martedì 2 giugno 2009

Don Beppe

In nome del Padre, del Figlio e...

Quante volte lo abbiamo fatto il segno, quello della croce: quanto i nostri padri e nonni, e così andando all'indietro con la memoria;
già, la memoria, le nostre radici, la Storia di chi ci ha preceduto in un lungo cammino: una staffetta, dove il testimone è passato da chi stava per cadere a chi avrebbe continuato per lui.
Dietro quel segno c'era - c'è - un messaggio che in sé è universale, perché predica la pace, l'uguaglianza tra gli umani, l'amore per il prossimo, la denuncia della propria fragilità ma anche che è in noi la possibilità e la responsabilità di correggere le nostre azioni, gli immancabili errori, per poi comunque risponderne.
La Speranza, perdio!
Ci è stato dato il dono più grande: comunque hai disgrazia e disgrazie nel nascere, una livella alla fine restituirà pari altezza ad ognuno, e non solo nel fisico di nani e storpi.
Fino all'estremo respiro, per quanto male ed errori fatti, la parabola dei lavoranti della vigna ci dice che, anche all'ultimo momento, il signore potrà concedere pure ai ritardatari pari mercede;
il perdono nel pentimento.
Mai prima di allora una figura così era stata; mai il messaggio di un Dio misericordioso, piuttosto che minaccioso, invadente, talvolta crudele, quando non ingiusto, al fianco di questo contro quello, che pareva un mercenario al soldo di una fazione, come oggi quello dei Bin Laden.
Il messaggio di Gesù - che lo si pensi uomo o Dio, ad ognuno scoprirlo - lascia sbigottiti, in un epoca, l'ennesima, di un trascorso in cui violenza, sopraffazione, crudeltà e carneficine parevano far parte della normalità, come le stagioni.
"Ama il prossimo tuo come te stesso...offri l'altra guancia...se non ami anche il tuo nemico, che merito hai?"
Da allora, più nulla fu come prima.
Tu - io - uomo hai nelle mani il destino ultimo: i talenti ti sono stati rivelati e dati e il farli fruttare o avvizzire è nell'uso che ne farai.
Non un essere supremo e superiore ora giocherà con te, come facevano i vetusti dei;
se gioco ci sarà, è nel vender questa primogenitura, riconosciuta a quell'essere chiamato uomo, per un piatto di lenticchie, un tiro di dadi.
Da quel momento, maledire Dio sarà solo l'alibi per chi ha sotterrato i suoi talenti perché, prima di questi, avrà seppellito sé stesso.
Potrai barare, se vorrai, ma all'ultima partita sarà la morte a vincere il banco, e alla fine rimarrà una moneta: quello per Caronte, il traghettatore;
e il tuo cuore sarà pesato e, per contrappeso, una piuma, come raccontavano gli antichi egizi.
Mai disprezzare chi ci precedette, perché anche loro prediletti da Dio, quando l'anima è pura.
Il mio Maestro non mi parla di morte, di conquista, di vittorie, di terre o maestà.
Non di questa terra sarà il mio lavoro, anche se a Cesare dovrò dare del suo.
Non è a dirmi che sono meglio o peggio di questo o quello, perché ognuno ha da dare qualcosa che l'altro non ha.
Forse che in una famiglia, se tuo fratello sta male, non lo aiuti; e lui domani, quando le parti inverse?
Il mio Maestro morì con noi, uomo tra gli uomini: non mandò altri a farlo per lui.
E nessuno può vantarsi di essergli succeduto, a fare da sigillo, dopo avere rimaneggiato quanto già c'era e averlo riscritto, cucendone vesti su proprie forme, a misura di bocca sua!
Un buon albero si vede da ciò che offre e quel che puzza di cadavere può pure fiorire, ma mai costringermi a dire che ha frutti migliori.
Gesù morì in croce, e quel segno non è maledetto, e ce lo fece capire quando portò con sé uno dei ladroni, che entrò nella vigna del Signore ottenendo comunque uguale premio, che Dio per lui, figliol prodigo e quasi perso, preparò il banchetto migliore.

In nome del Padre, del Figlio e...

Nessuna paura, a farmi il segno di quella croce: lassù nacque il nostro riscatto, altro che le settantadue vergini e la speranza di una scopata in un bordello di lusso!
Ora me lo vogliono cancellare, questo simbolo.
Offende la "sensibilità" di Tizio, Caio e Sempronio, mi dicono.
Cazzo! E la mia, quelli così delicati di stomaco, non la contano?
Cosa è per loro: un anatema, una macumba, un rito vudù
Ignoranti!
Prima di parlarne, se si offendono, ne capiscano il significato, la portata, il messaggio.
Ah, già, dimenticavo: chi si agita davanti a tal segno serve un dio da tanto al chilo, che più carne macelli e meglio gode.
Ci guardano e pensano io Tarzan, tu Cita.
Ognuno preghi come meglio crede, con i segni esteriori che più gli aggradano.
Solo, non occupando marciapiedi o piazze dove il presentare "cul in aria", al cospetto del tempio d'altri, mostrando segni e prepotenza del beduino, l'animo del predone rapace, il cervello grippato dalla sabbia del deserto e il manuale del piccolo conquistatore!
E liberiamoci dei nostri Esaù, i Prospero Bonzani, sacerdoti-imam, che svendono la croce e la vogliono in soffitta, per non offendere la sensibilità di animi così delicati;
o degli arrabbiati con Dio e il mondo, tipo Raffaele Cortesi, sindaco che arriva a vietare pure ai morti di avere sulla testa il segno della propria fede, solo perché da radici giudaico-cristiane e non leniniste-staliniste, come le sue!
Non è colpa nostra se, al cimitero e sulla tomba, si preferisce, incrociati, i legni del Salvatore e non la falce e martello!

In nome del Padre, del Figlio e...

Mettiamoci una...croce sopra e finiamola qui, e in special modo te, Prospero, che quello dove c'hai bronzi e batacchi si chiama campanile, non minareto.
Ma guarda un po se mi tocca ricordare il mestiere e far la predica a quelli usciti dal seminario...volevo dire: seminato.

Manco fossi Don Beppe!

In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.


Io, secondo me...02.06.2009

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