lunedì 9 gennaio 2012

Biancorossoverde

Bianco, rosso e verde...a 215 anni dalla nascita, il tricolore ha cambiato faccia;

una mielosa leggenda voleva che, la triade tintoria, figurasse, alla nascita: il verde dei nostri prati, il bianco delle nevi perenni;
il rosso, il sangue di soldati e patrioti, morti in tante battaglie, per poter issare quel vessillo sull’indipendenza e l’unione di un popolo, sino allora sotto il tallone austriaco, occupante di turno.

Tolto lo zucchero a velo, più che una torta ci si trovò in mano un giro di frittata: presa come base d’impasto la coccarda della rivoluzione parigina, si scambiò solo l’azzurro con il verde, giusto per non fare un banale copia-incolla;
L’importante era mantenere il simbolo, lo scopo e il traguardo: mirare ad avere Giustizia, Uguaglianza, Fratellanza, sola garanzia di Dignità, Democrazia e Prosperità.

Il quel lontano 1794, due anime limpide e belle, copia delle tante che allora esistevano - Giovanni Battista De Rolandis e Luigi Zamboni - presero come distintivo il nastro della rivoluzione dei cugini, galletti d’oltralpe, per esaltare quanto ormai oggi si è perso per strada: Radici, Identità, Appartenenza, Fratellanza, Sacrificio, un Ideale.

I vagiti della neonata Italia riverberarono, dalla piana, dalle valli e dai monti.

Dopo 215 anni, la spianata e quella che c’è passata sopra, come uno schiacciasassi, e la valle è la depressione, creatrice di turbolenze ed ingoio dei nostri sudati risparmi.

Dai Monti...solo frane;

gli italiani vanno in bianco, sono al verde e con il conto in rosso.

Quelli a cui avevamo dato - incautamente - soffici poltrone e lucrose prebende, per amministrarci con oculatezza, hanno mostrato la corda, l’usura del tempo e la paralisi evoluzionistica, perdendo del tutto il contatto con i comuni mortali, fuori della realtà, ingessati e incollati al vecchio come l’intonaco sul muro.

Come a spurgare le fogne, ti ritrovi il rigurgito della tanta merda che hanno sparso;
come cicale, hanno saccheggiato la dispensa delle formiche operaie, avendo pure coraggio a venirci poi a dire «Bambole, non c'è più una lira», piccati, quasi fossimo noi i dissipatori.

Le piattole attaccano: al “Vox populi, vox dei”, ribattono con disprezzo: è solo “Populismo”, ipocrita e lecchina forma per dare contentino, assecondare e metetre silenziatore alle lagne d’ignorante, zotico, primitivo, brontolante e borbottante pentola di fagioli di “Popol Bue”;
e sorella sua, la “Demagogia”: frattaglia e mangime per alimentare sentimenti irrazionali, odio nei confronti del politico, da utilizzare come "capro espiatorio".

Praticamente, dopo essere stati messi a pastura ed ingrasso, pensando di farne sani e appagati gestori di portafoglio, ora sono a sentirsi vittime del fatto che sia rimasto nulla;
noi: ingrati, irriconoscenti, colpevoli di non comprendere i loro sacrifici ma, anzi, di volerli immolare sull’altare della crisi: il manovratore non si capacita del come, dopo aver deragliato, i passeggeri siano a lanciare invettive.

A loro, che hanno speso senza lesinare, “I migliori anni della vita”, per un popolo che ora li vorrebbe sulla graticola, per averlo reso in mutande.

