«Pensa ai cassi tò!»
Pensa agli affari tuoi...
beh, detto magari in maniera un pochino più volgarotta, nel bel dialetto meneghino.
Ma così i miei vecchi apostrofavano gli impiccioni, quelli che entravano pesantemente e a gamba tesa nella vita e nel privato d’altri, nell’orticello personale, dove ognuno coltiva del suo, in un fazzoletto che confina e termina dove inizia la libertà d’altri.
Ora, nessuno può biasimare chi opina del proprio, si affaccia ad osservare e discute di come si è seminato nella terra appresso; ma la cosa deve terminare lì, dove ognuno poi raccoglierà dell’opera sua, bene o male a seconda di come ha saputo fare.
Si andrà al mercato e si esporrà la merce, il frutto del proprio lavoro: piace, ci sarà chi compra;
fa schifo: tornerai al focolare con la coda tra le gambe e le pive nel sacco:
imparerai una lezione e, se avveduto nel capire dove l’errore, sarà motivo per far meglio la volta prossima.
Un bel “Pensa ai cassi tò!” se l’è beccato Abdul Qavi, imam di un posto qualunque del Pakistan.
Il fustigatore è andato in ebollizione, nel vedere le cosce scoperte di Veena Malik - soubrette, showgirl, velina o attrice che dir si voglia - durante un a trasmissione televisiva, il programma indiano “Big Boss 4”.
“Puttana” è uno dei tanti appellativi che l’Abdul gli ha lanciato, ovviamente tradotto dal linguaggio suo, seguito da lanci d’insulti in crescendo.
Veena non ha capito d’aver a che fare con un residuato, un rottame d’altri tempi, che oggi vive tra noi come il giapponese che, non avendo mai saputo della fine della guerra, continuava a farla, nell’ignoranza più assoluta che essere rimasto indietro.
Abdul sicuramente mette lo chador o il burka anche alle coscette di pollo o di coniglio, prima di mangiarle e, se capita di vedere qualche pezzo di quelle carni bianche, sicuramente arrossisce di vergogna e si picchia il pisello con l’incudine, castigandolo per essersi affacciato pure lui a guardare l’impudico arto!
Succede una cosa inaudita: Veena, una DONNA, l’essere valutato per metà valore di un uomo, domestico come il cane, impudica come il maiale e sciocca come una scimmia, ribatte, rimbecca e cazzia l’UOMO.
«Imam, non ho fatto nulla di male, non ho infranto alcuna legge o la legge islamica. Sono tutti contro di me perché sono una donna e un bersaglio facile? Cosa dice il suo islam, sir?»
Pazzesco.
Come si dice da noi, e Abdul concorda: a questo mondo, non c’è più...religione!
Abdul, Abdul...come ti capisco: quella che per te è solo una vacca da latte, una puledra da monta, una pecora da tosare, una gallina ovaiola, ora si ribella.
Inconcepibile, assurdo, sacrilego, esecrabile, empio e blasfemo: è venuto il momento di tirarle il collo!
Veena ha ricevuto minacce di morte dagli islamisti e alcuni religiosi hanno emesso una fatwa di morte contro di lei per avere “umiliato l’islam” e disonorato il proprio paese.
La fatwa è pari al piantare spilloni nel corpo di un’immagine rappresentante la vittima, come nel rito Voodoo, perchè peste la colga.
I cavernicoli del fondamentalismo islamico ormai la tirano in ballo in ogni momento, con la stessa frequenza ormai con cui si prendono le bottigliette di aranciata ai distributori automatici.
Questi subumani hanno clonato pure Allah, creandone uno ad immagine loro, della loro crudeltà, della loro voglia di sangue e morte; e pure sadico, per masochisti che godono nell’essere servi e succubi di uno che li maltratti.
Con la misericordia, la pietà e il perdono, loro soffrono pene atroci e d indicibili: godono nella tortura, vogliono un essere che li domini e abusi del loro corpo, tanto da vantarsi nell’adorare il martirio, tanto da non avere paura di morire, quanto di vivere.
Forse hanno ragione: si sento inadeguati per questo, che richiede fatica, mentre il crepare è facile.
Di Abdul Qavi ce ne sono ancora, ma tante Veena Malik sono stanche di dover servire questi sottosviluppati mentali.
Forse ci siamo: sta per avvicinarsi l’estinzione degli Imammuth;
Insciallah...a Dio piacendo!
Io, secondo me...06.04.2011