venerdì 30 aprile 2010
Cazzandra
Quando passava per le strade, l'incontravi e ti guardava torva o pensierosa:
se eri uomo ti toccavi la patta e, se donna, gli scongiuri e le corna da dietro la schiena;
e si, perché quella - come da prova provata - portava iella, di una sfiga che più sfiga non si poteva.
Ancora bambina, l'aveva detto, al Paride:
- «Te ci porterai alla rovina!»
Della città sua, aveva pronosticato peste e corna;
e pure ammonì, con l'indice puntato, che vibrava all'aria:
- «Te ci perderai tutti, per la tua fregola per la bella Elena che, ricordati: una che Greca diventa...Troia, ci porterà solo guai!»
E del cavallino, poi, quello bello, grande, di legno:
- «Lasciatelo dov'è, fuori le mura: quella sua pancia gonfia non mi convince e quel rumore che ci sento dentro non mi pare un problema di aerofagia o per mangiato pesante, con cotiche e carbonara!»
Inutile dire che, da portatore di sventure, nessuno aveva voglia di dar credito che, si sa, i racconti che vanno di più son quelli che cominciano con "C'era una volta" e finiscono con un bel "...e vissero felici e contenti".
Cassandra, come Mosè, si tirò addosso l'ira funesta dei più, che gli iettatori son da evitare, come i lebbrosi.
Per una che ne indovinano poi, ce n'è un fottio che la danno buca, come i riti lassativi del mago Otelma o gli oroscopi cannati di Mario Pacheco, noto come "Maestro do Nascimento" che, con la Vanna Marchi e la figlia Stefania Nobile, imbonitrici da fiera di paese e brutte come il peccato, vendevano pappe, intrugli e profezie dal tubo catodico.
Più vicino al mago Otelma e al do Nascimento, piuttosto che alla troiana Cassandra, oggi c'abbiamo, nientepopodimenoche, un "intellettuale", che ci fa - e ci da - tarocchi: Eco Umberto - ciumbia! - con il nome d'arte di "Sibilla Cazzandra"!
E pronostica, profetizza, indovina, predice, preannuncia, vaticina e presagisce.
Insomma: è o non è un intellettuale, e questi, è risaputo, son provetti tuttologhi, gran sapientoni e provetti conoscitori d'ogni scibile umano.
Al fin della fiera: maestri di spanna, da qui la derivazione di "Spannometria", scienza parificata alla matematica che, è provato, non è opinione ma dato di fatto!
Ogni cosa che rimbomba e fa...Eco è come la cosa fatta, che - è risaputo - capo ha.
Eccolo "el sciur Intellighenzia", che maestosamente sale in cattedra;
e pontifica, e ammansisce le folle e guida le pecorelle smarrite e bla...bla...bla.
in un'intervista al País:
- «Berlusconi come il fascismo; conquisterà l'Europa!»
La mena da almeno 15 anni, la solfa di chi grida nel deserto, che c'è regime e l'esito del voto è puro incidente di percorso.
Da bravo ciuccio, s'intestardisce, s'impunta, si ostina, s'incaponisce, punta i piedi e non si smuove.
Ma continua a concionare, a scrivere, a pubblicare, a sputtanare, a scatarrare e a sputacchiare in faccia a milioni di cittadini che, piaccia o no: è la democrazia tesoro, e tu non ci puoi fare niente. Niente!
O no?
Sibilla Cazzandra nega, nega tutto:
- «La democrazia entra in crisi, il potere finisce nelle mani di chi controlla i mezzi di comunicazione!»
Nega l'esistenza, in Italia, di un'opinione pubblica consapevole, di una reale sovranità popolare, di una effettiva libertà.
Ma continua a parlare, a pubblicare e vendere libri, ad apparire e scomparire a piacimento.
Strano paese, che quelli che si dicono vessati da un regime sono i più esaltati dall'insultarne i rappresentanti, che mai si era visto portatori di bastone essere legnati a destra e manca!
Non mi risultano casi di gente mandata al confino, manganellati, purgati, rinchiusi nei Piombi di Venezia o fucilati.
Ma Ecocazzandra ribatte il chiodo:
- «Come l'Italia fu il laboratorio del fascismo, poi copiato in Spagna, in questo momento è il laboratorio del berlusconismo, e bisognerà vedere che cosa succederà.»
Che vuoi che succeda, Umby: se sei imbarazzato, al massimo ti consiglieranno un enteroclisma, volgarmente detto clistere.
Una balla s'accoppia con l'altra, con quel compagno di merende che era l'Alberto Asor Rosa che, un paio d'anni fa, arrivò a dichiarare che il fascismo era meglio dell'attuale governo!
Una balla...due balle...se è vero che la verità sta nel mezzo, tra i due ci starebbe solo un...Eugenio Scalfari!
- «Siamo alla fine di un'epoca [...] com'è possibile essere rappresentati da un signore che ogni mattina si dipinge i capelli e si mette il cerone.»
Sant'Iddio: è come valutare un quadro dalla cornice!
Una balla...due balle, e lo spilungone con la barbetta nel mezzo: che accoppiata.
Ecocazzandra ci mette la ciliegina, sulla torta:
- «Andiamo avanti fingendo che esista una democrazia rappresentativa e che siano i cittadini che eleggono i propri rappresentanti. Ma non è così.
A metà tra la profezia e l'invito, micidiale è un'altra affermazione:
- «Il futuro dell'Italia dipende dal fatto che muoiano una decina di persone che sono ormai molto grandi; è un fatto biologico.»
Se magari qualcuno dà una mano alla biologia...dalla statuetta del Duomo di marmo al piombo, ci vuole poco!
Umby, più del tuo intelletto conta la saggezza popolare, il volgo meneghino, che dice:
Ofelè fa el to meste;
Pasticciere, fai il tuo mestiere.
Per te, come quando si era a scuola, per non dire che uno era asino:
- «Il ragazzo è intelligente, ma non si applica.»
Io, secondo me...30.04.2010
se eri uomo ti toccavi la patta e, se donna, gli scongiuri e le corna da dietro la schiena;
e si, perché quella - come da prova provata - portava iella, di una sfiga che più sfiga non si poteva.
Ancora bambina, l'aveva detto, al Paride:
- «Te ci porterai alla rovina!»
Della città sua, aveva pronosticato peste e corna;
e pure ammonì, con l'indice puntato, che vibrava all'aria:
- «Te ci perderai tutti, per la tua fregola per la bella Elena che, ricordati: una che Greca diventa...Troia, ci porterà solo guai!»
E del cavallino, poi, quello bello, grande, di legno:
- «Lasciatelo dov'è, fuori le mura: quella sua pancia gonfia non mi convince e quel rumore che ci sento dentro non mi pare un problema di aerofagia o per mangiato pesante, con cotiche e carbonara!»
Inutile dire che, da portatore di sventure, nessuno aveva voglia di dar credito che, si sa, i racconti che vanno di più son quelli che cominciano con "C'era una volta" e finiscono con un bel "...e vissero felici e contenti".
Cassandra, come Mosè, si tirò addosso l'ira funesta dei più, che gli iettatori son da evitare, come i lebbrosi.
Per una che ne indovinano poi, ce n'è un fottio che la danno buca, come i riti lassativi del mago Otelma o gli oroscopi cannati di Mario Pacheco, noto come "Maestro do Nascimento" che, con la Vanna Marchi e la figlia Stefania Nobile, imbonitrici da fiera di paese e brutte come il peccato, vendevano pappe, intrugli e profezie dal tubo catodico.
Più vicino al mago Otelma e al do Nascimento, piuttosto che alla troiana Cassandra, oggi c'abbiamo, nientepopodimenoche, un "intellettuale", che ci fa - e ci da - tarocchi: Eco Umberto - ciumbia! - con il nome d'arte di "Sibilla Cazzandra"!
E pronostica, profetizza, indovina, predice, preannuncia, vaticina e presagisce.
Insomma: è o non è un intellettuale, e questi, è risaputo, son provetti tuttologhi, gran sapientoni e provetti conoscitori d'ogni scibile umano.
Al fin della fiera: maestri di spanna, da qui la derivazione di "Spannometria", scienza parificata alla matematica che, è provato, non è opinione ma dato di fatto!
Ogni cosa che rimbomba e fa...Eco è come la cosa fatta, che - è risaputo - capo ha.
Eccolo "el sciur Intellighenzia", che maestosamente sale in cattedra;
e pontifica, e ammansisce le folle e guida le pecorelle smarrite e bla...bla...bla.
in un'intervista al País:
- «Berlusconi come il fascismo; conquisterà l'Europa!»
La mena da almeno 15 anni, la solfa di chi grida nel deserto, che c'è regime e l'esito del voto è puro incidente di percorso.
Da bravo ciuccio, s'intestardisce, s'impunta, si ostina, s'incaponisce, punta i piedi e non si smuove.
Ma continua a concionare, a scrivere, a pubblicare, a sputtanare, a scatarrare e a sputacchiare in faccia a milioni di cittadini che, piaccia o no: è la democrazia tesoro, e tu non ci puoi fare niente. Niente!
O no?
Sibilla Cazzandra nega, nega tutto:
- «La democrazia entra in crisi, il potere finisce nelle mani di chi controlla i mezzi di comunicazione!»
Nega l'esistenza, in Italia, di un'opinione pubblica consapevole, di una reale sovranità popolare, di una effettiva libertà.
Ma continua a parlare, a pubblicare e vendere libri, ad apparire e scomparire a piacimento.
Strano paese, che quelli che si dicono vessati da un regime sono i più esaltati dall'insultarne i rappresentanti, che mai si era visto portatori di bastone essere legnati a destra e manca!
Non mi risultano casi di gente mandata al confino, manganellati, purgati, rinchiusi nei Piombi di Venezia o fucilati.
Ma Ecocazzandra ribatte il chiodo:
- «Come l'Italia fu il laboratorio del fascismo, poi copiato in Spagna, in questo momento è il laboratorio del berlusconismo, e bisognerà vedere che cosa succederà.»
