martedì 31 luglio 2012
mercoledì 25 luglio 2012
giovedì 19 luglio 2012
venerdì 13 luglio 2012
martedì 10 luglio 2012
Pisellino
«Bambini, il maestro si toglierà il pisellino!»
«Ooh!»
“Quando i bambini fanno ‘oh’
che meraviglia, che meraviglia”!
«Bambini, Fabio diventerà Greta!»
«Ooh!»
“Quando i bambini fanno ‘oh’ c'è un topolino.
Mentre i bambini fanno ‘oh’ c'è un cagnolino.
Se c'è una cosa che ora so
ma che mai più io rivedrò…”
No, non ce la faccio… è più forte di me… mi scappa…
«… il pisellino, il pisellino!»
Aaaah… che liberazione… proprio non mi riusciva di tenerla. La notizia.
Coteto, quartiere di periferia di Livorno: terza classe della scuola materna.
I bambini sono alti un soldo di cacio; piccoli, come la monetina che una
volta permetteva di comprare solo una particola di formaggio, trasparente come carta
velina.
Fabio, il maestro, dopo una vita tribolata, dove non gli è riuscito prima
di fare il gran passo, ha deciso di darci un taglio e avviare la metamorfosi.
«Cambio sesso! Dopo una vita vissuta come una crisalide, in un’identità
non mia, ho deciso. Mi farò operare a Pisa. Ho iniziato a prendere ormoni e
farò un intervento per impiantare protesi al seno. Non voglio più continuare a
vivere nel bozzolo sbagliato.»
Dal farfallone Fabio alla farfalla Greta.
“Tutti i bambini fanno ‘oh’
dammi la mano
perché mi lasci solo,
sai che da soli non si può,
senza qualcuno,
nessuno può diventare un uomo”.
Beh… uomo… ora non più: finalmente Fabio Franchini, 46 anni, laureato
Isef e per tre volte campione di pattinaggio, ce l’ha fatta a liberare la sua parte
femminile.
La natura è crudele: a volte genera e degenera, con aberrazioni di tal
genere, dove un povero essere si trova condannato a dimorare in vesti non sue.
Sono felice per Fabio… Greta: è un diritto - anche un dovere! - correggere
gli errori della natura, che non è perfetta, infallibile e certamente perfettibile.
Benvenuta Greta.
“… i bambini non hanno peli
né sulla pancia né sulla lingua”.
Naturalezza e innocenza, è la loro forza: spesso mi capita di ricordare
che il bambino che fui è ancora in me, ma non so più riscoprirlo e parlarci.
Circuiti mentali complessi - talvolta tortuosi, calcarei e contorti -
fanno scattare automatismi e riflessi condizionati: reagiscono restituendo
pensieri già amalgamati, impastati e pronti all’uso.
Come reagenti chimici, Nitro e Fosforo mentali si fondono al fulmicotone:
notizie di questo tipo, fatte deflagrare in un asilo, portano subito ad accendere
polveri.
L’istinto mi ha fatto cercare acciarino e pietra focaia, per la miccia.
«Eh» mi sono detto «ah» ho ripetuto «boom» mi sono risposto: Fabio ha
fatto scoppiare la bomba all’asilo, in mezzo a esserini semplici e ancora da
plasmare.
Una cosa così sofferta e umana forse non era ancora da venire: come se a
chi ancora debba imparare a leggere e scrivere arrivassi a parlare di fare, del
Bosone di Higgs, la “Particella di Dio”, una tesi di laurea.
Sono fermo al mio tempo, quando si giocava al “dottore”, si esplorava
l’interno del pantaloncino corto e sotto la sottanina dell’amichetta,
domandandosi se ero io ad avere un problema o lei a non averlo.
Le prime esplorazioni quando si era acerbi e di poche primavere: lo
scoprire, con curiosa e candida naturalezza le prime timide scoperte della
diversità, che è la ricchezza del mondo.
«Ooh!»
