BUZZIconi
Non so, non ho visto, se
c'ero dormivo.
“[…] 218 mila euro per le
vacanze, spaghettini al caviale da 180 euro durante la pausa pranzo fuori da
Palazzo Madama;
una villa faraonica, tutta marmi e stucchi,
con tanto di campo da calcio, piscina, bagni spaziosi come camere da letto e
vasca idromassaggio sul terrazzo;
la villa ottocentesca di
Genzano, ai Castelli romani: 1.600 metri quadri su quattro piani collegati da
ascensore interno e tre ettari di parco; il maxi attico su due piani vicino a
piazza Farnese; un garage in via Flaminia e tre appartamenti ristrutturati in
Abruzzo, a Capistrello”.
Lui fece un'altra casa
piccolina in Canada
con vasche, pesciolini e
tanti fiori di lillà,
e tutte le ragazze che
passavano di là
dicevano: "Che bella
la casetta in Canada!
Beh… anche questa c’era:
una bella villa in Canada”.
Non so,
non ho visto, se c'ero dormivo.
Luigi Lusi, ex tesoriere
della Margherita, rubò non meno di tredici milioni dalle casse del partito.
Francesco Rutelli, - il bello addormentato - unica "firma congiunta",
non si accorse di niente;
eppure era corresponsabile,
della gestione dei conti.
«NON POTEVA NON SAPERE!»
Angiola Armellini (con undici
complici, tra prestanome e commercialisti), erede della celebre famiglia d’imprenditori
romani, non dichiarò MAI d al Fisco la proprietà di ben 1243 immobili… dicasi
mille-duecento-quaranta-tre!
la “sóra” Angiola Armellini
risiedeva in un lussuoso alloggio, con attico e superattico, nella
centralissima Roma medievale. La casa in questione non fu mai classificata come
civile abitazione.
Magari rustico, stalla o dépendance…
dipendenza, sì: da chi guardava le pagliuzze e non le travi… degli appartamenti!
Non so, non ho visto, se
c'ero dormivo.
«NON POTEVA NON SAPERE!»
Entrate cinquanta, uscito
due.
Un business da oltre 800
milioni di euro, calcolando per difetto.
Tanto rendevano i piani di
accoglienza e sostegno per i rifugiati e i richiedenti asilo: programma gestito
dal ministero dell'Interno, con il ricorso a organismi privati.
«Dio salvi zingari,
scafisti e immigrati: rendono più della droga!»
Così i “compagni di
merende” di Massimo Carminati si spartivano i soldi per i richiedenti asilo.
La banda, che rispondeva
agli ordini di Carminati, aveva trovato il bengodi, nell'accoglienza dei profughi.
Il regista dell'operazione era
Salvatore Buzzi: l’idea dell’affarone gli venne… in prigione, mentre - siamo
negli anni ’80 - scontava una pena per omicidio doloso.
Adesso era presidente del
consorzio di cooperative Eriches;
quelle dell’“entrate
cinquanta, uscito due”: il rapporto tra il tanto che incassavano e le briciole
che elargivano, agli aventi diritto.
È questo il valore stimato
dei piani di accoglienza e sostegno per i rifugiati, un programma gestito dal
ministero dell'Interno e che implica anche il ricorso a strutture private.
Non so, non ho visto, se
c'ero dormivo.
Leggo:
“[…] secondo gli atti delle
indagini […] Buzzi è un organo apicale della mafia capitale, rappresentante
dello “strumento imprenditoriale” attraverso cui viene realizzata l'attività
economica del SODALIZIO in rapporto con la pubblica amministrazione.»
Insomma: “[…] Una holding
criminale, che spaziava dalla corruzione all'estorsione, dall'usura al riciclaggio,
con INFILTRAZIONI DIFFUSE NEL TESSUTO IMPRENDITORIALE POLITICO E ISTITUZIONALE”.
Considerazione e commento
di Carminati alla massima autorità “er primo cittadino”:
«Con Marino sindaco per
altri tre anni e mezzo se magnamo Roma!»
Chiusa la stalla, quando i
buoi sono già scappati, le reazioni sono rabbiose;
dagli "er più", da
Renzi a Marino, ognuno con il proprio stile, arriva il ringhio del coniglio:
«Se hai rubato, puoi
patteggiare, ma il carcere lo fai. […] l’Italia del nostro governo è l’Italia
che non fa sconti a nessuno e che non guarda in faccia a nessuno […] Il maltolto
lo devi restituire, non è che ne restituisci soltanto una parte. Se è provata
la corruzione, tu restituisci fino all’ultimo centesimo […] chi ruba, chi
corrompe, sarà perseguito fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo centesimo!»
Paura.
Buzzi risponde.
«Vaffanculo, tre mesi de
Regina Coeli me li faccio fumando!».
«NON POTEVA NON SAPERE!»
urlò un giorno Totò.
No, non quello che faceva
ridere. L’altro.
A suo tempo, Il giudice
Antonio Esposito, presidente del collegio che condannò in via definitiva Silvio
Berlusconi al processo Mediaset, applicò il principio di Totò: del “non poteva
non sapere”!
Applicandolo, faremmo prima
a dire il nome di quelli che starebbero fuori, piuttosto che nel gabbio.
Tutti quanti avrebbero una
fortissima attenuante, che in genere è quella che si dà ai matti, ma la legge
non dovrebbe ammettere ignoranza.
Non so, non ho visto, se
c'ero dormivo.
Totò… Espositi di tutta
Italia: in galera non ci dovrebbero stare solo i … BUZZIconi, che i migliori di
quelli che ora ragliano c’hanno la rogna!
Io, secondo me... 18.6.2015
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