venerdì 4 settembre 2015

Patapisello


M o F?

Boh!

Alla vigilia dei sessant’anni non dovrei ormai più essere dilaniato da crisi d’identità.
Sedimentato le varie scorie, nel corso del mio spicchio temporale d’esistenza, con qualche crepa d’assestamento, pensavo ormai di essere solido e stabile, su fondamenta(li) e possenti colonne.
Mica vero.
Oltre a quello della barba, anche il rasoio di Ockham ha fatto il suo tempo e comunque l’ha avuto vinta l’UCAS: l’Ufficio Complicazioni Affari Semplici.

“Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem”… non moltiplicare gli elementi più del necessario.

“Pluralitas non est ponenda sine necessitate”… Non considerare la pluralità se non è necessario.

Magari ne avrà avuta faccia, ma non era scemo, nel XIV secolo, il filosofo e frate francescano inglese William of Ockham, italianizzato in Guglielmo di Occam.

Ebbene, no: UCAS batte (in… barba a) Ockham e il suo rasoio, 1 a 0.

Se proprio necessario - avrebbe suggerito il buon fraticello - a quel “M” o “F” sarebbe bastato aggiungere “A”… Altro, lasciando il “mutante” nei suoi panni o, meglio… nelle sue mutande.

Troppo facile, in una società sospesa tra Fantozzi - figura di sfigato cronico - e Tafazzi, personaggio interpretato da Giacomo Poretti, componente del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, la cui caratteristica principale è il masochismo;
in calzamaglia nera e sospensorio bianco, saltella colpendosi l'inguine con una bottiglia di plastica, traendone goduria.

Sin da bimbi si era esploratori di terre sconosciute;
acerbi e piccolini, ci si guardava nelle rispettive mutandine e la sentenza era certa:
il pisello era “M”, la patatina, “F”.
Si cresceva e, nessun dubbio, quando si doveva rispondere, vistando la casellina apposita, su moduli e scartoffie varie.
A fugare ogni dubbio, pesavano non poco le parole di un personaggio di peso e autorità, oltretutto… altolocato:

“Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò;
Maschio e Femmina li creò”.

Dio creò l'uomo… Maschio e Femmina li creò: dal singolare al plurale… Uhmmm… qualcosa non quadra.
Era al sesto giorno di massacrante lavoro e la stanchezza avrà giocato un brutto scherzo;
l’assemblaggio non dev’essere stato dei migliori e dal miscuglio ecco nascere il “Patapisello”, progenitore del “Sesso fluido”, un qualcosa in perenne ebollizione e trasformazione, come il magma di un vulcano.

UCAS batte Ockham 1 a 0… no… 23 a 0.
Ventitré: tanti, almeno, sono i generi della specie umana, censiti dall’Australian Human Rights Commission;
gli omosessuali, i bisessuali, i transgender, i trans, i transessuali, gli intersex, gli androgini, gli agender, i crossdresser, i drag king, le drag queen, i genderfluid (quelli che si avvicendano, tra maschio e femmina), i genderqueer (ogni tipo di gender al di fuori di maschio/femmina), gli intergender, i neutrois, i pansessuali, i pan gender (che rigettano un singolo gender), i third gender, i third sex, le sistergirl e i brotherboy.

Mi par di ritornare a memoria al periodo bizantino, quando i teologi erano soliti dibattere tra di loro sul sesso degli angeli;
anche quando i Turchi di Maometto II stavano per espugnare Costantinopoli, nel 1453, e porre fine all'Impero romano d'Oriente e alle loro sciocche diatribe, nel cazzeggio su cose inutili.
Perdendo quel tempo che sarebbe stato meglio utilizzato per cosa più pratica: salvarsi il culo.

UCAS batte Ockham 1 a 0… 23 a 0?
No: 56 a 0!

Quelli come me, tradizionalisti, improvvisamente si scoprono in minoranza: l’”outing” - il rivelare pubblicamente l'omosessualità o diversità - è divenuto una moda.

«Come, vai ancora solo con le donne? Sei out, retrogrado!»

Devo trovare il modo di rientrare nel con-sesso civile, nel gruppo, nel branco.
Meno male che ci ha pensato Facebook, che ha creato cinquantasei tipi di gender, nel tentativo d’ingraziarsi questa nuova fetta di emergenti.

Nel febbraio del 2014 diede la possibilità agli utenti non “M” o “F”, di scegliere cinquantasei diversi modi per autodefinirsi.
Mal gliene incolse: non incluse nel numero l’opzione “non-gendered identity”, che a tutta prima sembra la stessa cosa di “agender”, “non-primary” e “two-spirit”, ma che evidentemente non è così.
Molti scrissero arrabbiati, sentendosi discriminati.