“… finché i cretini fanno ‘eh’
finché i cretini fanno ‘ah’
finché i cretini fanno ‘boom’
[…]
ma se i bambini fanno "oh"
[…]
invece i grandi fanno "no".
Ebbene, li ho passati tutti, gli “eh”, le “ah”, il “boom” e il “no” di
primo botto.
Vicino a sessanta inverni, mi sono accorto di avere un cranio con materia
grigia che è come la casa, dove per tanto non ho cambiato aria e la fuga di gas
ha riempito quel chiuso;
e la notizia ha acceso la luce!
“Boooom”.
«Quello è scemo!» ho esclamato di primo acchito «tutto quel che vuole, ma
non in un asilo.»
“Così ogni cosa è nuova
è una sorpresa
e proprio quando piove
i bambini fanno ‘oh’
che meraviglia, che meraviglia!
[…]
ma che scemo vedi però, però
che mi vergogno un po’
perché non so più fare ‘oh’
non so più andare sull'altalena
di un fil di lana non so più fare una collana”.
Ebbene, la sfida è questa: la capacità di ritrovare il bambino, che non
fu, ma è sempre raggomitolato nel profondo di noi.
Parlare con lui; scoprire come spiegare al bambino che è negli altri e ai
bambini degli altri.
È compito dei grandi: insegnare e spiegare.
Il difficile non è il dipanare la matassa dei massimi sistemi, del
rispondere al “chi sono, da dove vengo, dove vado?”, ma ai molti “perché” dei
nostri bimbi.
Di come e perché Fabio DEVE diventare Greta!
“… e ognuno è perfetto
uguale è il colore
evviva i pazzi che hanno capito cos'è l'amore”.
Nel piccolo seme, che scompare quasi nella piega della mano, sta la
quercia, che un giorno ci sovrasterà e farà ombra.
Quel seme sarà piccolo, ma non così fragile: capace di stare fermo per
tanto, anche in un terreno arido ma pronto a crescere velocemente, con le prime
gocce d’acqua.
A noi dosare, senza annegare per il troppo o inaridire con il poco.
“Fabio-Greta” aveva correttamente preavvisato i genitori che,
riconoscendone dramma e animo, hanno capito cosa, come e quel che andava fatto.
In una società che nasconde la testa sotto la sabbia, non sa più gestire
il dolore e la morte, le diversità e il continuo trasformarsi delle cose e
anche la crudeltà e la crudezza del vivere, qualcuno ha saputo accettare la
sfida ed esercitare il ruolo del genitore.
“Quando i genitori fanno ‘oh’
che meraviglia, che meraviglia”.
Io, secondo me... 10.07.2012
lunedì 9 luglio 2012
domenica 8 luglio 2012
Cecco Coniglio
“Cecco” Coniglio è uscito dalla
tana e vorrebbe la carota.
Lungi dall’essere un simpatico
personaggio da fiaba, il nostro è un pezzo da novanta… come la fifa che, come
si dice, quello fa, misurando del vigliacco la febbre.
Presto gli sarà dedicato un
monolite a ricordo: si chiamerà “Punta Cecco”.
Oddio, come monumento è un poco
misero, un sassetto vicino alla… Costa.
Insomma, uno scoglio, solo
soletto tra le onde, in prossimità dell’isola del Giglio, nell’arcipelago
toscano.
Il piccoletto stava lì da
centinaia di migliaia, se non milioni di anni.
Chissà, magari ha visto pure i
dinosauri.
Eppure, neppure aveva un nome
suo: troppo insignificante per avere un’identità, fino a che “Cecco Coniglio”
l’ha preso in pieno.
Il capitano Edward Smith,
comandante del Titanic, è stato surclassato dal barcarolo di casa nostra;
Tutti sono capaci di centrare un
ghiacciolo grande come una montagna, ma un un foruncolo in mezzo alle acque…
altra cosa: ci vuole consumata perizia, professionalità, capacità e mestiere!
E che nessuno osi togliere al
nostro Francesco, “Cecco” Schettino, tanta maestria, usando l’arma dell’invidia
e dire che è stato solo un colpo di culo… casomai di fiancata.
