martedì 15 febbraio 2011

Cinghei

“El var men de cinghei”;

nel dialetto meneghino: vale meno dei cinque centesimi dei nonni, delle equivalenti misere lirette di una volta;
è misura di qualcosa che non ha valore, anche se, come la piccola monetina da smessa divisa, apriva la lista del soldo dell’Italia nostra, prima dell’Euro.
Come l’infimo centesimino d’oggi, non ci fai nulla: più facciata che sostanza.
Inutile zavorra, da mettere nel salvadanaio, in un cassetto o da dimenticare nei pantaloni che, quando te li togli, ti accorgi di lei perché scappa dalla tasca e rotola negli angoli più malagevoli, spesso per rimanerci, visto la perdita irrisoria.
Per una nullità, nessuno si disturba: non vale la pena di sprecare energie, di metterci più di quanto ritorna.

“Cinghei” Obama è tutto questo: una nullità, ma ci si è accorti tropo tardi per impedire che provochi più danni di quanto siano i vantaggi, bella facciata, ma senza “vuoto a rendere”.
Disgraziatamente, all’opposto dello spicciolo, il bamboccione lo si deve tenere: come andare a nuoto con un’incudine al collo.
Prodigioso maestro nel gonfiare immagine e vendere fumo in patria, gran piazzista nel collocare panacea per tutti i mali, dai calli all’agonia eccolo a tracollare, appena scende dall’albero delle banane dove l’arrampicarsi non è come sui vetri.
Fuori dalla gabbia, dove trova facili noccioline, nessuno ormai gli elemosina, non dico cinque, ma neppure la lira dei nonni.
Gli Ahmadinejad, i Nasrallah, i Bashar al-Assad, gli Osamabinladen, le bande “Hamasbollah” ridono di lui come di un comico, un “ridolini”, un pagliaccio da circo, cui basta la faccia per destare ilarità;
alla “signorina” Obama al massimo concedono una sveltina, una consumazione veloce prima di tornare al lavoro, su cose più importanti. Cose da uomini.
Sullo scacchiere mondiale, all’appoggio di palle di toro, il nostro ci contrappone nocciolini di ciliegia.
Con imprudente atto di fede, con ingenuo ottimismo e inopportuna fretta, dando credito su speranza, si è pagato in anticipo per prestazioni che, alla verifica sul campo, si sono rivelate come l’ossobuco: abbiamo sia l’osso che il buco; ciccia, niente. Punto e basta.
Come ad avere pagato per intero importo qualcosa che esisteva scarabocchiato sulla carta, per un sogno nato e morto sulla pagina.
Premio Nobel per la pace; e non aveva ancora imparato a camminare, figuriamoci il correre.
A vederlo oggi, pare un ubriaco che sbanda e ondeggia, dopo una ciucca clamorosa.

«La democrazia regnerà sicuramente da oggi in poi, in Egitto!»

