mercoledì 31 agosto 2011

Falce e borsello




Dalla “docta ignorantia” di Socrate, con il suo “So di non sapere", alla “Io non sapevo, ma se c’ero, dormivo” del “Piergiggi”, il Bersani.
Il primo, piace pensare “Volle così testimoniare il dovere di obbedire alle leggi dello Stato, anche se ingiustamente applicate”...e giù, un bel beverone di cicuta!
Il secondo, coevo nostro, solo gli riuscisse, vorrebbe darla noi a bere: non la pozione venefica, forse, ma invocare alibi d’innocenza e candore in veste di beata ignoranza.
La volpe, che vorrebbe dare ad intendere sia il pollo il colpevole, che gli si è infilato in bocca mentre, nel sonno, stava sbadigliando.
Invero, più che volpe, il nostro pare il modello usato per “mizaru”, “kikazaru” e “iwazaru”, le tre scimmiette, guardiane simboliche del mausoleo dello Shogun Tokugawa Ieyasu a Nikko, che rappresentano l’omertoso per natura: non vedo, non sento e non parlo, sono a voler dire, coprendosi a turno gli occhi, le orecchie e la bocca.
Gigetto nostro, vecchio arnese, “aparatcnik“, grigio - anzi, rosso - funzionario di oscure botteghe, “non sapeva” ‘na beata fava, di quel che gli stava borbottando nel pancino.
Lucida testa di diamante di una classe di dinosauri, scampati alle più turbolente catastrofi politiche, giunti con stesse carcasse dalla notte dei tempi e di ere geologiche, è a farci credere che il tanto spirito di sopravvivenza - che li ha scampati persino da sconvolgimenti, che hanno portato ad estinzione altri meno attrezzati - non è bastato a far prevenzione, nel distinguere per tempo le uova di vipera da quelle di specie propria.
Il Filippo Penati gli è cresciuto in seno, senza che il mentore suo avesse mai sentito la puntura dei dentini veleniferi, che di serpe ne dava avviso.
Tenero giuggiolone.
Quasi che essere ignoranti sia preferibile a...compagni;
anzi, è peggio, perché genera sospetti, come andrò a dar seguito.
Persino il più sprovveduto parroco di paese s’accorgerebbe della cresta sulle elemosine, figuriamoci quando non spiccioli, ma milioni di Euro - e sull’unghia - sono a far sentire consistenza e profumo, saltellando da un compare di merende all’altro!
Lui, e tutte le incrostazioni di vecchia data, scampati, riciclati e panni rivoltati, che ancora appestano la politica italiana, sono come ai tempi di “mani pulite” e dell’apertura della fogna della “Prima Repubblica”: una testa che continua a negare di sapere quel che fa il corpo su cui poggia.
Vergini, il cui imene presenta assidui passaggi, come porta da Saloon di vecchio Far West.
Filippo, l’orsacchiotto di “Giggino”, faceva da scambio, come il deviatore dei binari, che smista i treni, in una direzione o nell’altra;
il giro di quattrini seguiva un filo rosso che, chi voleva far affari nella Milano del Filippo, allora sul trono, doveva sborsare, se voleva aggiudicarsi la torta.
Poi seguiva i binari, per scaricare alla stazione giusta e nutrire il feroce appetito di un apparato sempre più famelico, convinto pure d’essere immortale e intoccabile, visto le dimensioni e la sicumera della propria forza, dopo essere scampato pure ad una “purga”, che disgregò invece l’antagonista più temuto.
Come il tariffario delle puttane, che stava in bella vista, nei bordelli d’altri tempi, chi voleva fottere il prossimo sapeva quel da pagare per togliersi le voglie.
Esporre il menù non significa lavarsele, avere “mani pulite” e coscienza pure, solo per avere messo alla cassa una tenutaria a farne amministrazione.
Ora si vorrebbe liberarsi di quella, lasciando però il baraccone, per metterci altre marionette e teatrino, una volta passata la bufera.
Il Penati mostrò tanto di faccione suo, nella competizione per la poltrona: era "vento che cambia"!
Più che del PD, forse assomigliava alla...PDue.
Mica era un quaraquaquà qualunque, il Filippo;
e Milano, neppure una frazioncina alpina, dove faceva cassa solo il bar, il lattaio, il panettiere, l’alberghetto e l’offertorio della chiesetta.
Giravano “danee”, che parevano l’imbottitura dei paninazzi del Mc Donald's.
Vogliamo che un partitone, con tutti i suoi capoccioni e la perfetta organizzazione di scuola moscovita non sia stato all’altezza di scoprire la mano che gli “ravanava” e gli faceva trovare le saccocce piene?
E dovremmo dare a questi, un domani, gestire del nostro?

«LUI non sapeva, altrimenti...»

Questa frase l’ho sentita alcune volte, un quarto di secolo fa, da alcuni vecchi e nostalgici del “quando c’era lui, caro lei”: il Benito, riferendosi ai tanti gerarchi intrallazzatori e corrotti.
Era la coda di vecchi “fascistoni”, seppelliti dalla malinconia di un passato mai rinnegato, di una gioventù del Littorio sì, ma intrepida e piena d’energia;
prima della tumulazione anche fisica, queste erano le parole con cui - ci credessero o no - cercavano l’alibi per una vita spesa per il signor “M”.
Vedo che i colori cambiano, le casacche idem, la tessera anche, ma l’alibi dello gnorri, mai.

Spero ancora non dover dare ragione al vecchio Valerio Massimo che, secoli fa, ebbe a profetare:

« Lex est araneae tela, quia, si in eam inciderit quid debile, retinetur; grave autem pertransit tela rescissa.»

La legge è come una ragnatela: se vi cade qualcosa di leggero essa lo trattiene, mentre ciò che è pesante la rompe e scappa via.

Io, secondo me...29.08.2011