martedì 7 febbraio 2012

D’Halemas

Massimino, stanco di bighellonare in patria, dove la delega del sollevamento della patata bollente è stata data a un governicchio tecnico, in attesa di rientrare in gioco, quando più pericolo di scottarsi, ha cercato cazzeggio in un bel viaggetto in Cisgiordania;
come sempre, l’iperbole del bauscia parla di “missione”, per quello che invece sarebbe un incolore gita fuori porta, non fosse che, per attirare attenzione, il nostro applica il classico “Si parli bene che male, l’importante è che se ne parli”.
L’ormai collaudato sistema del riconoscere che sempre farà notizia l’uomo che morde il cane e di chi butta la vecchia sotto l’autobus invece che aiutarla ad attraversare la strada.
Mancandogli il braccio di Hezbollah, per la passeggiata, cerca quello di Hamas, giusto per restare tra “amici” e non perdere abitudini barbicate.

"Al fin della fera", finita la festa, l’anima e le radici sue ben sono a vibrare su stesse frequenze e toni, di chi del terrore ha fatto dogma e dottrina, indispensabile per la lotta: da Hezbollah ad Hamas.

Il motivetto canticchiato è sempre quello, alla Pol Pot: meglio sempre piallare tutto e ripartire da zero.

Lasciamo per un attimo Max D’Alema, “truciolo” di tanta lavorazione e andiamo a fare un breve riassunto dell’insegnato, ricevuto in eredità dai maestri: Lenin e Stalin, nella cui bottega moscovita il nostro Maxbaffino è stato apprendista, studiandone e assimilando storia e applicato raccomandazione dei vecchi, ossia, che il mestiere si ruba.

Vladimir Ilyich Lenin fu e resta la peggior figura di criminale che la terra abbia mai partorito, anche se lo sgravo suo lo seguì a ruota: il “Beppe” Vissarionoviec Dezugaesvili;
Stalin, ossia “acciaio”, per dar subito idea della freddezza e della durezza cui era capace.
A questi figuri si rifecero tanti “nipotini”, entusiasti ed efficaci promotori di loro idee e vocabolario, che rifiuta e rigetta ogni riferimento al termine “umano”, “umanità” e “umanitario”.

L’uomo come individuo cessa di essere.

«Dell’uomo si può fare quel che si vuole! Io voglio che nel pensare e nel reagire le masse russe seguano uno schema comunista!»

Parola di nonno Ilyich: c’era bisogno di mandrie di vacche da pascolo e latte, ma di pochi e selezionati torelli.

Per essere sicuro di partire con il piede giusto, si appellò a un luminare dell’epoca: al fisiologo russo Ivan Pavlov, per chiedergli se il suo lavoro di scienziato, sui riflessi condizionati del cervello, potesse aiutare il Partito a “controllare il comportamento umano”.
Voleva “addomesticare” le sue bestie, “raddrizzare il legno storto dell’umanità”.

«Costringeremo il genere umano a essere felice, costi quel che costi!

Costi quel che costi… e così fu: ecco il “Terrore rosso di massa”, per “raddrizzare” il legno storto e “costringere” il genere umano a essere felice.

Per il suo bene, beninteso: colpirne milioni per “educare” il resto… se ne avanzava.

Ma questo era parte degli “effetti collaterali” che, come spesso recitano i bugiardini delle medicine, in alcuni casi “potevano essere mortali”.
Solo che per il bastardo pelato, la cosa si ribaltava: sempre mortali, in alcuni casi qualcuno la scampava!
Contabilità per difetto: tredici milioni accoppati, fra il 1918 e il 1921… in soli tre anni!

«Tutto è lecito, lavoriamo per la Storia, per la dittatura del proletariato!»

Ciumbia!

Ubi maior minor cessat: dove vi è il maggiore, il minore decade;
nello specifico, si tradusse in: di fronte al più forte il debole si fa da parte… peggio: cessa di esistere.
Per la Storia, s’intende.

Da qui, completa licenza di saccheggio, rappresaglia e sterminio dei nemici di classe.

«Vamos a matar, compañeros!»

Ma con metodo, sistema, costanza, pignoleria, quantità piuttosto che qualità.
Se il partito era la spina dorsale, la Commissione era muscolatura;
la polizia, “meravigliosa macchina per distruggere l’essere umano”: braccio armato, con licenza e arbitrio assoluto; salutare “purga” per intestini pigri.
Un capolavoro fu poi la mostruosità giuridica;
fusione, in una sola struttura: tra organi che conducevano l’istruttoria, emettevano verdetti ed eseguivano condanne, che di morte andavano a nozze!

Dell’uomo si può fare quel che si vuole… tutto è lecito per “raddrizzare il legno storto”… Ubi maior minor cessat.

