mercoledì 29 dicembre 2010

Magdi Cristiano Allam mette le ALI

Partigiano Reggiano

«Se perdo, vado in Africa e non mi vedrete più!»

Per un momento, l’intero continente nero tremò: pure il bestiario dell’intera savana ebbe un attimo di smarrimento;
zebre e gnu, bufali e leoni, giraffe, elefanti, ippopotami, gazzelle e quanto ebbe respiro, nell’erba, sull’acqua e sotto, si mise in allarme, a fiutar l’aria, come a cercare di capire da dove sarebbe arrivata la disgrazia.
Tamburi di guerra riecheggiarono nei vasti spazi, mentre i guerrieri raccoglievano le loro zagaglie, gli scudi, le cerbottane e le pesanti scuri da guerra.
Tutti, ma proprio tutti si misero sulla difensiva, promettendo di vendere care la pelle.
Poi, così come si era annunciata, la minaccia sparì.
Da buon politico, come la banderuola sul cocuzzolo del tetto, cambiò il vento e pure opinione.
L’Africa tornò alla normalità e la gazzella, come la zebra e la giraffa, ringraziò il cielo di aver da temere, per la giugulare, solo i canini della leonessa.
Peggio andò a noi, che il Veltroni lo dovemmo tenere e, addirittura, voci di portineria lo danno ancora per candidato al timone di quella nave, che già portò ad incaglio sugli scogli.
Beh, non è colpa di nessuno: quando i dinosauri furono a far l’appello con il contagocce, altra scelta non ebbero che pescare nel sacco della miseria.
L’unica speranza, per gli italiani saranno le montagne, sempre che il caro “Uòlter“ della foresta ancora ne senta il richiamo.

«Dobbiamo stare tutti assieme. Siamo in emergenza democratica e dalla storia ci viene un insegnamento!»

‘azzarola: venti di guerra incombono!

Dario Franceschini, capogruppo alla camera, ex democristiano e tanto altro, pure lui rottame da incaglio, sulla barriera corallina berlusconiana, chiama a raccolta i Panda e di quanti hanno imboccato ottusamente il ramo evolutivo cieco, quello che porta all’estinzione del meno adatto e incompetente a rimodellarsi all’ambiente che, nel frattempo, è andato modificando.
Disarma veramente quest’incapacità, tanta ignoranza nel non vedere quanto inutili sono i vecchi modelli, per combattere e sopravvivere nel mondo della savana politica.

«Quando le nostre madri e i nostri padri erano sulle montagne a fare la resistenza, prima di fare le azioni delle brigate partigiane non si chiedevano: Sei liberale? Sei comunista? Sei democristiano? Sei per la repubblica o per la monarchia? Prima liberarono il paese.»

Riecco il Panda, che propone al resto del mondo l’unica dieta che conosce: no, non quella del bambù, ma del macinare Berlusconi;

Bersani, l’altro orsetto, non è stato da meno...l’ultima in ordine di tempo, per un parlato e un’apparizione catodica del cavaliere:
«[...] ha occupato la televisione per due ore e mezzo, come solo Kim il Sung e Lukashenko!»
Porca miseria, ecco il bue che da del cornuto all’asino: due nomi, due comunisti che più non si può, prodotto di quella cultura a cui il nostro Piergiggi ha donato i migliori anni della sua vita!

Dario nostro continua a farsi del male:
«Prima chiudere con il berlusconismo, poi tornare al confronto civile.»

Della serie: meniamo lui, poi torneremo a fare a botte tra noi, come ai vecchi tempi.
No, non credo che il suo accorato appello farà presa sul Uòlter d’Africa e sui tanti che, sputato nel piatto dove mangiavano, ben si guardarono dall'emigrare altrove: né nel continente nero, men che meno in quello rosso, dei Gulag, delle purghe e della fredda Siberia.

«Bisogna trasmettere un messaggio di cambiamento: il verbo principale del centrosinistra non è difendere, ma cambiare.»
Questo diceva il Veltroni, ai tempi delle avvisaglie, delle bastonate che erano presto seguite.
Veltroni, Franceschini, Bersani...il ritorno di Veltroni: i sussurri e le grida lo danno per riemerso dal sepolcro.
Sicuramente, dopo essere stato avvolto nel lenzuolo della bandiera rossa, su questo c’è rimasta traccia del risorto.

Veltroni, Franceschini, Bersani...i Panda si contano e recuperano nell’abbondanza dell’urna, quella cineraria, per scegliere le vecchie ossa da ripescare.
«Bisogna trasmettere un messaggio di cambiamento: il verbo principale del centrosinistra non è difendere, ma cambiare.»