Che vuoi che succeda, Umby: se sei imbarazzato, al massimo ti consiglieranno un enteroclisma, volgarmente detto clistere.
Una balla s'accoppia con l'altra, con quel compagno di merende che era l'Alberto Asor Rosa che, un paio d'anni fa, arrivò a dichiarare che il fascismo era meglio dell'attuale governo!
Una balla...due balle...se è vero che la verità sta nel mezzo, tra i due ci starebbe solo un...Eugenio Scalfari!
- «Siamo alla fine di un'epoca [...] com'è possibile essere rappresentati da un signore che ogni mattina si dipinge i capelli e si mette il cerone.»
Sant'Iddio: è come valutare un quadro dalla cornice!
Una balla...due balle, e lo spilungone con la barbetta nel mezzo: che accoppiata.
Ecocazzandra ci mette la ciliegina, sulla torta:
- «Andiamo avanti fingendo che esista una democrazia rappresentativa e che siano i cittadini che eleggono i propri rappresentanti. Ma non è così.
A metà tra la profezia e l'invito, micidiale è un'altra affermazione:
- «Il futuro dell'Italia dipende dal fatto che muoiano una decina di persone che sono ormai molto grandi; è un fatto biologico.»
Se magari qualcuno dà una mano alla biologia...dalla statuetta del Duomo di marmo al piombo, ci vuole poco!
Umby, più del tuo intelletto conta la saggezza popolare, il volgo meneghino, che dice:
Ofelè fa el to meste;
Pasticciere, fai il tuo mestiere.
Per te, come quando si era a scuola, per non dire che uno era asino:
- «Il ragazzo è intelligente, ma non si applica.»
Io, secondo me...30.04.2010
anCORA NO
Non c'è nulla al mondo che è più grande del generare una vita;
nessun privilegio di Re o Imperatore, di dittatore o gloria di guerriero può eguagliare il più bel dono che mai un Dio può aver concesso all'uomo.
Anzi, no: alla donna, perché è lei ad avere l'onore e l'onere di portare croce e delizia, dal mestruo alla gravidanza, dalle doglie al parto.
Eppure questi passaggi, che costellano il cammino della vita, della continuità e dell'eternità, dal traghettare dai genitori ai figli, nel passare testimone in corsa, nella staffetta più esaltante ed emozionante che mai sia esistita, menti bacate sono a bollare come "contaminazione" e "impurità" un ciclo, tipicamente ed esclusivamente femminile, che porta a possedere il futuro, attraverso il primo vagito di chi ci continuerà.
Il futuro - sant'Iddio! - il futuro alcuni lo credono l'impura contaminazione dell'altra metà del cielo!!
Ecco i miasmi mefitici delle paludi del passato, di chi si ostina a credere che il Creatore abbia plasmato servi e schiavi, e non figli di cui magari talvolta pentirsi, ma gloriarsi del vedere l'opera sua sempre più dimostrasi degna d'aver avuto dono di respiro e crescere dai propri errori;
Come la parabola del seminatore, il disegno divino vuole che parte della semenza cada tra i sassi o in terra sterile, e meglio dei talebani non c'è nulla che insegni al resto del mondo cosa vuole dire condannarsi a strisciare per terra, mentre altri volano tra le stelle;
e la parabola dei talenti, a dimostrare che ognuno è causa del proprio destino, quando la grandezza non si conta dalla ricchezza della dote, ma dal migliore o peggiore uso di quel che ognuno né fa.
Essere nullità si può dissimulare indossando belle vesti, ma chi ci sta dentro si conosce, e ognuno sa di sè quel che ha da sapere: inganni chiunque, ma non il giudice che sei, implacabile per te stesso.
Ancora c'è chi, nella vastità del mondo, crede il pisello una dote, una spanna di valore aggiunto che basta a dimezzare l'altra parte che Dio ha dato, non per completare ma per escludere, buona solo per fare da fodero all'augusto augello, da affondare nel ventre di fattrice;
non più, non meglio che se fosse una vacca che, nel mercato degli scambi, ha maggior peso e valore, per guadagno di moneta e miglior apprezzamento tra domanda e offerta.
Il cane per la fedeltà;
il pollo per le uova;
il gatto per mangiare i topi;
la capra per il formaggio;
la vacca per latte e carne;
la pecora per la lana;
...la donna...la donna per la sottomissione: contaminata, impura e immonda, vergogna da nascondere sotto il burqa.
L'Occidente c'è passato pur'esso, da questa concezione vergognosa, ma il suo corpaccione, per la più parte, è passato oltre;
nella prospera e avanzata Lombardia dell'800, un proverbio diceva:
" I donn hin minga gent", le donne non sono persone.
Ancora prima, si disquisiva se avessero l'anima o meno.
Talebani siamo stati anche noi.
Ma il tempo e lo spazio hanno continuato a dilatarsi, e le dimensioni ad allargarsi, così come gli orizzonti ed oggi, seppur sacche di pus ancora esistono, sono eccezione e non regola.
Ci dobbiamo vergognare del "fu", non dell'"è".
Così non per un verminaio, che sta cercando di fondare colonie ovunque trovi ventre molle, travestendo con smalto le croste di lebbroso.
Le sue radici sono ancora ben piantate, là, in Afghanistan, nella buca dove dimora il grasso papà verme, genitore di tante camole, destinate a rimanere tali e strisciare, per mai volare.
Ebbene, questi parassiti hanno buttato gas venefico nelle aule scolastiche a Kunduz, così come successe a Kapisa, distretti di tanto martoriato paese, che ebbe la sfortuna di veder crescere progenie di assassini.
Obiettivo di tanto abbietto fare erano ragazze, che tali erano allo studio.
Le donne non devono istruirsi.
" I donn hin minga gent", non hanno anima.
E non fanno uova.
Solo latte, a suo tempo, figli all'occorrenza e sollazzo, sempre.
Per il resto, c'è il cane, il pollo, il gatto, la capre, la vacca, la pecora...
No, non siamo pronti ad accettare tutto questo... anCORA NO!
Io, secondo me...27.04.2010
nessun privilegio di Re o Imperatore, di dittatore o gloria di guerriero può eguagliare il più bel dono che mai un Dio può aver concesso all'uomo.
Anzi, no: alla donna, perché è lei ad avere l'onore e l'onere di portare croce e delizia, dal mestruo alla gravidanza, dalle doglie al parto.
Eppure questi passaggi, che costellano il cammino della vita, della continuità e dell'eternità, dal traghettare dai genitori ai figli, nel passare testimone in corsa, nella staffetta più esaltante ed emozionante che mai sia esistita, menti bacate sono a bollare come "contaminazione" e "impurità" un ciclo, tipicamente ed esclusivamente femminile, che porta a possedere il futuro, attraverso il primo vagito di chi ci continuerà.
Il futuro - sant'Iddio! - il futuro alcuni lo credono l'impura contaminazione dell'altra metà del cielo!!
Ecco i miasmi mefitici delle paludi del passato, di chi si ostina a credere che il Creatore abbia plasmato servi e schiavi, e non figli di cui magari talvolta pentirsi, ma gloriarsi del vedere l'opera sua sempre più dimostrasi degna d'aver avuto dono di respiro e crescere dai propri errori;
Come la parabola del seminatore, il disegno divino vuole che parte della semenza cada tra i sassi o in terra sterile, e meglio dei talebani non c'è nulla che insegni al resto del mondo cosa vuole dire condannarsi a strisciare per terra, mentre altri volano tra le stelle;
e la parabola dei talenti, a dimostrare che ognuno è causa del proprio destino, quando la grandezza non si conta dalla ricchezza della dote, ma dal migliore o peggiore uso di quel che ognuno né fa.
Essere nullità si può dissimulare indossando belle vesti, ma chi ci sta dentro si conosce, e ognuno sa di sè quel che ha da sapere: inganni chiunque, ma non il giudice che sei, implacabile per te stesso.
Ancora c'è chi, nella vastità del mondo, crede il pisello una dote, una spanna di valore aggiunto che basta a dimezzare l'altra parte che Dio ha dato, non per completare ma per escludere, buona solo per fare da fodero all'augusto augello, da affondare nel ventre di fattrice;
non più, non meglio che se fosse una vacca che, nel mercato degli scambi, ha maggior peso e valore, per guadagno di moneta e miglior apprezzamento tra domanda e offerta.
Il cane per la fedeltà;
il pollo per le uova;
il gatto per mangiare i topi;
la capra per il formaggio;
la vacca per latte e carne;
la pecora per la lana;
...la donna...la donna per la sottomissione: contaminata, impura e immonda, vergogna da nascondere sotto il burqa.
L'Occidente c'è passato pur'esso, da questa concezione vergognosa, ma il suo corpaccione, per la più parte, è passato oltre;
nella prospera e avanzata Lombardia dell'800, un proverbio diceva:
" I donn hin minga gent", le donne non sono persone.
Ancora prima, si disquisiva se avessero l'anima o meno.
Talebani siamo stati anche noi.
Ma il tempo e lo spazio hanno continuato a dilatarsi, e le dimensioni ad allargarsi, così come gli orizzonti ed oggi, seppur sacche di pus ancora esistono, sono eccezione e non regola.
Ci dobbiamo vergognare del "fu", non dell'"è".
Così non per un verminaio, che sta cercando di fondare colonie ovunque trovi ventre molle, travestendo con smalto le croste di lebbroso.
Le sue radici sono ancora ben piantate, là, in Afghanistan, nella buca dove dimora il grasso papà verme, genitore di tante camole, destinate a rimanere tali e strisciare, per mai volare.
Ebbene, questi parassiti hanno buttato gas venefico nelle aule scolastiche a Kunduz, così come successe a Kapisa, distretti di tanto martoriato paese, che ebbe la sfortuna di veder crescere progenie di assassini.
