venerdì 26 agosto 2011

Le bombe del bamba



«Ehi, Cristina, mi porti i Popcorn e la Coca Cola, per il rutto libero?»

Bello spaparanzato sulla poltrona buona, quella con il poggino per i piedi, mutandoni ascellari, ciabattine aperte e canotta arrotolata sull’ombelico, eccomi in postazione;
telecomando in una mano, il simbolo del potere casalingo, il tramezzino nell’altra e il ventilatore piazzato, che spara a soffitto e spande l’aria sulla cocuzza pelata...ecco: accendo il mostro, che oziava con la lucina rossa ammiccante e il ronzio di sottofondo che pare fusa, brontolio di gatto;
quello risponde e si dichiara pronto, con un breve e squillante “bling-blong”.
Spalanca l’occhione suo, sbatte, s’aggiusta i colori e apre la finestra sul mondo.

«Dai, moglie, svelta, che comincia e non voglio perdermi lo spettacolo!»

Agito i fianchi e la pancetta per meglio assestare la ciccia, tra cuscinetto e schienale.

Bum bum! Ratatatatam...patasbim, patasbem...pum, pum!

«E abbassa il volume, accidenti! Ma c’hai proprio il cervello in frolla: sempre a guardare film di guerra!», mi rampogna la compagna.

Ignoro l’impudente entrata a gamba tesa e la fastidiosa litania.
Affondo la mano nel pentolone del riso soffiato, come la benna di uno scavatore nel terreno; abbranco una manciata di quella pastura e ingoio dilatando le guance come quelle del pitone, quando ingoia qualcosa più grande della bocca.

Badabam...badabum...badabin, pem, pem pem!

Le canne dei mitragliatori sparano fumo e fiamme, le bombe piallano, scoperchiano, frammentano, sbriciolano interi muri, mentre qua e la cenci fumanti segnano il posto dove prima ci stava chi li indossava.

Sparo di mio un rutto pazzesco, che anche lui si riverbera e fa tremare i muri.

«Moglie, tu non capisci: non è un film. Questa è roba vera, sangue a fontanella, frattaglie e sbrindellamenti a gogò, dal vivo...beh, no...diciamo dal vero; è la battaglia di Tripoli, dove i rivoltosi di Libia hanno sfondato e stanno con il fiato addosso al Gheddafi...è cominciata la mattanza!»

La sento di spalle, che mi si affianca, abbassa gli occhialini sul naso e mette a fuoco.

«Quelli non mi sembrano raccomandabili e neppure hanno l’aria sveglia, di quanto sarebbe il nuovo che avanza e dovrebbe portare democrazia e stabilità.»

Lontano dal nemmeno sembrare decenti, le facce da galera e gli occhi da invasato, di quelli che passano davanti alle telecamere, non fanno presagire niente di buono, per quello che andrà a venire.
Di la dagli occhi coperti dalle fette di salame, di quelli che hanno creduto alla baggianata della rivolta “spontanea”, sempre più, t’accorgi che sono accozzaglie di banditi, quelli che sono a passare sotto la spianata delle bombe del Sarkozy e compagni di merende;
Le bombe del bamba.
Da soli non sarebbero riusciti neppure ad andare al gabinetto a fare pipì.
Se gli si provava a dare qualche arma oltre allo schioppetto, rischiavano di spararsi addosso per ignoranza, imbracciandola dalla parte dello sparo.
Hanno più l’aspetto di battaglioni tribali, al momento tenuti insieme con lo sputo, per eliminare il nemico, quello grosso, per poi venire ai ferri corti ed applicare la selvaggia legge della selezione naturale e la regola di “Highlander” dove “Alla fine ne rimarrà soltanto uno”.

L’impressione è che il nanerottolo megalomane di Francia abbia aperto l’ennesimo vaso di Pandora, fonte di tanti guai, disgrazie e iatture.
Dapprima convinto d’essere una piccola volpe, come il velocissimo Rommel, che lo era del deserto, non gli è riuscito il “Blitzkrieg”, la guerra lampo, che pensava alla portata dei suoi complici, quelli che i suoi servizi segreti avevano aizzato alla rivolta, convinto che avrebbero cavato le castagne dal fuoco per lui e che avrebbe poi potuto far fessi a piacimento.
Non avesse scatenato l’inferno con i suoi e - purtroppo - complici bombardoni e bombardieri, la consorteria barbonaccia dei pari in terra di Libia, emeriti straccioni da brigantaggio, sarebbero ancora a scaccolarsi il naso sul nastro di partenza.
Il galletto “Nicoleone”, il Nicolas, pensava di usare quell’armata Brancaleone e nel contempo di fottere i cugini d’oltralpe: quegli italioti talmente addormentati che non si sarebbero accorti da subito che gli stava fregando la borsa della spesa sotto il naso, scippando le lucrose commesse petrolifere che avevano - quasi in esclusiva - con quel paese e il Gheddafi.
I veri crimini contro l’umanità li ha fatti lui, con le sue mire da bauscia, che sembrano parte integrante di tutti i tappi che, come quelli delle bottiglie, se troppo agitati saltano con facilità.
Il disegno era ed è talmente scoperto, manifesto e spudorato, che ancora ci si meraviglia di quanti ancora siano a credere ai suoi aiuti umanitari” che, invece d’essere a forma di pacchi di pasta o farina, erano polvere da sparo, bombarde e cariche dinamitarde.
Come per Giuda con Gesù, dopo averci mangiato a tavola, ha accoltellato il beduino Muammar ed ora pure gli riuscirà di “suicidarlo”.
Nonostante l’inferno di fuoco, l’esercito di Gheddafi non si è squagliato, come farebbe qualunque armata che non credesse nel proprio condottiero.
Segno che non era per nulla vero che un intero popolo avesse preso le armi contro il tiranno di turno.
Ora, probabilmente, tanti faranno come i nostri fascisti dei tempi neri che, in prossimità della sconfitta, rivoltarono la camicia presentando il sopra rosso e nascondendo la vecchia fodera nera di sotto.
Le folle oceaniche, davanti al pericolo di evaporare, si rimescolano alla svelta.
Quanti morti ha fatto il “Nicolino” Sarkozy?
Non ce lo diranno, non lo sapremo mai.
Ma sono certamente un numero pazzesco, ma presto sepolti dalle bombe o polverizzati dalle medesime.
Quella che si deve chiamare guerra, e non aiuto umanitario, è arrivata nel momento peggiore della crisi economica che ha colpito a livello globale l’occidente.
La battaglia del Nicola ne ha acuito le conseguenze, i dolori e le pene.
Al piccoletto, scarso di comprendonio e di capacità tattico-strategiche, ancora non ha capito quel che ha combinato, troppo concentrato nel voler diventare padre-padrone di un’Europa quanto mai disunita e senz’anima.

«Ma dai, Beppe, non essere il solito menagramo: guarda quei poveri ragazzi, quante ne hanno passate, per avanzare fino ad abbattere il dittatore...sono sul campo da una vita: tanti c’hanno di quelle barbe così lunghe...»

Già, è vero...dove ne ho già visti di così?


Io, secondo me...23.08.2011