Smith ha colpito un elefante con
il cannone: Cecco, a confronto, una mosca in volo con un pallino di carta, sparato
da una cerbottana.
Giù il cappello: onore al
merito!
E poi, Smith… un dilettante: si prodigò nelle operazioni di salvataggio, assegnando i
vari compiti a ciascun ufficiale e consegnando ai marconisti il messaggio di
soccorso;
Poi,
quando le scialuppe erano state tutte ammainate e ormai non c'era altro da
fare, passò al "si salvi chi
può", liberando l'equipaggio dal suo lavoro e affondò con la nave.
Il suo
corpo non fu mai ritrovato.
Un pivello: ci fosse stato Cecco,
gli avrebbe dato una dritta.
«Scenda dalla nave, cazzo!»
Smith, poverino, aveva un’attenuante:
era sfigato, senza santi e madonne in paradiso.
Cecco, si: grazie a una mano divina sulla testa, ha fatto una manovra
“solenne” evitando, grazie ad un “encomiabile” fiuto, che avvenisse una
“ecatombe”.
In verità, in verità vi
dico... parola di Cecco.
Ecco che Smith avrebbe dovuto
tenere, sul ponte di comando, quello che gli automobilisti degli anni ’60 sulla
macchina: il rosario e la placca calamitata, con fotografia di moglie e figli e
la raccomandazione “non correre: ricordati di noi”.
Schettino, da buon napoletano,
in plancia non c’era, ma aveva sicuramente appeso il classico cornetto
portafortuna che, pensava, era meglio del pilota automatico.
Occupato a dare la migliore
immagine, che ci si aspetta dal comandante di una nave che si rispetti, stava
dandola ad intendere a una bella biondona, e l’ha sbattuta. La nave.
Solo allora aveva capito di
comandare una banda di cretini.
«Ma dove mi avete fatto sbattere? Cosa mi avete fatto
combinare?»
Magnanimo, non infierì
sull’equipaggio di "Minus Habens", trogloditi
scarsamente dotati d'intelligenza.
«Vabbuò… bisogna essere lucidi, agire, mantenere la calma e
non perdere tempo a cercare i colpevoli.
Solo allora si ricordò di aver lasciato aperte le porte
stagne, per fare aria e corrente, arieggiare la nave e cambiare l’aria viziata.
Glu… glu… glu… troppo tardi.
La stoffa del marinaio venne… a galla e, facendogli prendere le decisioni
giuste.
L’istinto di sopravvivenza gli aveva dato la… dritta giusta: sterzare verso
terra, dove sbarcò per primo, salvando il prezioso PC portatile.
All’asciutto, con i piedi ben saldi, si rammaricò della mediocrità del
suo equipaggio, non all’altezza di uno scafato uomo di mare come lui.
E dire che, facendo tesoro di quando era mozzo nella flotta borbonica,
aveva lasciato ordini chiari e precisi, “a prova di scemo”.
«All’ordine facite ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a
poppa e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora: chilli che stann’ a dritta
vann’ a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta: tutti chilli
che stanno abbascio vann’ ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio
passann’ tutti p’o stesso pertuso: chi nun tiene nient’ a ffà, s’aremeni a ‘ccà
e a ‘llà”»
Proprio scalognato, il Cecco Coniglio.
E pure la Costa Crociere, società proprietaria della nave colata a picco:
ha preso uno scoglione!
Io, secondo me... 08.07.2012
giovedì 5 luglio 2012
Gladiatonti
Il contrassegno per i disabili non lo devono tenere sul cruscotto, ma
appiccicato al culo, dove hanno la faccia, i “moderni gladiatori”!
Poveretti, ne hanno diritto: deficienti lo sono, mancandogli il cervello.
Quel bruscolino, la noce che portano, infatti, è completamente dedicata
alla gestione dei piedi e alle funzioni fisiologiche;
Tanto - anzi, poco - a bastare per quel che devono fare: correre in
mutande e rotolare una palla dentro una rete. Possibilmente avversaria.
