giovedì 30 giugno 2011
Il fornaretto di Milano
«Caedite eos! Novit enim Dominus qui sunt eius!»
...Uccideteli tutti...Dio riconoscerà i suoi...
Poveri Càtari che, nei primi decenni dell’anno milleduecento, ebbero la cattiva idea di sbattere contro un monolite, che era il porporato d’allora, predicando e praticando povertà, umiltà e carità;
e, sin qui, l’avrebbero fatta franca: qualche povero, umile e caritatevole poteva essere una buona pubblicità per i fautori del “fate quello che dico, ma non quel che faccio” o dell’”armiamoci e partite”.
Ma quelli passarono il segno, quando arrivarono a demonizzare la sana degustazione, del palato raffinato dei gaudenti d’allora: l’abitudine di ammonticchiare beni materiali e carne.
Non quella che mi ha razionato il dietologo, ma di gnocca, indifferentemente se bianca o rossa.
Se è vero, come si dice, che tira di più un pelo di quella che un carro di buoi, tanti sarebbero rimasti a piedi, mazziati e cornuti!
Insomma: quello no, non s’aveva da fare!
Tempi grami, quelli, addirittura scandalosi, quando il rappresentante di Pietro (l’apostolo) in terra assurgeva al soglio papale sulla spinta delle ricchezze della casata sua e alle compere che gli ori permettevano.
In pratica, il patentino se lo assicuravano, a suon di sonanti baiocchi e, non essendo spirituale quel che li motivava, rimanevano ben con i piedi per terra, nella pelle e nella carne loro, che non disprezzava i piaceri del sollazzo.
Per farla breve: il Papa investì del problema gli armigeri che, con tanto di bolla di scarico, spazzarono la soglia della chiesona dell’Innocenzo, il “III” della classifica pontificia.
Non essendoci ancora la raccolta differenziata, davanti al dubbio «Mò, come famo a dividere er mejo nostro dalli cattivi?», il legato pontificio, Arnaud Amaury usò, anche se allora non era stato inventato, il cannone, quello ad alzo “N'do cojo, cojo”:
«Caedite eos! Novit enim Dominus qui sunt eius!»...uccideteli tutti...Dio riconoscerà i suoi.»
Il “Fornaretto di Milano”, Pietro ( non l’apostolo) ma di famiglia Forno, procuratore aggiunto di Milano, il metodo Arnaud lo conosce bene, per “abuso di carica”, nel senso dei pallettoni: a sparare nel mucchio, talvolta c’azzecca.
«In galera, in galera! Poi si vedrà.»
Meglio certo d’altri suoi compari di toga, più sfigati, che hanno creato tempeste in bicchieri d’acqua, ma facendo quel tanto di chiasso da guadagnare la prima fila: Henry John Woodcock e Luigi De Magistris.
Avendo “ben servito”, il “benservito” l’hanno dato ad altri, innocenti sì, ma i peti del poi non sono mai riusciti a soverchiare i petardi, per fantasmagorie e voli pindarici e le assoluzioni cancellare il sozzo nel cui sono stati inzuppati gli incolpevoli, che il candido è il primo che si sporca d’indelebile.
“Magister” sono stati, ma di cappelle, lavandosi poi le mani di tanto pilatismo con un bel:
“Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdámmoce 'o ppassato, simmo giudici, paisá!!”
il fornaretto di Milano poi, è spettacolare, quando si discolpa da solo, dei clamorosi errori giudiziari:
«Le assoluzioni dei miei imputati fanno sempre un gran rumore, ma il più delle sentenze mi hanno dato ragione.»
Commovente.
Peccato che la ricaduta sui poveretti, sia essa stata d’anni di purgatorio, comunque dietro le sbarre, di sputtanamento, d’umiliazioni, di perdita di lavoro e spesso la famiglia sfasciata e la gogna mediatica, non la mette in conto.
Senza contare quelli a cui non gli è riuscito uscirne, magari perché l’avvocato non è stato bravo o non avevano avuto modo - innocenti - di tenere un alibi nel cassetto, come la ruota di scorta per l’auto o il pigiamino nuovo che, non si sa mai, si dovesse bucare o andare all’ospedale.
Erano i tempi in cui era scoppiata la caccia al pedofilo;
l’anno prima, quella ai cani mordaci, poi alle zecche e così via, ogni volta all’attacco a falange, a cuneo o piede di porco: il massimo dello sforzo su un punto preciso.
Non che questi problemi non ci fossero, ma non erano “stagionali”, tali da perseguirli come per la bonifica delle zanzare, da farsi solo nei periodi della schiusa.
Pari alla stimolazione clitoridea o del glande, l’orgasmo era forzato, oltre natura.
Con gli zebedei frullati da tanta frizione ed incalzati dal popolo, eccitato dai mezzi d’informazione, a loro volta motivati dalle vendite, dove il sistema si autoalimentava, facile era il trabocco di testosterone e la fregola del linciaggio, al grido del «Dagli all'untore!» di manzoniana memoria, e la ricerca spasmodica del mostro da appiccare.
Ecco allora che, alla domanda segue offerta e, dove mancanza, giocare di fantasia, pur di gettare carne ai leoni.
E questa, ben cotta...al Forno, è più digeribile.
Parecchi si trovarono bolliti, rosolati, brasati e...fritti.
Il “fornaretto”, come quelli delle acciaierie, non si spegneva mai.
Il metodo era dei più semplici e collaudati: “segnalare” i sospetti, dove la delazione era pari all’encomio pubblico, per aver fatto “il proprio dovere”.
Il “metodo Forno”: una tecnica d’indagine fatta d’analisi compartimentali e introspezione psicologica e di crudi rilievi medico-legali; di testimonianze a volte lacunose, ma bastavano alle sue squadre a caccia di primati, siano essi successi o bipedi.
Un sistema tacciato di dilettantismo, attaccato e smentito pubblicamente, ai tempi, da una collega della sua stessa Procura, Tiziana Siciliano, che disfò tanti di quei giochi di castelli di carte, tanto cari al sampietrino nostro.
Certo, con il motto “Caedite eos!”, riuscì a beccarne alcuni, di mostri: ad altri, bastò l’etichetta, anche se fasulli, come la merce taroccata, venduta dei poveri ambulanti abusivi, sulla strada.
L’importante era come per le “signorine” dei casini di una volta: fare tante marchette.
Provare per credere: si domandi ai padri di famiglia, agli educatori volenterosi, che una mattina si sono svegliati e si sono ritrovati infornati, con la mela del peccato in bocca e il marchio infamante di pedofili. Uomini che diventano mostri.
Forno obbligò assistenti sociali e giudici minorili ad inviare immediatamente ogni notizia d’abusi - o presunti tali - di cui veniva a conoscenza la Procura, cioè a lui.
Basta con i silenzi, le mediazioni, i tentativi di risolvere i drammi sottobanco.
Arrivò di tutto e di più: nessuno volle rischiare di omettere una virgola, altrimenti avrebbero fatto la fine del Gilberto.
Si chiamava Gilberto Barbarito... presidente del Tribunale dei minori di Milano: un collega, stessa scuderia del Pietrino.
Barbarito doveva selezionare e segnalare alla Procura i casi da indagare.
Pare gliene scappò uno, di un padre che aveva violentato una figlia: nella recidiva incappò Forno, che senza indugio, denunciò il collega “distratto”, facendolo finire sotto processo, a Brescia.
Colpirne uno per educarne mille.
Capito l’antifona, si preferì inflazionare i rapporti: Melius abundare quam deficere...meglio l’esagerazione che la scarsità;
lasciamo al fornaretto la scelta di quello da ardere.
E quello, diventò Dio: signore e padrone nel dispensare vita e morte.
Era iniziato il regno del terrore.
Come nel 1996, quando un’assistente sociale del Centro del bambino maltrattato di Milano, sentito la bambina che aveva parlato del pene del padre, intimò alla moglie dell’uomo di querelare il marito, altrimenti l’avrebbero fatto loro.