Furia rivoluzionaria, scientemente “gioiosa macchina da guerra”, dove “[…] imperativo era cancellare qualsiasi traccia della cultura preesistente, fosse essa iconografica, ideografica o semplicemente letteraria, a voler marcare col fuoco un «prima» e un «dopo»”.

“[…] sparare sugli orologi del tempo alienato per costituire il nuovo calendario della civiltà futura”.

Non per nulla, come da un documento ufficiale, si indicava che “[…] in nome del nostro domani, metteremo al rogo Raffaello, distruggeremo i musei, schiacceremo i fiori dell’Arte”.

Guarda caso, lo stesso concetto di sterminio e di distruzione dei Talebani: nel marzo 2001 distrussero due statue del Buddha, scolpite sulle pareti di roccia nella valle di Bamiyan, una di 1800 anni e l'altra di 1500, quando i padri di questi pirletti ancora erano a portare le pecore a cagare al pascolo.

L’idea di scheggiare la storia incisa nella pietra, per scrivere il tema della propria passeggiata domenicale, persiste in tante demenze.

Si legge che “ […] il Partito comunista e i suoi «ingegneri delle anime umane» non si sarebbero più fermati, fino a quando gli individui […] non si fossero finalmente trasformati in «rotelle»”;
della serie: impersonali e sostituibili ingranaggi tecnici.

Insomma: il “Take away” seguito dall’usa e getta, senza neppure l’obbligo del “Vuoto a rendere”.

Vladimir, escrescenza maledetta ordinava mattanze: «Impiccate, in modo che la gente veda e temi!»
Ma al peggio non ci fu mai fine che, alle disgrazie frutto di tanta incompetenza di gestione, per sopperire alla carestia e alle vacche magre, il macellaio volle che:

«Con la gente affamata che si nutre di carne umana, con le strade coperte di centinaia, addirittura di migliaia di cadaveri, adesso e soltanto adesso noi possiamo e dobbiamo confiscare i beni della Chiesa […] appropriarci di questo tesoro, costi quel che costi!»

Col cazzo che la religione era l’oppio dei popoli;
per la cicala era la formica cui sgraffignare il sudato raccolto, dopo aver passato bella stagione a minchionare, mentre altri sudavano.

Non basterebbe una vita, a raccontare storie di questi assassini, delle peggiori bestie che hanno impestato storia umana.
La contabilità dei morti ne ha tratteggiato crudeltà e potenza mortifera, seguendo “filiera” e “indotto”.

Da tanta spremuta, riconosco oggi succo;
capisco simpatie, empatie, accordo di vibrazione e sinfonia di concerto.

«Parlare con Hamas? Inevitabilmente […] non parlarci non è la scelta più brillante. Rimuovere questo movimento con un esorcismo, mi sembra strampalato […] Hamas non è più un movimento isolato.»

Nel 2006 a braccetto con Hezbollah, oggi con attributo gemello… in mezzo ai due: il lupo perde pelo ma non vizio.

Nero su bianco, Hamas ha scritto nel suo Statuto, la volontà di “cancellare” Israele: imballo e contenuto.
Baffino come Arthur Neville Chamberlain, il fessacchiotto inglese convinto che con Hitler si sarebbe potuto addivenire a miti consigli, nonostante che, nel Mein Kampf, questi avesse bel messo in evidenza propositi e obiettivi, che abbisognavano di fuoco, fiamma e fucina, per forgiare l’acciaio delle armi.

Ma Arturo, se vogliamo, era un ingenuo, con spesse fette di salame al posto delle lenti degli occhiali.
Baffin D’Alema no: la sua scuola ha solida… ossatura.

Furbo e attento, come una faina vicino al pollaio.
Pilatesco quanto basta, abile equilibrista nel mettere piede in più scarpe.

D’Alema, a mezzo tra il buon Samaritano e un missionario Comboniano, vorrebbe portare, ai “poveri terroristelli “[…] la posizione dell'Italia, un Paese che è amico degli uni e degli altri”;
“Equivicinanza” tra le due, che ha portato l’Italia ha dare il suo contributo decisivo per la stabilizzazione della frontiera israelo-libanese con la missione Unifil.
Peccato che, mentre i soldati davano il culo al Libano, dietro loro Hezbollah si è armato, con tanti missili da farne indigestione.
Così attento alla “Equivicinanza” da tacere quando Hamas sparava quotidianamente missili sulla testa degli israeliani ed essersi sbattuto i coglioni, quando Hamas rapì il soldato Shalit, tenendolo in ostaggio per anni per poi restituirlo, ridotto a larva umana, differentemente dai suoi grassi scagnozzi, dati in cambio del povero ragazzo.

Al Max riconosciamo pure le attenuanti generiche e genetiche… Talis pater, talis filius.

Per il resto: «Barbis D’Halemas: và da via i ciapp, ti e la tò “equivicinanza”!»

Che, tradotto dal dialetto meneghino, è invito a metterci altro, oltre che la faccia.


Io, secondo me...07.02.2012

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