Come per i tombini delle fosse biologiche quando, intasati e rimosso il tappo, rigurgitano i liquami, ecco apparire...il succo del discorso: i “Sistemi” Sesto, ”, i “Lascia e raddoppia”, i “Cazzo, non lo sapevo”.
Ecco il metodo con cui finanziare i partiti, per poter foraggiare la fame di posti da assegnare ai tanti “Compagni di merende”, sempre più golosi: compare qualcosa con soldi pubblici, pagando più del valore, salvo poi farsi dare sottobanco, dalla fortunata e complice controparte, una sugosa porzione del polpettone;
ecco pagare più del prezzo di mercato, strutture pubbliche - siano esse asili, scuole, ospedali, caserme, piscine, palestre e via andare - lasciando poi inutilizzato il tutto, quando ormai la famosa “Cresta” è stata fatta.
Ancora meglio: una volta che - abbandonati a intemperie, saccheggi e vandalismi - iniziano a dare segni di degrado, magari si riesce ancora a “pompare” altra linfa nel sistema, per il loro “risanamento”.
Una navigata, collaudata ma pericolosa “Catena di sant’Antonio”, le cui maglie ora stanno cedendo.

Lasciamo al ridicolo il terzo “Cazzo, non lo sapevo”: quel che si trova pagato la casa con vista sul Colosseo o le vacanze pagate, a 1500 Euri la notte, e ci rimane male, ma così di un male, quasi ad essere lui a scandalizzarsi, per questa “intrusione”, e non noi semplici mortaccioni di bassa estrazione.

Senza contare le mazzette, le bustarelle, che mai sono a passare di moda.
Ovvio che, chi le deve elargire, poi si rifarà sui costi, rovesciandoli - come la spazzatura gettata dalla finestra - sulla testa dei soliti noti: ingrato popol bue, intriso di demagogia e populismo.

Tanto sconquasso, l’uragano, la “Tempesta perfetta”, si è poi più avvitata, prendendo vigore e slancio ed abbattendosi sul fragile castello di carte su cui si teneva l’economia globale e globalizzata, dove è bastato abbatterne una per veder cadere il castello.

Era il 2006, quando dal paese di Mr. “Yes, I can”, arrivò - attraverso la cartolarizzazione dei crediti junk, spazzatura, le società americane fecero da “Untorelli” - polverizzato e spalmando sul resto del mondo
la nuova “Peste Nera”, che ammorbò ed avvelenò le borse e le economie di tutto il mondo: i “Mutui subprime”, concessi alle persone meno abbienti e con elevato rischio di mancato rimborso delle rate;
improvvisamente si ebbe modo di capire quanto le banche hanno fatto “pipì fuori dal vasino”, rivelandosi gonfie di carta straccia, con il classico gioco del cerino dove, una volta consumatosi, sono rimasti scottati: l’aver comprato debiti, poi non più esigibile, le fece, chi fallire, altre sull’orlo del tracollo e tante a traballare e, le più fortunate, con ferite ancora aperte.

Giusto per mettere in piazza anche le mutande sporche di chi gioca e ha giocato al maestro: traditi da giudizi entusiastici, emessi dalle agenzie di rating, che garantirono ottimo un paniere che conteneva anche bond garantiti da quella “munnezza”, dove si gettò a capofitto anche chi non doveva: gestori di fondi pensione e fondi obbligazionari in cerca del “Vincere facile”, invece della sicurezza di bot, btp o pronti contro termine.

Su tanto, giocato con tecniche - come dicevo - a mezzo tra catene di sant’Antonio e passaggi di cerini, ecco innestata l’incapace, ottusa, fragile e cieca gestione di quella che doveva diventare la Comune Casa Europea, dove due galli sognano di occupare l’intero pollaio, incuranti di cercare di salvarsi assieme collaborando e diluendo costi e benefici, dove non c’è matrimonio e amore, “fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia”, ma nel “Pro domo mia”, a favore della mia casa.

Tutto quanto messo assieme, giocando di sponda ed abbattendosi, come la boccia sui birilli, ha scompaginato tanti maestose costruzioni, edificate sulla sabbia, giganti appoggiati su piedi d’argilla.