Berlusconi è vecchio d’anagrafe, con quindici anni di politica: i nuovi giovani, di manovalanza vanno dai trenta ai quaranta, di militanza in stessa ditta.

Come ripete l’operosa donna di casa: per quanto si pulisce, la polvere ritorna!

Io, secondo me...29.12.2010

I compagni del Partigiano Reggiano

sabato 25 dicembre 2010

giovedì 23 dicembre 2010

martedì 21 dicembre 2010

lunedì 20 dicembre 2010

Ascoltaammè

Caro Pier Luigi, Bersan contrario, capisci ammè;
ti scrivo questa letterina, a te che sei nato in Bettola, in quel 29 settembre del 1951, sotto una stella...rossa: rispondimi però, che né Babbo Natale, né Gesù Bambino l’hanno fatto, in quest’anno del cavolo, dove sotto la vecchia quercia mi troverò sicuramente del carbone e nessun regalo.
Almeno tu, accendi il mio sol dell’avvenire, che da un bel rosso vivo è passato al rosa e poi ad un colorito cadaverico, slavato e smunto. Fammi un piccolo regalo, non mi deludere.
Ascoltaammè.
Non ti sposare, con quello là: è un bruto, rozzo, volgare, che non conosce l’italiano;
è animalesco e violento, tanto che, del prossimo, usa dire: «Io a quello lo sfascio!»
Quando si arrabbia, smozzica, borbotta, singhiozza e incespica, che la grammatica è come sasso d’inciampo: s’infuria, batte in testa e fa come la macchina, che cammina a sobbalzi e singulti quando c’ha il filtro dell’aria intasato.
Quello ti vuole solo fottere, Pier Luigi mio.
Ascoltaammè.
Appena sfornato, al battesimo, l’avevano già classificato per quel che sarebbe diventato:
«Tu sei Di Pietro, e con questa testa di pietra edificherai tanti appartamenti!»
Il pelo gli è cresciuto dappertutto, in special modo sullo stomaco;
non ha pietà né sentimento: quello tratta il mondo come il contadino, quando accoppa il coniglio, lo attacca per la zampa e lo spella, dal culo alla testa.
Quel che gli difetta in intelligenza, la natura l’ha compensato in furbizia.
Entra in politica, come la faina nel pollaio.
Il volpone fonda un partitello, che gestisce come il mandriano la stalla: lui comanda e foraggia, gli altri pascolano, ma lui poi li munge.
Scarpe grosse, ma cervello fino, traffica meglio e più di altri, ma non è così fesso da farsi prendere con le mani nel sacco: ai tempi di "mani pulite - bei tempi da manettaro, quando aveva diritto di vita e di morte su tutti, che sparando a lupara, con la rosa di pallini qualche colpevole lo prendeva, ma tanti innocenti ha tritato - allora, dicevo, ha imparato il mestiere;
dagli errori degli altri, ha capito il meccanismo di come spennare le galline senza farsi sparare dal fattore.
Forse il ruvido s’è fatto troppi nemici, e le malelingue inseguono il buttero con lingua ingrassata di pasta abrasiva, ma il barcone, è piccolo e la gente mormora.
Leggo di lui che ha comprato appartamenti affittandoli a quelli del suo partito: in pratica si paga il mutuo con quello.
Mica scimunito, vè.
Ancora seguo nella lettura delle gesta dell’eroe, che ti propone - caro Pier Luigi - di andare a letto con lui.
Pierotto, hai presente la presa per i fondelli, quella della sovvenzione ai partiti, che poi hanno aggirato il plebiscito popolare che non lo voleva, cambiandogli d’abito e nome, passandolo per “rimborso elettorale”?