Obiettivo di tanto abbietto fare erano ragazze, che tali erano allo studio.
Le donne non devono istruirsi.
" I donn hin minga gent", non hanno anima.
E non fanno uova.
Solo latte, a suo tempo, figli all'occorrenza e sollazzo, sempre.
Per il resto, c'è il cane, il pollo, il gatto, la capre, la vacca, la pecora...
No, non siamo pronti ad accettare tutto questo... anCORA NO!
Io, secondo me...27.04.2010
L'Armata Rotta
Quando ti crolla addosso un muro, fa un male cane, e quel di Berlino era pesante;
peggio ancora quando t'accorgi d'aver perso la bussola, e il sol dell'avvenire s'è fulminato, come una lampadina.
Sono cazzi poi, quando capisci che un conto è fare la rivoluzione, tutt'altro il ricostruire dalle macerie, che il rompere lo sanno fare tutti, ma il costruire richiede fatica.
Dal ritenersi migliore a convincersi d'essere unti del Signore, a credersi casta eletta, il passaggio è breve, in special modo quando abituati ad ottener ragione con cingoli e filo spinato;
salvo poi rimanere con il cerino in una mano e la Molotov nell'altra, in un mondo dove i pompieri la fanno da padrone.
Ma la più cocente delle delusioni, quel che fa più male è il vedersi allo specchio, sciupati, con i capelli bianchi - quel che restano - ingobbiti, rimbambiti e rincoglioniti, a dover fare i conti con un passato che ti presenta il conto, dove ti accorgi d'essere la maglia nera - neppure rossa! - del più fesso tra gli scemi, gran credulone e bamba, che ha donato i migliori anni della propria vita ad un'ideologia basata sulle favole.
Hanno accettato di donare il cervello all'ammasso, credendo alla religione come oppio dei popoli, quando loro erano ormai alle pippe mentali.
Quelli dei centri sociali sono tutto questo, sopravvissuti, rottamaglia, nanuncoli ridimensionati di predatori d'altra stazza.
La Storia, prima che la cronaca, li ha ridotti a minimi termini.
La realtà li ha ricondotti dal mondo dei sogni.
La selezione della specie li sta puntando, già accorta nel vederne materiale di scarto, carne da macero, incapace e inadatta a rientrare nelle regole di un mondo che ha cambiato scenario, attori rimasti con in mano un logoro copione in una commedia che parla di tutt'altro.
Il rumine della società li ha masticati e impastati, formandone palline per scarabei; quelli stercorari, ovviamente.
Troppo supponenti per comprendere d'essere umili tra gli umili, catturati dal gorgo dello scarico del lavandino della Storia, s'aggrappano ai rottami della corazzata Potemkin, agli stracci di una bella divisa del tempo che fu: 25 Aprile, festa della Liberazione e Primo Maggio, quella dei lavoratori.
Della prima - i padri - ne furono comparse, su un teatro di guerra che vide le truppe degli alleati come protagonista;
dell'altra, di lavoratori questi non hanno nulla, che i centri sociali loro sono discariche di nullafacenti, inneggianti ancora all'esproprio proletario, che gli permetterebbe vita da cicale in un mondo di formiche;
assemblea d'asini, tanti, che si raggruppano, rigettati dal mondo del lavoro che non accetta carta scolastica ottenuta con il "sei politico", quello che voleva equiparato il cretino al sapiente.
Gli rimane più nulla, bastonati ormai pure nelle idee, dalle urne e dal volere popolare, da quelle masse dietro cui nascondevano le proprie ambizioni: disprezzate formiche legionarie, da sacrificare, che volevano e consideravano alla stregua di vacche da latte e carne, da portare al pascolo con il pungolo e il bastone.
Non più coperti dal popol bue, da lanciare contro gli ostacoli, oggi li conti e li vedi per quel che sono:
bucce e croste allo sbaraglio, scesi in piazza con monetine, uova pomodori e verdurame vario, da lanciare contro chi ha saputo dimostrare d'essere migliore di loro, dissipatori di una eredità lasciata da gente di ben altro stampo e spessore.
Addirittura hanno insultato chi veramente partigiano è stato, come per il disoccupato, quando non appartenenti di stessa sinistra parte, "venduti", rei d'essere sul palco assieme a gente da odiare, buona da abbattere con la P38.
Come per i maiali, protagonisti del romanzo di George Orwell, ne "La fattoria degli animali", anche questi vorrebbero arrivare a sostituire un potere con l'altro; il loro, ovviamente.
Una volta arrivati nella cabina del manovratore, il copione sarebbe sempre quello: purghe, Gulag, esecuzioni, deportazioni e cancellazione di chi osasse solo mettersi di traverso;
ogni rivolta non ha che da bollare come "controrivoluzionari" quelli che non la pensano uguale, per avere comodo alibi nel demonizzare l'avversario e farne carne da macello.
Niente di più lontano dall'illuminato concetto di Voltaire: "Non sono d'accordo con ciò che pensi, ma sono pronto a lottare fino a morire affinché tu possa continuare a pensarlo".
Il falcemartelluto: Non la penso come te, e sono pronto a lottare fino alla morte per ucciderti, affinché tu non possa più pensare ciò che pensi.
Eccoli, quelli in piazza a Roma e Milano che, se solo ne avessero possibilità e forza, sarebbero a riempirti di piombo, piuttosto che di uova e pomodori marci.
Bruti tempi questi, ma la fortuna è dalla loro, che si sentono nati sotto una buona stella;
quella rossa, a cinque punte.
Io, secondo me...21.04.2010
peggio ancora quando t'accorgi d'aver perso la bussola, e il sol dell'avvenire s'è fulminato, come una lampadina.
Sono cazzi poi, quando capisci che un conto è fare la rivoluzione, tutt'altro il ricostruire dalle macerie, che il rompere lo sanno fare tutti, ma il costruire richiede fatica.
Dal ritenersi migliore a convincersi d'essere unti del Signore, a credersi casta eletta, il passaggio è breve, in special modo quando abituati ad ottener ragione con cingoli e filo spinato;
salvo poi rimanere con il cerino in una mano e la Molotov nell'altra, in un mondo dove i pompieri la fanno da padrone.
Ma la più cocente delle delusioni, quel che fa più male è il vedersi allo specchio, sciupati, con i capelli bianchi - quel che restano - ingobbiti, rimbambiti e rincoglioniti, a dover fare i conti con un passato che ti presenta il conto, dove ti accorgi d'essere la maglia nera - neppure rossa! - del più fesso tra gli scemi, gran credulone e bamba, che ha donato i migliori anni della propria vita ad un'ideologia basata sulle favole.
Hanno accettato di donare il cervello all'ammasso, credendo alla religione come oppio dei popoli, quando loro erano ormai alle pippe mentali.
Quelli dei centri sociali sono tutto questo, sopravvissuti, rottamaglia, nanuncoli ridimensionati di predatori d'altra stazza.
La Storia, prima che la cronaca, li ha ridotti a minimi termini.
La realtà li ha ricondotti dal mondo dei sogni.
La selezione della specie li sta puntando, già accorta nel vederne materiale di scarto, carne da macero, incapace e inadatta a rientrare nelle regole di un mondo che ha cambiato scenario, attori rimasti con in mano un logoro copione in una commedia che parla di tutt'altro.
Il rumine della società li ha masticati e impastati, formandone palline per scarabei; quelli stercorari, ovviamente.
Troppo supponenti per comprendere d'essere umili tra gli umili, catturati dal gorgo dello scarico del lavandino della Storia, s'aggrappano ai rottami della corazzata Potemkin, agli stracci di una bella divisa del tempo che fu: 25 Aprile, festa della Liberazione e Primo Maggio, quella dei lavoratori.
Della prima - i padri - ne furono comparse, su un teatro di guerra che vide le truppe degli alleati come protagonista;
dell'altra, di lavoratori questi non hanno nulla, che i centri sociali loro sono discariche di nullafacenti, inneggianti ancora all'esproprio proletario, che gli permetterebbe vita da cicale in un mondo di formiche;
assemblea d'asini, tanti, che si raggruppano, rigettati dal mondo del lavoro che non accetta carta scolastica ottenuta con il "sei politico", quello che voleva equiparato il cretino al sapiente.
Gli rimane più nulla, bastonati ormai pure nelle idee, dalle urne e dal volere popolare, da quelle masse dietro cui nascondevano le proprie ambizioni: disprezzate formiche legionarie, da sacrificare, che volevano e consideravano alla stregua di vacche da latte e carne, da portare al pascolo con il pungolo e il bastone.
Non più coperti dal popol bue, da lanciare contro gli ostacoli, oggi li conti e li vedi per quel che sono:
bucce e croste allo sbaraglio, scesi in piazza con monetine, uova pomodori e verdurame vario, da lanciare contro chi ha saputo dimostrare d'essere migliore di loro, dissipatori di una eredità lasciata da gente di ben altro stampo e spessore.
Addirittura hanno insultato chi veramente partigiano è stato, come per il disoccupato, quando non appartenenti di stessa sinistra parte, "venduti", rei d'essere sul palco assieme a gente da odiare, buona da abbattere con la P38.
Come per i maiali, protagonisti del romanzo di George Orwell, ne "La fattoria degli animali", anche questi vorrebbero arrivare a sostituire un potere con l'altro; il loro, ovviamente.
Una volta arrivati nella cabina del manovratore, il copione sarebbe sempre quello: purghe, Gulag, esecuzioni, deportazioni e cancellazione di chi osasse solo mettersi di traverso;
ogni rivolta non ha che da bollare come "controrivoluzionari" quelli che non la pensano uguale, per avere comodo alibi nel demonizzare l'avversario e farne carne da macello.
Niente di più lontano dall'illuminato concetto di Voltaire: "Non sono d'accordo con ciò che pensi, ma sono pronto a lottare fino a morire affinché tu possa continuare a pensarlo".
