
Aldo Savoldello, in arte Silvan, artista del trucco, ben si guardò mai dal sembrare “gran figlio di paragnosta”, come Giucas Casella che, a confronto, ben più scarso in tutto, batteva invece più sul termine “mago”, ma più “Merlo” che Merlino.

Tralasciando le comiche, ben altre sono quelle oggi, che hanno però poco del ridere e più della disperazione, nel vedere vigliaccheria di leccaculi, calabraghe e cacasotto.
Certo, non si può sempre indossare i guantoni, ma almeno quando si difende del proprio, se proprio masochisti in vena di “penitenziaggine” per i mali del mondo, si può andare a manetta e fare da sè, in beata solitudine, che non si diventa ciechi.
Pallidi e pavidi esseri si presentano sul palco e recitano per il coccodrillo, sperando di ingraziarselo, a mezzo tra “fin che c’è vita c’è speranza” e un “tiriamo a campare”.
Per il Vick e il Cerutti, la maglia calza a pennello.

Graham Vick, regista: 11 agosto - tanto che c’era, perché non settembre? - in quel del Festival rossiniano di Pesaro.
Mosè entra in campo, con il suo bel barbone, che mette soggezione.
Dapprima ci si domanda perché si è fatto la tinta, giacché il pelo è nero, diversamente dal come l’iconografia classica l'ha sempre presentato.
Beh, la pignatta che c’ha in testa è bianca.
La tunica però gli si è ristretta - forse un lavaggio troppo energico? - e, ad un frettoloso sguardo, si presenta piena di “padelle”, tutta macchiata, come se il vecchio si fosse rimbambito, sbrodolando ad ogni pappetta.
Ecco, comincia le lamentazioni, rivolgendo l’occhio lesso al cielo.
«Dal tuo stellato soglio» ma al posto del bastone solleva l’AK-47...il Kalashnikov.
Forse che, per la vetusta età, al buon Dio gli arriva meglio all’orecchio una schioppettata?
Secondo copione, dovrebbe arrivare la biblica pioggia di fuoco...invece, tanti “lampeggianti” che pare d’essere alla festa delle pantere della polizia.
‘azzarola...ma no...sono tanti kamikazzi, che si calano dal cielo con le corde portando in vita petardi e lumini!

Bin bin saladin...gioco di prestigio, con un regista-paragnosta al posto di Silvan.

Più che un buco nell’acqua, un popolo di disgraziati scappa da un foro nel muro, mentre il carro del Faraone c’ha i cingoli, un cannone grosso tanto e la stella di David sul fianco.
Mosè-Laden è un bel terrorista, il cannonazzo è sionista e il foro è del muraglione che divide e protegge il popolo d’Israele dagli sconfinamenti dei bombaroli palestinesi, ora promossi ed eletti a far la parte dei buoni contro i cattivi, in una bella inversione di ruolo.

«Nel Vecchio Testamento sono celati i germi del fanatismo e della violenza.»
Mosè-Laden, infierisce il Vick «riassume in sè tutti i fondamentalismi. Il suo è un Dio di rabbia e distruzione!»

Per farla breve: il Padreterno la mente, quel che studia il taglio; Mosè-Laden, il braccio da macellaio.

«La sua, una “guerra santa”: ho sentito il bisogno di tener conto di quanto è accaduto in Medio oriente negli ultimi dieci anni.»