Questa parte la conosci pure tu, visto che ci campi anche con quello.
Beh, sembra che il nostro abbia superato se stesso nel dirottare tanta abbondanza.
Il rischio di tutto è che, se il partito chiude o cambia pelle, iniziano le beghe per spartirsi la ricca pastura.
Ma lui mica è scemo: crea una fondazione, con lo steso nome del partito, e ci dirotta il grano;
sai, Luigino mio, chi tiene la borsa? Bravo, hai indovinato: l’Antonio, la moglie e un’amica.
E sai chi certifica i bilanci: lui!
Dai, Gigino, dimmi: se un domani chiudesse la baracca, o nascesse una serpe in seno che dovesse mandarlo fuori dalle palle, dove resterebbe arenato tanto ben di Dio?
Capisci ammè, Pier: non gliela dare, che quello ti frega tutto il partito, oltre che le mutande!
Quello alla libertà della Magistratura ci tiene come banco di mutuo soccorso: io do una mano a te e tu lavi la mia, che se fosse stato Berlusconi a trafficare così, avrebbero coinvolto anche la Santa Inquisizione!
La legge, si dice, è uguale per tutti, ma chi impasta gli ingredienti, gli dà la forma che vuole, alla torta.
Caro Piergigi, io e te siamo siamo agli antipodi: io alla scuola di Mosca, per fortuna, non ci sono mai andato.
Ma mi fai tenerezza, che con Veltroni e Franceschini, hai la maglia nera dei trombati.
Sei come una rana in una pentola d’acqua con sotto il fuoco: sei contento del calduccio e non senti l’odore dell’arrosto, del fumo e della legna.
Come lo stufato, sei a cotture lenta.
Dai, salta fuori, uno scatto di reni e - oplà! - tonico e pimpante, come quando ti sei fatto due rampe di scale e sei salito sul tetto, dove manifestava gente che c’aveva i suoi calli da curare;
bello come il sol dell’avvenire, con le maniche della camicia tirate all’insù e il “cigarillo” sbuffante, all’angolo della bocca: una via di mezzo tra la caricatura di Obama e il surrogato di Fidel Castro.
Sai cosa ti ha fregato? La piazza!
No, non quella della gente, ma quella della “fronte alta”, altrimenti detta “pelata”;
parevi uno che aveva perso il parrucchino, nella volata sul cocuzzolo della palazzina.
Diciamocelo, papale papale: non c’hai il “Phisique du Role”, ovvero fisico per il ruolo.
Di Obama ti manca l’abbronzatura - è normale: tu sei...rosso - e di Fidel, la statura.
Sei l’immagine dell’eterno perdente, dal sapore pari all’acqua senza sale;
Di Pietro c’ha le palle, Berlusconi la faccia e pure più capelli, anche se riportati, infilzati uno per uno;
Fini c’ha la sua bionda, anche se sul groppone la famiglia di lei, da mantenere e ingrassare;
Casini, beh...nomen omen, il nome è un presagio;
Fassino da del filo da torcere a tutti mentre D’Alema c’ha la barca e belle scarpette di vacchetta;
a te, le scarpette invece, rischia di fartele Rienzi, vigoroso torello di tua stessa mandria e sindaco di Firenze.
Dai, male che va ti aspetta una pensione dorata, il Lambrusco e una bella piadina ripiena di culatello, magari regalato da Vendola.
Occhio alle spalle, che non sarà il Berlusca stavolta a darti una bruciante sconfitta!