E dove li mettiamo i “Cisgender”, termine che definisce le persone non transessuali?
Il termine non è riconosciuto da tutti e molti “non transessuali” hanno protestato, incazzati.

E il “Format”, il modello o la struttura?
Presenta prima “maschio”/”femmina” e solo dopo l’opzione “personalizza” con tutti i tipi di gender.
Perché prima? Sono forse più importanti degli altri tipi di gender?
Altri incazzati neri, a rognare e far cagnara.

E i pronomi… cazzo, anche qui ci trovi quelli che hanno voglia di far casino.
“[…] sono rudimentali – uno può scegliere di essere chiamato “lei”, “lui”, “loro” – e rimangono fermamente “gender normative”.
Insomma, Facebook non poteva inventarsi pronomi personali nuovi e più inclusivi di quelli vecchi?

Volendo far credere d’essere all’avanguardia, i “signori Facebook” presero impallinate da ogni dove: ovunque girassero le terga, si trovarono impiombati.

Non so come e se hanno ovviato all’inconveniente, se la nutrita lista dei fantasiosi trasformisti poi fosse stata implementata o abbandonata, ma il tentativo di “lecchinaggio” mal gliene incolse.

Della sfera privata, del sesso e carnazza nell’intimo non mi frega una beata fava.
Né esiste qualcosa che mi scandalizzi, che ritenga immorale o peccaminoso: tra esseri adulti e consenzienti, delle loro corsie preferenziali, di quel che fanno me ne impippo.

Paletti ne metto pure io, dentro però quelli che sono confini a difesa della famiglia che può generare, senza ricorrere a brodaglie chimiche, provette o uteri in affitto, per creare una parvenza di normalità in quello che sarà comunque sempre condannato a rimanere sterile.

Binomio e binari che, per loro stessa natura, destinati a viaggiare paralleli, ma mai a convergere o fondersi.
La famiglia generante di qua, il rimanente, di là.
Ognuno si porterà appresso valori diversi, come diverse le regole e le leggi, ad amministrare diritti e doveri mai equiparabili, miscelabili come l’acqua con l’olio.

Progetti demenziali, alla François Hollande, in Francia, in procinto di abolire dal diritto di famiglia i ruoli di madre e padre, sostituiti dai termini più neutri di “genitore 1” e “genitore 2” è roba da gabinetto, sì, ma non di Governo!
La parola “matrimonio” e “famiglia” deve rimanere indissolubilmente e senza ambiguità legato a quel che era, è e sarà sempre: l’unica realtà per natura capace di generare figliolanza.
Il rimanente si chiami come vuole, con doveri e diritti, ma in proprio brodo di coltura e cottura.
Alle cinquantasei tipologie, se ne inventino e aggiungano altre, se si vuole, magari pure con codazzo: s.p.a., s.a.p.a., s.r.l. a s.n.c. o s.a.s.

Usare le parole mamma e papà non è una forma di discriminazione.
Marito e moglie non si riducono al termine “sposi”  e “Padre e madre” non sostituiti dal termine “genitori” o indicati come “genitore 1” e “genitore 2”, “mamma 1” e “mamma 2”, “papà 1” e “papà 2”, come vorrebbero le lobby gay.

E non vale la regola secondo cui “invertendo l’ordine dei fattori, il risultato non cambia”.
A essere discriminati, nel voler usare i termini di sempre, risalente alla notte dei secoli, non sono gay e lesbiche, ma quelli cui costoro vorrebbero imporsi e imporre.
Da che mondo è mondo, il metodo “naturale” prevede un solo ingresso e un’uscita, per fecondare e sgravare un ventre.
Ancora l’evoluzione non ha dato pensare di avere aperto altre nuove vie.
Per favore, almeno su questo, non prendiamoci per il c… fondelli.

E chi volesse tacciare di omofobia, veda di andare aff…… farsi benedire!

Diversi comunque siamo, almeno nel modo in cui usiamo le “attrezzature”.
E nel fare figli, che ancora non nascono sotto i cavoli o sono portati dalla cicogna… e neppure dalle altre 56 o più categorie.
Non siamo noi a separare ma la natura e chi l’affronta ci va contro.

Semplice, lineare, come un filo di rasoio. Di Ockham.



Io,  secondo me... 04.09.2015

Nessun commento:

Posta un commento