Il povero coniuge, Marino, una sera tornò a casa e non trovò più nessuno, perché gli inquirenti avevano “suggerito” alla moglie di nascondersi altrove.
Altra legna fu offerta alla bocca del Forno.
L’uomo non doveva più vedere la figlia: la famiglia andò a pezzi e si disgregò.
La donna e la bambina, insieme con il fratello maggiore, che era disabile, furono deportati d’autorità in una comunità protetta.
Leggo, dalla cronaca di allora:
“L’accusa va avanti per quattro anni e tre mesi fra perizie mediche e interrogatori della bimba e della madre, anche se Forno, com’è sua consuetudine, non ascolta mai il padre imputato. Le perizie dell’accusa sono affidate ad alcuni tecnici [...] ben 358 consulenze in nove anni. Cristina Maggioni, ginecologa della clinica Mangiagalli di Milano [...] individua segni compatibili con abusi sessuali [...] due periti dell’accusa, Maurizio Bruni e Patrizia Gritti rilevano che l’imene è inciso e che anche l’ano pare aver subito una penetrazione: Il quadro sembra deporre per atti d’abuso iterati”.
Un massacro.
Poi, però, arrivano altri “esperti”.
“[...] due ginecologi Cristina Cattaneo e Tiziano Motta scoprono, perplessi, che nessuno dei tre colleghi che li hanno preceduti si è accorto che la bambina ha un’imene settata: quello che è stato considerato un segno di violenza è in realtà un lieve difetto congenito. [...] questo getta molti dubbi anche sugli altri reperti osservati”.
Dopo quasi 1600 giorni d’incubo, Marino è assolto da ogni accusa.
Famiglia distrutta: l’operazione è andata bene, ma il paziente è morto.
La mattanza vide tanti altri finire nell’indiscriminata rete a strascico e finirono arpionati.
Come Lorenzo Artico, condannato a tredici anni per abusi su sette bambini di una comunità di recupero, dove lavorava come educatore.
Un calvario, cominciato nel 1997 e finito nel 2003: quaranta udienze, nove mesi di carcere, altri diciannove agli arresti domiciliari, l'obbligo di firma e infine la libertà.
«Caedite eos!»
William Valerio...nel 2003 la Cassazione annulla la condanna d'appello a nove anni: assolto...non ci sono riscontri oggettivi;
accusato di aver violentato, minacciandola con una pistola, una ragazza minorenne, finisce in una cella di San Vittore, che divide con altri sei pedofili. Poi ottiene gli arresti domiciliari.
Cose che capitano...il Forno non si spegne per una leggera brezza, anzi, riprende fiamma.
«Novit enim Dominus qui sunt eius!»
A voler fare le pulci, di casi simili se ne trovano a palate.
Dio Pietro non ne pagherà mai abbastanza scotto: se ne frega e tira dritto...«Caedite eos! Novit enim Dominus qui sunt eius!»
Ora, il nostro eroe è entrato in società, formando una forca tridentina: con la Bocassini e Antonio Sangermano si sono associati, al grido di «Copa el porseo: cava el pelo, faghe tanto mal, masena la carne e condise de pevaro, aio e sale!»
Il metodo Pietrino del “caccia ai porcelloni”, si può recuperare.
Accoppa il suino, strappagli le setole, fagli male, macina la carne e condisci: pepe, aglio e sale.
Berlusconi Silvio, appeso per i piedi e pronto da scuoiare e ingoiare...e il Pietro è una buona posata forcaiola.
Le forze messe in campo e stornate da altri campi di battaglia, sono alla ricerca del colpo grosso.
Dalle maglie larghe scapperanno in tanti, ma la caccia è alla balena.
Anzi, al maiale.
Facendo l’inventario dei danni, non so tra Pietro e Silvio chi ne ha fatti di più.
In casa del Berlusca, ci saranno stati pure bordelli, ma le verginelle avevano già da tempo rotto le acque...anzi, l’imene.
Sedute sulla loro fortuna, e consapevoli della qualità del “prodotto”, l’hanno venduta a caro prezzo.
Nessuna si chiamava Maria Goretti e nemmeno urlò, nella monta, “No, no, Dio non vuole, se fai questo vai all’inferno”.
Forse che il tintinnare del registratore di cassa ne soffocò il soffio?
Nessuna paura: basterà quello, a rinfocolare il Forno.
Io, secondo me...30.06.2011
Transamanti
Ostento, quindi sono.
Bingo!
New York…Milano…è solo l’inizio: cambia il vento, infuria la tempesta e trova conferma il detto dei vecchi giocatori di carte che, sconfitti da fortunato pivello, pur tra i denti sono ad accettare che talvolta “contro il cul, ragion non vale”!
Gli Obama e i Pisapia applicano regole da “Realpolitik” e machiavellico scopo: sono mercanti di voti e quel che conviene oggi, sono pronti a rinnegare domani.
Questa mano, la vince il “Transgaylesbo”, il lato “B” e: guai ai vinti!
Siamo alla frutta…anzi, alla purga, alle rappresaglie, alla vendetta servita fredda, per bacchettoni, beghine, madonnine infilzate, baciapile, inquisitori e talebani nostrani: dinosauri sociali, paresi evolutiva, rottami e rovine, vecchiume destinato all’estinzione, conservatori e tradizionalisti comatosi;
questi ora sono indicati a braccio, assimilati ad untori d’antiche pesti, braccati, chiusi all’angolo, svillaneggiati, derisi, lapidati socialmente, mediaticamente bersagliati con sassate, uova e ortaggi marci.
Schiere scompigliate di scellerati cercano scampo e conforto, corrono al campanile desiderando riparo, protezione e consiglio, attaccandosi alle sottovesti monacali, nelle sagrestie, tra mura spesso millenarie.
Pure lì però, sono negletti, respinti e rinnegati.
Le gigantesche volte non parlano, non trasmettono eco: pecorelle senza guida, dove persino a loro sono preferite le lane caprine degli altri che, è risaputo, sono sempre le più verdi, come l’erba del giardino.
Alla ricerca del figliol prodigo, per quelli di casa nessuno più macella la vacca, in segno di festa.
Le stelle stanno a guardare…la mezzaluna nel ciel dell’avvenire.
Te la fai ancora con tua moglie?
Sei “out”!
Siori e siore, ecco la svolta epocale, la resa dei conti, il capovolgimento di fronte repentino e inaspettato: si rivolta abito, fodera e ruolo, dove il sotto diventa sopra e gli opposti fan capriole.
La “nouvelle cuisine” del millennio rimescola ingredienti, sapori e ricette, alla celebrazione del “one-to-one” di stessa polarità.
L’evoluzione della nuova specie: il pisello s’incrocia con un altro pisello e i baccelli s’attaccano, labbra contro labbra.
La natura avrà il suo bel da fare, a trovare modo di far figliare e prendere diversa via ai nascituri, quando la stessa porta ha da essere sia entrata che uscita.
Gay, Trans, Lesbo è bello: il resto è passato di moda.
Oggi è “trend” fare ”outing” nel modo più sguaiato...anzi, “sgayato” possibile: il prossimo lo devi prendere a pesci in faccia, aggredire ostentando, annichilire, cancellare l’avversario, altrimenti”nessuno ti caga”.
La migliore difesa è l’attacco: tirano i Cecchi Paone e un sacco di “sommergibili” vengono a galla e lanciano i siluri:
«Finalmente ho “fatto l’amore” con Mario dopo che, per anni, solo “scopato” mia moglie!»
Standing ovation.
Un altro “emerso” gli fa eco:
«Libero, libero dal pisello: mi faccio donna!»
“Gajardo”, ossia “fico”, direbbero a Roma...e già...gayardo!