Ascoltaammè.

Io, secondo me...20.12.2010

venerdì 17 dicembre 2010

Bersanpietro Vendola

Rosso di sera

Rosso di sera, bel tempo si spera...

Stavolta però, non ha fatto a tempo ad imbrunire, che già la feccia e il bestiario dei centri sociali comincia la festa: al posto delle fette di panettone, generose razioni di porfido sanpietrino, in tocchetti da un chilo e più al pezzo.
Sembra che siano particolarmente graditi dalle zucche di poliziotti che carabinieri, a cui era dedicato gradito omaggio;
senza lesinare, se una cattiva mira magari intercettava pure la testa di qualche povero, innocente e ignaro passante, convinto di girare per una città e non nel bel mezzo della terra di nessuno, in una guerra di trincea.
Si erano ben preparati, i delicati virgulti, coltivati nei vivai dei sinistri, i cui istruttori saranno pure entrati nei salotti della democrazia, ma rimangono portatori insani d’impronta e riflessi condizionati, assimilati in gioventù da studi di scuola moscovita.
Come avere messo giacca e cravatta alla scimmia di Tarzan; tanto non basta a cambiare sostanza solo pennellandone la forma.
I bracci armati di costoro, brace cui, all’occorrenza, soffiar sopra per farne fiamme da incendio, mandrie di vacche a cui basta solo urlare all’orecchio per farle zoccolare impazzite, contro il nemico, questi, dicevo, non sono stati neppure stavolta sordi alle urla di dolore e rabbia dei loro mandriani.
Roma storica aveva subito la caduta e i saccheggi, per mano di barbari e torme di mercenari in razzia, ma venivano da fuori, mentre questi sono parassiti cresciuti sul suo pelo, ingrassati dal suo sangue, metastasi che radicano e suggono del sudore dell’altrui lavoro, che vogliono, ma non offrono nulla.
La loro civiltà è il manganello, il concetto di purezza deriva dalle purghe, quello di rettitudine, dal bastone, la voce dalle bombe e lo slancio dal lancio di porfidi e graniti e il senso di pulizia, se l'avessero, sarebbero per quella etnica.
Mentre attorno mulinava una serie d’eventi che andavano dai roghi alla frantumazione d’ogni bene, dall’assalto fisico alla ricerca del linciaggio alla divisione cranica, uno di costoro, apostrofato da un giornalista, che diceva che quella era violenza allo stato puro, replicava che “la violenza vera era altrove, non lì”, riferendosi alle votazioni di Camera e Senato, dove chi non la pensava come loro era sopravvissuto al voto di sfiducia, contro ogni previsione che, dalla rosea dei terroristi nella piazza convinti della vittoria, sconfinava ormai nella rossa, di rabbia e di voglia di porporino sangue, dopo l’ennesima mazzolata.
Questi figli del sei politico, inetti, incapaci, inutili, zotici, allo stato brado e con cervello fermo al rettiliano e di reazione pari a quella di un interruttore della luce, hanno dato il meglio nel loro peggio, nel presentare “gioiosa macchina da guerra”.
Bella la reazione di quelli che cascano dal pero, fingendo ignoranza, se non invece possedendola, quando intravedendo, nei filmati, “l’uomo dal giubbotto beige”, con delle manette e prima accanto agli agenti, e poi che si scaglia contro i blindati degli stessi, azzardano:
“Sono infiltrati pagati; tutto un complotto, uno sputtanamento preparato ad arte, degenerazione pilotata dalle forze dell’ordine stesse o, peggio, dal ministro dell’interno in persona”.
Il tizio poi, fermato ed identificato dalla questura, si presenta per quello che è, e matrice di quello che sono questi animali: un noto e conosciuto estremista di sinistra, con una fedina lunga più della carta igienica Scottex!!
Non posso, a questo punto, non ricordare la veemenza di quelli che urlarono quasi al tentativo di colpo di stato, quando si decise di mettere in campo l’esercito, per pattugliare e aiutare le altre forze dell’ordine sul territorio, per contenere uno stato di criminalità e violenza che sempre più tendeva all’iperbole.
Allora spuntarono fuori le menti eccelse, il miglior caravanserraglio dell’intelligenza di sinistra, quella che “legge libri e giornali”, a dar a credere che c’era nell’aria odor di camicia nera e marcia su Roma.
Oggi, la marcia su Roma l’hanno fatta in camicia rossa e le forze che potrebbero minacciare lo Stato sono di quel colore.
Giusto per ricordare i mestatori d’allora, cattivi maestri e i mantici d’oggi, riporto quanto scrissi, che basta cambiare il nero con il rosso e i conti tornano.
...

Era il lontano 13 di agosto dell’anno del Signore 2008, quando mi ritrovai a scrivere “Ritorno di...fiamma”, a prendere per il culo il buon Umberto Eco, cima certo, per quanto riguarda intelletto, ma di rapa quando entra in pascoli non suoi, ed ecco...anzi, eco:

La fiamma risale, dentro la lancia del cannello:
POP !
Un piccolo scoppiettio e si spegne, ad impedire che il continuo del ritorno arrivi al miscelatore e poi, su su, fino alle bombole d'ossigeno e gas combustibile, rendendo la situazione alquanto esplosiva;
senza quel POP ! liberatorio, il Beppe Fontana la penna non sarebbe qui ad usarla, che l'avrebbe avuta bruciata, assieme alla buccia.
Ai tempi, quando cominciai con il lavoro d'officina, usando la saldatura ossiacetilenica, i vecchi c'intimorivano con i racconti di rovinosi botti, di cui erano stati testimoni: un poco per spaventarci, un poco per ammonire, a non prendere sottogamba i rischi che il lavoro comportava.
Oggi, il massimo rischio è che la stilografica mi perda inchiostro nel taschino della camicia immacolata.
Certo, erano i tempi de "Carlo Cudega";
Oh, scusate, anche questo è un termine del mio giurassico, a rispolverare e richiamare ere ancora più lontane, quando gli uomini usavano lisciarsi i capelli utilizzando del grasso di maiale ( ovvero, la cotenna, la "codega" ) sul codino, per mantenerlo compatto e lucido.
Madonna mia, mi sto facendo melanconico che, con il passare degli anni, mi si allunga il dietro e s'accorcia il davanti...
non siate maliziosi: è riferito alle misure del vissuto e dell'aspettativa di vita.

"All'armi! All'armi !
All'armi siam Fascisti !
Noi siam del fascio la falange ardita
[...]
abbiam con noi la forza e l'ardimento,
che ci fa fieri all'ora del cimento".

