martedì 3 gennaio 2012

Rivoluzione del cactus

Come per gli armadi, siamo al cambio d’abiti di stagione, anche per quella che fu la “rivoluzione araba” o “dei gelsomini”.
Scartato qualche capo un poco vecchio e tarlato, ecco, a far bella mostra di sè, quelli che erano appena dietro, nella fila.
Ovvio che lo stile non cambia, perché la pelle di chi li indossa è sempre quella, come del lupo, che perde il pelo ma non il vizio.
Solo degli emeriti babbei potevano credere nella baggianata illusoria di un mondo migliore, convertito all’idea di democrazia all’Occidentale, in realtà callificate e calcificate dove l’influenza della religione - più che della ragione - di Stato è unghia incarnita, viscosa e collosa bava di cozza sullo scoglio.
Il nostro concetto, di “Libera Chiesa in libero Stato”, non è esportabile, dove lo zoccolo duro concepisce solo un suddito stato - volutamente scritto con la “s” minuscola - immerso come una spugna in leggi, “più Allah che di qua”, nel senso della deriva che porta ad una divinità concepita più “padrona” che “Padre”, più di servitù che di servizio.
La massa serve ed è servita solo come da mandria: da aizzare, alla bisogna, contro ostacoli che, di volta in volta, si dovessero frapporre tra il delegato, l’illuminato e l’inviato del dio di turno e le sue mire.

“Tutto cambia, affinché nulla cambi”, sostiene l’esperienza di un affermato bizantinismo all’occidentale.

Ecco, solo qui c’è un contatto e si può dire che “Ogni mondo è paese”.

Sarà brutto ma, anche quando il boia indossa l’abito della festa, sempre di taglio e non di taglia si parla.
Da piazza Tahrir in Egitto, a Maidan Al Shajara, la piazza dell’Albero nel cuore di Bengasi, i mazziati e cornuti ritornano a prendere bastonate dai nuovi “padroni della melunera”, quelli che li hanno coglionati per scalzare i vecchi padroni del vapore.

Il pirlotto che s’è ribellato a Gheddafi e c’ha rimesso due gambe, prima incensato come “Eroe che ha dato metà di sè per la rivoluzione”, ora è a frignare che è “Senza un soldo, senza sussidio e neppure un grazie”.
Tanta grazia alle sue ed altre gambe però: il glorioso Consiglio Nazionale di Transizione si è affrancato, anche se la sua connotazione ora traspare...come una finestra infangata, come dice un altro rivoluzionario trombato, che sognava una cicciosa divisione del bottino, come ai bei tempi dei ladroni del deserto.
Gratta gratta, quando quelli che si sono fatti una pera saranno liberi dallo sballo, realizzeranno quanto del nuovo puzza di vecchio, ma sarà tardi: passata la festa, gabbato lo santo!
Nella “fattoria degli animali”, sempre resteranno pecore, al servizio dei maiali che, dopo aver scacciato il fattore, sono a rifargli il verso.

«Questo segna la fine di un lungo e doloroso capitolo per i libici. Ora hanno l'opportunità di determinare il loro destino in una nuova e democratica Libia. Uno dei dittatori più longevi non c'è più [...] Il coraggioso popolo libico ha combattuto per il suo futuro e ha sconfitto il regime e ora ha una grande responsabilità per costruire una Libia aperta, tollerante e democratica» disse la più orba talpa politica della Storia, Obama il bamba del “Yes we can”, convinto che bastano gli slogan a plasmare la realtà.

Una “ciofeca” peggiore di questa l’America non poteva eleggere, tanto è incompetente in politica estera, da essere ignorato da ogni terrorista e guerrafondaio che si rispetti, per nulla intimorito dagli isterismi di quello che reputano unl “Femminiello”, nell’arena del mondo, dove si affrontano nerboruti lottatori.
Svegliatosi di soprassalto, ai primi clamori e clangori della “rivolta gelsomina”, ha subito sputtanato la figura dell’Occidente, presentandosi come opportunista voltagabbana, trascinato dagli avvenimenti come la foglia caduta in un torrente, rinnegando quelli con cui, sino al giorno prima, era culo e camicia.
Peggio ancora: è stato menato con l’anello al naso, come la vacca al pascolo, dal “Nanerottolo Franzoso”, interessato a far scoppiare il casino in Libia solo per fottere il cugino italiota, compagno in quella che dovrebbe essere il massimo segno di fratellanza in un’ipocrita “Unione Europea”, nata senz’anima ed identità, ma solo per affermare supremazie “Cruccogalliche”.
L’”aiuto umanitario” agli straccioni della rivoluzione libica è stato “modesto”: le missioni sono state complessivamente oltre 26.200, delle quali più di 9.600 d’attacco.
Se facevano una guerra, allora, che cazzo sganciavano: la bomba atomica?

Oggi, dovunque si spinga lo sguardo, dall’Egitto alla Tunisia, alla Libia, si profilano i veri padroni delle stalle: dai Fratelli Musulmani ai più assatanati nel volere il ritorno alle antiche leggi degli avi, fermi a secoli fa, alla faccia di un’apertura ai grulli occidentali che, troppo attenti alle torri d’estrazione petrolifere, mai altrettanto all’innalzamento dei minareti - i manār, i "fari", da dove gli incitamenti dei muezzin - e alla “scarnificazione” delle altre religioni dall’ossatura del verbo incartato nel Corano, parola di Allah e del suo Profeta.

Rivoluzione del cactus!!

Io, secondo me...03.01.2012

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