Un mondo adorante fa eco, desideroso di non passar per intellettuale muffa:
«Bravi! Io l’ho sempre detto, fate bene...io non ho pregiudizi e preconcetti, non come la teppaglia clericale; sono moderno io, d’ampie vedute!»
Costoro sì, che sono aperti al nuovo che avanza, pronti a cavalcare i tempi, prendendoli per il verso giusto.
È stagione di cambiare pascolo e, come pecore transumanti, ecco le pecorine transamanti.
New York…Milano…mercanti di schede elettive venderebbero anima al diavolo, avendone già ipotecato propria madre.
Verrà momento in cui la mia voce sarà coperta, con il bavaglio e la minaccia d’esser perseguito, tacciato d’omofobia.
Lo stesso, per l’ardire di manifestare l’amore per “mio padre”, l’adorazione per “mia madre”;
dovrà essere un neutro “genitori”, altrimenti additato e colpevolizzato di violentare la sensibilità dei bambini, che questa distinzione non la possono fare, perché usciti da utero in affitto, nell’impossibilità di farlo, con il “one-to-one”: il babbo-babbo o la mamma-mamma.
Nulla a che ridire, per quanto riguarda norme sul “contratto” di simili società ed associazioni;
società, appunto, a “conduzione famigliare”, ma non assimilabili a famiglia.
Nulla da eccepire, sulla libertà di ognuno a vivere la propria sessualità.
Ben riconosco e non discrimino, il pari valore di ognuno nel...consesso sociale, che non dipende da come e cosa fa a letto e con chi, ma dalle doti individuali.
Tanto mio dire - volgare anche, se si vuole - si scaglia contro l’estremismo e l’ostentazione di quanti ora stanno talebanizzando la questione, diventando pari ed esatto opposti di quelli che accusano di essere stati, sino a ieri, loro persecutori.
Disprezzo e volgarità mia la dispenso a quei signori che manifestano ragioni con prepotenza, dileggio, tanto da sfilare con cartelli, vignette e fotografie del Papa, con sotto scritto “Vesto di seta ma sono una stracciona” oppure “Veste Prada ma è amico di Satana”.
Ben venga poi il registro delle “transunioni civili”, ma civile sia anche il modo di chiedere, manifestare e comportarsi, ricordando che pure il resto del mondo ha dignità, sensibilità e diritto al rispetto.
Trangaylesbo non sono i pilastri della società, che continuerà ad essere l’unione tra uomo e donna: per regola e legge di natura, non di chiesa.
Gli unici a non essere “surrogati”, come la cicoria con il caffè, ai tempi di guerra.
Continuino ad essere ed esserlo per la comunità, invece: per creatività, capacità lavorative, sensibilità, e ogni altro.
Sic et simpliciter, TRANS-eat gloria mundi...
Così e semplicemente passa - o sfila - la gloria di questo mondo.
Ma senza esibizione, per il solo gusto di poter dire «Ostento, quindi sono!»
Io, secondo me...27.06.2011
venerdì 24 giugno 2011
TESTIMONIal
È stato più forte di me: alla fine non ce l’ho fatta e mi sono “imbucato”;
Insomma, ho fatto il “portoghese”, come si suole indicare quello che si mischia alla festa senza pagare dazio.
Non in lista, senza invito, con la curiosità della comare e da portinaia impicciona, mi sono tostato la faccia, ci ho messo il bronzo e mi sono presentato alla porta.
«Mi scusi: è qui la festa?»
Beh...non proprio così: le guardie del corpo di Magdi Cristiano Allam sono armadi, con spalle proporzionate.
Mentre il poveretto scorreva l’elenco, un foglio dopo l’altro, alla ricerca di un nome che non doveva e non c’era, di sbircio mi vede Cristiano e basta il saluto a sollevare il bravo angelo custode e garantire che, sì, quella faccia di tolla all’entrata era un rompiballe, ma innocuo.
Entrato nel “Sancta Sanctorum”, mi sono trovato già che l’acqua era a bollore e la pasta buttata...nel senso che ero in ritardo e il cucinato era già bello che pronto.
Anticipato l’avvenimento, era ovvio che il disinformato sarebbe stato solo il clandestino: io.
Accidenti!
Volevo vedere come funzionava la stanza dei bottoni, conoscere e scrutare chi fa cosa, la fonte delle decisioni, trama e ordito di come si manovra tattica e strategia, del come si dispongono e muovono i pezzi sulla scacchiera, quali i punti di vista, quali le piccole e le grandi emozioni, che accendono le passioni, che mettono i brividi, fanno vibrare e tremare i polsi e mettono voglia di gettare il cuore oltre la barricata!
Ti tante fiamme, solo riverbero...ma non è stato inutile.
A ben vedere, ho lo stesso avuto modo di intingere un boccon di pane nel piatto da dove era solo intingolo e il “sapore” della serata mi ha ben rappresentato quanto il pasto fosse stato succulento.
Alla fine, non eran bruscolini gli interrogativi:
«E mò, che famo?»
Siamo belli...siam giovani e forti...camminiamo da soli!?
No, aspettiamo di mettere su ancora qualche muscoletto, intanto che ci alleniamo con i grandi!
Più tiepida la risposta e la volontà di “innesto”: quella di donarsi e diventare trasfusione per vene di chi, ora, compatibile e con nulla rischio di rigetto.
Manca poco al “Qui si fa...Io amo l’Italia, o si muore”.
Comunque si voglia mettere, siamo a doverci misurare su campo drogato, dove per non divenire palude occorre trovare sbocco, per non rischiare di dover mettere fuori targhetta, come quella di altri sconfitti ed amareggiati eroi:
"Mancò la fortuna, non il valore".
Dobbiamo...dovremmo...Io, secondo me...bucare!
Sarà pure la scoperta dell’acqua calda, ma senza trovar modo di comunicare, in questa che è l’era dell’immagine, non importa se riempita di ciccia o d’aria: se non li conosci...li eviti!
Per questo dicevo che giochiamo con un baro, capace di creare illusioni dove si rincorrono spesso dei miraggi e si abbraccia l'aria.
Non è solo questione di pubblicità, che dell’arte del creare consenso è soggetta e succube;
se non si riesce a cavalcare l’onda, solo sotto possiamo scivolare.
Bisogna trovare modo d’essere prezzemolo...come la vecchia 500: ci siamo per tutti, le Ferrari, no.
In qualche modo, di riffa o di raffa, nello scatolone dobbiamo entrare, al tubo catodico aspirare, ma...
C’è un ma.
Io amo l’Italia è Magdi Cristiano Allam.
Come il PdL con Berlusconi, l’IdV e Di Pietro: piaccia o no, tolti loro, il nulla.
Diverso il Pd, dove invece vale la mediocrità, ma questa ha il vantaggio che, morto un Papa, se ne fa un altro: come cambiare la ruota sfiatata dell’auto.
Bisogna da subito formare, allenare, addestrare e insegnare arte del dibattito e del dibattere, applicato al mezzo mediatico.
La gente deve vedere non l’ennesimo partito, il cespuglietto, l’altro ruotino del carrozzone, altro parassita da mantenere: deve percepire a pelle la buona volontà, l’impegno, lo spirito di servizio dei nostri ragazzi, delle nostre migliori menti.
Deve orientarsi sul carismatico capo, ma vedere accanto a lui com’è stato capace di trasmettere alla prole ricca dote.
Non sarà Silvio Imperatore, Antonio il dittatore o un comune altro “padroncino”.
Dovrà per forza, fuori dal coro, essere “Maestro” Magdi Cristiano Allam.
Per questo, a mio parere, modesto e a buon prezzo, sono ancora a ritenere acerba l’idea di correre da soli, se prima non abbiamo “pasturato” nel giusto modo.
Non siamo ancora percepiti come qualche cosa di diverso e ci si fonderebbe nel disegno della tappezzeria: mimetizzati, nascosti.
