No, “Profustini” non è una riedizione della famosa pubblicità del detersivo, quella del «Le offro due fustini in cambio del suo Dash», dove un sorridente Paolo Ferrari si scontrava contro un muro di provata fedeltà casalinga, verso quella polverina incantatrice.
Profustini è il prodotto della fusione di due parole che, mescolate assieme, riportano alla formula dell’intruglio che trasforma il dottor Jekyll nel mostruoso mister Hyde;
la mutazione, nel nostro caso, è dipendente dal chilometraggio: quel che rappresenta carne per il buon Samaritano a Lampedusa, irrita il delicato nasino dei francesi e diventa puzza, tanfo e fetore.
Parte uno come “profugo” e arriva “clandestino”, simile ad un bandito, da prendere a schioppettate.
Malta non li vuole, tanto da aver persino negato loro aiuto sotto naufragio;
Germania nemmeno, dopo che le gloriose fornaci sono state spente e non sanno altrimenti come e dove cucinare quelle portate di carne;
la Spagna mostrò già carità e misericordia nelle sue enclave di Ceuta e Melilla, in Marocco.
Era l’ottobre del 2005 quando il sinistro Zapatero schierò l’esercito con l’ordine di sparare:
sulla costa arrivarono duemila militari armati in aggiunta agli uomini della Guardia Civil, per fronteggiare l’assalto di quelle centinaia di disperati, dell’ex Marocco spagnolo.
La vicenda si finì con durissimi scontri che costarono la vita a cinque persone, compreso un neonato.
La Grecia non fu da meno: per bloccare l’immigrazione clandestina, proveniente oltre che dal Maghreb anche dall’Iraq, Afghanistan, Iran, Pakistan ecco l’idea di un muro alto cinque metri e lungo dodici chilometri al confine con la Turchia, nella regione del fiume Evros vicino alla cittadina di Orestiada.
Ma quel che mi fa incazzare è la Francia, con il suo rispolverare la mai presunzione di “Grandeur”, esaltata dalle azioni del Sarkozy, nanetto malefico che si crede Napoleone, ma a quello pari solo in statura: quella centimetrata, non di genio militare o politico.
Tutto sto casino lo ha provocato lui, il megalomane in miniatura, che gioca ai soldatini con la visione tattico-strategica di un ritardato.
C’era una diga e l’imbecille ne ha tolto il tappo!
Prima ha mandato i suoi servizi segreti a contattare e contrattare con i futuri capi di quelli che poi sarebbero figurati come “eroici rivoltosi” ma, a tutti gli effetti, straccioni da armata Brancaleone.
Poco male: dovevano e devono essere solo “asino che trotta”, comparse da operetta, come quelle bolse di Cinecittà, che facevano i centurioni con pancetta e prestanza da rachitico.
“Chissenefrega”, ha pensato il “peduncolo de France”: faccio passare quei quattro pirla - che si mettono in posa e sparano alle quaglie, sorridendo come per una foto ricordo - come prodi combattenti per la libertà e quelli per e con Gheddafi, come feroci stragisti, e poi li bastono, con la “geometrica potenza” dei bombardoni aerei;
Et voilà, rien ne va plus, les jeux sont faits!
Una beata fava.
Dopo aver usato e messo gli “alleati” davanti al fatto compiuto, li ha obbligati a prendere posizione: la sua dove, avendo dato il “la”, pensava di avere la bacchetta per dirigere l’orchestra.
Fregando agli italiani le concessioni e le patenti privilegiate per gestire l’estrazione del petrolio libico.
Un colpo al cerchio e una alla botte...anzi, all’autobotte!
Con la rivolta del pane, quella di piazza Tahrir, in Egitto, quella della piazza siriana o iraniana, in Yemen, quella della Libia centra come i cavoli a merenda.
L’appoggio, il sostenimento, la fedeltà a Gheddafi non si è squagliata come per Mubarak o in Tunisia, con il Ben Alì;
Anche sotto le bombe “misericordiose” francesi e inglesi, i missili americani e bombarderia varia, gente che combatte per il Muammar c’è e non molla.
Segno che la rivolta è da operetta, fatta più da bande con mentalità tribale, piuttosto che insofferenti sotto la tirannia.
Prova è che, prima che apparisse l’avventuriero nanuto, dai barconi di profughi mai scese un libico.
Un perché non se ne fuggirono - già da allora - dal loro paese, ci sarà, no?
Forse la vitaccia non era proprio cavallina, come si suole dire.
Ora, dopo che i bombardieri del galletto formato mignon, hanno colpito alla “a chi tuca taca”, a chi tocca tocca, non sanno più a cosa mirare: anche senza aerei ed elicotteri, il perfido beduino continua a mazzolare quei quattro pistola da farsa;
il cammelluto non ne vuol sapere di crepare.
Dovesse farcela, a mettere in stallo tutta la ferramenta bellica occidentale e mantenere i pozzi dell’oro nero, tra tutti i litiganti andrebbe a finire che la torta se la mangerebbero i cinesi!
Ideona.
Dividiamo la Libia in due: Gheddafi con la parte sabbiosa e dall’altra, le vasche del “latte di Poppea”, dove la mezzacalzetta francesina vorrebbe farsi il bagno.
E che il frutto di tanto “farsiicazzisuoi” ricada pure su quei fessi d’italiani, dove tutti hanno pensato di sigillare le proprie frontiere per lasciare aperto solo i buchi del colabrodo italiota!
Alla faccia di quella che sempre più è Eurabia, dove ognuno pensa ai propri calli, fregandosene - anzi, fregando - dell’altrui.
Per questo, vorrei tanto che la “Grandeur” si smarrisse tra le sabbie del deserto, e rivivesse un’altra Dien Bien Phù e Gheddafi diventi Vo Nguyen Giap;
no, meglio: il gemello di Pierre Jacques Étienne visconte di Cambronne, generale francese che, a Waterloo, all’intimazione inglese di «Granatieri, arrendetevi!», rispose con il meglio che sarebbe per “Nanozy”.
«Merde!»
Anche a nome dei “Profustini”.
Io, secondo me...11.04.2011