Il falcemartelluto: Non la penso come te, e sono pronto a lottare fino alla morte per ucciderti, affinché tu non possa più pensare ciò che pensi.
Eccoli, quelli in piazza a Roma e Milano che, se solo ne avessero possibilità e forza, sarebbero a riempirti di piombo, piuttosto che di uova e pomodori marci.
Bruti tempi questi, ma la fortuna è dalla loro, che si sentono nati sotto una buona stella;
quella rossa, a cinque punte.
Io, secondo me...21.04.2010
sabato 24 aprile 2010
Trota salmonata
La trota vuole fare il salmone, imitandolo nel salto controcorrente.
Peccato che "Trota" Renzo Bossi non abbia preso nulla dal padre, anche se cerca di accreditarsi e dimostrarsi degno di tanto vigoroso saltimbanco del Po, dalla cui polla sorgiva sgorga il simbolico zampillo del pisello "Celoduro Padano".
Povero pesciotto, declassato da trota a delfino proprio per sentenza di genitore;
neppure l'Umberto ebbe coraggio di confermare il detto che vuole sia sempre bello 'o scarrafone, per chi lo ha generato.
Renzo, poareto, neppure l'ha superata, la prova scarafaggio: bocciato, come per tanti esami scolastici.
Non essendo nato per le perigliose ascese delle correnti politiche, papà Umby ha pensato di porre l'avannotto nel senso del deflusso, con il vento in poppa, insomma.
Se non è fatto per le rapide, almeno in boccia di vetro: in quel di Brescia, incoronato Consigliere, sulla bambagiosa poltroncina di consiglio regionale.
Visto il vuoto che sta dietro al Renzo, che nulla in dote porta agli elettori per meriti acquisiti, fuor di dubbio è che il blasone porta rendita, ed essere un Bossi, in tempi non più di bassa...Lega, porta benefici.
Unica attenzione che si chiede, a questi baciati dalla fortuna, è che abbiano l'accortezza di "tirare a campare": vivi e lascia vivere, e goditi il privilegio d'appartenenza a classe privilegiata.
Tira avanti con avvedutezza, senza scossoni, invece che d'azzardo, generando pericolose attenzioni, con privilegio alla "Donne e champagne" piuttosto che "Seghe e gassosa";
è brutto, perché - se uno ce l'ha - bisogna mettere la dignità sotto i piedi, in cambio del caviale sotto i denti, ma la tentazione di cadere nel "De Imitatione Christi", nell'essere come "papi", provoca più danni che guadagni, in special modo quando sei figlio, ma non d'arte, che ti manca.
Divenire come il Bossi Umberto o il Di Pietro Antonio, la và a pochi: il "Marpionismo", la capacità di sopperire a deficienze con la furbizia e scaltrezza non si eredita con i geni, da non confondere con la genialità, estranea ad entrambi i personaggi.
Non per nulla, questi sono definiti animali...politici.
Le ventose per la salita, appena seduti le spostano sotto il culo, incollati come le cozze sugli scogli, che per rimuoverli devi demolirne il supporto.
Nel giorno della "mancina", ecco un adesivo al Renzo, e uno al Cristiano.
Il primo a far cazzate è stato proprio il povero Cristiano. Cristiano, Di Pietro.
Da consigliere provinciale dell'Italia dei Veleni - ops! Dei Valori - di Campobasso, per meriti di casato, s'era fatto pescare ad intrallazzare con tal Mario Mautone - allora provveditore alle opere pubbliche della Campania e del Molise - in odor di "accomodamenti" su appalti e raccomandazioni.
Oggi, capito di non avere calli e malizie del padre, scalda qualche poltroncina nel salotto di casa, ovvero di partito, accontentandosi di buona rendita, bono e zitto, fuor di guai e pasticci, che il non fare non produce nulla - è vero - ma neppure danni.
Come avere il cane in casa: gli dai da bere e mangiare, qualche carezza e lo porti a sporcare.
Punto e basta.
Il Renzino però è Trota salmonata che di nulla ha di salmone, se non pallida e ingannevole somiglianza, per il rosato della carne.
Essendo imitazione e non originale, quel che del padre sarebbe "sparata", minchionata ma ben recitata da chi ha il giusto "Phisique du role" - ovvero, il fisico per il ruolo - per farlo, in bocca a lui è pura e nuda fesseria, ancor più se va a colpire un cuore di pallonaro tifoso che, si sa, crea più rivolta che la tassa sul pane.
Intervista su 'Vanity Fair', con botta e risposta:
- «Seguirà gli azzurri al Mondiale di Sudafrica?
- «No, non tifo Italia.»
L’urlo di intenso dolore e disapprovazione ha percorso e percosso l'intera Penisola, scaturito da ogni cuore che fosse cucito in cuoio e con camera d'aria gonfia d'orgoglio.
Passi il dire che "Il tricolore, per me, identifica un sentimento di cinquant'anni fa" o il "Mai sceso a Sud di Roma", come il maschio "Nella vita si deve provare tutto, tranne i culattoni e la droga", ma le palle, le palle, no: sono sacre, come le vacche del Gange, e non si toccano.
No, non tifo Italia...meglio che lo trovino prima i "Culattoni" degli scalmanati delle varie curve ultrà degli stadi, che altrimenti gli inchiodano mani, piedi e costato, con la sparachiodi e lo buttano nelle acque.
Del Po, ovvio.
Brutta fine e figura, anche per una Trota, seppur "salmonata"!
Io, secondo me...21.04.2010
Peccato che "Trota" Renzo Bossi non abbia preso nulla dal padre, anche se cerca di accreditarsi e dimostrarsi degno di tanto vigoroso saltimbanco del Po, dalla cui polla sorgiva sgorga il simbolico zampillo del pisello "Celoduro Padano".
Povero pesciotto, declassato da trota a delfino proprio per sentenza di genitore;
neppure l'Umberto ebbe coraggio di confermare il detto che vuole sia sempre bello 'o scarrafone, per chi lo ha generato.
Renzo, poareto, neppure l'ha superata, la prova scarafaggio: bocciato, come per tanti esami scolastici.
Non essendo nato per le perigliose ascese delle correnti politiche, papà Umby ha pensato di porre l'avannotto nel senso del deflusso, con il vento in poppa, insomma.
Se non è fatto per le rapide, almeno in boccia di vetro: in quel di Brescia, incoronato Consigliere, sulla bambagiosa poltroncina di consiglio regionale.
Visto il vuoto che sta dietro al Renzo, che nulla in dote porta agli elettori per meriti acquisiti, fuor di dubbio è che il blasone porta rendita, ed essere un Bossi, in tempi non più di bassa...Lega, porta benefici.
Unica attenzione che si chiede, a questi baciati dalla fortuna, è che abbiano l'accortezza di "tirare a campare": vivi e lascia vivere, e goditi il privilegio d'appartenenza a classe privilegiata.
Tira avanti con avvedutezza, senza scossoni, invece che d'azzardo, generando pericolose attenzioni, con privilegio alla "Donne e champagne" piuttosto che "Seghe e gassosa";
è brutto, perché - se uno ce l'ha - bisogna mettere la dignità sotto i piedi, in cambio del caviale sotto i denti, ma la tentazione di cadere nel "De Imitatione Christi", nell'essere come "papi", provoca più danni che guadagni, in special modo quando sei figlio, ma non d'arte, che ti manca.
Divenire come il Bossi Umberto o il Di Pietro Antonio, la và a pochi: il "Marpionismo", la capacità di sopperire a deficienze con la furbizia e scaltrezza non si eredita con i geni, da non confondere con la genialità, estranea ad entrambi i personaggi.
Non per nulla, questi sono definiti animali...politici.
Le ventose per la salita, appena seduti le spostano sotto il culo, incollati come le cozze sugli scogli, che per rimuoverli devi demolirne il supporto.
Nel giorno della "mancina", ecco un adesivo al Renzo, e uno al Cristiano.
Il primo a far cazzate è stato proprio il povero Cristiano. Cristiano, Di Pietro.
Da consigliere provinciale dell'Italia dei Veleni - ops! Dei Valori - di Campobasso, per meriti di casato, s'era fatto pescare ad intrallazzare con tal Mario Mautone - allora provveditore alle opere pubbliche della Campania e del Molise - in odor di "accomodamenti" su appalti e raccomandazioni.
Oggi, capito di non avere calli e malizie del padre, scalda qualche poltroncina nel salotto di casa, ovvero di partito, accontentandosi di buona rendita, bono e zitto, fuor di guai e pasticci, che il non fare non produce nulla - è vero - ma neppure danni.
Come avere il cane in casa: gli dai da bere e mangiare, qualche carezza e lo porti a sporcare.
Punto e basta.
Il Renzino però è Trota salmonata che di nulla ha di salmone, se non pallida e ingannevole somiglianza, per il rosato della carne.
Essendo imitazione e non originale, quel che del padre sarebbe "sparata", minchionata ma ben recitata da chi ha il giusto "Phisique du role" - ovvero, il fisico per il ruolo - per farlo, in bocca a lui è pura e nuda fesseria, ancor più se va a colpire un cuore di pallonaro tifoso che, si sa, crea più rivolta che la tassa sul pane.
Intervista su 'Vanity Fair', con botta e risposta:
- «Seguirà gli azzurri al Mondiale di Sudafrica?
- «No, non tifo Italia.»
L’urlo di intenso dolore e disapprovazione ha percorso e percosso l'intera Penisola, scaturito da ogni cuore che fosse cucito in cuoio e con camera d'aria gonfia d'orgoglio.
Passi il dire che "Il tricolore, per me, identifica un sentimento di cinquant'anni fa" o il "Mai sceso a Sud di Roma", come il maschio "Nella vita si deve provare tutto, tranne i culattoni e la droga", ma le palle, le palle, no: sono sacre, come le vacche del Gange, e non si toccano.
No, non tifo Italia...meglio che lo trovino prima i "Culattoni" degli scalmanati delle varie curve ultrà degli stadi, che altrimenti gli inchiodano mani, piedi e costato, con la sparachiodi e lo buttano nelle acque.