Restiamo ancora nel mezzo: con pazienza, con discrezione ma con decisione;
camminiamo ancora con qualcuno più grande...”rubiamo il mestiere”, come mi dicevano i vecchi, in officina.
I nostri più portati e che natura ha scelto, abbiano modo di entrare nell’arena mediatica conoscendone trucchi, malizie, sgambetti, inganni, forme e difese;
senza di questo rischieremmo poi, una volta notati, di soccombere o, peggio, ridicolizzati da chi meglio padroneggi arte incantatoria.
Non basta essere santi, dietro le telecamere, per avere la beatificazione!
In un mondo di “Testimonial”, immagine spesso ad una dimensione, proviamo ad essere testimoni, ma istruiti e sapienti nel proporre e far apprezzare la nostra eccellenza.
Solo allora sconfiggeremo l’idea che basti adeguarsi al “Chi vusa pusè la vaca l'è sua”: solo chi grida più forte è ascoltato.
Una piccola coda: le radici...ecco.
L’amico Marco Marchini, mi ricorda “Nel nostro DNA ovvero le radici cristiane”.
Vero e sottoscrivo.
I valori di cui siamo a voler testimoniare, attraverso l’esempio e immersi nel quotidiano vivere, arrivano da lontano: duemila anni.
Non si scappa, seppure tanti, che sono venuti dopo, hanno “reinventato” quei contenuti;
addirittura a dire che Gesù fu il primo socialista o cazzate simili.
Insomma, Gesù lo avrebbero “inventato” loro.
Caro Marco, si...e no.
Chi dovesse accettare di camminare con noi, certamente dovrà avere ben chiaro che non dovrà poi sovvertire il nostro patrimonio genetico cristiano;
ma dovrà sentirsi in ogni modo a casa sua, accettato: valore aggiunto, non una tessera numerata.
Fosse anche ateo, musulmano, animista, ebreo...un Beppe Fontana qualunque...il minimo comun denominatore sono i valori non negoziabili e il RISPETTO.
Come in un condominio: fatto salvo la facciata, che è il biglietto da visita, all’interno proprio, ognuno compone al meglio il proprio nido.
Gesù parlò ai discepoli e ci fu chi trascrisse quanto insegnato sulla carta;
se non ci fosse stato un san Paolo, l’”Apostolo dei gentili”, a rivelare la lieta novella, nella lingua allora più intesa, indifferentemente tra i pagani, greci e romani e avesse fatto catenaccio, oggi nulla avremmo di quel DNA che, sì, caro Marco, alberga in noi.
Come mi ha detto il dietologo, si deve essere...elastici.
Così penso...io, secondo me...
Io, secondo me...24.06.2011
Magdamleto
L’arte del cazzeggio non mi è sconosciuta e, giacché ne sono degno rappresentante, azzardo del mio.
All’Amleto di Shakespeare, principe di Danimarca, a voler vedere, gli era andata ancora bene:
con il suo dubbio, “Essere o non essere”, se la doveva vedere con due soli incerti.
Peggio a noi, de “Io amo l’Italia” e alla guida: Magdi Cristiano Allam.
Dal binario al tridente.
Essere tutto di un pezzo e camminare sulle proprie gambe?
Farlo, ma decidere man mano, in corsa, alleanza e appoggi: all’occorrenza, alla bisogna, nell’interesse, ma sempre al servizio e al perseguimento dei nostri ideali?
Diventare prodotto omeopatico, da diluire e stemperare nel "Mare magnum" del partito di Berlusca, fidando nella dimostrazione teorica, secondo cui l’organismo ospitante poi riuscirà a metabolizzare e produrre da solo gli anticorpi migliori, partendo dalla matrice infusa, da “pantografare”, ovvero copiare, ingrandendo, il punto origine?
‘azzarola...mica uno scherzo!
Sono scese già in campo le migliori menti del movimento, nella prima spremitura di meningi per affrontare spinoso problema, prendere il toro per le corna e cercare sintesi finale.
A confronto, mi sento ridicolo, come Fantozzi in spiaggia, bianco come una mozzarella e con i mutandoni ascellari.
Ho aspettato mentre una vocina mi sussurrava:
«Che cazzo parli, che di cose così ne capisci ‘na mazza! Già sei rovinato di tuo, che la natura non ti ha favorito: ringrazia il cielo che qualcuno ti da retta, ma non tirare troppo la corda; lo scemo del villaggio lo compatiscono, ne ridono ma, se scoccia troppo, alla fine nessuno più gli apre più linea di credito. Accontentati di fare il giullare, fai ridere o sorridere, ma lascia stare la “tuttologia” che non è arte tua!»
Beh, mi dico, da buffon di corte, vado a trattare, sperando alfine di applicare al meglio il motto di mia povera casata e blasone: Meglio far ridere che piangere!
Prendo il rasoio...no, non per tagliarmi le vene, ma quello famoso, di un altro William: quello di Occam, che fece, del suo metodo d’analisi, saggio e suggerimento per il pensiero scientifico moderno.
Il rasoio di Occam...inutile formulare più assunti di quelli che si siano trovati per spiegare un dato fenomeno, evitando ipotesi aggiuntive, quando quelle iniziali sono sufficienti: se una teoria funziona, basta e avanza.
Tolto i cespugli, quel che rimane è l’essenziale.
Il prolasso, l’escrescenza, il grasso da colare, io credo sia nel terzo assunto;
Nella realtà dei politicanti, più che politici italiani, così come nel meccanismo che da quel fare produce rotismi, difficilmente la cura omeopatica potrà mai far da acciarino, per produrre scintilla e far brillare la luce dal fuoco;
saremmo considerati anime belle, ma con assoluti e valori estremi: favole difficili da tradurre a vero; belle utopie, perciò ci guarderanno con commiserazione, trattandoci e considerandoci ibridi in evoluzione, tra Don Chisciotte e Brancaleone.
Entrare nel corpaccione di un gran partito significherebbe solo essere un pelo di un manto folto;
un capello tra i tanti, che si può acquisire o perdere senza che nessuno avverta differenza.
Credo sarebbe ingenuo pensare mai di ottenere più attenzione di quanta avesse opinione di bambino al genitore.
Se poi alle strette, saremmo a ripetere copione già recitato, dovendo rispondere:
«Che fai...mi cacci!?»
E ritrovarci orfani, tra i tanti cespuglietti.
Meglio allora la via di mezzo: aggregarsi alla carovana che più, in un dato momento, offra ragionevoli garanzie di non lasciarci in mezzo al deserto, come indesiderata zavorra da espellere.
Anzi, meglio: quella che avrà interesse a considerarci valore aggiunto;
dove sia possibile simbiosi e mai parassitismo, trovando - usando un termine che fa scena - “sinergie”, ovvero, collaborazione tra parti con fine comune, dove l’effetto complessivo è più soddisfacente di quello che otterrebbero separatamente...insomma, detto dai nonni: l’unione fa la forza!
Spogliamoci dall’illusione che si possa avere piena adesione a quel che non appartiene ai tempi: l’etica, la morale, la coerenza, i valori non negoziabili andranno difesi, aspettandosi parti dolorosi;
un apparato grande non possiede agilità cinetiche - sia mentali che fisiche - dovendo diversamente collegare nel giusto modo le troppe e tante sue articolazioni, per stare assieme e potersi muovere.
Piccolo è bello nel momento che può saltellare avanti, in avanscoperta, per insegnare al gigante la giusta via da seguire, all’ennesimo crocicchio.
Solo questo modo di stare garantirà e consiglierà le nostre scelte;
io sono la remora, tu lo squalo: faccio strada, mi segui e spiani gli ostacoli, che dovessero frapporsi alla meta.
Mangiamo entrambi a sazietà, allora, secondo proporzioni ma nel giusto.
Altrimenti, arrangiati: cercherò altro.
Ecco che ci siamo semplificati la vita;
ringraziando Occam, il nostro Magdi Cristiano Allam diventa...Magdamleto.
