giovedì 14 maggio 2009

Memorie al pancotto

Correvano - accidenti se correvano! - i mitici e indimenticabili anni sessanta, quelli del "Boom", che non era ancora lo scoppio delle bombe di Hamas o terroristi e assassini di tal fatta e mestiere;
l'esplosione ci fu, sì, ma dalla rinascita delle genti, dei nostri vecchi, che dalle macerie si sollevarono per mai volerci ricadere.
C'erano capacità, voglia di fare, intelligenze e buona volontà, di non tornare a fare della guerra una professione, un mestiere o, peggio, il rompere i coglioni al prossimo, tuo vicino o dirimpettaio.
Se ne aveva le scuffie piene di riempire bare al posto di dispense ed avere per casa fucili al posto di spaghetti e sfilatini.
Basta rogne, né per il re, per un duce e neppure per Dio!
Un pezzo di terra, seppur piccolo, era una sfida, da coltivare e farci del proprio meglio, a dimostrare a sé e al mondo che, oltre a menare le mani, si poteva fare altro, e per seminare non dovevi sparare in terra per il buco della semenza, e con il coltello tagliavi il formaggio, non teste; e i razzi non li lanciavi sul confinante, ma ci facevi i fuochi d'artificio per festeggiare la pace e il raccolto.
Popolo sconfitto e bastonato per aver cercato rissa, proprio da chi ci legnò ricevemmo aiuti, ma non carità.
Non fu elemosina, nel momento stesso in cui si seppe produrre valore aggiunto, approfittando della spinta per poi correre con proprie gambe, a riempire granai e non polveriere!
A scuola non si insegnò ad odiare, non si parlò di cancellare nessuno, nemmeno dalle cartine geografiche e, ai pochi nostalgici del manganello o dell'olio di ricino, delle purghe o di maglia rossa o nera, si strapparono presto unghie e denti.
Per me, allora acerbo campagnolo in trasferta cittadina, per i nostri vecchi e padri, stavano per finire i tempi grami del "Se non è zuppa è pan bagnato", ad indicare che, comunque lo si chiamasse, sempre pancotto c'era da mangiare; e quello, si sa, poca sostanza aveva, che era meglio il pastone delle galline.
Finita la zuppetta di mollica e crosta, oggi siamo ad un altro tipo di pappette: le memorie del pancotto, altro piatto povero.
Un pugno di gente, sopravvissuti e continuatori di tanti che diventarono cenere di forno, sono riusciti a trasformare una terra sterile e brulla, allora solo transito di pecorame - a due e quattro zampe - in pascolo rigoglioso: ecco Israele.
Esempio pericoloso, per chi gli sta attorno, che vivono di dittatura o sono padri-padroni, con l'istinto dei predoni-ladroni.
- «Cazzarola, ma allora esiste un modo per mangiare tutti e vivere bene, al di la delle tende e dei cammelli, sotto la spada del capoccia, e c'è solo un dio e il suo profeta, perennemente incazzati!
Al che, ignorando il saggio che vuole essere "voce di popolo, voce di Dio", quel che si vede tolto il pallino di mano e bella vita da sanguisuga, corre ai ripari:
- «Chiudete la stalla, prima che mi scappino i buoi: senza di quelli devo lavorare anche io!»
Ecco da dove nato il detto: "Fin che c'è guerra c'è speranza".
Questa copre ogni magagna perché, è risaputo: in battaglia è normale tirare la cinghia e portare la rogna;
lo stesso, non in tempi di pace, che le rivoluzioni fan perdere trono e testa.
Il manuale del buon despota insegna che bisogna avere sempre un nemico, buono per tutte le stagioni, da caricare delle colpe della propria incapacità.
Importante poi è fare cagnara, tenere il fuoco sotto il culo de mondo, che c'è troppa concorrenza di popoli oppressi e bisognosi: se si esporta il casino, si è al centro dell'attenzione;
se minaccio e metto qualche bombetta in casa d'altri, stai sicuro che ottengo ascolto e attenzione: mal comune è mezzo gaudio!
