Capisco che quel che andrò a scrivere è puro cazzeggio, delirio di una notte di mezza estate, bazzecole, quisquilie e pinzillacchere, tanto che vorrei mettere la classica scritta "Scemo chi legge" ma, comincia per me l'età in cui sempre più spesso mi sorprendo a parlare da solo, ad alta voce.
Onore a chi riuscirà a seguire i miei voli pindarici, sostenuti da oppiacee correnti ascensionali.
Scartabilia...Scartabilia non esiste, è un luogo di fantasia, tanto per dare un nome al posto che voglio descrivere: somiglia al cimitero degli elefanti, dove i grandi pachidermi, carichi di lune, finiscono i propri giorni;
oppure a Ragnarok, l'Apocalisse del mito nordico dove pure gli dei sono destinati a morire.
Ecco il macero, la mirabilia della carta stampata: Sic transit gloria mundi, così passa la gloria di questo mondo.
Il giornale esce dalla sua rotativa, depone le notizie e muore finendo, prima dell'imbrunire, nella pattumiera o ad incartare scarpe o pesce, dal calzolaio o in pescheria;
è un amico che mi spiace veder finire, ma è razione quotidiana, ovetto di giornata, da consumarsi fresco.
Diversa è l'agonica o prematura fine di un libro, al macello delle carte.
Scartabilia è il ventre che fagocita le tante uova di salmone, sfornate a milioni per permettere, almeno a poche, di sopravvivere e adempiere alla funzione della continuazione della specie.
Quanto ci soffro, maledizione!
Io, che sento stiletti infilati nel costato, quando vedo angoli di pagina piegati ad orecchio, tante per ogni intervallo in cui hanno fatto da segnalibro;
oppure coste strappate, da chi manipola il sacro e prezioso volume estraendolo dal gruppo usando l'indice, come al macello si sposta la carne con l'uncino: tirando, strattonando e strappando quella fragile costola;
senza contare chi lo spalanca nel mezzo, disarticolando fino alla massima apertura, a mostrare la cucitura ormai smagliata;
e le sottolineature a penna, gli scarabocchi indelebili, sfregi e cicatrici malevole, che schifano per la propria grossolanità.
Quel ricettacolo di pagine per me è amico, che m'accompagna nel mio cammino di vita e come tale merita rispetto, cura, amore, attenzioni.
Ognuno ha un profumo proprio, una personalità, un che da dare, un'anima.
Al ricevere o dare quel prezioso compagno, nell'offrirlo come nel ritirarlo, è bello leggerne i segni di chi lo ha avuto prima, vederlo invecchiare come e con noi, segnare e annotare con una matita dal tratto leggero; così le note, impalpabili ma visibili, come il fumo e la nebbia.
Ancor di più: al contenuto segue la voce del compagno, e le storie diventano due...o tre, quattro: ecco che, attraverso quella carta, io posso decifrare anche il mio prossimo, chi c'è passato, tra quei fogli.
Il libro, come una spugna, che s'impregna degli umori di chi l'ha usato.
Ecco chi ha notule secche e sintetiche, nervose, asciutte e magre, ma toniche, essenziali;
altrove, lettere rotonde e ben definite, segno di un ordinato modo di riporre e disporre della propria vita: un darsi disciplina e ritmo;
ecco il tocco della sartina, che cuce assieme concetti, sottolineando con un leggero filo di matita, e un numero a fare imbastitura, a legare richiamo in punti più avanti, quasi ad indicare scorciatoie per percorsi più veloci;
ecco il fiorellino secco ma ancor colorito, in genere cuore di donna, tenerezza di segnalibro;
o anche un piccolo e rigido biglietto del tram, talvolta un santino, uno scontrino, o un intermezzo dedicato a quella funzione.
Penso allo scrittore, quando riceve l'avviso del lutto, la lettera intestata della casa editrice:
"Oggetto: macero parziale di...", seguito dal numero di copie, titolo e autore "nell'ambito della revisione periodica del magazzino, abbiamo rilevato una giacenza eccessiva del titolo in oggetto";
a tanto, segue bolla di condanna a morte: "Vi informiamo pertanto della decisione di eliminare una parte delle rimanenze. Cordiali saluti...".
In gergo, le chiamano "Copie guastate dalla movimentazione", un modo elegante per anticipare l'epurazione che seguirà, quando, al "guastate" si sostituirà "avanzate".
Per lo più, sono sbagli di valutazione: atti di fede mai seguiti da processioni d'acquirenti e quindi, al "Visto si stampi" si sostituisce il "Visto si maceri";
la legge dell'evoluzione in questo caso è la sopravvivenza e la continuità del "Magazzino", l'organismo che non deve soffrire e soccombere a quel mostro onnivoro, che si chiama "Costi".
La formichina deve sparire, se ciò serve a mantenere l'equilibrio dell'intera comunità cui fa parte.
Ed allora, quando resa non significa rendita, ma restituzione d'invenduto, ecco il rogo: Scartabilia.
Come salme di un olocausto, ben impilati ed allineati, i nostri amici di carta aspettano d'essere cancellati;
l'abbiamo fatto anche per intere genti, anch'essi fogli da macero: cosa sarà mai a confronto, un misero pugno di pagine?
Eppure fa male, veder scomparire così la nostra valigia dei sogni, il tappeto volante dei nostri viaggi fantastici, l'aver camminato a fianco di Annibale, Alessandro Magno, Cesare, Napoleone, Aristotele, Socrate, essere entrati nelle loro case, negli accampamenti, nelle battaglie, nelle scuole.
- «Vi prego, risparmiateli. Donateli, vendeteli ad un tot al chilo, alle bancarelle, alle piccole catene dell'usato.»
L'occhio truce dell'editore mi guarda sprezzante, infastidito, come si fa per un moscerino noioso e facile da schiacciare sotto il pollice.
- «Beppe, sei un ignorante in materia: movimentare un tale commercio ha costi, che non portano benefici o rendite tali da giustificare queste scelte; morto un libro, se ne fa un altro. Il prestigio, signor Fontana, vale pure la lacca con cui si tira a lucido un catalogo con tanti titoli, a dar smalto e prestigio alla bottega! Alla fine, ancora fanno effetto speciale braccialetti, specchietti e collanine e lei, se lo lasci dire, è ormai un dinosauro del mercato.»
Qualcuno mi sa indicare la direzione per il cimitero degli elefanti?
Io, secondo me...27.08.2009
giovedì 27 agosto 2009
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