Del Po, ovvio.
Brutta fine e figura, anche per una Trota, seppur "salmonata"!
Io, secondo me...21.04.2010
Mistero bufFOne
Ahi, ahi, ahi!
Caro Vianello...avevi votato Berlusconi!
Ahi, ahi, ahi!
Caro Raimondo: sei stato Repubblichino, eh?
Ecco del perché la più bieca sinistra mormora al vetriolo:
"Festeggiamo la morte del berlusconiano Vianello [...] dopo Mike, Mosca e Sante Licheri il Cavaliere perde un altro voto; speriamo che il prossimo sia Fede".
Cazzo, che notizia: alle prossime votazioni i sinistri faranno un pienone, che erano quelli i voti che facevano la differenza!
Nel dicembre 1943 entrò a fare parte del battaglione "A. Mazzarini" della Guardia Nazionale Repubblicana, dove il grande artista si pavoneggiava, fiero e truce, con la divisa da aspirante 'parà' repubblichino.
"[...] era un fedelissimo fascista [...] venne più volte con me durante i rastrellamenti della Val Cannobina e partecipò alle fasi della riconquista dell'Ossola occupata dai partigiani".
Madonna mia, che notizia!
Ancora, da chi l'ha conosciuto, spalla a spalla:
"Un giorno, era l'inizio del 1945, egli fece il suo ingresso nel bar, in divisa nera, tronfio come un gallo. Ci accusò di essere dei vigliacchi poiché non c'eravamo arruolati nella RSI";
salvo poi, a partita persa e cambio di colore e casacca:
"[...] a guerra finita, lo vedemmo tornare a Varese in borghese[...] ci disse che egli aveva aderito alla RSI soltanto per fare l'informatore dei partigiani[...] noi tutti, che lo conoscevamo bene scoppiammo a ridergli in faccia, e lui girò i tacchi, andandosene e gridando che eravamo dei fascisti"!
Parole, del sergente maggiore istruttore dei paracadutisti fascisti, Carlo Maria Milani, che lo ebbe "compagno camerata" nelle retate, e non di pesca;
e il restante, da "Le memorie di una Giovane Fascista" di Ercolina Milanesi.
"Un uomo becero, come tutti i suoi servi figli di una cultura fascista!", tuona l'armata rossa.
Mi rivolgo alla moglie con fare mesto e affranto, dopo che in frantumi se n'è andata parte della mia ammirazione:
- «Ehi, donna, hai letto? Raimondo ha fatto ed era tutto questo; che delusione!»
La femmina sbircia il cartaceo da dietro la mia spalla e sbotta:
- «Ma non hai visto che hai sbagliato colonna, e hai letto l'altra, che è la storia del Dario, il Fo, quello del premio Nobel, che ora è più rosso di un'emorroide!»
Caspita, è vero.
Quello delle retate, che faceva lo sborone e il bauscia con l'uniforme inchiostro era proprio il fustigatore, il mistero bufFOne della sinistra falcemartelluta!
- «Allora...è il Darietto, che è un riciclato!»
Grazie al cielo: Raimondo rimane nel mio cuore!
Come quando pestarono come una bistecca il Silvio, in Piazza Duomo, a Milano, anche contro il povero Raimondo circola l'acido bilioso, il caustico, il fiele e il veleno di gruppi, metodi e dottrina "fasciocomunista", che accomuna e accoppia i simili nell'odio, facendo solo cambio di colore, perché gli uni erano neri di rabbia e questi, invece, rossi!
L'intolleranza, l'insofferenza e l'acredine verso l'oppositore, l'indifferenza verso il volere popolare è pari nel chi vuole, spera predica o spinge al killeraggio, alla violenta cancellazione dell'ostacolo.
Gli "smacchiati", i saltatori in corsa sono a far maestri, derive di firme sotto manifesti della razza o dell'esegesi del "Migliore", alla "Red Passion".
Gente che interpreta il voto democratico ma sfavorevole come conta di "Cretinus Berlusconensis", piuttosto che illuminati al sol dell'avvenire, razza eletta;
a mettere in pratica quel che scrisse uno di loro:
"[...] gli imperi moderni, quali noi li concepiamo, sono basati sul cardine 'Razza', escludendo pertanto [...] alle altre genti".
Il "Compagno" che scrisse ciò, lo fece nel '42, su "Roma Fascista";
lo scrivano si chiamava Eugenio Scalfari, poi passato alla firma del primato d'altra razza, ma non eletta: quella rossa.
Fo, Bocca, Scalfari...saltimbanchi, acrobati, giocolieri, illusionisti.
Ahi, ahi, ahi!
Caro Raimondo: sei stato Repubblichino!
Mi viene un dubbio: vuoi vedere che questo non è una colpa, visto gli altri trasformismi.
Ahi, ahi, ahi!
Caro Vianello...avevi votato Berlusconi.
Questo è il vero peccato originale, l'esecrabile colpa che si trasferisce di padre in figlio!
Raimondo: ti voglio bene.
Riposa in pace.
Io, secondo me...19.04.2010
Caro Vianello...avevi votato Berlusconi!
Ahi, ahi, ahi!
Caro Raimondo: sei stato Repubblichino, eh?
Ecco del perché la più bieca sinistra mormora al vetriolo:
"Festeggiamo la morte del berlusconiano Vianello [...] dopo Mike, Mosca e Sante Licheri il Cavaliere perde un altro voto; speriamo che il prossimo sia Fede".
Cazzo, che notizia: alle prossime votazioni i sinistri faranno un pienone, che erano quelli i voti che facevano la differenza!
Nel dicembre 1943 entrò a fare parte del battaglione "A. Mazzarini" della Guardia Nazionale Repubblicana, dove il grande artista si pavoneggiava, fiero e truce, con la divisa da aspirante 'parà' repubblichino.
"[...] era un fedelissimo fascista [...] venne più volte con me durante i rastrellamenti della Val Cannobina e partecipò alle fasi della riconquista dell'Ossola occupata dai partigiani".
Madonna mia, che notizia!
Ancora, da chi l'ha conosciuto, spalla a spalla:
"Un giorno, era l'inizio del 1945, egli fece il suo ingresso nel bar, in divisa nera, tronfio come un gallo. Ci accusò di essere dei vigliacchi poiché non c'eravamo arruolati nella RSI";
salvo poi, a partita persa e cambio di colore e casacca:
"[...] a guerra finita, lo vedemmo tornare a Varese in borghese[...] ci disse che egli aveva aderito alla RSI soltanto per fare l'informatore dei partigiani[...] noi tutti, che lo conoscevamo bene scoppiammo a ridergli in faccia, e lui girò i tacchi, andandosene e gridando che eravamo dei fascisti"!
Parole, del sergente maggiore istruttore dei paracadutisti fascisti, Carlo Maria Milani, che lo ebbe "compagno camerata" nelle retate, e non di pesca;
e il restante, da "Le memorie di una Giovane Fascista" di Ercolina Milanesi.
"Un uomo becero, come tutti i suoi servi figli di una cultura fascista!", tuona l'armata rossa.
Mi rivolgo alla moglie con fare mesto e affranto, dopo che in frantumi se n'è andata parte della mia ammirazione:
- «Ehi, donna, hai letto? Raimondo ha fatto ed era tutto questo; che delusione!»
La femmina sbircia il cartaceo da dietro la mia spalla e sbotta:
- «Ma non hai visto che hai sbagliato colonna, e hai letto l'altra, che è la storia del Dario, il Fo, quello del premio Nobel, che ora è più rosso di un'emorroide!»
Caspita, è vero.
Quello delle retate, che faceva lo sborone e il bauscia con l'uniforme inchiostro era proprio il fustigatore, il mistero bufFOne della sinistra falcemartelluta!
- «Allora...è il Darietto, che è un riciclato!»
Grazie al cielo: Raimondo rimane nel mio cuore!
Come quando pestarono come una bistecca il Silvio, in Piazza Duomo, a Milano, anche contro il povero Raimondo circola l'acido bilioso, il caustico, il fiele e il veleno di gruppi, metodi e dottrina "fasciocomunista", che accomuna e accoppia i simili nell'odio, facendo solo cambio di colore, perché gli uni erano neri di rabbia e questi, invece, rossi!
L'intolleranza, l'insofferenza e l'acredine verso l'oppositore, l'indifferenza verso il volere popolare è pari nel chi vuole, spera predica o spinge al killeraggio, alla violenta cancellazione dell'ostacolo.
Gli "smacchiati", i saltatori in corsa sono a far maestri, derive di firme sotto manifesti della razza o dell'esegesi del "Migliore", alla "Red Passion".
Gente che interpreta il voto democratico ma sfavorevole come conta di "Cretinus Berlusconensis", piuttosto che illuminati al sol dell'avvenire, razza eletta;
a mettere in pratica quel che scrisse uno di loro:
"[...] gli imperi moderni, quali noi li concepiamo, sono basati sul cardine 'Razza', escludendo pertanto [...] alle altre genti".
Il "Compagno" che scrisse ciò, lo fece nel '42, su "Roma Fascista";
lo scrivano si chiamava Eugenio Scalfari, poi passato alla firma del primato d'altra razza, ma non eletta: quella rossa.
Fo, Bocca, Scalfari...saltimbanchi, acrobati, giocolieri, illusionisti.
Ahi, ahi, ahi!
Caro Raimondo: sei stato Repubblichino!
Mi viene un dubbio: vuoi vedere che questo non è una colpa, visto gli altri trasformismi.
Ahi, ahi, ahi!
Caro Vianello...avevi votato Berlusconi.
Questo è il vero peccato originale, l'esecrabile colpa che si trasferisce di padre in figlio!
Raimondo: ti voglio bene.
Riposa in pace.
Io, secondo me...19.04.2010
domenica 18 aprile 2010
Babiebrei e Tarcigay
Il poveretto rischia di scivolare in casa, sulla bava del diavolo.