No, non è un rigurgito, un ritorno di fiamma...tricolore: solo un...Eco di rimbalzo.
- «[...] ci sono fascisti al governo. Rinasco rinasco nel millenovecentoquaranta !»
Mizziga, allora c'è proprio arrivata al collo;
questo non lo dice un qualsiasi bao-bao-micio-micio, ma un Santone, un Guru, un Illuminato, un Maestro, anzi, il Messia: l'Umberto Eco, fior fiore dell'Intellighenzia letteraria e pure comunista, che ha una storia ancora più truculenta di tutto il peggio del passato messo assieme.
- «[...] non più esattamente fascisti, ma che importa, si sa che la storia si dà una prima volta in forma di tragedia e una seconda in forma di farsa».
Dalla piazza...rossa sale l'invocazione all'Eco di Carlo Cudega: "E mò facce ride !!!"
L'Umbertino agita sonagli e campanelli, a far buffone per Sovrano proletario.
- «[...] ricordo con tenerezza le notti passate nel rifugio antiaereo [...] un sotterraneo umido, tutto in cemento armato, illuminato da lampadine fioche [...] mentre sopra le nostre teste esplodevano colpi sordi che non sapevamo se fossero della contraerea o delle bombe».
Io glielo avevo raccomandato al Gianfranco Fini, di Alleanza Nazionale, ora Presidente della Camera, in quel di Montecitorio:
- «'A Frà, batti piano il martelletto, che qualcuno sicuramente n'esce rintronato da quei colpi sordi; fai cambiare le lampadine, che mi sembrano un poco fioche e arieggia la camera, che c'è umidità !»
Intanto la pentola di fagioli continua a sobbollire:
- «[...] siamo disposti ad accettare tutto ciò che ci ricordi gli orribili anni [...] è il tributo che paghiamo alla nostra vecchiaia».
Ussignùr, l'Eco è rimasto come la puntina del grammofono: ferma, incantata sul disco, a ripetere stesso motivetto all'infinito.
- «[...] le città a quell'epoca? Buie di notte».
Ho capito: l'Umby rimpiange il sol dell'avvenire, che era gratis, costava meno che la bolletta dell'Enel.
- «[...] era percorsa da reparti militari [...] nelle metropoli passavano continuamente manipoli e ronde di marò della San Marco o di Brigate Nere [...] armati sino ai denti [...] CITTÀ MILITARIZZATA».
Non ci vuole molto a capire dove vuole andare a parare il tipo:
vuole insinuare un parallelo tra i soldatini del fascio d'allora e i militari d'oggi, che presidiano le città con Polizia e Carabinieri, per la nostra sicurezza;
- «[...] vedo REPARTI DELL'ESERCITO, BENE ARMATI e CON TUTE MIMETICHE, anche sui marciapiedi delle nostre città».
da parte mia ho solo una cosa da dire:
- «Grazie ragazzi, di tutte le armi, che il vedervi assieme mi rassicura ancora di più, in special modo quelli che non sono "soldatini" da esposizione, ma soldati che collaborano a migliorare e preservare la nostra vita e incolumità.
E poi, Umby, non dire pirlate: in Piazza Duomo, a Milano, il soldato aveva la normale divisa e pistola;
forse ti sei confuso con quelli di Putin, che sono andati a trovare gli amici, in Georgia, sempre che non sei rimasto a quelli di Praga, nel '68.
