martedì 27 settembre 2011
OSCARrafone
«Se il PARLAMENTO è POVERO e PEZZENTE come oggi, c’è da dubitare che ci sia democrazia!»
Classe 1918, qualche problema di tenuta è normale che la presenti, anche se uno stato di grazia lo ha preservato dal travaso in altro mondo, che si vuole sia sempre migliore, non in braghe di tela come il nostro;
di “una desolazione gravissima”, da doverci stare giocoforza, ma con sommo schifo.
A suo tempo “parcheggiato” nel Palazzo del Quirinale, estratto dal bussolotto della lotteria e non certo dall’urna del voto popolare, si ritrovò vestito da festa, nell’abito di "Presidente Emerito della Repubblica".
Oscar Luigi Scalfaro, fino alla fine, evidenzia e ripropone l’innata arte della “Pontificazione”, quella del divino parto dello “scalfarotto” pensiero, della tromba dell’Altissimo;
di ritenersi “Er mejo fico der bigonzo”, il miglior frutto nel cestino della merenda del buon Dio.
Aristocratico per censo divino, a poter affermare - a confronto nostro - con sicumera, con tanto blasone:
«Perché io sò io e voi nun siete un cazzo!»
Oscar, il “Pontifex maximus”, giudice e boia, alla pari del «In verità, in verità vi dico...»
Magari meglio, visto che quello, “Salvatore”, rimase secco a solo trentatre anni, mentre l’Oscar, con sessant’anni di più, ancora predica al prossimo, raccomandandogli di stare accorto, altrimenti “Sudi...ti viene il mal di gola e muori”, povero e pezzente, in una “desolazione gravissima”.
Bello e paciarotto, ben pasturato all’ingrasso, non mi pare se la cavi maluccio, come tanti pari suoi, che parlano, parlano, parlano, sputano, sputano, sputano, sputtanano, sputtanano, sputtanano, denunciando Stato di Polizia e a “conduzione famigliare”, alla Videla, alla Franco, alla Hitler, alla sFascio-Mussolini e poi mettono ciccia e continuano a borbottare come Borlotti, papposi fagioli sempre in bollitura.
Il più disgraziato di questi prende in un mese quanto un operaio in qualche anno, senza contare che, al culo a ventosa sulla poltrona, tanti associano mani tipo carta moschicida, dove - com’è, come non è - tanta carta moneta della “Res Publica” ci rimane invischiata.
Salvo poi scoprire che anche io, povero pirla di mezzemaniche, c’ho il ”debito pubblico”.
Eppoi, dai, Oscar, fatti la tua bella colazione, con latte e biscotti;
un bel pancottino con aletta di pollo lesso a pranzo e, la sera, per stare leggeri, solo risi e bisi.
Durante la giornata, per ammazzare il tempo, un bel giretto con l’auto blu (tua o quella della figlia, se non l’hanno tolta), una puntatina al parco, a portare granaglie ai piccioni e a guardare il lavoro dei cantieri, assieme ai tuoi coscritti.
Come disse un tuo pari, di un annetto più “giovane” di te: l’importante è tirare a campare, invece che le cuoia!
Alla tua veneranda età, se ti agiti troppo, sudi, ti viene il mal di gola...
Parlamento è povero e pezzente... dubitare che ci sia democrazia...
Ma va a ciapà i ratt...cambia aria, vai a perder tempo altrove!
C’hai i capelli bianchi, dovresti aver monetizzato le tante primavere, aver acquisito saggezza e buon senso.
Mi pari invece la bella fiammiferaia, che continua ad accendere zolfanelli vicino alla polveriera.
Usa almeno un lessico più articolato, meno greve e rozzo, tagliato con la roncola, per esprimere il dissenso.
Non sei all’osteria, tra avvinazzati e storditi.
Sii all’altezza e degno, riconoscente alla Provvidenza, a quel colpo di culo che il destino ti ha regalato, nonostante meriti ridotti al lumicino, da cercare con il lanternino, se mai ce ne sono.
Sono io a dirti « Non ci sto!», al tuo giochetto al massacro, ex Presidente Emerito della Repubblica e mantenuto Senatore a vita.
Non è tanto il Parlamento, che ti sta stretto: sono i tempi.
Quelli belli, di quando, invece di scegliere la pericolosa vita di montagna, a far la Resistenza, preferisti la più tranquilla posizione di Magistrato civile a Novara, a distribuire pena di morte, pur con “ profondo travaglio intimo e personale, per alcuni responsabili fascisti.
Alla faccia dei tuoi “Princìpi cristiani”, che tra i comandamenti, al quinto di dieci, hai preferito quello del codice di guerra, invece che dare buca e cambiare mestiere.
Ma, senza quel trampolino di lancio, col cavolo che saresti entrato nel carrozzone di quelli che si sarebbero spartiti le vesti dell’Italia, come i centurioni i panni di Gesù: lasciato la toga, nel 1946, ecco il salto della quaglia, eletto a Torino, fra i più giovani nelle file della Democrazia Cristiana.
Da allora, di quel che emerse durante “Mani pulite”, degli intrallazzi e delle tangenti, non si accorse di nulla;
il “Padre della Patria” non vide le marachelle della creatura sua.
e già: lui era solo casa e chiesa...e impacchi di fette di salame sugli occhi, a voler ben pensare e nulla malignare.
3 novembre 1993...memorabile quell’anno, quando improvvisamente si sveglio dal coma, perché lo tirarono in ballo.
Scandalo servizi segreti del SISDE: una gestione di fondi riservati che aveva tutta l'aria di aver visto abbondanti “distrazioni di fondi”.
Uno degli indagati, Riccardo Malpica, ex direttore del servizio, affermò che Mancino e Scalfaro gli avrebbero imposto di mentire; di più: il SISDE avrebbe versato ai ministri dell'interno 100 milioni di lire ogni mese.
Svegliato da profondo letargo, si fiondò in televisione e, a reti unificate, interrompendo la partita di Coppa Uefa tra Cagliari e la squadra turca del Trabzonspor, esordi con un bel «Non ci sto!».
Era tutto un “gioco al massacro", una rappresaglia della classe politica, travolta da Tangentopoli, nei suoi confronti.
Povera stella.
I tempi, i tempi, sono questi che ti fregano, Oscar;
tu come le mummie dei Faraoni: hai preso ormai una brutta piega.
Stenditi al sole, vai al mare...no, meglio la montagna, visto i precedenti.
Non vorrei ti ritrovassi un altra Edith Mingoni, con il prendisole, a mostrare le spalle nude.
Ti potrebbe scappare ancora il tormentone, a dover rimproverare ancora la peccaminosa:
«È uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di coprirsi!»
Addirittura gira ancora insistentemente un altra versione: che tu l’abbia anche schiaffeggiata, l’impudica.
Come in tempo di guerra, a sancire la morte, sempre a voler comandare, anche sulla e della vita degli altri.
Lo confesso: quelli come te li disprezzo;
mi verrebbe voglia oggi di lanciare il guanto, come fece l’allora padre, e pure il marito della “svergognata”, quando ti sfidò in singolar tenzone.
Ma non lo facesti allora, men che meno ora: “badrone ordina, venerdi obbedisce”.
Le mani...pulite.
A te, basta dare l’ordine di castrazione, per ogni cosa sfugga al tuo comprendonio.
Ai sicari, andar di cesoia.
Consolati: a qualcuno piacerai pure;
In fondo, è pur vero che...ogni Oscar...rafone è bello a mamma soja!
Foss’anche “povero e pezzente”.
Io, secondo me...27.09.2011