Quelli che stanno meglio, meglio vogliono stare e non avere grattacapi: hanno memoria di pancotto, a breve termine e per gli affari propri.
- «Sono povero palestinese, c'ho famiglia numerosa; babbo sta male, mamma anche. Fate la carità, altrimenti vengo sotto casa vostra a far sentire le bombarde!»
Sono decenni che campano di questua e, come l'ubriacone per i vino dell'osteria, i quattrini se li bevono: l'uno a cercare lo spirito e l'altro la benzina.
- «Marta, porta il libretto degli assegni, che ci liberiamo della scocciatura.»
Le donne, che sono più pratiche, cercano di ottenere qualcosa in cambio:
- «Vedi di fargli smettere di lanciare missili, o di liberare Gilad.»
E già: Gilad Shalit, 20 anni, rapito il 25 giugno 2006 da un commando di Hamas, penetrato in territorio israeliano dalla vicina Striscia di Gaza, grazie ad un tunnel sotterraneo;
tenuto in una buca, come neppure per un animale, schernito e torturato, senza poter essere visitato dalla Croce Rossa, in barba pure alla Convenzione di Ginevra: neanche a parlare di umanità o pietà, che non è patrimonio dei "bestihamas".
Ci smarronano con la storia dei poveri palestinesi, ma gli smemorati del pancotto ipocritamente tacciono le efferatezze di cui sono capaci, ed è spettacolo pure quando si menano tra loro, che sono specie cannibale!
La pace non la vogliono, perché non rende: è più facile andar di rapina, ricattare e prendere paghetta e pizzo che sudare in proprio.
E altri ci sono, a meritare di più e meglio, ma lì, la memoria al pancotto addirittura evapora!
Rebiya Kadeer...«E chicazz'è?», risponderebbe il meglio informato;
Uiguri...«Abitanti della provincia di Savona!», farebbe eco un altro.
Aung San Suu kyi...«Facile: la moglie di Bruce Lee!»
Dalai Lama...«Attenti, che quelle bestie sono irascibili e ti sputano in faccia!»
Due donne, un uomo eccezionali e popoli, derubati di terra, identità e libertà
E, per ammazzamenti e stragi ci sarebbe pure il Darfur, ma è nel continente, quello nero e lì, con il buio, ci si vede poco.
Il Tibet è stato ingoiato dal dragone e ora una ferrovia unisce la Cina al quello: come cavallette, un fiume di "estratti di limone", forti de numero, stanno trasferendo proprie attività e carabattole;
ovvio che, prima o poi, l'operazione renderà il processo omeopatico: solo diluite tracce tradiranno l'esistenza di quello che fu il nativo principio attivo.
Per la combattiva Rebiya Kadeer e il suo popolo, gli uiguri, lo stesso: sono completamente estranei al cinese, per tratti somatici, lingua, religione e cultura.
Mosche bianche, tra tante zafferano: da estirpare, come la gramigna.
Nella più completa indifferenza, dei portatori di memoria da pancotto.
Aung San Suu kyi...sta per morire, agli arresti domiciliari e rinchiusa da 19 anni in una catapecchia fatiscente, alla periferia di Rangoon, in quel di Birmania.
Il paese è ostaggio di una tirannia che vorrebbe tracciata una via al socialismo, ma ha solo lastricato la strada per l'inferno;
Aung San Suu kyi vinse le elezioni del 1990, subito annullate dal regime militare, che raccolse solo il due percento di voti, contro il sessanta di lei.
Nel settembre 2007 assistemmo tutti alla strage di monaci e non, che si ribellarono ai generali.
Ma tibetani, uiguri e birmani non sono palestinesi.
Certo meglio, ma non fanno tendenza: non c'hanno dimestichezza con il terrore e l'assassinio.
E poi, non posseggono la fabbrica del tarocco: la Palliwood mediatica, il taglio e cucito delle balle spaziali; e mancano pure di pelo sullo stomaco.
Imparassero da Hamas, Hezbollah e Al Qaeda, e allora si, che farebbero breccia nella "smemoranda"dei portatori insani di memorie al pancotto!


Io, secondo me...14.05.2009

Nessun commento:

Posta un commento