- «[...] andavano a comprare il poco che si trovava nei negozi d'alimentari».
'azzarola, è vero: con il Ferragosto tutti i negozi sono chiusi, e pensionati e gli anziani sono alla ricerca del "poco che si trova", vaganti laceri ed affamati.
- «[...] a notte si dormiva col mattone caldo nel letto e ricordo con tenerezza persino i geloni».
Dai, Ecoberto, che al posto del mattone ci puoi mettere ora una bella ragazza dell'Est, delle tante costrette a far da scaldino per aver creduto alle balle raccontate dai favolisti del Paradiso del "poppolo" proletario: nulla ci hanno avuto, che a prendere non è il sole e dare, sai bene cosa !
- «[...] Ora non posso dire che tutto questo sia tornato, certo non integralmente. Ma comincio a riavvertirne il profumo».
Caro amico, almeno per le mutande e i calzini, spesso bisogna cambiarsi, altrimenti ti voglio vedere, a "riavvertirne il profumo".
- «[...] a quei tempi apparivano [...] manifesti [...] si vedeva un nero americano ributtante (e ubriaco) [...] la mano adunca verso una bianca [...] oggi vedo in televisione volti minacciosi di negri smagriti che stanno invadendo [...] le nostre terre [...] la gente è ancora più spaventata di allora».
La legge dei grandi numeri è quella che fa grande anche una minoranza all'interno di un insieme:
i più saranno bravi ed onesti disperati, ma anche il poco fa tanto, in un formicaio, e ne basta uno, deciso e determinato a buttare il cerino nel fienile.
A meno che il nostro gioca sul calcolo della probabilità, il restane fuori, secondo la filosofia meneghina del:
"A chi tuca tuca", a chi tocca, tocca. Cazzi suoi !
- «[...] il sindaco leghista di Novara ha proibito che di notte, nel parco, si riuniscano più di tre persone. Attendo [...] il ritorno del coprifuoco».
Caro segugio dall'olfatto nostalgico, ti auguro di non dover passare DI NOTTE in un parco cittadino, che "Il nome della rosa", tra i cespugli, si chiama "Uccelli di rovo", e l'odore che sentirai è dello sniffo e il coprifuoco serve a spegnere l'erba, ma non quella medica !
- «[...] odo discorsi assai simili a quelli che leggevo [...] che non solo attaccavano gli ebrei ma anche zingari, marocchini e stranieri in genere. Il pane sta diventando carissimo. Ci stanno avvertendo che dovremo risparmiare sul petrolio, limitare lo spreco d'energia elettrica, spegnere le vetrine di notte. Calano le auto e riappaiono i ladri di biciclette. Come tocco d'originalità, tra un pò sarà razionata l'acqua».
Accidenti: sembra di essere nella culla del comunismo, di ripercorrere novant'anni di vita prospera;
- «[...] Non abbiamo ancora un governo al Sud e uno al Nord, però c'è chi sta lavorando in questa direzione».
Non è che ti confondi con Est e Ovest, con i rispettivi governi, separati da quel che fu il muro di Berlino ?
- « Mi manca un Capo che abbracci e baci castamente sulla guancia prosperose massaie rurali, ma ciascuno ha i suoi gusti».
E già: tu sceglieresti i ruvidi baffi di papà Baffone Stalin o l'ispida barbetta di nonno Lenin ?
... ciascuno ha i suoi gusti.