...essere o non essere; sposati, no, ma...in due o soli?
Soli...uhmm...no, rischioso.
Sulle spalle dei giganti si viaggia meglio e non si corre rischio - ancora nell’età dello sviluppo - che ci schiaccino, volutamente o no.
Questo non significa che dobbiamo stare appiccicati alle gonne per sempre ma, credo, siamo ancora allo svezzamento...dobbiamo farci le ossa.
Manca visibilità e, senza di questa, ancora poco radicati sul territorio, siamo ignoti ai più che, al massimo, hanno sentito parlare di “un certo” Magdi Allam...vicedirettore del Corriere della Sera.
L’uscire con un: “Ecco, siamo qui: votateci!”, credo sarebbe un sospiro, a confronto della cannonata.
In una società troppo e tutta basata sulla vista e con il cervello nella pancia, ben altro occorrerebbe, per far breccia.
Come per un prodotto, sullo scaffale di un Ipermercato, offerto ad un consumatore stordito dalle troppe offerte: senza un abito stravagante, che colpisca allo stomaco e dia smalto, ci si perderebbe, come il filo d’erba nella prateria.
Trattati, educati e condizionati, come i cani di Pavlov, ci siamo abbrutiti e abituati a reagire agli stimoli per riflesso condizionato: non di cervello, ma di pancia.
Ormai la società d’oggi è stata “addomesticata” dalla pubblicità e dal mantra mediatico a rispondere con la corteccia rettiliana, degli istinti e non del raziocinio.
La forma ha cancellato la sostanza.
Una scesa in campo solitaria, parlando di “valori non negoziabili”, accenderebbe un rifiuto;
quel “non” è negazione e negativo, trasportato nel subconscio, subdolo messaggio subliminale: un divieto che offende, quasi violenta l’idea godereccia di questa epoca;
un attentato alla beata pigrizia e al tirare a campare, dove “chi vuol essere lieto, sia: di doman non c'è certezza”.
Tutto si relativizza: da soli e con un programma così ambizioso, la cura da cavallo per questa realtà porterebbe al rifiuto di tanto purgante, anche se disintossicante per un organismo ingolfato e intasato.
Ancora molto c’è da fare, per occupare tutti i pori della cotica del nostro paese.
Solo quando percepiti ed accettati potremo lasciare ormeggio e porto sicuro.
Ma non ho la sfera di cristallo, carisma e magari preveggenza, per affermare ragionevolezza del mio tanto bla-bla-bla;
è solo un...Io, secondo me...
E se, da tanto dire, d’intelligente nulla è uscito, allora scusar mi devo e, giullare vostro, mi purgo con le parole del gran maestro:
"Se io ombra vi ho irritato,
non prendetela a male, ma pensate
di aver dormito, e che questa sia
una visione della fantasia.
Non prendetevela, miei cari signori,
perché quel che ho scritto d'ogni logica è fuori:
altro non vi offro che un’opinione;
della vostra indulgenza ho bisogno.
Come è vero che sono un Beppe onesto,
se ho fallito vi prometto questo:
che per fuggir lingua impertinente,
farò assai di più prossimamente".
Io, secondo me...23.06.2011
mercoledì 22 giugno 2011
Il Diritto e il rovescio
Per Elisa, piccola farfalla chiusa in gabbia.
Il ferro con le maglie avviate nella mano sinistra...il gemello sulla destra, da dove il gomitolo di lana svolge il suo filo;
la magliaia comincia l’intreccio, in un passare dal dritto al rovescio, che vede la palla disfarsi del suo filato e, tra gli spilloni, prendere forma tanto altro: il golfino, i calzerotti, i guantini, la sciarpetta o la calda coperta per l’inverno.
Il dentro e il fuori, il davanti e il dietro, il sotto e il sopra;
il buon lavoro lo vedi dal rovescio, dove l’armonia dell’intreccio condanna il grossolano nodo: il davanti potrebbe essere bellezza od imbroglio, secondo che la mano della paziente operaia fosse di maestra di mestiere o “magliara”, artista sì, ma nell’arte d’arrangiarsi.
Per Elisa, mens sana in corpore insano.
Ebbene, nel reale d’ogni giorno, ben peggio le cose vanno, quando il rovescio, quello fesso, è del Diritto, quello con la “D” maiscola: quel che spetta per regola e legge, ma il fronte è muro di gomma, dove riflette voce di chi non ha che forza e forma di rimbalzo.
Non starò ad abusare di parola ormai logora, in un quotidiano dove “umanità” indica razze, massa e numero e non sentimento, in special modo verso quel prossimo che non trova più un buon Samaritano che lo soccorra;
peggio se coniugano il proprio stato con il partito meno ambito: quello dei costi.
Non sempre.
Sei un Rom, che ha sentito di “Italia paese del bengodi” o della cuccagna?
Ottimo, perché allora seì “spendibile”: nel e da presentare al circo mediatico e trovare di ritorno guadagno, smalto e colore, per fama, marchio e manifesto di “munifico dei diseredati”.
I nostri, nuovamente riposizionati sul fondo della classifica, possono aspettare: il pensionato, l’operaio disoccupato, il disabile e il vecchiume, ritornino a far composto, nel girone dei dannanti.
Inutile far presente che la marmaglia che attraversa i confini, già dalla partenza arriva senza arte ne parte, dall’origine parassita.
Messo piede sull’italico suolo, sembrano chiamati a raccolta: "Venite a me, povere stanche masse, giunte qui a respirare la libertà, e che siete state respinte dai vostri Paesi".
Commovente...da lacrima e groppo in gola.
Chi li aveva ha ringraziato il cielo che se ne sono andati, trattenendo sul posto il meglio, lasciando scolare la schiumarola.
Sono scivolati via con il nulla che avevano;
senza perdere o avuto tolto che già non interessava loro: scuola, casa, giardino, orticello, bestiame...un lavoro.
Mai sono stati valore aggiunto, nella struttura sociale in cui nidificavano.
Per scelta, per tradizione, per comodo, per abitudine, per condizionamento, per opportunismo, per nulla volontà d’integrazione, per amore di propria identità, per sottomissione a leggi ataviche...mondi serrati, preclusi a noi, sopportati ma mai bene accetti di là da quegli steccati.
Però si è sparsa voce che qui, da noi italioti, avranno: di riffa o di...arraffa.
Basta dare impressione e aria di perseguitati, da una società che si vuol male, si sente sempre colpevole e pronta all’obolo di carità, per continuare a far denaro, sgravando coscienza sporca pagando piccolo dazio con pitocca carità.
Se proprio non si trova modo di nasconderne bricconaggine, gli si rivolta abito, di modo che se ne veda solo il dritto, nascondendone rovescio: da Rom a zingari, ad arrivare al poetico “gitano”, che è come dire Croce Rossa; e su questa, si sa, non si spara...in senso figurato.
I soldi per sistemarli - magicamente - escono sempre, anche dalle tasche dei comuni con le pezze al culo: si tira la già corta coperta e chi se ne frega, se altri rimangono allo scoperto.
L’importante è liberarsi dei rompicoglioni, quelli che fanno chiasso, che tirano per la giacca, anche usando la “mancina”: vai dal comune a fianco, sennò mi tocca costruirti il campo secondo le più rigide norme di sicurezza, che costerebbe un fottio di palanche.
Si arriva al ridicolo quando li si “tangenta”, perché se ne vadano fuori dal confine patrio.
Un palliativo e un precedente pericoloso: altri daranno il cambio, quando questi racconteranno loro quanto sono scemi, quegli italiani.
E non è detto che non ritornino con la compagnia, con l’intera Europa che se la ride, di tanta impotente e incapace gestione della propria casa e cose.
Tanta fama non può che richiamare altro.
I profughi...per motivi “umanitari”, da tenere.
In Italia...perché quando la varcano frontiera, ce li ritornano: dopo quella linea, diventano “clandestini”.
