mercoledì 7 marzo 2012

Senescemenza

L’Umberto, specialista di “sparacazzate”, ci ritorna del suo: «Monti rischia la vita, perché il nord lo farà fuori!»

A sua discolpa, bisogna dirlo, ha delle attenuanti: il baricentro basso;
la coda deve essere sempre alzata, che in mezzo alle gambe non bilancia e permette equilibrio.
Esemplare da “celodurismo”, non può permettersi d’essere ridotto a straccio, un “moscio” lavapavimenti.
«Chi l’ha duro la vince» è il suo interpretare filosofia di vita.
Fin che dura…
Entrato nella parte, ora gli va stretta, che il tacchinesco gonfiare non tira più.

Tanta acqua è passata sotto i ponti e quella che resta neppure più basta a far galleggiare la motonave padana, che trasporta l’Umby e l’ampolla d’acqua sorgiva dal Monviso lungo il Po.
Il passare del tempo è impietoso, nell’erodere anche le mura più granitiche, dove ora ritorna di lui il portatore di boccetta per le analisi.
Costretto e ingessato nel ruolo che si è ritagliato, è come il quadretto regalato dalla suocera e relegato in soffitta: da rispolverare e appendere solo quando quella è in visita.

Il poveretto non è più una novità, dove tanti hanno superato il maestro, nell’applicare il “chi vusa püsee la vaca l'è sua”, chi grida di più si aggiudica bestia.
Dovunque ci si gira, è un continuo decadimento della dialettica in verbale prevaricazione, spesso anche solo nel sonoro, a coprire voce di altrui opinare.
Lo “Sgarbismo” elevato ad arte.
Come per i botti di capodanno, è una rincorsa a chi la spara più grossa.

La bestialità su Monti è solo il grido disperato di uno che sta per affogare, dove anche dei suoi sono a litigare se lanciargli salvagente o no.
In mezzo alle cacofonie, è ad agitarsi: «Ehi, c’è nessuno: sono qui… pirleggio, ego sum!»

Lontani ormai gli anni delle vecchie lire, quando rammentava che “una pallottola costa solo 300 lire” e vantava armata Brancaleone di bergamaschi d’assalto;
Giocava ai soldatini, allora, nel ’96 quando, alle Camicie verdi, voleva far seguire la Guardia nazionale Padana: cinquanta compagnie e dedita all’esercizio del tiro a segno.
Fortunatamente il nostro è come lo schioppo di legno con cui giocavano i bambini dei miei tempi: per sparare, dovevi fare “Bum!” con la bocca e quando si tornava a casa si smetteva la divisa fantastica per il pigiamino.

Come dal vecchio reduce, si ascolta per l’ennesima volta stesse e trite storie;

«Io conosco un solo Paese, che è la Padania. Dell'Italia non me ne frega niente. La Lombardia è una nazione, l'Italia è solo uno stato» diceva.

Sognava un suo orticello, da ritagliare dal resto e farci - padre-padrone - la sua “Repubblica delle banane”.
Da lasciare, per diritto divino, al frutto dei suoi lombi.
«Accompagnerò i miei figli alla prima scuola padana.»
Renzo “Trota”, il delfino mancato, neppure in quella normale riusciva, a faticare pure nel tentare per una licenza di pesca.
Non è né figliol prodigo né prodigio, ma una sistemazione glie l’hanno trovata, per stalla e biada.
Di lui il meneghino dialetto riporterà quel che dote ha “cum abundantia”:
El gh'ha el dun de Dio de capì nagott… il dono di non capire ‘na beata fava!

L’Umberto nostro, “Bossoli” invece che Bossi, è come il generale a riposo nel ricovero dei vecchietti: veterano e superstite di tante guerre è a ricordare e lustrare i vecchi arnesi.

«Faremo la rivoluzione, la lotta di liberazione! Il popolo padano è pronto alla secessione dura, senza mezze misure, senza alcuna mediazione con lo Stato italiano; è pronto ad attaccare. Ci mancano un po' di armi ma le troviamo. Abbiamo trecentomila martiri pronti a battersi. Verrebbero giù anche dalle montagne con i fucili, che son sempre caldi.»

Me lo immagino: “Berghem de 'hora e Berghem de 'hota” assieme, nell' armata della polenta.

Il “vecio” gira come un disco dove la puntina si è incantata.

«Si tratterà di una battaglia durissima. Ma noi siamo pronti a qualunque scontro, a batterci all'arma bianca, a d uscire all'assalto in ogni momento attorno alle nostre bandiere!»

E già, la bandiera… della nostra ebbe chiaramente a dire pensiero, rivolgendosi a una signora che ebbe l’ardire di esporla alla finestra.

«Lo metta nel cesso. Quando vedo il tricolore m’incazzo: lo uso per pulirmi il culo!»

Offensivo ma coraggioso: ci mise la faccia, anche se meglio avrebbe fatto a soffiarsi il naso con i fazzolettini di carta. Igienica.

Orgoglio vuole che ancora oggi mantenga schiena barra e asta di bandiera dritta.

«La Lega è sempre armata, ma di manico!»

Bene: almeno altro avrà da menare, invece che il can per l’aia.

Monti… il nord lo farà fuori… parole di un vecchio motore che batte in testa.

Senescemenza.


Io, secondo me... 06.03.2012

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