Benedetto XVI è un cervello fino, una mente raffinata, che ha sia l'arte che la parte, ma non il "Phisique Du Role", ovvero il fisico, per il ruolo che ha da interpretare: il rappresentante e continuatore dell'opera di Pietro e dell'evangelo di Gesù;
nell'era dell'immagine, dove la confezione la fa da padrone sulla sostanza, non conta quel che sei, ma ciò che sembri o riesci a far credere d'essere.
Come se a me, tondo, pelato, naso a pinna di pescecane, con maniglie dell'amore e pancetta, dessero il copione d'amatore di, che so...Nicole Kidman;
al di la di dote e dotazione, un mondo che vede con la pancia e l'indice di gradimento al piano di sotto, giudicherebbe "falso" un simile connubio.
"L'occhio vuole la sua parte", recita un vecchio proverbio.
Da parte mia, potrei nascondere le vergogne dietro un rapporto clandestino, con la Nicole, defilato dalla luce dei riflettori.
Benedetto, no: lui fa parte di un disegno fuori - anzi, sopra le righe - frutto della matita di Dio, che crea e scrive usando geroglifici e pittogrammi a noi sconosciuti.
Benedetto è lì, nel lume del proiettore, perché deve essere: punto e basta.
Il volgo - e il volgare - dei grandi fratelli, isole dei famosi, fattorie, talpe e via andare, abituato ad origliare dai buchi delle serrature finti "reality", usi a masticar crosta piuttosto che cercare la polpa, l'osso più che il midollo, giudica ormai per "effetti speciali".
Ciò che non si vede, non esiste, non c'è.
Il primato è dell'occhio, sul cervello e la compagna ragione.
Tanti personaggi, tanti accadimenti, sono costruiti - e cancellati - a tavolino, spesso per un volo d'Effimera.
La macina mediatica frantuma e digerisce tutto con una voracità e velocità incredibile;
ingoia senza masticare, ingurgita senza gustare.
Vive per mangiare e non mangia per vivere.
La società d'oggi è fatta di celluloide e cartapesta.
Benedetto si trova come fu Paolo VI: successore, l'uno e l'altro, di un Papa carismatico.
Papa Giovanni Paolo II è stato - ed è - per Benedetto, la bestia nera, nel senso che invece, il "Phisique Du Role" ce l'aveva, tanto da essere presente ed invadente anche ora, da morto;
è stato un grande, non c'è che dire; ma anche un eccellente comunicatore.
- «Se mi sbaglio mi corrigerete!»
Con quest'esordio, errando comunemente, come noi, in basso, catturò immediatamente le folle, le legò a sè per sempre, le incantò e le stregò.
Il Vicario di Cristo, da subito tra gli uomini, che lo riconobbero del loro, accogliendolo nel branco.
Fece tanto e lo fece bene, risultando originale anche con logora recita e sceneggiatura: quella di accarezzare e prendere in braccio i bambini.
Oggi, guai lo facesse Benedetto: pare che la pedofilia delle tonache sia nata e cresciuta sotto di lui, a cui si ascrive ogni responsabilità per supposta omertà.
Eppure, nessuno si sognerebbe di gettare altrettanta colpa per chi, venuto prima, nessuna pulizia di fino e arieggio d'aria viziata fece.
Ma, si vuol mettere quello: aitante, sportivo, sorridente, ironico, benevolo pure quando bacchettava, serio e non serioso e via andare, ad appiccicar santini per completare la raccolta punti del - meritato - "Santo subito! ".
Benedetto è condannato a fare la parte di Cyrano de Bergerac;
spadaccino e poeta, ma dal gran nasone, era innamorato perdutamente delle bella Rossana, tanto da esser ombra che suggeriva al fatuo e belloccio Cristiano de Nevillette;
per lui - ovviamente - spasimava la fanciulla.
Ecco: questo Papa, seppur di naso per le cose ne ha, funzionerebbe con la controfigura del Cristiano sì, ma quello di Edmond Rostand che, anche con il cervello vuoto, basterebbe parlasse in playback, ossia muovendo le labbra in sincrono con il dettato del...Benedetto Cyrano.
Allora ecco sparire il duro accento teutonico, il gutturale e crucco tedesco, simile ai comandi legnosi e secchi dei comandi degli addestratori di cani, così come quella figura rigida, che pare congelata nel ghiaccio.
Joseph, sei sfortunato: gli occhi ti giudicano, non la raffinata arte dell'intelligenza applicata.
Eppure...eppure fai paura, che la tanta acredine e rabbia con cui ti si attacca è solo prerogativa di chi è osso duro, nemico acerrimo e pericoloso, l'Acqua Santa per il diavolo, e chi ti studia con la ragione conosce quanto sei pericoloso per gli sniffatori di polvere di zolfo, che hanno il Demonio per pusher!
E il malefico, caro Joseph, te l'ha giurata, sputando sui pavimenti di casa San Pietro, per farti slittare su quel catarro.
Per farlo, usa la malafede o la scarsa avvedutezza dei tuoi, che spandono la sua farina.
Due di questi mugnai sono Babiebrei e Tarcigay, scesi in campo per cercare di annacquare la mala pianta della pedofilia tra i preti, cercando di incolpare altri e altro per quel che è invece solo marcio di frutta di stesso paniere.
Monsignor Giacomo Babini, ottantaduenne vescovo emerito di Grosseto:
- «[...] è un attacco sionista, vista la potenza e la raffinatezza: loro non vogliono la Chiesa [...] non crediate che Hitler fosse solo pazzo. La verità è che il furore criminale nazista si scatenò per gli eccessi e le malversazioni economiche degli ebrei che strozzarono l'economia tedesca!»
A tanta bassa e rozza castroneria, s'accoppia subito un'altra coglionata, questa invece del cardinale Tarcisio Bertone, numero due del Vaticano:
- «Numerosi psichiatri e psicologi hanno dimostrato che non esiste relazione tra celibato e pedofilia, ma molti altri - e mi è stato confermato anche recentemente - hanno dimostrato che esiste un legame tra omosessualità e pedofilia. Questa è la verità e là sta il problema.»
Ecco fatto: i numerosi scandali di pedofilia, che hanno scosso la Chiesa cattolica, sono legati agli ebrei e all'omosessualità, non al celibato dei preti.
E già: quelli, al massimo, vanno a...manetta.
Babiebrei e Tarcigay hanno sboccato sul pavimento;
attento Benedetto, a non passarci sopra, altrimenti vai a gambe all'aria!
Io, secondo me...15.04.2010
Benedetto XVI è un cervello fino, una mente raffinata, che ha sia l'arte che la parte, ma non il "Phisique Du Role", ovvero il fisico, per il ruolo che ha da interpretare: il rappresentante e continuatore dell'opera di Pietro e dell'evangelo di Gesù;
nell'era dell'immagine, dove la confezione la fa da padrone sulla sostanza, non conta quel che sei, ma ciò che sembri o riesci a far credere d'essere.
Come se a me, tondo, pelato, naso a pinna di pescecane, con maniglie dell'amore e pancetta, dessero il copione d'amatore di, che so...Nicole Kidman;
al di la di dote e dotazione, un mondo che vede con la pancia e l'indice di gradimento al piano di sotto, giudicherebbe "falso" un simile connubio.
"L'occhio vuole la sua parte", recita un vecchio proverbio.
Da parte mia, potrei nascondere le vergogne dietro un rapporto clandestino, con la Nicole, defilato dalla luce dei riflettori.
Benedetto, no: lui fa parte di un disegno fuori - anzi, sopra le righe - frutto della matita di Dio, che crea e scrive usando geroglifici e pittogrammi a noi sconosciuti.
Benedetto è lì, nel lume del proiettore, perché deve essere: punto e basta.
Il volgo - e il volgare - dei grandi fratelli, isole dei famosi, fattorie, talpe e via andare, abituato ad origliare dai buchi delle serrature finti "reality", usi a masticar crosta piuttosto che cercare la polpa, l'osso più che il midollo, giudica ormai per "effetti speciali".
Ciò che non si vede, non esiste, non c'è.
Il primato è dell'occhio, sul cervello e la compagna ragione.
Tanti personaggi, tanti accadimenti, sono costruiti - e cancellati - a tavolino, spesso per un volo d'Effimera.
La macina mediatica frantuma e digerisce tutto con una voracità e velocità incredibile;
ingoia senza masticare, ingurgita senza gustare.
Vive per mangiare e non mangia per vivere.
La società d'oggi è fatta di celluloide e cartapesta.
Benedetto si trova come fu Paolo VI: successore, l'uno e l'altro, di un Papa carismatico.
Papa Giovanni Paolo II è stato - ed è - per Benedetto, la bestia nera, nel senso che invece, il "Phisique Du Role" ce l'aveva, tanto da essere presente ed invadente anche ora, da morto;
è stato un grande, non c'è che dire; ma anche un eccellente comunicatore.
- «Se mi sbaglio mi corrigerete!»
Con quest'esordio, errando comunemente, come noi, in basso, catturò immediatamente le folle, le legò a sè per sempre, le incantò e le stregò.
Il Vicario di Cristo, da subito tra gli uomini, che lo riconobbero del loro, accogliendolo nel branco.
Fece tanto e lo fece bene, risultando originale anche con logora recita e sceneggiatura: quella di accarezzare e prendere in braccio i bambini.
Oggi, guai lo facesse Benedetto: pare che la pedofilia delle tonache sia nata e cresciuta sotto di lui, a cui si ascrive ogni responsabilità per supposta omertà.
Eppure, nessuno si sognerebbe di gettare altrettanta colpa per chi, venuto prima, nessuna pulizia di fino e arieggio d'aria viziata fece.
Ma, si vuol mettere quello: aitante, sportivo, sorridente, ironico, benevolo pure quando bacchettava, serio e non serioso e via andare, ad appiccicar santini per completare la raccolta punti del - meritato - "Santo subito! ".