Dopo quarant’anni l’America, il Barack, si accorge di avere appoggiato un paese che aveva solo un piccolo difetto: una manchevolezza piiiiicccina piiiiicccina, un puntino nero, un vezzoso neo che, invece di deturpare, rendeva ancor meglio la bellezza con le zinne a piramide.
L’insetto stecco si è svegliato in ritardo, come al solito, quando qualcuno dei suoi gli ha fatto capire che, lungi dal galleggiare di sempre, ora doveva cavalcare l’onda, togliere la sedia da sotto il culo e rinnegare quello con cui consumava tarallucci e vino. L’amico di ieri, quell’Hosni Mubarak, rais e padre-padrone del paese delle piramidi, ora che è azzoppato, va lasciato al branco, perché lo divori quando, poco prima e per quarant’anni, era il “fidato” amico dell’America, uno dei privilegiati interlocutori, a cui si stendevano tappeti d’oro e si davano leccate politiche con lingua lubrificata a bava.
O’babbeo inumidisce l’indice, lo alza in alto, sente da dove tira il vento e lascia la vecchia carcassa, ormai pasteggio per avvoltoi e incomincia un altro lecchinaggio, arrivando a paragonare la battaglia dei manifestanti di piazza a quella di Gandhi e Martin Luther King.
Un ipocrita doppiogiochismo, talmente evidente da fare schifo, ributtante, tanto da far ribrezzo anche ai nemici, quelli che possono anche odiarti ma, ancora peggio, quando non ti rispettano, perché chi tradisce una volta lo farà ancora.
Per Giuda: è solo questione di (dis)prezzo!!
Gli “alleati” di quello spicchio di mondo sono avvisati: al bell’abbronzato piace vincere facile, altrimenti abbandona il giocattolo e ne cerca altri.
L’immagine trasmessa è quella di un uomo senza spina dorsale, non per l’aver dovuto giocoforza ingoiare il rospo, ma per come lo ha fatto.
Senza dignità, passando in corsa da una cavalcatura all’altra, lasciando il vecchio ronzino agonizzante.
I vecchi bizantinismi della politica occidentale, i compromessi al soldo d’ogni opportunismo disgustano quel modo di pensare del mondo mediorientale, dove vige una forma più diretta del rapporto, senza sfumature di grigio, tra il bianco e il nero.
Quel che si è visto denuncia solo un grave difetto, dell’occidente decadente in genere: l’inaffidabilità.
Ahmadinejad si sente e si crede investito del compito di guida, per quell’area geografica, più e meglio di Bin Laden e la sua Al Qaeda, costretto a fare il fantasmino il primo e creatura dell'ombra la seconda.
La palla di pelo, il nano iraniano gioca alla luce del sole ed è pieno di missili, più che un istrice di aculei;
e la bomba atomica, se non ce l’ha ancora, manca poco.
Hamas e Hezbollah - lo statuto loro e il dire insegna - senza mezzi termini sono a predicare e minacciare, non la scacciata, ma lo sterminio di ogni ebreo.
E i loro pungiglioni non sono meno di quelli del Mahmoud di Teheran.
Bin Laden, o il suo evocato medianico, sono a dire un giorno sì e l’altro pure, che il nostro è un mondo decadente, un frutto più marcio che maturo, pronto a spiaccicarsi a terra dalla pianta e a lasciare che siano i fiori di Allah suo quelli che un giorno sbocceranno, al posto del putridume di prima.
L’effetto domino, il crollo dei castelli di carta che ha cominciato a manifestarsi, partendo dalla Tunisia spazzando via Ben Alì, ha proseguito con la ritirata di Mubarak;
Come per lo sbadiglio e il raffreddore, è contagioso.
Alla prossima che sgrana, si squagliano le perle del rosario!
L’appetito vien mangiando: ancora di più se non si ha pane e si va all’assalto dei forni.
Una mandria impazzita spazza ogni cosa che incontra.
La prossima?
Algeria, Libia…Yemen, poi Marocco, Giordania.
Se salta la polveriera, l’Arabia Saudita e i suoi ambigui signori andranno a carte quarantotto.
Da una parte, manovalanza disperata, massa che spesso vive miseramente, all’ombra di signorotti ricchi, viziati, capricciosi e corrotti;
ottimo materiale per chi ha motivazione, fede, determinazione, certezze, un dio in cui credere e servire.
Dall’altra, il nulla.
Un’Europa, l’intero sistema occidentale, uniti solo per il portafoglio, con un dio emarginato, spesso irriso, da tenere fuori dalle cose di Cesare;
di lui non si ha più timore, devozione, stima: è allontanato, respinto, tenuto a distanza.
I mercanti vogliono solo stare tranquilli: vendere e comprare per diventare sempre più ricchi.
Le guerre le facciano gli altri e quando, è solo nel tenere quei fastidiosi pezzenti lontani dalle bancarelle, rognosi anche nel raccogliere le briciole.
Chi ha la pancia piena cerca un posto tranquillo per la digestione e la pennichella, dove anche parcheggiare il sonno della ragione.
Cartagine crollò quando i suoi cittadini smisero di essere soldati, alla bisogna;
lo stesso per la grande Roma, morta nel rutto, quando sommersa dagli affamati “barbari”.
I nostri sogni sono finiti: non c’è più nulla in cui credere, per cui combattere o morire.
Polli in batteria: quando finite le uova, si va direttamente in padella.

E nessuno spenderà per noi un centino o una lira.

Neppure…Cinghei!


Io, secondo me...14.02.2011