giovedì 26 aprile 2007

La visione di Jorge

Ne "Il nome della rosa” di Umberto Eco è racchiuso un mondo in miniatura che ci aiuta a capire le cause scatenanti della recente ira funesta, dell’Islam più bieco e ottuso: l’umorismo, il riso, l’ironia, l’ilarità !
"Non vediamo nulla di tutto ciò !", mi risponderete.
Qualcuno di voi, seppur catturato e incuriosito dal titolo enigmatico, disgustato e scandalizzato, interromperà qui la lettura.
"Solo tu riesci a trovare il ridicolo; qui si rischiano attentati e il veder scorrere il sangue !".
Vero.
Vediamo se mi riesce far mio quelli di voi che hanno deciso, sconcertati, di continuare a scorrere queste righe.
Venite con me, indietro nel tempo, nel lontano novembre di un freddissimo inverno del 1327;
Ecco, entriamo in una ricca abbazia benedettina dell'Italia Settentrionale;
In un mondo caduto nelle tenebre e nella superstizione, ignorante e ormai analfabeta, nell’inferno dei figli d’angeli decaduti, le uniche luci, gli scrigni che contengono gli ori del sapere sono proprio le abbazie, i monasteri.
Lasciamoci fuori i deformi mondi, rovine e mostruosità e accomodiamoci nel tepore, nella luminosità luciferina di quest’isola felice in cui abbiamo avuto la fortuna di naufragare.
Amanuensi e incunaboli, Inquisitori, eretici della setta estremista dei dolciniani, dispute sulla povertà di Cristo e della Chiesa, li lasciamo fibrillare attorno a noi, ognuno con la propria storia, ad agitarsi in tanti universi paralleli che fanno da contorno.
Non c’interessano.
Fissiamo l’attenzione su quel monaco, vecchio e cieco, intelligente ma inflessibile, severo, determinato, antico depositario dei segreti della monumentale biblioteca.
È un assassino, un ostinato omicida.
Guardatelo: è convinto che la sua sia giustizia, con delega, in nome e per conto di Dio !
Quante volte l’abbiamo già vista quella sicumera, eh ?!
Il canuto monaco, cieco, Jorge ha ucciso per impedire che fosse scoperto il perduto libro secondo della Poetica di Aristotele, un'opera PERICOLOSA per la Chiesa perché vi si ESALTA L'UMORISMO che "UCCIDE la PAURA, e senza di questa non ci può essere la fede. Senza la paura del demonio non c'è più la necessità del timore di Dio".
Certo: il ridicolo ucciderebbe anche un Dio !
Nulla può sopravvivere a questo sicario perché nessuna divinità, nessun Profeta, nessun essere potrebbe restarne intoccato;
ne uscirebbe a pezzi: ridimensionato, ridicolizzato, "nanizzato" da un riso velenoso, dissacrante, disincantato !
Il potere si regge sulla paura e questa, sull’ignoranza: si teme quel che non si capisce;
si obbedisce, si è succubi del buio, come un bambino impaurito dall’uomo nero, dall’orco !
Il riso è come la lama di luce che strappa il tessuto della notte, della cecità.
Il dio di Bin Laden è come quello degli inquisitori, uguale agli antichi dei pagani: crudele, inflessibile, altero, macellatore di genti ed eserciti.
Guai a riderne nel vederne la scucitura sulle braghe, sotto la possente armatura !
Le vignette satiriche su Maometto non sono percepite come offese, ma come breccia nelle difese, lo sbrego nelle mutande.
Uccidono la paura, intiepidiscono il timor reverenziale.
La gente ride.
E non ha più paura.
L’Islam peggiore, allora, risponde e scatena i suoi...Padre Jorge !

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