- «Ehi, Giacomino...Pssst! Dico a te, Giacomo: interessa un bel documento scottante, per sputtanare del tutto gli sporchi Giudii?»
Lo so che lo stratagemma per gabbare il babbeo di turno non è nuovo, ma il Babini Giacomo sembra proprio uno che non può dire di avere la faccia ma non essere scemo: per quello, ha fatto l'accoppiata vincente;
l'una cosa e l'altra sembrano coabitare, in perfetta armonia.
- «C'ho tra le mani la prova che i malefici ebrei da sempre fanno piani per dominare il mondo; c'ho, nero su bianco, tutto il piano per accaparrarsi la terra. Che dico...la galassia...l'universo! Ecco...guarda qui, la prova provata.»
Così dicendo, gli mostro un fascio di fogli con una copertura cartonata, unta e bisunta e consumata dagli anni, con un titolone ad effetto: "I Protocolli dei Savi di Sion", un insieme di castronerie e di cazzate di un diabolico intento dei giudei per mettere le grinfie sulle leve di potere che manovrano lo sforzo cinetico del mondo.
Il Giacomo s'infiamma.
Magrolino, con la faccia bislunga e la berretta porpora a scodella, una bocca con gli angoli perennemente all'ingiù, tipica di chi soffre di paresi del sorriso, fissa eccitato tra le lenti degli occhiali;
per un momento mi sento una formica in procinto d'essere abbrustolita, messa sotto quelle lenti che paiono voler concentrare i raggi del sole su di te.
Lo sguardo, dietro quella persona, è duro, minaccioso, crudo, freddo, come quello del vecchio insegnante di scienze, che apriva con indifferenza la pancia di una rana ancora viva, inchiodata per le zampe, per dimostrare la trasmissione tra le fibre nervose degli arti ed ammirare, estasiato, le contrazioni che subivano i muscoli.
- «Lo dicevo io» e gli occhi scoppiettavano felici, tra mille scintille «è un attacco sionista, vista la potenza e la raffinatezza: loro non vogliono la Chiesa.
Al "Monsù", Monsignor Giacomo Babini, ottantaduenne vescovo emerito di Grosseto, non par vero di mettere le mani su tanto carteggio, che la scuola da cui proviene, i bassifondi di un antico clero, odia quella gente, tanto da fargli dire:
- «Non crediate che Hitler fosse solo pazzo. La verità è che il furore criminale nazista si scatenò per gli eccessi e le malversazioni economiche degli ebrei che strozzarono l'economia tedesca!»
Bestia, quanto rancore, ben lontano dall'insegnamento di Cristo, del perdono, dell'offrire l'altra guancia, del buon Samaritano e via andare!
Più che Giacomo, affettuosamente Giacomino, dovrebbe essersi chiamato Giacobino, come quelli del Terrore, iniziato nel settembre nero del 1793, della Rivoluzione Francese, famosi per il tanto smanettare di ghigliottina e capitombolar di zucche.
Beh, il Giacomo non deve essere loro tanto lontano, che certamente rimpiange i gloriosi roghi dei suoi predecessori, che amavano tanto appiccar fuoco e viaggiare con gli zolfanelli in saccoccia.
Giustificare Hitler o concedergli attenuanti generiche può solo derivare da chi, alla pira, concede miglior efficacia all'uso dei forni!
Ora poi, ha raggiunto il fondo: anche lo scandalo della pedofilia talare, praticata da quelli che indossano la sua stessa divisa, la vuole cospirazione, pura invenzione e machiavellico piano dei soliti ebreucci, perfetti titoli di coda dei Protocolli.
Perché, il Babini, come per Hitler, ritenuto "suprema igiene del mondo", nel profondo di un cuore di tenebra, a quelle baggianate crede veramente.
In special modo, quando portano acqua al suo mulino, dove macina farina del diavolo!
Giacomo, piantala, una volta per tutte: la Chiesa non è perfetta, come nulla e nessuno al mondo;
normale è che mele marce siano anche in quel cesto, come in ognuno d'altri, a confermare che non è l'abito a fare il monaco...o il vescovo.
La "forma mentis" dell'odio verso i "fratelli maggiori" risale ed è incrostazione degli anni più bui, con la colonna sonora delle urla dei torturati e di tanti bruciati sul rogo.
Ora, sotto le bordate del mondo libero, il Giacomino cerca di rimangiarsi il fiele, anche sul parlato di deicidio:
- «Per gli ebrei di quel tempo si può parlare di deicidio – inconsapevole - grazie anche all'ignavia di Ponzio Pilato.»
Poveretti: erano scemi, condotti a bacchetta da un romano più cretino di loro.
La solita solfa: fuor dai denti fugge il nero dell'animo, mentre la lingua rinnega quel che detto.
Altra spazzatura, nascosta sotto il tappeto.
Attenzione, Benedetto: il coltello non te lo affonderanno nel cuore, ma nella schiena!
Io, secondo me...12.04.2010