sabato 11 giugno 2011

I figli di Tettamegna



Che bello l’abbraccio…e pure l’incontro, tra fratelli.

L’ha detto anche il gayo Niki Vendola, che li dobbiamo prendere tra le braccia.
Di sorelle non ha parlato, anche se, con quelle, io avrei preferito comunella;
ma forse guardiamo le cose da diversi.
Fa nulla: l’importante è l’attrazione e la trazione, non l’atto.
O meglio, il lato…B, ovviamente.

Sì, bello l’incontro…anche lo scontro, se vogliamo.

Quando dalle schermaglie e dalle sciabolate dell’argomentare e nella contrapposizione, le uniche vittime sono le coronarie, gonfiate, congestionate e sollecitate dalla passione e dal fervore di un civile opinare.
Un batti e ribatti fatto - dove accadesse - di sola aggressione verbale;
ove, se anche il calore dovesse portare a bollore e il sangue andare alla testa, dal botto di tanta esagerata pressione, il cozzare di teste lasciasse alfine solo rottami di parole e frasi, scarti che confezionavano la pastura dialettica del contendere.
Scampoli, rimasugli e rottami di una verbosità sgrossata e un virtuale altrimenti essenziale, nei rapporti tra animali sociali quali dovremmo essere.
Diversamente quando lo scontro con il “fratello” è fisico e ti centra con una macchina - rubata - lanciata a piena velocità;
allora il “fratello” - già delinquente, ladro e spacciatore - al raffinato blasone di famiglia, aggiunge la nuova voce: assassino.
E la pelle per trofeo;
che, se va bene, non è la tua, ma pur sempre di essere umano, innocente, falciato da uno che, anime belle, definiscono “prossimo tuo”.
Prossimo, certo: la somma, il seguito, il “valore aggiunto”, l’esponenziale, l’ennesimo macellaio.
Peggio se minorenne perché, in sovrappiù, possiede anche la licenza di uccidere e la quasi impunità nel farlo.
Ancora meglio se arrivi da un campo Rom - altrimenti “zingari”, per il volgo - la cui occupazione territoriale somiglia a quella di un’ambasciata, dove l’entrarvi pare l’invasione di uno stato sovrano, incursione, profanazione e sacrilego stupro del “Sancta Sanctorum” di biblica memoria.
Per i Tettamanzi e i Don Colmegna, sono i referenti e i destinatari della “pedagogia dello stare in mezzo”;
noi, rozzi padroni di casa, dobbiamo evolverci, prendendoli come strumento per assurgere a tanto salto evolutivo.
Dobbiamo “[…] lasciarci educare dai poveri per educare una città intera, lasciandoci ospitare e attendendo e abitando assieme a loro”.
Ciumbia!
Scusate, signori “Tettamegna”: non è che, intanto che ci “ospitano” nelle loro belle casette di lamiera e cartone, entrano nei nostri tuguri, di mattoncini e cemento e se ne vanno con dei “ricordini”, ori, gioielli e ricordi di famiglia?
Ad andare bene, facciamo come la polizia che, andata a indagare nella tana dei piccoli assassini, c’ha trovato solo donne e cani;
signori Tettamegna, non vi preoccupate: capisco quanto questi stimati “liberi professionisti”, iscritti nell’albo generico degli “artigiani”, siano a lavorare sodo e duro per procurare il pane alle famiglie.
Pensa la comunità dei grandi a insegnare il mestiere ai piccoli apprendisti.
I “minorenni” imparano da subito come si vive e quali sono le regole di famiglia: i migliori trovano facilmente posto sulla piazza.
Non rimangono disoccupati e il “mercato” li “prezza”, trovando padrone che li qualifica e li colloca nel giusto schema di lavoro: mendicanti, “incursori”, procacciat…ori.
«Ehi, gente: ci manca mano d’opera!»
Gli uomini abbassano la cerniera dei pantaloni.
«Ora basta: abbiamo fatto il pieno!»
Su la patta e via, alle contrattazioni!
«Venghino, signori; più che vendere, quasi regalo: c’ho un figlio che riesce a rubare pure a me! L’asta comincia:..mille euro…chi offre di più?»
Trafelato, arriva uno di loro.
«Ragazzi, lasciate stare: il comune offre tremila euro a famiglia, se ci spostiamo. I peggio messi, restino pure: passano in prima fila, per l’assegnazione di case popolari!»
Standing ovation.
Che escano dalla porta per rientrare dalla finestra, o passino la porta con le chiavi di casa, comunque guadagnano.
Il pirla ultrasettantenne, vedovo, paralitico e con pensione del Biafra, come la famigliola con cinque figli e il papà manovale e magari, stagionale e precario…cazzi loro!
C’è scritto anche nel vangelo, che solo per il figliol prodigo si macella la vacca per fargli mangiare la bistecca: il pistola, che è sempre rimasto in famiglia, è “bamboccione”, quasi un parassita.
Che si arrangi!
E i Tettamegna, di vacche ne hanno macellate parecchie per sfamare quei fratelli, che se ne vanno, ma poi tornano, come le cavallette.
Magari, per fare i bulli, con l’auto nuova;
un poco ammaccata, sul parafango e sul muso, ma vuoi mettere, che figata!
Una…no… cinque marce trionfali: da veri imperatori…Rom, ovviamente!
E se noi, sprovveduti e incauti, abbiamo avuto la malaugurata idea di seguire la raccomandazione dei Tettamegna, dello “stare in mezzo”, poi ci troviamo come il povero Pietro Mazzara, 28 anni: travolti dall’esuberanza dei nostri “fratelli”, che ci vengono incontro e ci abbracciano.
Con tutta l’ariosa ampiezza del paraurti e il muso dell’auto appena fregata, per trasportare i sudati frutti dell’ultimo ”esproprio proletario”.
O era un frontale con il Tettamanzo, da servire al banchetto per quei reietti: persi, dispersi, ritrovati e ritornati alla stalla?

Su, su: non ne facciamo una questione politica;
dobbiamo “…lasciarci educare […] lasciandoci ospitare […] abitando assieme a loro”.

Noi. Dobbiamo.

Non ce n’è bisogno, ormai sono loro ad abitare: cosa e casa nostra.
Sotto la protezione e la grazia della croce.
Loro sopra, noi sotto.

Rom o…li mortacci vostri!

Io, secondo me...11.06.2011