L’Italia è un misto, tra un colabrodo e una spugna.
Passano dai fori, s’imbucano nei pori del paese, s’attaccano alle mammelle e succhiano.
Alcuni sono risorsa e ricchezza; altri, semplicemente da mantenere.
In ogni modo, sistemarli in qualche modo, trovandogli casa e qualcosa che gli faccia occupare tempo e non casa e cosa d’altri.
Sono disposti a fare tutto, dicono le anime belle: i nostri no.
‘Na beata fava!
Conosco chi, perso il lavoro e non trovandone più, perché “troppo vecchio”, ha fatto di tutto, ma con difficoltà estrema: spesso si è trovato sbarrato la strada dagli “sbarcati”, con priorità di travaglio.
La favola del ragazzo che non vuole fare sacrifici potrei anche berla, ma non il padre di famiglia, buttato fuori dalla fabbrica, che non ha nulla del “bamboccio”, ma solo troppi anni sul groppone.
Il mercato vuole giovani, meglio se precari: costano una miseria, sono più malleabili, disperatamente disponibili alla sottomissione e all’obbedienza e te ne liberi con facilità, tanti sono;
nuovi schiavi, carne da lavoro a basso costo e di facile smaltimento, spugne da spremere e, quando stracci, un calcio nel fondoschiena e via!
L’adulto sopra la media annata interessa come al protagonista del film “Qualunquemente”, il famoso intrallazzatore Cetto La Qualunque: una beata minchia!
Per Elisa, costretta su una carrozzina per disabili.
Quando l’indigeno in ristrettezze, in miseria, massacrato da malattia o in condizione grave osa chiedere assistenza o sovvenzioni, anche se certificate e assicurate dal diritto, dalla legge, la migliore risposta che trova è:
«Bambole, non c'è una lira!»
La frase è gettata in faccia, come la sberla che colpisce l’impudente, che non capisce le cose.
L’umiliazione è cocente: la sensibilità e la dignità di chi la subisce spesso ne inibisce ogni ulteriore ostinata perseveranza, nel voler rivendicare giustizia, Codice o Costituzione alla mano.
Un vecchio detto del mercato contadino de milanese, dice:
“Chi 'l vusa pusè, la vaca l'è sua”, chi urla di più, si porta a casa la vacca.
Per Elisa, affetta da atrofia muscolare spinale.
T’insegnano che per ottenere devi “friggere” i coglioni: devi trovare “visibilità”, fare cagnara, farti notare, pungendo come una zanzara e ronzando continuamente come la mosca;
legati al palo, davanti al Comune, alla casa del Sindaco;
sali su una ciminiera, sulla gru o sul tetto e minaccia di buttarti...insomma, sgomita e fatti vedere.
Meglio se in televisione, negli studi dell’ennesima trasmissione di denuncia, che vive delle miserie del prossimo per fare ascolti, vendere spazi pubblicitari e lucrare.
Do ut des: io do affinché tu dia.
La macchina da presa trasforma: Caino diventa pecorella, Lucifero vittima di un vecchio, Lucrezia Borgia una coltivatrice di erbe medicinali, Hitler un purgante naturale, Mussolini un valido avversario di Risiko.
Però devi essere fotogenico e non necessariamente intelligente; importante è che “buchi lo schermo”, fosse anche come attrazione, animale da Circo Barnum: la gente ride sempre della foca, che fa acrobazie per meritarsi il pesciolino.
L’analfabeta del “Grande Fratello” o simili trasmissioni guadagna, in una serata, anche solo per presenza, quanto un operaio in un anno!
E trova subito chi lo prenota, se lo accaparra e lo occupa;
sia pure da esporre, da esibire: come la Ferrari, la croce d’oro grande come un pugno, sul petto villoso, il Rolex al polso e la gnocca, che potrebbe essere pure la figlia, per età, ma te la da.
Anche se rimbambito, rincoglionito, incartapecorito, con il pisello che ha le pieghe della fisarmonica e la dimensione di una graffetta, la panza e la pelata, basta un gonfio portafoglio a far differenza, far volare un pollo e tarpare ali all’aquila.
Il cervello e il merito come “seghe e gassosa”, surclassato da “donne e champagne”.
La grossolanità anteposta al merito, ben sintetizzata da Alberto Sordi nella parte del nobile che, sorpreso e riconosciuto durante una retata, in una bisca malfamata, rilasciato dai gendarmi, si rivolge ai poveracci sbeffeggiandoli:
« Ah...mi dispiace, ma io sò io e voi nun siete un cazzo!»
Per Elisa, tenace, capace, intelligente, con cuore e cervello più grandi e liberi della sua prigione corporea.
Eclettica Elisa;
giornalista e scrittrice: fantasiosa eppure razionale, sognante e romantica ma dura, pervicace e ostinata, all’occorrenza.
Piccolo scricciolo indifeso, offeso, svilito, umiliato e sconfitto, quando la forza del Diritto e pure la Legge si scontrano e si scornano con chi se ne fa beffe: quel Comune di residenza, quel Sindaco, con annessi e connessi, che si trincerano dietro il fragile ma comodi alibi delle casse vuote ed asfittiche ma, chissà perché, vomitanti, quanto il pigolio del nido e prole di sua parte invece ottengono.
Per Elisa, per il suo “diritto alla vita indipendente”;
non un poetico e ipotetico mondo fatato e migliore, ma diritto costituzionale: per chi ama i codicilli, articoli 2 e 3, legge 162/98 articolo 39 lettera l-ter.
Esiste anche la convenzione Onu, articolo 19, dei diritti delle persone con disabilità, ratificata dalla nostra Repubblica, che ha messo la vita indipendente tra i principi generali;
è uno dei primi articoli che hanno ispirato il piano d'azione regionale lombardo per le politiche delle persone con disabilità (approvato dalla Giunta regionale con D.G.R. IX/983 del 15 dicembre 2010.
Per Elisa...per le altre Elise.
Questo significa mettere a disposizione una cifra congrua, per poter pagare una persona che l'aiuti ad alzarsi dal letto, andare in bagno, lavarsi, vestirsi, fare la spesa, pulire casa, stirare, cucinare, uscire per qualsiasi motivo senza essere costretta alla reclusione domiciliare, sbrigare le pratiche negli uffici, fare esami e analisi mediche e riabilitazione, recarsi al lavoro (sempre precario) ecc.
Il tutto per potersi evolvere a condizione d’uguale dignità;
pari e non Paria verso il più fortunato parco faunistico circolante e circondante, meglio graziato - non per merito o diritto divino - nel corpo e nel fisico.
Il Tribunale Amministrativo Regionale stesso ha cazziato Comuni che, pilatescamente se ne sono lavati le mani, rispondendo con dita negli occhi e medio alzato a cittadini con handicap che rivendicavano in giusto.
«Bambole, non c'è una lira!»...«Elisa, arrangiati: siamo a bolletta!»
Forse che abbia ragione il Sindaco e c’era un refuso: "leggi", come imperativo comando e non "Leggi" come obbligo, con conseguente obbedienza ed ottemperanza?
Certo l’autorità con fascia tricolore è un bel marpione...anzi, un "dritto", il furbetto di quartiere.
Il...dritto e il rovescio.
Io, secondo me...22.06.2011
sabato 11 giugno 2011
I figli di Tettamegna
Che bello l’abbraccio…e pure l’incontro, tra fratelli.
L’ha detto anche il gayo Niki Vendola, che li dobbiamo prendere tra le braccia.
Di sorelle non ha parlato, anche se, con quelle, io avrei preferito comunella;
ma forse guardiamo le cose da diversi.
Fa nulla: l’importante è l’attrazione e la trazione, non l’atto.
O meglio, il lato…B, ovviamente.
Sì, bello l’incontro…anche lo scontro, se vogliamo.
Quando dalle schermaglie e dalle sciabolate dell’argomentare e nella contrapposizione, le uniche vittime sono le coronarie, gonfiate, congestionate e sollecitate dalla passione e dal fervore di un civile opinare.
