martedì 3 giugno 2008

Per un pugno di dolori

Sarò noioso.
Questa volta rinuncerò agli "effetti speciali", a voler scuotere per incuriosire, a provocare per interessare e quanto è l'armamentario che si usa per non farsi e far del male a chi legge, che comunque ha sempre il vantaggio di svolazzare altrove;
ma devo fare quanto m'appresto, che non posso avere solo voce per maledire:
talvolta, e questa è una, devo esprimere l'ammirazione, il piacere, la gratitudine e quanto ogni ben di Dio, per chi lavora sott'acqua, per quelli che mantengono "basso profilo", ma sono espressione dei più alti valori, a nobilitare un essere umano, che vieppiù sembra destinato a cadere nel sacchetto del pattume, senza più radici né personalità.
E vado ad incominciare.

"L'elemosina è l'eredità e la giustizia cui hanno diritto i poveri".

Dal Lunedi al Sabato sei sicuro della ciotola di minestra, e pure d'avere un ambulatorio per le tue piaghe;
e, alla bisogna, pure quello che si chiama "Segretariato Sociale": un ufficio d'orientamento che fornisce notizie indispensabili su assistenza medica e legale, corsi d'italiano, permessi di soggiorno, centri d'accoglienza e altri indirizzi utili.
Non è poco, per quelle povere foglie secche, umanità degradata e disgraziata, che il vento della vita raccoglie, riunisce, sbatacchia e mischia, per poi lasciare negli angoli, come fa il bambino viziato, quando stanco del gioco e del giocattolo.

E, quando gli passo davanti, al Convento dei Cappuccini di viale Piave 2, gemma incastonata nella metropoli meneghina, non posso scacciare il brivido, che mi percorre e gela la schiena;
una volta meta e faro per immigrati, sempre di più ingrossa le sue file di disperati con i nuovi poveri, nostrani, di casa, anzi, magari di vicinato:
dal pensionato che non h più di che far bastare per sopravvivere, alla famiglia che, nell'impennata e pazza corsa dei prezzi, si è alzata un giorno scoprendo di non potersi più permettere quel che era la normalità del giorno prima, piuttosto che l'onesto ed operoso povero cristo che s'è trovato, da un giorno all'altro, sbattuto in faccia o chiuse le porte della fabbrica dove lavorava, da anni immemori, per trovarsi non già "esubero", ma scarto, che alla sua età nessuno più gli apre porta, se non quella, appunto, di quel previdente e benedetto uomo che fu Fra Cecilio Cortinovis, quando, quasi un secolo fa, indossò panni e pelle del buon samaritano.
E a non dimenticare il Dottor Emilio Grignani che, nel lontano '59, si gemellò a lui e si offrì di edificare un ambiente accogliente, che poi diventò la nascente Opera San Francesco per i Poveri, inaugurata solennemente il 20 dicembre dello stesso anno dall'Arcivescovo, il Cardinale Giovanni Battista Montini.

Quando vedo quest'opera, come le tante per fini e similitudine, mi prende un groppo in gola, un'emozione incredibile, nel vedere - nel "Mare magnum" d'ingiustizie, angherie, violenze, prevaricazioni, egoismi - il fabbricato di chi ha accolto, accoglie, vede e serve Dio, nel consumato corpo e anima dei suoi bisognosi.
E come dimenticare docce e guardaroba;
all'apparenza paiono di meno valore, rispetto alla fame e al dolore, ma non sono da meno, perché difendono uno dei pilastri portanti dell'essere uomo: la dignità.
Questo mi ricorda i racconti di tanti internati nei campi di concentramento, che raccontarono quanto, seppur nel profondo di quell'abisso, quel che sembrava secondario, è importante come il pane e l'acqua, per il vivere:
dava all'essere schiacciato la forza di non abbandonarsi, di non lasciarsi morire, di non vedersi inferiori agli aguzzini, che la cura del proprio involucro, del guscio, era pari al sentirsi uomini e non animali.
L'acqua e un cambio di biancheria è un modo per sapere d'essere, di sentirsi umanità, e non solo una cosa.
Duemila pasti al giorno sono la più bella novella evangelica, la migliore risposta a chi disprezza la sacralità della vita, al servizio d'ogni altro dio che toglie e non dà.

Passo, guardo, ammiro, rispetto, ringrazio e non commisero che, con i tempi che corrono, nessuno ti garantisce di non doverci entrare, come pescaggio della lotteria della sfiga che, come per il teschio sull'altare, rammenta:
"Io ero come tu sei, tu sarai come io sono";
che se la morte è certa, la miseria può essere anche più lesta e arrivare prima, nell'acchiapparti !

Ma la paura, quella no: fino a che c'è una porta a cui bussare e sai che ti si apre.
Allora è bello, essere...essere uomini.

Io, secondo me...03.06.2008

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