Io, secondo me...16.12.2010

martedì 14 dicembre 2010

Deja vu

Il mercato delle vacche

Prima era nell’aria, la supponenza di chi ti guarda e ti misura, quasi fossi lo scemo del villaggio...solo che qui si era esagerato, che il poveretto pareva aver sgravato sull’intera nazione una manica d’imbecilli, mandrie di vacche al pascolo.
Mai dimenticherò il giorno in cui si vide “Baffin D’Alema”, bastonato da un democratico ma sfavorevole voto elettorale, sputare bile, fiele e veleno come non mai, scoprendo l’anima e il convincimento della “razza ariana” rossa, di “Kompagni”, uber alles, sopra tutto:
«[...] è vero che siamo in minoranza, ma siamo in maggioranza nella PARTE PIÙ ACCULTURATA DEL PAESE; siamo il primo partito nelle aree urbane TRA GLI ITALIANI CHE LEGGONO LIBRI E GIORNALI. Siamo una minoranza che rappresenta la classe dirigente del paese in tutti i campi».
Solo quelli sanno leggere; gli altri – i più – guardano solo le figure;
solo loro c’hanno la patente: dirigono.
Fino ad ora ero convinto dell’ereditarietà tra la specie, caratteri rigidamente trasmessi dai cromosomi;
vero in parte: anche la tessera di partito – quella giusta – trasmette matrice, lo stampo del “Migliore”.
L’Italia è diventata un corpo da purgare, dopo che la messe d’ignoranza ha deciso non per il meglio ma per il bauscia, il cavalier Berlusca.
Li capisco, povere gioie: nel lontano ’94, con il loro Occhetto, avevano messo in campo una "gioiosa macchina da guerra " quand'ecco che ti arriva il bulletto di Arcore e te la fa in mille pezzi;
poco avanti, Bossi ribalta il nanerottolo, si ritorna alle urne e l’armata Brancaleone riesce a piazzarsi sul predellino e, con un misero pugno di voti di scarto, fa man bassa di tutte le cariche, fino a che implode, sotto l’impossibile di mettere assieme quella corte dei miracoli, tanti parenti serpenti pronti a mollare quando la pastoia si dimostrò troppo piccola per sfamare la numerosa prole.
Da allora, non ce ne stato più per nessuno: il cavaliere si è messo di traverso, tappando tutti i buchi, come il calcare nella lavatrice.
La gran massa degli asini, che pare non legge libri e giornali, ma fa biomassa, martella le dure zucche dei cocomeri rossi.
Nulla da fare: da quella parte non si passa, le votazioni sono per i compagni alla pari di un grimaldello spuntato.
Fortuna vuole che, dopo sedici anni, quel babbeo di Fini rinsavisce, capisce l’errore e, nel credo del “meglio tardi che mai”, scompagina le carte e toglie il cadreghino al capo; non il suo, che dalla posizione di Presidente della Camera si domina il campo di battaglia, e si bombarda meglio che rasoterra.
«Berlusconi è vecchio: largo al nuovo che avanza!»
L’anagrafica penalizza il vecchietto, l’ultrasettantenne è presentato come Matusalemme in piena fioritura, ma il “nuovo che avanza”, la triade Fini-Casini-Rutelli, si porta in dote più di trent’anni di politica, primo e unico lavoro della loro vita.
Il veterano Fini scalpita, si porta dentro la mortificazione d’essere ancora un due di picche;
nonostante il tirocinio, e quel maledetto nanerottolo non crepa mai, che pare intrecciato con il fil di ferro, tanto coriaceo da scampare anche ad una statuetta di marmo del Duomo, che gli hanno timbrato sulla cozza e sul faccione!
E allora, al grido di «Muoia Fini con il Filisteo!», strapazza le colonne che tengono il trono che vorrebbe suo: come Pietro Maso con i genitori, cerca di farlo fuori per prendersi prima l’eredità.
Mal che va, come il cornuto che perde la donna, l’accoppa urlando: «Se non mia, di nessuno!»
Ma bisogna togliergli l’elisir che gli concede la resurrezione e l’eternità: l’elettorato.
In questo, ha tanti alleati, che si rifanno al caro Paolo Flores D’Arcais che, su “Il Fatto quotidiano” del 4 novembre ammonisce, atterrito: “Un Berlusconi che vincesse le elezioni non farebbe prigionieri: saremmo al FASCISMO per VIA LEGALE!”
Allora ecco che bisogna scavalcare il “fascismo per via legale”, quello dove ancora una manica di beoti andrebbe all’abbeverata.
Ecco allora il comunicato della triade:
“I parlamentari delle forze politiche, che si riconoscono in un’area di responsabilità nazionale, convengono sulla necessità di assicurare al Paese un governo solido e sicuro e di EVITARE UN INUTILE E DANNOSO RICORSO ALLE URNE”.
Ecco fatto: le vacche che non leggono libri e giornali, in stalla.
La seconda gioiosa macchina da guerra sferraglia e avanza, mentre si tenta di fermare l’emorragia d’olio: quello dell’euro, che sembra usato per ungere quelli sensibili a questo tipo di lubrificante:
“La procura di Roma ha aperto un fascicolo processuale sulla vicenda della presunta compravendita di parlamentari”.
«Avanti, avanti, gente. Siamo qui non per vendere ma per regalare; chi vusa pusè la vaca l'è sua, chi urla di più, si prende la vacca!»
Tutto perfetto; un risultato a tavolino, dove non possa mai vincere il fascismo per vie legali, quello del voto popolare, alle urne.
I maiali di Napoleon, quelli de “La fattoria degli animali”, l’Animal Farm – il romanzo satirico scritto nel 1945 dal britannico George Orwell – dopo aver cacciato il fattore e preso il comando, hanno deciso così.
Per il bene della comunità, s’intende...anche di quella che non legge libri e giornali!


Io, secondo me...13.12.2010

domenica 12 dicembre 2010

Beppinate

«Ma guarda te: l’hanno appena aperto e già c’hanno imbrattato il muro!»