Un batti e ribatti fatto - dove accadesse - di sola aggressione verbale;
ove, se anche il calore dovesse portare a bollore e il sangue andare alla testa, dal botto di tanta esagerata pressione, il cozzare di teste lasciasse alfine solo rottami di parole e frasi, scarti che confezionavano la pastura dialettica del contendere.
Scampoli, rimasugli e rottami di una verbosità sgrossata e un virtuale altrimenti essenziale, nei rapporti tra animali sociali quali dovremmo essere.
Diversamente quando lo scontro con il “fratello” è fisico e ti centra con una macchina - rubata - lanciata a piena velocità;
allora il “fratello” - già delinquente, ladro e spacciatore - al raffinato blasone di famiglia, aggiunge la nuova voce: assassino.
E la pelle per trofeo;
che, se va bene, non è la tua, ma pur sempre di essere umano, innocente, falciato da uno che, anime belle, definiscono “prossimo tuo”.
Prossimo, certo: la somma, il seguito, il “valore aggiunto”, l’esponenziale, l’ennesimo macellaio.
Peggio se minorenne perché, in sovrappiù, possiede anche la licenza di uccidere e la quasi impunità nel farlo.
Ancora meglio se arrivi da un campo Rom - altrimenti “zingari”, per il volgo - la cui occupazione territoriale somiglia a quella di un’ambasciata, dove l’entrarvi pare l’invasione di uno stato sovrano, incursione, profanazione e sacrilego stupro del “Sancta Sanctorum” di biblica memoria.
Per i Tettamanzi e i Don Colmegna, sono i referenti e i destinatari della “pedagogia dello stare in mezzo”;
noi, rozzi padroni di casa, dobbiamo evolverci, prendendoli come strumento per assurgere a tanto salto evolutivo.
Dobbiamo “[…] lasciarci educare dai poveri per educare una città intera, lasciandoci ospitare e attendendo e abitando assieme a loro”.
Ciumbia!
Scusate, signori “Tettamegna”: non è che, intanto che ci “ospitano” nelle loro belle casette di lamiera e cartone, entrano nei nostri tuguri, di mattoncini e cemento e se ne vanno con dei “ricordini”, ori, gioielli e ricordi di famiglia?
Ad andare bene, facciamo come la polizia che, andata a indagare nella tana dei piccoli assassini, c’ha trovato solo donne e cani;
signori Tettamegna, non vi preoccupate: capisco quanto questi stimati “liberi professionisti”, iscritti nell’albo generico degli “artigiani”, siano a lavorare sodo e duro per procurare il pane alle famiglie.
Pensa la comunità dei grandi a insegnare il mestiere ai piccoli apprendisti.
I “minorenni” imparano da subito come si vive e quali sono le regole di famiglia: i migliori trovano facilmente posto sulla piazza.
Non rimangono disoccupati e il “mercato” li “prezza”, trovando padrone che li qualifica e li colloca nel giusto schema di lavoro: mendicanti, “incursori”, procacciat…ori.
«Ehi, gente: ci manca mano d’opera!»
Gli uomini abbassano la cerniera dei pantaloni.
«Ora basta: abbiamo fatto il pieno!»
Su la patta e via, alle contrattazioni!
«Venghino, signori; più che vendere, quasi regalo: c’ho un figlio che riesce a rubare pure a me! L’asta comincia:..mille euro…chi offre di più?»
Trafelato, arriva uno di loro.
«Ragazzi, lasciate stare: il comune offre tremila euro a famiglia, se ci spostiamo. I peggio messi, restino pure: passano in prima fila, per l’assegnazione di case popolari!»
Standing ovation.
Che escano dalla porta per rientrare dalla finestra, o passino la porta con le chiavi di casa, comunque guadagnano.
Il pirla ultrasettantenne, vedovo, paralitico e con pensione del Biafra, come la famigliola con cinque figli e il papà manovale e magari, stagionale e precario…cazzi loro!
C’è scritto anche nel vangelo, che solo per il figliol prodigo si macella la vacca per fargli mangiare la bistecca: il pistola, che è sempre rimasto in famiglia, è “bamboccione”, quasi un parassita.
Che si arrangi!
E i Tettamegna, di vacche ne hanno macellate parecchie per sfamare quei fratelli, che se ne vanno, ma poi tornano, come le cavallette.
Magari, per fare i bulli, con l’auto nuova;
un poco ammaccata, sul parafango e sul muso, ma vuoi mettere, che figata!
Una…no… cinque marce trionfali: da veri imperatori…Rom, ovviamente!
E se noi, sprovveduti e incauti, abbiamo avuto la malaugurata idea di seguire la raccomandazione dei Tettamegna, dello “stare in mezzo”, poi ci troviamo come il povero Pietro Mazzara, 28 anni: travolti dall’esuberanza dei nostri “fratelli”, che ci vengono incontro e ci abbracciano.
Con tutta l’ariosa ampiezza del paraurti e il muso dell’auto appena fregata, per trasportare i sudati frutti dell’ultimo ”esproprio proletario”.
O era un frontale con il Tettamanzo, da servire al banchetto per quei reietti: persi, dispersi, ritrovati e ritornati alla stalla?
Su, su: non ne facciamo una questione politica;
dobbiamo “…lasciarci educare […] lasciandoci ospitare […] abitando assieme a loro”.
Noi. Dobbiamo.
Non ce n’è bisogno, ormai sono loro ad abitare: cosa e casa nostra.
Sotto la protezione e la grazia della croce.
Loro sopra, noi sotto.
Rom o…li mortacci vostri!
Io, secondo me...11.06.2011
mercoledì 8 giugno 2011
domenica 5 giugno 2011
Ratkozy
Al nano ora sono girate.
Le palle e pure le pale: quelle degli elicotteri.
Anche quelli ha messo in gioco, sul tavolo del Risiko.
Non bastavano gli aerei, essendo i suoi “compagni di merende” sul campo emeriti straccioni e, per di più, incapaci e inetti, che di rivoltosi c’hanno una mazza: molto, di briganti da strada.
Giacché marciavano a passo di gambero, occorreva metterci una pezza, sul culo di quell’armata Brancaleone: da qui, ecco la bombarderia.
Per motivi umanitari, dice.
Per gli stessi motivi “umanitari”, ma più per esserci stato tirato per la camicia, ecco salire, sul carro da guerra, il gran ciula d’America, quell’Obama insignito del Nobel per la pace che ora, all’ulivo, preferisce e snocciola ogive.
Poi, spaventati dal rischio di restare esclusi dalla mangiatoia, alla pasturazione si accodano Inghilterra e l’Italia buona ultima, per di più mazziata e cornuta;
ha offerto basi e poi aerei senza ottenere nulla in cambio, se non i barconi di profughi, fuggiti dall’inferno scatenato dal francese, che ci dobbiamo accollare e tenere, avendo l’Europa e la Francia, a dare esempio, sigillato le frontiere.
Il danno e la beffa: ci hanno scippato commesse e contratti, e pure i pozzi di petrolio e gas, che prima avevamo in gestione.
Il vero motivo di tanto spirito umanitario, del Nicolas, sempre più a somigliare a un Ratko Mladic e diventare Ratkozy.
Piccolo bugiardo megalomane, bauscia, ipocrita, guerrafondaio, assassino e devastatore.
In Libia ha messo in campo forze sempre più in crescendo, costretto dalle circostanze ad aumentare la posta sul tavolo da gioco: di fatto, di umanitario le sue bombe non hanno nulla che, seppur alcune certo più intelligenti di lui, ormai vista la fluidità, il mimetismo e il trasformismo in campo, sono a livello del “a chi tuca taca”, a chi tocca, tocca.
Come quando hanno fatto fuori uno dei figli di Gheddafi: il fatto che c’erano dei civili e dei bambini, poco male…danni collaterali, accettabili, visto la puntata.
