giovedì 20 gennaio 2011

Patatina bollente

Collodi, da un pezzo di legno ne cavò un capolavoro: Pinocchio, con l’indimenticabile inizio dove il falegname Mastro Ciliegia, trovato un tronchetto che rideva e piangeva come un bambino, lo regalò a Geppetto, che ne scolpì burattino per compagnia;
dal legno, anche il regista Ermanno Olmi trovò ispirazione, per un film bello e struggente:
l'albero degli zoccoli.
Oggi prosegue l’arte dell’intaglio ma, ai burattini, s’accoppiano le zoccole.
La migliore di quelle è come la galleria per il treno: ariosa e aperta per tanto passaggio e gli scambi sono altra cosa, che quelli dei binari.
Alla Maria Teresa Goretti, santificata per essersi fatta accoppare, piuttosto che rinunciare alla virtù, ecco sopravvenire le edizioni, rivedute corrette ed aggiornate, di quelle che, mostrando pollice e indice uniti, erano a consacrare esclusivo possesso, da “L’utero è mio e me lo gestisco io!” per finire con l’annunciazione della “Passera al potere!”;
preferito a “Potere al popolo!” dove, a confronto, il sol dell’avvenire era irraggiungibile rispetto al “Cchiú pilu pè tutti”, quello che pare abbia miglior referenze per sovvertire la legge di Archimede, dove si vuole sia la leva a far forza.
Al "Datemi una leva e vi solleverò il mondo" si oppone il "Tira pusse un pel de vaca che un car de boeu", tira di più un pelo di f**a che un carro di buoi!!
La Storia del mondo - quella con la “s” maiuscola - da sempre ha provato che, al vero che dietro un grande uomo c’è sempre una gran donna, spesso pure era gran gnocca!
Mai sapremo abbastanza, di quanto tanto pelo abbia invero mosso buoi e cavalli, e sopra questi eserciti tirati da quel filo, spesso invisibile ma onnipresente.
Senza di quello, Cleopatra non sarebbe riuscita a far litigare il bell’Antonio con Ottaviano, risparmiandogli una manica di botte e Giuseppina a mandare Napoleone suo a far danni in giro per l’Europa, per potersi far tenere caldo il letto dallo stallone di turno, mentre il poveretto era al fronte.
Mai detto fu più azzeccato, nel dire che la verità sta nel mezzo, quel che, giustificato dal fine, ne ha fatto arte più antica e l’etichetta porta secondo a chi ci è attaccata;
da “accompagnatrice” a “escort”, se sei d’alto bordo;
puttana, battona, zoccola, sguangia, baldracca, bagascia, troia, sgualdrina e via dicendo, se la marchetta è con poveracci.
Comunque sia: il mercato delle vacche, dove il capo migliore se lo aggiudica chi ha più da investire.
Con la differenza che le peggio conciate magari sono costrette, dalla necessità piuttosto che dal pappone, mentre quelle che bazzicano con i danarosi lo fanno perché “L’utero è mio e me lo gestisco io, perché la passera vicina al potere porta grana!”.
Qui non siamo alla disperazione, a darla via per il tozzo di pane;
queste lo fanno per la regola della resa in multiproprietà: “Nà lavàda, nà sùgàda, la par n'anca duperàda”, una lavata, un'asciugata, non sembra neanche usata!
A questi livelli non esistono verginelle e una Maria Goretti non si vede manco in fotografia.
Le bustarelle con i quattrini sono per un tanto al chilo, e quelle ci si buttano sopra con la frase d’abbondanza del salumaio quando incarta il prosciutto:
«Papino, fa tremila euro: che faccio lascio?»
Poi ci sono le varianti sul tema: da un Marrazzo, che predilige il brivido del dare-avere, si passa ad un Sircana, che invece si accontentava di un solo lato della cosa.
Senza contare la prestazione da stallone di razza, che fu dell'allora deputato dell'Udc Cosimo Mele, cinquantenne, pugliese, sposato e con moglie incinta, che si fece trovare a fare mucchio con due prostitute e contorno di droga.
E si parla di briciole, croste di pane: non conosceremo mai l’identità di “chiappe d’oro”, l’Onorevole Eccellenza di cui parlarono alcuni Trans del giro-Marrazzo;
un paio di ammazzati del giro, il messaggio ricevuto ed ecco messa a tacere la faccenda: tante altre chiappe d’oro che ora dormono sonni tranquilli, “Onorevoli” od “Eminenze” che magari ora stanno a pontificare e far prediche contro l’uso chi, a par loro, ha avuto solo la sfiga di approvvigionarsi a stesso mercato, ma di non rientrare nel giro della “specie protetta”.
Interesse vuole che oggi può capitare che spesso sia la vacca a salire in cattedra e fissare prezzo di mercato.
Ma così è, dove la legge e la sentenza è comodo portarla fuori dai palazzi di giustizia, sulla piazza e sotto i riflettori, dove è più facile far risaltare il grigiore e allontanare quell’aria di muffa e di stantio che regna negli anfratti e negli angoli bui di una giustizia gelosa del proprio immacolato, ma generosa nel badilare merda nei ventilarori.
«La magistratura è la più grande minaccia allo Stato italiano»;
Il sito di Julian Assange, Wikileaks, accettata incondizionatamente come la bibbia di questo millennio, vorrebbe scritto, su documenti riservati e secretati, da Ronald Spogli, a suo tempo ambasciatore americano a Roma;
Parlato dell’ex premier ed ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema.
Ecco che, d’improvviso, quanto adorato come sorgente di verità rivelata, ora che si ritorce, subito è rinnegata:
«Accanto ad osservazioni ovvie su fughe di notizie e intercettazioni, è riportato un giudizio abnorme sulla magistratura che non ho mai pronunciato, che non corrisponde al mio pensiero e che evidentemente all’epoca è stato frutto di un fraintendimento tra l’ambasciatore Spogli e me.»
Ma Wikileaks non era Vangelo?
A chi allora il separare grano dal loglio, vero dal falso, il giusto dall’ingiusto?

Una bella gatta da pelare: una...patatina bollente!

Io, secondo me...20.01.2011