E già.
Peccato che noi ci si è fatto gli anticorpi ed oggi non è la gente del Testamento, a sgozzare e mettere sotto polvere pirica il prossimo.
E “Vick-vermicello”, come altri “creativi”, ha fatto tesoro del “carotato-giugulare” Theo van Gogh.
Per Mosè-Laden, nessuno ti apre l’ugola, diversamente che se la comparsata l’avesse avuta il Maometto.
Israele non gli metterà mai una bombarda sotto il culo.
Il meglio dell’avvitamento verminale però lo fa quando presenta prigionieri ebrei incappucciati e costretti a camminare a quattro zampe, tenuti a guinzaglio, a metà tra la vicenda di Abu Ghraib e Guantanamo.
I primogeniti egiziani, stramazzano invece al suolo, soffocati dal gas letale, mandato dal cielo, richiamando la strage del teatro Dubrovka di Mosca e quella dei bambini ceceni di Beslan;
Cattivi...cattivoni d’americani, senza parlare dei Russi.
Evidenziare l’effetto, senza dar tratto alla causa, alla fine torna lo spessore dell’uomo: uno dei tanti che ha capito quanto sia più facile e salutare sparare alla Croce Rossa piuttosto che ai “picciotti”.

Bin bin saladin...

Arriva il Cerutti.

Non lo sfigato Gino, della ballata di Giorgio Gaber, ma la carbonata tonachina del “Don”, che nella sua parrocchietta in quel di Como si è messo a fare volantinaggio, non per vendere del banchetto suo, ma per alzare quotazioni del dirimpettaio.
Rubicondo e pacioso, da un bel tavolinetto, nel bel mezzo della navata centrale, eccolo, a distribuire - Urbi et Orbi, non la benedizione del principale suo, ma “pizzini”, contenenti preghiere islamiche per celebrare la fine del Ramadan, con lodi sperticate di Allah, esaltanti l'islam come la religione eccelsa.
Manco un masochista che si pesta i coglioni con il martello, arriva a tanta orgasmica goduria.
Questo si, che è un maestoso pretone d’assalto: non quelli muffi, che ti davano il classico e incartapecorito santino!
Lino, ascoltammè, comincia a scaldare il ciclostile: passerà nulla che il Pisapia rispolvererà quel bene rifugio che è mattone...da Moschea, quartiere per quartiere, sotto la Madonnina di Milano.
Tè ci puoi andare a nozze: ti metti fuori di quelle e fai Testamento...il Nuovo, il Corano.
Del passato, mettici...una croce sopra.

Bin bin saladin...

Io, secondo me...02.09.2011

Sesto potere


batter di Giglio


giovedì 1 settembre 2011

Al Qaedistan


Base per altezza




“Al Qaeda, ego sum”.

La Libia “liberata” scopre il prezzemolo:

“[...] ruolo fondamentale, nella battaglia di Tripoli, di consistenti forze qaidiste: le prime a penetrare a Bab al Aziziyah, il compound di Gheddafi a Tripoli [...] a capo, un noto membro di al Qaida, Abd al Hakim Belhadj, veterano dell’Afghanistan [...] che si è autoproclamato Comandante del Consiglio Militare di Tripoli”.

Il tipino, per nulla raccomandabile, non lo manda a dire, quel che vorrebbe essere solo inizio di una bella purga: come principale obiettivo, l’uccisione di Gheddafi e lo sterminio della sua famiglia!

Mica scemo.

Con quello ancora vivo e la prole a respirare, quando dovesse passare la sbronza, tanti a cui stava stretto Gheddafi sarebbero poi a sentirsi soffocati, nel “collare a strozzo” dei redivivi “studenti coranici”, d’infausta afghana memoria;
magari per rimpiangere ed invocare il ritorno del vecchio leone, al grido di “Si stava meglio quando si stava peggio”.