Ratkozy credeva che il sistema si sarebbe squagliato come neve al sole, solo a guardare la spaventosa potenza di fuoco messa in campo.
Così avrebbe dovuto essere, se Gheddafi fosse stato solo un tirannello che teneva assieme la gente con la forza.
I fatti hanno dimostrato il contrario: sotto bombardamenti sempre più massicci e massivi, sono rimasti tanti che combattono ancora per lui, nonostante l’enorme divario di forze e il rischio della vita.
Chi ancora è disposto a tanto, non rimane se non con forti motivazioni e queste possono essere solo di lealtà verso un uomo in cui ancora credono.
La Libia non aveva nulla a somigliare ai regni dei Mubarak o degli Alì, di Siria, Yemen e simili;
la qualità della vita media, considerando le realtà africane, era tra le più accettabili.
Prima che i servizi segreti francesi del buon Ratkozy aprissero le danze per fregare la ballerina ai cugini italiani, sperando nell’effetto domino delle rivolte “spontanee”, che avevano aperto la strada e davano pretesto alle sue mire.
Bamba raccogliticci e improvvisati hanno subito mostrato la corda, alla prova del fuoco e sul campo.
Non importa: erano solo il grimaldello: gli aerei del galletto stavano già da tempo scaldando i motori.
Droni, bombardieri, bombe intelligenti, semi e non e ora, elicotteri da guerra.
Manca ancora la bomba atomica.
Se Gheddafi non lo si trova, per "suicidarlo", la prossima mossa sarà scodellare truppe di terra.
E qui, mi auguro per loro e per il piccolo assassino, un pantano vietnamita.
Assassino, certo: lo dico e lo ripeto.
Di poco e la notizia di centinaia di profughi, annegati nel tentativo di raggiungere le nostre coste per non essere seppelliti sotto gli ” aiuti umanitari” di Ratkozy.
Se il piccolo killer non avesse acceso la miccia, starebbero ancora in Libia, a lavorare.
Ratko Mladic, il generale dei serbo-bosniaci responsabile della strage di 8.000 musulmani, a Srebrenica, in Bosnia e dei 10.000 durante l’assedio di Sarajevo, si difende così:
«Ho protetto il mio popolo, la mia terra!»
E tu, Ratkozy, invece: il portafoglio…la grandezza?
non tua, certo, ma della Francia, quella che ha perso tutte le guerre, dopo Napoleone, e ora sta cercando di ammazzare una mosca con il cannone, solo per ritagliarsi e ritagliarti un posto al sole e farti un bagno nella tinozza di petrolio, invece che nel latte di Poppea?
Presto supererai i morti di Mladic.
Costui deve rispondere di crimini contro l’umanità e di guerra.
Dai, che lo batti: sarai il miglior…cannoniere della nazionale!
Io, secondo me...05.06.2011,
giovedì 2 giugno 2011
Bipediallah
Animale...vegetale...minerale...tre sono i regni che la terra ospita, diceva la vecchia maestra.
Mica vero.
Ne esiste un quarto, che è lo scarico dei primi tre, dove si depositano le bucce, i reflui, il putridume, il decomposto, quello che neanche il suolo accetta perché al di sotto persino del letame: è il regno di Bipediallah.
Ad uno sguardo distratto, superficiale, d’acchito, sembrerebbe di vedere un bipede, ma più che animale è bestia, che è categoria di razza maledetta, perché crudele;
guardi meglio e t’accorgi che ha le funzioni della pianta: prende il sole, l’acqua, l’aria e vegeta.
Affondi lo sguardo e capisci poi che, no, neppure tra foglie fiori ed erba è degno di stare perché è parassita: porta solo morte, non nutre la vita.
Ne osservi il cuore e sai che è di sasso: «Ecco», verrebbe da dire «è un minerale!»
No. Neppure quello.
Il minerale si scompone, dalla terra sale nelle radici della pianta, si mescola e impasta, diventando frutto;
l’uomo e l’animale ne mangiano e anche quello, dall’inanimato, entra nel computo della vita.
Il Bipediallah no.
Lui non vuole salire, ma scendere.
«Voi amate la vita, noi amiamo la morte!»
Questo è il messaggio fatto pervenire all'Occidente, dagli affiliati di Al Qaeda, dopo la strage madrilena dell'11 marzo 2004.
Monnezza!
Si sentono eletti, unti del signore e poi dispregiano l’intelligenza, la dignità e la divinità dello stesso dio dandone di lui immagine di uno sciocco, che crea la vita per poi volerne la fine;
avesse scansato allora la creazione, si sarebbe - e ci avrebbe - evitato tante rogne, non facendo figura di sprovveduto, che inventa una cosa per poi volere il suo contrario.
La vita è sacra, perchè Dio si è inorgoglito d’averla concessa.
Per tutto il resto, Bipeduallah, rispondo al vostro sanguinario simulacro: «Non far questo, non far quello, vietato questo, vietato quello...Aho, bello! Sentiammè e impara: noi, nel nostro piccolo, abbiamo inventato una schedina elettronica da inserire dove occorre; nella lavatrice, ne fa strumento per lavare, così come nella lavastoviglie; il frigorifero congela e conserva, il ventilatore rinfresca, la stufetta scalda e così via.
Se ce l’ho fatta io, ti veniva difficile fare lo stesso e far uscire dalla catena di montaggio un qualcosa di già predisposto, senza poi incazzarsi per avere invece fabbricato qualcosa che non fosse né carne né pesce?»
Bene, io dico: il MIO Dio è PADRE, non PADRONE.
Mi lascia sbagliare perché impari dai miei errori e mi concede una bella fetta d’autonomia e libero arbitrio, perché arrivi ad amarlo; non a temerlo, leccarlo e pulirgli le scarpe.
Avesse voluto un lacchè, avrebbe impostato diversamente i circuiti del giocattolo.
Ma noi non siamo balocchi e trastulli suoi: siamo figli.
Questo, i Bipediallah non capiscono.
Bestie sono, nella crudezza d’animo;
gramigna nella sostanza, perché del cervello ne hanno fatto pancotto;
inanimati nello spirito, perché del cuore ne hanno fatto pietra, per poi rivestirne tombe.
Il soffio di Dio non li ha trovati argilla da plasmare, ma granito su cui scivolare via.
Una prova di quanto dico, dell’esistenza del quarto regno?
Ecco:
“Ucraina: giovane miss lapidata da tre uomini perché la Sharia vieta i concorsi di bellezza. La diciannovenne Katya Koren, tartara di Crimea, è stata trovata sepolta in un bosco, non lontano dal suo villaggio, massacrata e sfigurata a colpi di pietra [...] Anche nell’Europa dell’Est violare la legge coranica può costare la vita”.
«Voi amate la vita, noi amiamo la morte!»
Escrementi simil-umani!
Katya Koren, l’ultima di tante.
Come Hina Saleem, sgozzata e sepolta nell’orto di casa, vicino a Brescia, con la testa rivolta verso la Mecca e il corpo avvolto in un sudario perché aveva rifiutato un matrimonio combinato in famiglia dal padre;
e poi, nel settembre di due anni fa, a Pordenone: Sanaa Dafani, accoltellata a morte dal padre in un bosco per via della sua relazione con un italiano.
Un “infedele”.
Manco fossimo delle merde, per i Bipediallah.
La donna poi, anche peggio, perché gli basta meno per essere cancellata;
il non portare il velo islamico o vestire all’occidentale, frequentare amici cristiani o, peggio, convertirsi ad altra parrocchia, cercare di non essere trattata peggio di un cane fino all’innocente voglia di studiare.
Animale...vegetale...minerale.
No, cara maestra della mia giovinezza: il quarto regno ti mancava.
Ora ecco, la natura ha trovato la seduta, per andare di corpo: il buco nero dei Bipediallah!
Io, secondo me...01.06.2011
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