lunedì 23 maggio 2011

I figli di Hazet



Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

Pisapia: cambiare Milano si può...Giuliano for mayor!

Sarà una mia...Pia illusione, ma l’esordio non è dei migliori, quando cerchi di “spacciare” per valore aggiunto il parassitismo dei centri sociali, le caserme dell’estrema sinistra, vivai generati dal seme di Hazet;
Hazet 36, inglese 40-45 centimetri...bella cera...di un lucido cromato, ma con un cuore freddo, d’acciaio: se l’incontri, ti si appiccica addosso.
Ti entra in testa così bene che, se gli resisti, lascia il segno...da frattura multipla della scatola cranica, con penetrazione di frammenti d'osso e fuoriuscita di materia cerebrale.
Indimenticabili quegli anni...quando c’erano loro, caro lei: i Katanga, la tribù di Mario Capanna.
Il nome era di una provincia del Congo ma, quelli nostri, erano fauna della città meneghina, la Milano del risotto con l’ossobuco...che scavavano, appunto, con la Hazet, come ci ricorda un bravo giornalista: Giampaolo Pansa.
“Servizio d’ordine”...suonava così innocente, ai tempi, il loro muovere, davanti ai cortei rossi, “per guidarli e difenderli, dai fascisti e dalla polizia”.
Teneri: il papà che protegge la prole...con mamma Hazet.
Tutina virile, elmetto “paratestadicazzo”, mascherina, per non farsi veder piangere, sotto i lacrimogeni;
anfibi pesanti, che parevano messi per far sì che, anche se colpiti, davano quella stabilità per riportare alla stazione eretta, come per il pupazzo gonfiabile di Ercolino Sempreimpiedi, degli anni ’60: aveva la base da riempire d'acqua per dargli stabilità e, una volta colpito, andava a terra per poi rimbalzare all’insù, grazie a quel contrappeso;
e spranghe: belle, tonde, tozze e pesanti...ma mai amate quanto la fedele ed “ergonomica” Hazet 36 che, se poi te la infilavi nella saccoccia davanti, ti gonfiavi d’orgoglio.
Come per tutte le cose, l’evoluzione della specie selezionò sempre “il Migliore”, i più adatti, i più svegli e pronti a rispondere al nuovo che avanza...con la P38: dall’acciaio al piombo.
Ma la mitica, fedele, rassicurante mamma Hazet...ah, che malinconia!
«Tiremm innanz!», andiamo avanti: rimane sempre il “valore aggiunto”.
«In Europa è tutta un’altra cosa: se tu occupi abusivamente un palazzo, per farci qualche festa e ci dormi pure dentro, mica ti sgomberano; ti danno una mano. Il Comune ti valorizza, perché sei una risorsa per la città, che altrimenti rischierebbe di diventare un posto orrendo e ostile per i giovani.»
E poi, la gente, quando va in ferie, ha paura dei “topi d’appartamento”: peggio hanno da temete invece da quelli dei centri sociali, che ti fanno “esproprio proletario”, fregano dell’altrui e ti lasciano la rogna!
Ma i nostalgici dei tempi di Hazet, vanno oltre: si “preokkupano” del prossimo...il prossimo che arriva in casa nostra, attratto dalle maglie larghe aperte da quelli come loro, che vorrebbero il paese bucherellato come un colino, a far indistintamente di tutto, manco fosse il paese del bengodi, la patria della cuccagna, paese di “grattaroli nullafacenti”, come i figli di Hazet, chiavica sociale del “vogliamo” senza saper coniugare un “diamo”.
«I campi rom non dovrebbero esserci in una città» e sin qui, saremmo anche d’accordo;
perché sono i rom che non ci devono essere: quelli all’origine arrivano fessi, già al trasloco, con cartoni e lamiere per la casetta, e non certo perché così li abbiamo conciati noi, ma prodotto di scarto di una dottrina decomposta, che prometteva paradiso in terra, sol dell’avvenire e potere al popolo.
Guarda caso, le radici, il seme, la storia di famiglia di Hazet.
Cosa facciamo: noi le formiche per essere poi “okkupati” dalle cicale, quelle che, mentre gli altri sgobbavano, cantavano e andavano a polenta e salamelle, con la presunzione degli unti, la razza eletta di Lenin e Stalin?
E dobbiamo costruire case per quelli che hanno sbagliato stalla e pastore e ora gli va bene pure il pastone, la sbobba degli “sporchi capitalisti”?

«Ma andè a da via i ciapp cun vert l'umbrela!», aprite l’ombrello dopo averlo infilato nel posto giusto.

Pisapia è pro, da questa parte; ma poi pende, anche da un’altra:
E la presa per i fondelli continua, che vorrebbero ancora far baldoria, tirando fuori dalle cantine le vecchie graticole, per la festa delle costine.

Un bel “gay pride” non stop, a Milano, che, da patria dei “danee” e del “cumenda”, un poco “bauscia”, “el bavetta”, insomma, un poco sruffone, diverrebbe la tana del turismo omosessuale.
Il Giulio, in perfetto accordo - culo e camicia, come si dice - con il Nichi Vendola: fallita quella proletaria, di rivoluzione, si accontenta di volare più basso;
magari rispolverando quella concordanza d’obiettivi, del giugno 2001, quando “Nichigiulio” auspicavano l’uso libero della “cannabis indica”.
“Yes we...cannabis: oppio dei popoli”.

Che Dio ce la mandi buona.

Ma anche qui, dobbiamo indovinare quale, dopo che il nostro eroe vorrebbe aprire le finestre sulla piazza, ormai non più rossa, ma sul verde dove sentire, invece che il canto degli uccellini, ma il richiamo del muezzin, dall’alto del minareto.
«Riteniamo che la realizzazione di un grande centro di cultura islamica che comprenda, oltre alla moschea, spazi d’incontro e aggregazione, possa essere non solo l’esercizio di un diritto, ma anche una grande opportunità culturale per Milano.»

Allahu akbar.

E per chi c’ha la zucca dura, giù botte;

come per Francesca Pagani, 65 anni, che appoggia Letizia Moratti: a Milano, mercato di via Osoppo, s’è presa bella lezione.
Pestarne uno per educarne mille!

Pisapia, difende il pollaio: «Siamo stati provocati e aggrediti!»

Francesca, classe ’46, contro “Hazet”: un bel maschione di un metro e ottanta.

Cambiare Milano si può.
Il dado è tratto, il bullone pure: serve solo una stretta, un bel giro di vite.

Ancora la cara, vecchia e fedele Hazet 36.

Io, secondo me...23.05.2011