L’occidente avrebbe fatto meglio - se proprio voleva e doveva proseguire nel cinismo e nell’ipocrisia - mirare a dividere a mezzo la Libia, lasciando una porta di sicurezza, una via di fuga in caso d’incendio e la possibilità di rendere reversibile quel che ora è solo un punto di non ritorno.
Tripoli è diventata un guazzabuglio di piccoli feudi, con aree occupate dalla più svariata fauna, ognuna che tenta di applicare e far capire da subito chi è il più forte, con precedenza sui pezzi migliori nel pastone per l’ingrasso.
Presto questi straccioni, poco più che briganti da strada, saranno a scannarsi, secondo elementare e tribale programma genetico loro infuso.
Nella mente di quella mezza cartuccia del Sarkozy, avrebbero solo dovuto fornire carne da macello, per la sua megalomane voglia di fregare il vasetto della marmellata.
Dovevano solo aprirgli la dispensa, a lui, che non ci arrivava in altezza: la natura lo ha creato nano, schiacciato alla base e privandolo di spessore, se non artificioso e posticcio, con zeppa sotto i tacchi.
È come se, tolto il tappo al fondo del mare, pensando di abbassarne il livello, ora s’accorge di non riuscire più a chiuderlo e rischia che si prosciughi.
I trenta denari, Il petrolio per l’”homunculus” gallico, al fin della fiera, sarà utile come la cicuta per Socrate.
Il quartino e il suo litro, l’Obama, sono come Gianni e Pinotto: fanno ridere.
Il mondo arabo non li capisce, li disprezza, ma ne comprende le mire e li considera alla stregua di dell’usa e getta.
Credono di manovrare perché sono sul treno e fanno “ciuff...ciuff” con la bocca, ma agli scambi ci sono i vari Abd al Hakim Belhadj.
Ben organizzati, ben preparati, ben equipaggiati, determinati e motivati da una fede incrollabile, avranno presto ragione della massa grufolante e ne delimiteranno alla svelta recinti e confini.
Non potevano non esserci.
Cercano “spazio vitale”, altro dar el harb, terra della guerra da coltivare, per farne dar el islam, terra dell'islam.
Troppo è il radicamento de “La Base” nella...base, tra i gangli nervosi dei tanti figli di Allah;
da sempre mi è convinzione ed ancora lo sono che, della tanto mitizzata “Primavera Araba”, di “spontaneo” c’è solo la necessità delle funzioni corporali: del rimanente, una tela fitta e abilmente alimentata di filo e matassa.
Che poi abbiano usato “La rete”, ovvero Internet, per il passaparola, non ne dubito, ma non che sia stata la magia di quel telefono senza fili ad avere innescato le cariche alla Bastiglia;
al massimo, con quella ci si ritrova al Bar Sport, al Rap o, meglio, ad un ”Arrap” party.
Quella è stato solo il tamburo, con cui si è chimata la tribù alle armi.
Con delle belle e spesse fette di salame sugli occhi, si può pure fare atto di fede e sposare la tesi dell’eroico popolo affamato in armi o di polli che improvvisamente decidono di occupare la fattoria.
Che assieme si siano sentiti più “Fratelli” e pure “Musulmani”, non ne dubito, ma che lo spirito di Al Qaeda trovi nel cranio loro perfetta botte per il travaso, non ci piove.
Certo meglio che con i proclami del “Nicolino” francese o del “Barackone” americano, talmente ottusi da non avere la più pallida idea delle conseguenze, nell’aprire il vaso di Pandora.

“Al Qaeda, ego sum”.

Bin Laden è morto, ed è diventato un’icona da combattimento.
Ormai era solo un simbolo: aveva seminato e tanto basta.
Uccidendolo si è solo tagliato la coda alla lucertola e solo quella è rimasta in mano.
Al Qaeda non è un uomo ma una moltitudine, divisa per compartimenti stagni;
ne buchi uno, due, tanti, ma la nave mai affonda.
Non è “qualcuno”: è “qualcosa”.
Non si combatte solo con le armi e i soldi: occorre contrapporre un’anima, una fede.
La mia vecchia maestra ripeteva che non si può sommare mele con pere altrimenti i conti non tornano...casomai, solo i tonti.

Al Qaeda è in campo.
L’occidente, per aria, tra le nuvole, con i suoi aeroplanini, ormai di carta.
Ancora una volta, c’hanno fottuto.
Passata primavera, l’unica certezza è che arriverà pure l’inverno. O l’inferno.

Base X altezza : 2...Sarkozy X Obama : 2 = area.

Depressa.

Io, secondo me...01.09.2011