Ecco, diamoglielo, il contrassegno, da mostrare sempre, invece della
carta d’identità, giacché la funzione è medesima: a qualificare l’individuo.
I calciatori del Bologna erano a dover rispondere di un fatto schifoso:
belli, giovani, fighettoni, coccolati, lecca e paraculati, tenuti nella
bambagia e anche più pagati probabilmente del Presidente americano Obama,
entravano nel centro storico con il contrassegno per gli invalidi.
Pare usassero un permesso, poi associato alle targhe delle loro
“macchinine”, assegnato a una donna disabile, che da anni lavora per loro.
Ora, chiariamo una cosa: non ci vuole essere un geniaccio, per mettere in
pratica una furbata del genere; È alla portata anche di un analfabeta o
dell’ultimo dei tontoloni che, visto come funziona una cosa, è in grado - lo
fanno anche le scimmie- di imitare gli stessi della specie sua, usi a questi
espedienti.
In genere, sono poveracci, che tentano di sbarcare il lunario e lo fanno
per sopravvivenza: malizie da portinaia.
I “moderni gladiatori”, non hanno bisogno di questo: cosa cazzo gli
manca, che ormai c’hanno pure l’erba voglio, quella che si diceva non nascesse
neppure nel giardino del re!
Quelli che il procuratore aggiunto bolognino, Valter Giovannini, chiama
con termine maschio “moderni gladiatori” e assolve, quasi - tolgo il quasi -
con ammirazione, la professoressa Vera Slepoj, psicologa e
psicoterapeuta (già nel ’92, se non ricordo male) li catalogava così:
"I calciatori, specialmente i più famosi, sembrano vivere in un mondo
inconsapevole e comunque infantile e sono mantenuti al livello dei polli di
allevamento".
Non assoluzione, per ogni bischerata facessero: semplicemente, amara
constatazione di un quoziente mentale statisticamente a livello di galline
ovaiole
Polli di allevamentoappunto: i veri gladiatori, infatti, erano uomini e non
stupidi bambocci capricciosi.
Oltretutto, difficilmente la scampavano, per andare in giro a fare i
pavoni!
«La domanda sorge spontanea»
era il tormentone del bravo giornalista Antonio Lubrano, quando
era attanagliato da un sospettoso dubbio: vuoi vedere che il “Valterino”, sotto
sotto, c’ha la maglietta della squadra e ha la golosa voglia - purtroppo comune
a tanti della razza - di volere il colore al posto del bianco e nero; Uscire
dal grigiore di muffe aule di tribunale per apparire in televisione e sul
giornale?
Insomma: una botta di vita.
E già, perché il suo giudizio fa a botte con la regola de “La legge è
uguale per tutti”, del “Dura lex sed lex” dura da digerire, ma è la legge.
Senza contare il “Lex ignorantia
negat”: la legge non ammette ignoranza!
Ma dove c’è… che si dia giusto
contrassegno, per manifesta deficienza.
Che non è un insulto, ma
semplicemente la definizione di una mancanza.
“Valterino” non ha emesso una
sentenza, alla fine, ma una diagnosi medica, nel chiedere l’archiviazione del
reato dei bolognotti.
«Nel nostro paese i “moderni gladiatori” vivono in una sorte
di bolla immateriale che, salvo rare eccezioni, li mantiene avulsi dal
quotidiano, al limite dell’incapacità di badare agli affari correnti di natura
burocratica, che affaticano invece ogni persona che non pratica, ad alti
livelli, l’arte pedatoria!»
Bene: se sono così, non diciamo
cazzate e meniamo il torrone, con la solita manfrina che sia sempre colpa della
società, che ormai c’ha le spalle grosse.
Diamo, ai moderni “Gladiatonti”,
l’accompagnamento e la badante.
E al Valter, quattro calci… amichevolmente,
da tirare sul campo di calcetto!
Io, secondo me... 05.07.2012
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