La lunga linea, di un marroncino sospetto, attraversa una parte dell’ampia parete, di bianco immacolata, quasi a deturpare un bel volto, sfigurato da una rapida e astiosa rasoiata.
«Linea di terra», legge a voce alta, la mia dolce metà, alzando con compatimento gli occhi dagli occhialini, scivolati sulla punta del nasino «è un’opera d’arte moderna».
«Mamma mia…e quando la devono traslocare, che fanno: abbattono l’intera parete?»
La moglie comincia a prendere le distanze.
«Guarda. La donna delle pulizie ha lasciato le spugnette attaccate al muro!»
La compagna abbozza, incassa con rassegnazione il fatto che il suo maritino non capisce nulla di arte e che, ormai trascorso il tempo di legge, non può più invocare il diritto di recesso e se lo deve tenere, così com’è.
«Bisognerebbe avvisare il personale della mostra: c’è una lampada al neon che sta per saltare» dico io, passando accanto ad un treno di luci, che si accendono e spengono, or questa, ora quella.
La moglie ormai ha preso le distanze e guarda un ghirigoro sull’altra parete, quasi con il naso incollato e un rossore in espansione sulle gote.
Facce rabbuiate e preoccupate mi osservano: forse anche loro mi danno ragione, sui quei bulbi in procinto di fulminarsi.
«Cristina, vieni qua: c’è un enorme appendino per gli abiti, che pare lo stenditoio a torre della Foppapedretti!»
La femmina sembra ingobbirsi, rattrappirsi e scomparire, tanto che rapidamente scantona dietro una delle pareti divisorie, mentre uno dei visitatori mi osserva con disappunto.
«Croce», mi apostrofa con voce schioccante come uno schiaffo, indicando, con veemenza e l’indice vibrante, il cartellino alla base dell’incrocio tubolare.
«Madonna benedetta! Sti romani erano geniali proprio: ai tempi crocefiggevano anche a grappolo!»
La mogliettina intanto si infilata nei bagni, e sento che chiude la porta a più mandate, cercando di forzarne altre, oltre alle due classiche.
Bello; bello davvero il nuovo Museo del Novecento, nato sulle ceneri del vecchio e ormai sorpassato Arengario, affacciato sulla bella piazza, sotto le guglie del Duomo della metropoli meneghina.
Ci si entra e si impegna una comoda e funzionale salita, attorcigliata come le volute serpentiformi del condotto uditivo: al vertice, saloni su più piani, ognuno con arte a tema, per tele, marmi e ammennicoli vari.
Me ne stavo beatamente seduto ed eccomi circondare da un certo numero di persone, che guardavano con fare stranito.
«Signore…ehm…scusi: lei si è seduto su una scultura», mi dice una graziosa signorina, con tanto di targhetta e divisa dei curatori di quello scrigno di cultura.
«Si alzi, prego: si è messo sulla statua dell’Assetato».
Solo allora mi accorgo che la leggera inclinazione e la curvatura del sasso non è anatomico schienale di seduta, ma l’abbozzo di un corpo chino su un’immaginaria pozza d’acqua.
Con non poco imbarazzo, cerco di darmi un tono e vedo di confondermi tra i tanti, che menano impressione di essere acculturati, tanto si avvicinano alle opere con cipiglio pensoso e indagatore, rughe profonde e corrugate, proprie dei grandi pensatori intenti a speculare su massimi sistemi.
"Ah, questa volta mi rifaccio", penso, mentre mi rivolgo a una robusta cariatide di mezza età, sprofondata in un’elegante sedia con la curiosa caratteristica di avere una specie di cintura imbottita e appoggini perri gomiti, di soffice gommapiuma.
«Signora, le conviene alzarsi, che qui sono permalosi e cazziano pesantemente quelli che si appoggiano alle sculture!»
Quella allora si drizza e punta il suo con il mio, di naso:
«Ehi, bello, smamma, che questa sedia l’ho vista prima io!»
Sgambetto avvilito e migro in una stanzetta, un pochino più appartata.
Su un piccolo treppiede, un palloncino: "Fiato d’artista"-
L’apoteosi della Musa, l’ascesa al Nirvana, il culmine dell’espressione artistica: riecco, il Pierotto Manzoni, sublime mantice dei suoi"Corpi d’Aria", che il vero colpo da maestro lo fece in quel lontano 12 agosto del lontano 1961;
in occasione di una mostra alla Galleria Pescetto di Albisola Marina, presentò il suo capolavoro: per la prima volta in pubblico, le scatolette di" Merda d’artista", ovvero, novanta barattolini - al modico prezzo pari al corrente, dell’oro - 30 grammi di conserva al naturale - cremosa e inscatolata calda e fumante, nel mese di maggio,quello odoroso di erbe e fiori.
Di quanti allora fecero acquisto, nessuno a oggi ho visto portarne vanto.
Ah, ignoranti e zotici personaggi, incapaci di apprezzare arte moderna, che guarda avanti, al futuro quando, passi per l’aria, anche la cacca, rigorosamente d’autore, sarà poesia, degna delle Muse e sulla tavola della parte più acculturata del paese, quella che il caro Baffin D’Alema vide cadere vittima alle urne del branco Berlusconiano, della quantità che ebbe ragione della qualità.
«Cristina, andiamo via, che io c’ho metà sangue di contadini e l’altra di montanari e tanto, su questo piano, mi pare una gran presa per quello che il Manzoni Piero usò per spennellare linee di terra e materia d’autore!»
Percorriamo i corridoi con la mia femmina che si cala il cappello di lana sugli occhi, la sciarpa alla radice del naso e gli occhiali da sole tolti solo all’aperto, lontano da sguardi accusatori.
Apro la pagina del giornale:
"Bersani Fini e Di Pietro vittime del mercato delle vacche".

Oh, finalmente;
casa, casa mia: per piccina che tu sia, sei sempre casa mia!

Io, secondo me...12.12.2010

sabato 11 dicembre 2010