Noi, eccoci allora inadatti al gioco: mazziati e cornuti, da un nanerottolo francese, che ha scatenato una guerra di scippo, su territori dove avevamo quasi il totale controllo d’estrazione di gas e petrolio.
La crucca teutonica che, come la - nel suo caso - “Brutta addormentata nel bosco”, pisola per un paio d’anni, lasciando sfilacciare la catenella Grecia, dissanguata dall’attacco di speculazione, dai morsi dei predatori, allontanandola dalla forza del branco per cercare poi di riammetterla, quando la giugulare già spurgava sangue.

Oggi siamo a dover fare i “Compiti a casa”, sotto la verga di un nanerottolo malefico e di un Bradipo: la “Kulona” “mangiakartofen”.


Abbiamo i “Professori”, ci dicono; con loro andrà meglio, tutto si aggiusterà, quasi fossero novelli Messia, con poteri taumaturgici ed esperti miracolanti.

Nessuno sembra riconoscerli e riconoscerne attributi, quando eran sempre questi a far da “Consigliori” agli “Scaldapoltrone”, che li avevano come eminenze grigie, sulla spalla, come avvoltoi, ad insegnare aria fritta e come scoprire l’acqua calda.
Quelli aprivano bocca, ma in playback: muovevano le labbra in sincrono con una base, parlata in sottofondo dai “Professor Monti” di turno.

Ora, “Il re è nudo”: i “Sibillatores” sono ad esporsi, scoprendone banali doti e capacità e solito teatrino, a dimostrare quanto è diverso e funzioni la realtà dalla fantasia, il concreto dalla teoria - dispensata a Urbi et Orbi -da dietro una scrivania ma fessa, quando in prova strada.

Invece che procedere con saggezza e buon senso, partendo dai tagli e dando il buon esempio nel rigore sui propri, partono dal fondo: tassare qualsivoglia cosa, innescando il conseguente aumento di merci, prodotti, servizi, condotti ed indotti, distruggendo economia di famiglie e di classi, che erano ossatura, fondamenta e tessuto di un sociale, ora compromesso da tanti esperti del disfare, più che del fare.

Piuttosto di calibrare e calmierare le entrate sul prodotto e risparmio da tagli, lasciando l’organismo ad avere qualche energia di ripresa, subito ne hanno succhiato sangue.
Ora promettono una fatidica “Fase due”, che dovrebbe permettere al moribondo di battersi sul quadrato con un peso massimo, al massimo delle forze.

Sceneggiata classica: sguinzagliare i mastini nei luoghi di villeggiatura, a cercare evasori, basandosi sul fatto che ivi stavano facendo vita godereccia, sfoggiando macchinoni costosi come appartamenti.
Sempre, da quando mondo e mondo, simili giochetti ne hanno fatti: ai tempi del governo Prodi, avevano mandato i controllori nei porticcioli, a far censimento di barche da nababbo.
A parte che solo una misera parte dei cresi dell’italiota penisola era in quei posti, è come voler catturare sciami di zanzare con il retino per farfalle o svuotare il mare con il colino della pasta.

Il Monti-show si abbevera di tanto, come quando si disse pronto a rinunciare allo stipendio, sapendo che non lo poteva fare, perché così è disposto da rigide regole, per salvaguardare la casta da pericolosi precedenti;
Il Marietto deve prendere le palanche, salvo poi farne ciò che vuole.
Ma lui ben si è guardato, dal dire eventualmente a che opera benefica farne regalo.
Intanto, come da copione, anche la sua dolce metà recita, facendosi fotografare al mercatino rionale, in artificiale ed estatica posa, di chi guarda ottimista al futuro, tenendo tra pollice e indice un sano prodotto della terra; giusto il tempo per la messinscena del “Vedete, anche io sono comune mortale, come voi”.

Poveraccia.

Viva l’Italia, viva il tricolore!

E gli italiani...in bianco, al verde e con il conto in rosso.


Io, secondo me...09.01.2012

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