Benedetto è condannato a fare la parte di Cyrano de Bergerac;
spadaccino e poeta, ma dal gran nasone, era innamorato perdutamente delle bella Rossana, tanto da esser ombra che suggeriva al fatuo e belloccio Cristiano de Nevillette;
per lui - ovviamente - spasimava la fanciulla.
Ecco: questo Papa, seppur di naso per le cose ne ha, funzionerebbe con la controfigura del Cristiano sì, ma quello di Edmond Rostand che, anche con il cervello vuoto, basterebbe parlasse in playback, ossia muovendo le labbra in sincrono con il dettato del...Benedetto Cyrano.
Allora ecco sparire il duro accento teutonico, il gutturale e crucco tedesco, simile ai comandi legnosi e secchi dei comandi degli addestratori di cani, così come quella figura rigida, che pare congelata nel ghiaccio.
Joseph, sei sfortunato: gli occhi ti giudicano, non la raffinata arte dell'intelligenza applicata.
Eppure...eppure fai paura, che la tanta acredine e rabbia con cui ti si attacca è solo prerogativa di chi è osso duro, nemico acerrimo e pericoloso, l'Acqua Santa per il diavolo, e chi ti studia con la ragione conosce quanto sei pericoloso per gli sniffatori di polvere di zolfo, che hanno il Demonio per pusher!
E il malefico, caro Joseph, te l'ha giurata, sputando sui pavimenti di casa San Pietro, per farti slittare su quel catarro.
Per farlo, usa la malafede o la scarsa avvedutezza dei tuoi, che spandono la sua farina.
Due di questi mugnai sono Babiebrei e Tarcigay, scesi in campo per cercare di annacquare la mala pianta della pedofilia tra i preti, cercando di incolpare altri e altro per quel che è invece solo marcio di frutta di stesso paniere.
Monsignor Giacomo Babini, ottantaduenne vescovo emerito di Grosseto:
- «[...] è un attacco sionista, vista la potenza e la raffinatezza: loro non vogliono la Chiesa [...] non crediate che Hitler fosse solo pazzo. La verità è che il furore criminale nazista si scatenò per gli eccessi e le malversazioni economiche degli ebrei che strozzarono l'economia tedesca!»
A tanta bassa e rozza castroneria, s'accoppia subito un'altra coglionata, questa invece del cardinale Tarcisio Bertone, numero due del Vaticano:
- «Numerosi psichiatri e psicologi hanno dimostrato che non esiste relazione tra celibato e pedofilia, ma molti altri - e mi è stato confermato anche recentemente - hanno dimostrato che esiste un legame tra omosessualità e pedofilia. Questa è la verità e là sta il problema.»
Ecco fatto: i numerosi scandali di pedofilia, che hanno scosso la Chiesa cattolica, sono legati agli ebrei e all'omosessualità, non al celibato dei preti.
E già: quelli, al massimo, vanno a...manetta.
Babiebrei e Tarcigay hanno sboccato sul pavimento;
attento Benedetto, a non passarci sopra, altrimenti vai a gambe all'aria!
Io, secondo me...15.04.2010
Don Giacomino
- «Ehi, Giacomino...Pssst! Dico a te, Giacomo: interessa un bel documento scottante, per sputtanare del tutto gli sporchi Giudii?»
Lo so che lo stratagemma per gabbare il babbeo di turno non è nuovo, ma il Babini Giacomo sembra proprio uno che non può dire di avere la faccia ma non essere scemo: per quello, ha fatto l'accoppiata vincente;
l'una cosa e l'altra sembrano coabitare, in perfetta armonia.
- «C'ho tra le mani la prova che i malefici ebrei da sempre fanno piani per dominare il mondo; c'ho, nero su bianco, tutto il piano per accaparrarsi la terra. Che dico...la galassia...l'universo! Ecco...guarda qui, la prova provata.»
Così dicendo, gli mostro un fascio di fogli con una copertura cartonata, unta e bisunta e consumata dagli anni, con un titolone ad effetto: "I Protocolli dei Savi di Sion", un insieme di castronerie e di cazzate di un diabolico intento dei giudei per mettere le grinfie sulle leve di potere che manovrano lo sforzo cinetico del mondo.
Il Giacomo s'infiamma.
Magrolino, con la faccia bislunga e la berretta porpora a scodella, una bocca con gli angoli perennemente all'ingiù, tipica di chi soffre di paresi del sorriso, fissa eccitato tra le lenti degli occhiali;
per un momento mi sento una formica in procinto d'essere abbrustolita, messa sotto quelle lenti che paiono voler concentrare i raggi del sole su di te.
Lo sguardo, dietro quella persona, è duro, minaccioso, crudo, freddo, come quello del vecchio insegnante di scienze, che apriva con indifferenza la pancia di una rana ancora viva, inchiodata per le zampe, per dimostrare la trasmissione tra le fibre nervose degli arti ed ammirare, estasiato, le contrazioni che subivano i muscoli.
- «Lo dicevo io» e gli occhi scoppiettavano felici, tra mille scintille «è un attacco sionista, vista la potenza e la raffinatezza: loro non vogliono la Chiesa.
Al "Monsù", Monsignor Giacomo Babini, ottantaduenne vescovo emerito di Grosseto, non par vero di mettere le mani su tanto carteggio, che la scuola da cui proviene, i bassifondi di un antico clero, odia quella gente, tanto da fargli dire:
- «Non crediate che Hitler fosse solo pazzo. La verità è che il furore criminale nazista si scatenò per gli eccessi e le malversazioni economiche degli ebrei che strozzarono l'economia tedesca!»
Bestia, quanto rancore, ben lontano dall'insegnamento di Cristo, del perdono, dell'offrire l'altra guancia, del buon Samaritano e via andare!
Più che Giacomo, affettuosamente Giacomino, dovrebbe essersi chiamato Giacobino, come quelli del Terrore, iniziato nel settembre nero del 1793, della Rivoluzione Francese, famosi per il tanto smanettare di ghigliottina e capitombolar di zucche.
Beh, il Giacomo non deve essere loro tanto lontano, che certamente rimpiange i gloriosi roghi dei suoi predecessori, che amavano tanto appiccar fuoco e viaggiare con gli zolfanelli in saccoccia.
Giustificare Hitler o concedergli attenuanti generiche può solo derivare da chi, alla pira, concede miglior efficacia all'uso dei forni!
Ora poi, ha raggiunto il fondo: anche lo scandalo della pedofilia talare, praticata da quelli che indossano la sua stessa divisa, la vuole cospirazione, pura invenzione e machiavellico piano dei soliti ebreucci, perfetti titoli di coda dei Protocolli.
Perché, il Babini, come per Hitler, ritenuto "suprema igiene del mondo", nel profondo di un cuore di tenebra, a quelle baggianate crede veramente.
In special modo, quando portano acqua al suo mulino, dove macina farina del diavolo!
Giacomo, piantala, una volta per tutte: la Chiesa non è perfetta, come nulla e nessuno al mondo;
normale è che mele marce siano anche in quel cesto, come in ognuno d'altri, a confermare che non è l'abito a fare il monaco...o il vescovo.
La "forma mentis" dell'odio verso i "fratelli maggiori" risale ed è incrostazione degli anni più bui, con la colonna sonora delle urla dei torturati e di tanti bruciati sul rogo.
Ora, sotto le bordate del mondo libero, il Giacomino cerca di rimangiarsi il fiele, anche sul parlato di deicidio:
- «Per gli ebrei di quel tempo si può parlare di deicidio – inconsapevole - grazie anche all'ignavia di Ponzio Pilato.»
Poveretti: erano scemi, condotti a bacchetta da un romano più cretino di loro.
La solita solfa: fuor dai denti fugge il nero dell'animo, mentre la lingua rinnega quel che detto.
Altra spazzatura, nascosta sotto il tappeto.
Attenzione, Benedetto: il coltello non te lo affonderanno nel cuore, ma nella schiena!
Io, secondo me...12.04.2010
Lo so che lo stratagemma per gabbare il babbeo di turno non è nuovo, ma il Babini Giacomo sembra proprio uno che non può dire di avere la faccia ma non essere scemo: per quello, ha fatto l'accoppiata vincente;
l'una cosa e l'altra sembrano coabitare, in perfetta armonia.
- «C'ho tra le mani la prova che i malefici ebrei da sempre fanno piani per dominare il mondo; c'ho, nero su bianco, tutto il piano per accaparrarsi la terra. Che dico...la galassia...l'universo! Ecco...guarda qui, la prova provata.»
Così dicendo, gli mostro un fascio di fogli con una copertura cartonata, unta e bisunta e consumata dagli anni, con un titolone ad effetto: "I Protocolli dei Savi di Sion", un insieme di castronerie e di cazzate di un diabolico intento dei giudei per mettere le grinfie sulle leve di potere che manovrano lo sforzo cinetico del mondo.
Il Giacomo s'infiamma.
Magrolino, con la faccia bislunga e la berretta porpora a scodella, una bocca con gli angoli perennemente all'ingiù, tipica di chi soffre di paresi del sorriso, fissa eccitato tra le lenti degli occhiali;
per un momento mi sento una formica in procinto d'essere abbrustolita, messa sotto quelle lenti che paiono voler concentrare i raggi del sole su di te.
Lo sguardo, dietro quella persona, è duro, minaccioso, crudo, freddo, come quello del vecchio insegnante di scienze, che apriva con indifferenza la pancia di una rana ancora viva, inchiodata per le zampe, per dimostrare la trasmissione tra le fibre nervose degli arti ed ammirare, estasiato, le contrazioni che subivano i muscoli.
- «Lo dicevo io» e gli occhi scoppiettavano felici, tra mille scintille «è un attacco sionista, vista la potenza e la raffinatezza: loro non vogliono la Chiesa.
