«Che cavolo ci faccio qui?»
Prima del “chi sono, da dove vengo e dove vado”, a botta calda, questo mi vien di sbocco.
«Ehi, lassù… c’è nessuno?»
Con ficcanasare da portinaia, il mio sonoro sale la tromba delle scale celesti, rimbomba e amplifica sino alla cima, a voler attirare l’attenzione di chi sopra ci abita.
«Pazienza» mi risponde l’inquilino del pensatoio, il filosofo;
«Con l’ascensore o arrancando su per le scale, prima o poi ci arriverai, a soddisfare la tua curiosità!»
Incrocio le dita e faccio gli scongiuri, sentendo un brivido freddo salire fin su il coppino;
lo stesso effetto che ho, quando incontro la vecchietta dei piani alti: deve essere una coltivatrice diretta, perché gira sempre con appresso una falce;
e pure vedova, che veste in gramaglie.
Educata e perbene.
«Buongiorno figliolo. Alla fine la verrò a trovare!» e mi spara addosso quel sorriso tirato, su un ovale tutto pelle e ossa.
«Faccia con comodo» mi vien da rispondere «non ho fretta: c’è più tempo che vita.»
«Parole sante… parole sante» risponde, mentre cambia l’etichetta e il nome di un altro inquilino, sul citofono.
Improvvisamente pare assalita da un dubbio.
«Scusi… lei come si chiama?»
Per rispetto all’età, rispondo con garbo a tanta confidenza, che ci si conosce solo di vista.
«Beppe… Giuseppe Fontana.»
Ecco che tira fuori da sotto il liso e un poco sbrindellato tabarro un librone alto tanto, pieno di polvere e ragnatele… comincia a insalivare la falangetta dell’indice e scorre le pagine, correndo con l’ossicino sui tanti nomi.
«Beppe… Beppe… ah, ecco! No, è presto, c’è ancora tempo… ripasserò, figlio!»
Accidenti, ora capisco: deve essere l’amministratore.
Forse mi può aiutare.
«Scusi, signora: lei che è così disponibile verso il prossimo… conosce il padrone di tutto questo, che ne ho sentito tanto parlare ma non l’ho mai visto?»
«Ragazzo mio, non le posso dire nulla: lui ci tiene alla propria riservatezza. Però non si scoraggi: lei è nell'agenda degli appuntamenti e al momento giusto glielo farò incontrare… a meno che…»
Mi assale un poco d’inquietudine: quel “a meno che” mi pare minaccioso.
«Guardi signora che io sono in regola con i pagamenti dell’affitto» rispondo un poco risentito.
«Certo, certo… dicono tutti così e poi… beh, al momento giusto saprà; faccia il bravo, altrimenti si troverà ad avere a che fare con il figlio, quello con cui ha litigato a suo tempo… un peperoncino di uno. S’infiamma subito!»
«Ah, forse so chi è: me l’hanno indicato come il fuochista delle caldaie. Un caratteraccio… mandava tutti al diavolo… cornutaccio di uno!»
Volevo consultarlo, per il controllo annuale dei fumi… poi, visto il tipo, ho rinunciato.
«Lei non immagina la fortuna che ha avuto» di rimando risponde «altrimenti, più che salire lassù, sarebbe sceso nella caverna!»
Che ignorante: neppure sa che la parte sotto si chiama taverna e non caverna!
Che strani tipi circolano nello stabile.
Incrocio ancora l’inquilino del pensatoio, il filosofo.
Mi guarda che mi sento come uno che ha il cappero al naso e non lo sa:
«Da dove viene… chi è… dove va?»
Trovarne uno, che si faccia i cazzi suoi…
Zzzzziiinnnn… Zzzzziiinnnn… ZZZzzzazzzazzzz…zinnn
Batto con rabbia sul muro che mi separa dalle camere della vecchia.
«Allora, la smetta di affilare la sua falce, che qui c’è gente che vorrebbe dormire!»
Sento un ridacchiare sommesso e una vocina che ribatte:
«Ha ragione, scusi. Domattina presto esco per la mietitura; ma lei vedrà, che presto si addormenterà e non sentirà più nulla!»
Che gabbia di matti.
«Ma io, che cavolo ci faccio qui?»
Io, secondo me... 23.02.2012
sabato 25 febbraio 2012
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