venerdì 19 giugno 2015

BUZZIconi


Non so, non ho visto, se c'ero dormivo.

“[…] 218 mila euro per le vacanze, spaghettini al caviale da 180 euro durante la pausa pranzo fuori da Palazzo Madama;
 una villa faraonica, tutta marmi e stucchi, con tanto di campo da calcio, piscina, bagni spaziosi come camere da letto e vasca idromassaggio sul terrazzo;
la villa ottocentesca di Genzano, ai Castelli romani: 1.600 metri quadri su quattro piani collegati da ascensore interno e tre ettari di parco; il maxi attico su due piani vicino a piazza Farnese; un garage in via Flaminia e tre appartamenti ristrutturati in Abruzzo, a Capistrello”.

Lui fece un'altra casa piccolina in Canada
con vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà,
e tutte le ragazze che passavano di là
dicevano: "Che bella la casetta in Canada!

Beh… anche questa c’era: una bella villa in Canada”.

Non so, non ho visto, se c'ero dormivo.

Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita, rubò non meno di tredici milioni dalle casse del partito. Francesco Rutelli, - il bello addormentato - unica "firma congiunta", non si accorse di niente;
eppure era corresponsabile, della gestione dei conti.

«NON POTEVA NON SAPERE!»

Angiola Armellini (con undici complici, tra prestanome e commercialisti), erede della celebre famiglia d’imprenditori romani, non dichiarò MAI d al Fisco la proprietà di ben 1243 immobili… dicasi mille-duecento-quaranta-tre!
la “sóra” Angiola Armellini risiedeva in un lussuoso alloggio, con attico e superattico, nella centralissima Roma medievale. La casa in questione non fu mai classificata come civile abitazione.
Magari rustico, stalla o dépendance… dipendenza, sì: da chi guardava le pagliuzze e non le travi… degli appartamenti!

Non so, non ho visto, se c'ero dormivo.

«NON POTEVA NON SAPERE!»

Entrate cinquanta, uscito due.
Un business da oltre 800 milioni di euro, calcolando per difetto.

Tanto rendevano i piani di accoglienza e sostegno per i rifugiati e i richiedenti asilo: programma gestito dal ministero dell'Interno, con il ricorso a organismi privati.

«Dio salvi zingari, scafisti e immigrati: rendono più della droga!»
Così i “compagni di merende” di Massimo Carminati si spartivano i soldi per i richiedenti asilo.
La banda, che rispondeva agli ordini di Carminati, aveva trovato il bengodi, nell'accoglienza dei profughi.
Il regista dell'operazione era Salvatore Buzzi: l’idea dell’affarone gli venne… in prigione, mentre - siamo negli anni ’80 - scontava una pena per omicidio doloso.
Adesso era presidente del consorzio di cooperative Eriches;
quelle dell’“entrate cinquanta, uscito due”: il rapporto tra il tanto che incassavano e le briciole che elargivano, agli aventi diritto.
È questo il valore stimato dei piani di accoglienza e sostegno per i rifugiati, un programma gestito dal ministero dell'Interno e che implica anche il ricorso a strutture private.

Non so, non ho visto, se c'ero dormivo.

Leggo:
“[…] secondo gli atti delle indagini […] Buzzi è un organo apicale della mafia capitale, rappresentante dello “strumento imprenditoriale” attraverso cui viene realizzata l'attività economica del SODALIZIO in rapporto con la pubblica amministrazione.»
Insomma: “[…] Una holding criminale, che spaziava dalla corruzione all'estorsione, dall'usura al riciclaggio, con INFILTRAZIONI DIFFUSE NEL TESSUTO IMPRENDITORIALE POLITICO E ISTITUZIONALE”.


Considerazione e commento di Carminati alla massima autorità “er primo cittadino”:
«Con Marino sindaco per altri tre anni e mezzo se magnamo Roma!»

Chiusa la stalla, quando i buoi sono già scappati, le reazioni sono rabbiose;
dagli "er più", da Renzi a Marino, ognuno con il proprio stile, arriva il ringhio del coniglio:

«Se hai rubato, puoi patteggiare, ma il carcere lo fai. […] l’Italia del nostro governo è l’Italia che non fa sconti a nessuno e che non guarda in faccia a nessuno […] Il maltolto lo devi restituire, non è che ne restituisci soltanto una parte. Se è provata la corruzione, tu restituisci fino all’ultimo centesimo […] chi ruba, chi corrompe, sarà perseguito fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo centesimo!»

Paura.

Buzzi risponde.
«Vaffanculo, tre mesi de Regina Coeli me li faccio fumando!».

«NON POTEVA NON SAPERE!» urlò un giorno Totò.

No, non quello che faceva ridere. L’altro.

A suo tempo, Il giudice Antonio Esposito, presidente del collegio che condannò in via definitiva Silvio Berlusconi al processo Mediaset, applicò il principio di Totò: del “non poteva non sapere”!

Applicandolo, faremmo prima a dire il nome di quelli che starebbero fuori, piuttosto che nel gabbio.

Tutti quanti avrebbero una fortissima attenuante, che in genere è quella che si dà ai matti, ma la legge non dovrebbe ammettere ignoranza.

Non so, non ho visto, se c'ero dormivo.

Totò… Espositi di tutta Italia: in galera non ci dovrebbero stare solo i … BUZZIconi, che i migliori di quelli che ora ragliano c’hanno la rogna!




Io,  secondo me... 18.6.2015

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