Al "Monsù", Monsignor Giacomo Babini, ottantaduenne vescovo emerito di Grosseto, non par vero di mettere le mani su tanto carteggio, che la scuola da cui proviene, i bassifondi di un antico clero, odia quella gente, tanto da fargli dire:
- «Non crediate che Hitler fosse solo pazzo. La verità è che il furore criminale nazista si scatenò per gli eccessi e le malversazioni economiche degli ebrei che strozzarono l'economia tedesca!»
Bestia, quanto rancore, ben lontano dall'insegnamento di Cristo, del perdono, dell'offrire l'altra guancia, del buon Samaritano e via andare!
Più che Giacomo, affettuosamente Giacomino, dovrebbe essersi chiamato Giacobino, come quelli del Terrore, iniziato nel settembre nero del 1793, della Rivoluzione Francese, famosi per il tanto smanettare di ghigliottina e capitombolar di zucche.
Beh, il Giacomo non deve essere loro tanto lontano, che certamente rimpiange i gloriosi roghi dei suoi predecessori, che amavano tanto appiccar fuoco e viaggiare con gli zolfanelli in saccoccia.
Giustificare Hitler o concedergli attenuanti generiche può solo derivare da chi, alla pira, concede miglior efficacia all'uso dei forni!
Ora poi, ha raggiunto il fondo: anche lo scandalo della pedofilia talare, praticata da quelli che indossano la sua stessa divisa, la vuole cospirazione, pura invenzione e machiavellico piano dei soliti ebreucci, perfetti titoli di coda dei Protocolli.
Perché, il Babini, come per Hitler, ritenuto "suprema igiene del mondo", nel profondo di un cuore di tenebra, a quelle baggianate crede veramente.
In special modo, quando portano acqua al suo mulino, dove macina farina del diavolo!
Giacomo, piantala, una volta per tutte: la Chiesa non è perfetta, come nulla e nessuno al mondo;
normale è che mele marce siano anche in quel cesto, come in ognuno d'altri, a confermare che non è l'abito a fare il monaco...o il vescovo.
La "forma mentis" dell'odio verso i "fratelli maggiori" risale ed è incrostazione degli anni più bui, con la colonna sonora delle urla dei torturati e di tanti bruciati sul rogo.
Ora, sotto le bordate del mondo libero, il Giacomino cerca di rimangiarsi il fiele, anche sul parlato di deicidio:
- «Per gli ebrei di quel tempo si può parlare di deicidio – inconsapevole - grazie anche all'ignavia di Ponzio Pilato.»
Poveretti: erano scemi, condotti a bacchetta da un romano più cretino di loro.
La solita solfa: fuor dai denti fugge il nero dell'animo, mentre la lingua rinnega quel che detto.
Altra spazzatura, nascosta sotto il tappeto.
Attenzione, Benedetto: il coltello non te lo affonderanno nel cuore, ma nella schiena!
Io, secondo me...12.04.2010
Oggi sposi
- «Oggi siamo qui riuniti per unire in matrimonio quest'uomo e questa…questa…l'anello, manca l'anello! Questo matrimonio non s'ha da fare!»
S'avanza allora gagliardo, fendendo la calca, un sagace professorino;
si guarda attorno, fissando la magnificenza degli orpelli del sacro e del profano, del sacerdote come del sapiente, e getta a terra l'insieme di ossa:
- «Ecco l'anello. L'unione è salva!»
Lee Berger si erge in tutta la sua autorità, mostrando credenziali del derivato di tanto sapere e del trovato di tanto cercare:
- «L'università Witwatersrand di Johannesburg, in quel di Sudafrica, è la fonte della mia grammatica; la grotta Malapa Sterkfontein, la pratica che, si sa, val più della prima. Lì è dove ho trovato il padre nostro, e non è quel che sta nei cieli: ecco le ossa di chi lasciò la pianta per calcare la terra, che smise di trascinarsi per camminare...un piccolo passo per lui, ma un balzo enorme per l'umanità!»
Tra i banchi odorosi d'incenso pare ancora di sentire il mormorio della moglie dell'arcivescovo di Worcester:
- «L'uomo discende dalla scimmia? Mio Dio! Speriamo che non sia vero...o per lo meno, che non si sappia in giro!»
Che non si sappia, no.
Pareva ieri, quando si passava con supponenza e compatimento tra le quattro ossa raccogliticce, del miserabile Australopithecus e quelle appena più accettabili dell'Homo Abilis, con un sorrisetto di scherno e un sibilo di disprezzo:
- «Scimmie, solo scimmie...animali...bestie!»
E già; a noi c'hanno messo assieme con lo sputo e un poco di polvere, ma vogliamo mettere: era la saliva di Dio!
Siamo esiliati, è vero; sfrattati, cacciati con ignominia dall'Eden, da quel Paradiso Terrestre che ci siamo giocati per una mela.
Pure le bestie, che non centravano una mazza, si sono trovati fuori, a causa nostra;
ma non mischiamo il sacro con il profano: noi uno stampo e loro, un altro.
Noi, i figli di Dio.
Il resto, cascame.
Che strano: lo stesso ragionamento del sulfureo Lucifero, l'angelo più bello e, fino all'apparire del bipede, il prediletto dal Signore.
Anche quello, a vederci...«Scimmie, solo scimmie...animali...bestie!»
E, pare, c'aveva ragione.
Parola di Lee Berger.
Due milioni d'anni fa, il piccoletto stava nel mezzo, con una parte di parenti sulle piante e il rimanente al piano di sotto.
- «Vorrei sapere se è per parte di suo nonno o per parte di sua nonna, che si dichiara discendente dalla scimmia.»
Questa la domanda che il vescovo Samuel Wilberforce e Thomas Huxley, che perorava la causa di Charles Darwin, che mise in subbuglio il mondo accademico del tempo, con quel piede di porco, la teoria che scardinò le superbe certezze dell'Homo Sapiens Sapiens: l'Origine della Specie.
Dall'ago al milione; dall'ameba all'uomo.
Passando dallo scimmione.
- «Se dovessi scegliere per mio antenato fra una scimmia e un uomo che, per quanto istruito, usi la sua ragione per ingannare un pubblico incolto, non esiterei un istante a preferire una scimmia.»
Thomas Huxley così fece da paggio agli sposi.
- «Oggi siamo qui riuniti per unire in matrimonio quest'uomo e la sua scimmia; nessuno osi dividere quello che Dio ha unito!»
E, con gli occhi luccicanti d'amore, lo scambio dell’anello:
- «Con questo io ti sposo.»
Io, secondo me...07.04.2010
S'avanza allora gagliardo, fendendo la calca, un sagace professorino;
si guarda attorno, fissando la magnificenza degli orpelli del sacro e del profano, del sacerdote come del sapiente, e getta a terra l'insieme di ossa:
- «Ecco l'anello. L'unione è salva!»
Lee Berger si erge in tutta la sua autorità, mostrando credenziali del derivato di tanto sapere e del trovato di tanto cercare:
- «L'università Witwatersrand di Johannesburg, in quel di Sudafrica, è la fonte della mia grammatica; la grotta Malapa Sterkfontein, la pratica che, si sa, val più della prima. Lì è dove ho trovato il padre nostro, e non è quel che sta nei cieli: ecco le ossa di chi lasciò la pianta per calcare la terra, che smise di trascinarsi per camminare...un piccolo passo per lui, ma un balzo enorme per l'umanità!»
Tra i banchi odorosi d'incenso pare ancora di sentire il mormorio della moglie dell'arcivescovo di Worcester:
- «L'uomo discende dalla scimmia? Mio Dio! Speriamo che non sia vero...o per lo meno, che non si sappia in giro!»
Che non si sappia, no.
Pareva ieri, quando si passava con supponenza e compatimento tra le quattro ossa raccogliticce, del miserabile Australopithecus e quelle appena più accettabili dell'Homo Abilis, con un sorrisetto di scherno e un sibilo di disprezzo:
- «Scimmie, solo scimmie...animali...bestie!»
E già; a noi c'hanno messo assieme con lo sputo e un poco di polvere, ma vogliamo mettere: era la saliva di Dio!
Siamo esiliati, è vero; sfrattati, cacciati con ignominia dall'Eden, da quel Paradiso Terrestre che ci siamo giocati per una mela.
Pure le bestie, che non centravano una mazza, si sono trovati fuori, a causa nostra;
ma non mischiamo il sacro con il profano: noi uno stampo e loro, un altro.
Noi, i figli di Dio.
Il resto, cascame.
Che strano: lo stesso ragionamento del sulfureo Lucifero, l'angelo più bello e, fino all'apparire del bipede, il prediletto dal Signore.
Anche quello, a vederci...«Scimmie, solo scimmie...animali...bestie!»
E, pare, c'aveva ragione.
Parola di Lee Berger.
Due milioni d'anni fa, il piccoletto stava nel mezzo, con una parte di parenti sulle piante e il rimanente al piano di sotto.
- «Vorrei sapere se è per parte di suo nonno o per parte di sua nonna, che si dichiara discendente dalla scimmia.»
Questa la domanda che il vescovo Samuel Wilberforce e Thomas Huxley, che perorava la causa di Charles Darwin, che mise in subbuglio il mondo accademico del tempo, con quel piede di porco, la teoria che scardinò le superbe certezze dell'Homo Sapiens Sapiens: l'Origine della Specie.
Dall'ago al milione; dall'ameba all'uomo.
Passando dallo scimmione.
- «Se dovessi scegliere per mio antenato fra una scimmia e un uomo che, per quanto istruito, usi la sua ragione per ingannare un pubblico incolto, non esiterei un istante a preferire una scimmia.»
Thomas Huxley così fece da paggio agli sposi.
- «Oggi siamo qui riuniti per unire in matrimonio quest'uomo e la sua scimmia; nessuno osi dividere quello che Dio ha unito!»
E, con gli occhi luccicanti d'amore, lo scambio dell’anello:
- «Con questo io ti sposo.»
Io, secondo me...07.04.2010
lunedì 12 aprile 2010
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